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L’ordine pubblico come tutela dell’ordine politico L’emergenza repressiva

4. La Balìa del 1393 Gli Albizzi al potere.

4.1 Attività degli Otto sotto il regime albizzesco.

Con riferimento al 1393, anno della costituzione della Balìa e del Consiglio speciale degli Ottantuno, si è appena rievocato il ruolo degli Otto come reclutatori della milizia civica, mentre prosegue il loro impegno di custodi dell’ordine prevenendo ma, soprattutto, reprimendo trame cospirative. Interessa, a questo punto, ricostruire le principali attività svolte dalla magistratura nei primi anni del regime albizzesco, ossia fra il 1393 – anno dell’ascesa al potere della famiglia ottimatizia – e il 1415 – anno dell’ultima compilazione statutaria. Purtroppo, ancora una volta, questo tipo di operazione ricostruttiva paga la scarsezza di fonti documentarie dirette dell’ufficio prima del 1434, anno del ritorno a Firenze dall’esilio di Cosimo de’ Medici.

119 Cfr. I Capitoli del Comune di Firenze, cit., tomo II, p. 204: «I suddetti, sotto dì ultimo d’ottobre, deliberano: - Che il beneficio concesso, sotto dì 27 di questo mese, ai Pr. delle Arti e G. di g., all’ufficio degli Otto di custodia e ai cavalieri, di poter conferire al figliuolo o al familiare la licenza di portare le armi, si estenda a ciascun consorte o congiunto per linea mascolina; e che il benefizio di portar armi, concesso ai nominati nella suddetta deliberazione, possa esser conferito a un discendente nato o nascituro, o a un fratello carnale, in perpetuo o a tempo, come piacesse al concedente; e che la concessione debba durare per tutta la vita, quando così sia espresso etc.».

120 Nel tempo medievale, l’eccezione è la forma suprema di adattamento del sistema, o ordine, che, nella concretezza delle vicende umane, sperimenta diversi gradi di trasmutazione delle sue regole proprio per garantire un migliore funzionamento di sé. In Arbitrium: un aspetto sistematico degli ordinamenti giuridici in età di diritto comune, Milano, Giuffrè, 1998, M. MECCARELLI, parla di due colonne che sostengono il sistema: l’ordinario da un lato e lo straordinario dall’altro, che integra il primo, aggiornandolo e adeguandolo a ogni occasione. Le stesse città comunali non erano estranee all’impiego diffuso di strumenti di eccezione. Si trattava di necessari adeguamenti del sistema alle urgenze del momento. Superata la crisi contingente, si tornava al sistema. Dalla metà del Trecento, secolo di grandi fermenti e trasmutazioni, qualcosa prende però ad incrinarsi. Il ricorso all’eccezione diventa talmente reiterato da generare esso stesso un sistema parallelo di governo. Cfr. sul punto, in replica a Meccarelli, M. VALLERANI, Paradigmi dell’eccezione nel tardo medioevo, in «Storia del pensiero politico», 2 (2012), pp. 185-212. L’autore situa proprio negli anni mezzani del XIV secolo l’affermazione di «apparati di potere non più dipendenti dalle logiche istituzionali del comune, che antepongono alla legalità del processo decisionale la sua urgenza e utilità decisa da un gruppo ristretto di savi slegato dal controllo dei consigli cittadini» (p. 201).

58 Un quadro abbastanza preciso circa i compiti della magistratura nei primi anni del Quattrocento è ricavabile dal già menzionato registro di deliberazioni datato agosto 1408/agosto 1409121 che attesta come, in quel tempo, la principale attività degli Otto era di sovrintendere alle milizie, alle fortificazioni e, in genere, all’organizzazione militare della Repubblica122. In particolare, era loro rimessa l’organizzazione di truppe – molto probabilmente mercenarie – presso castelli e fortificazioni, a prevenzione di atti di ribellione promossi soprattutto dall’esterno (si pensi alle numerose cospirazioni ordite da fuoriusciti). A tal fine gli Otto curavano che detti presidi fossero in buone condizioni e guarniti di un numero adeguato di soldati ingaggiando, se necessario, altri guardiani. Inoltre, erano tenuti ad investigare su eventuali infrazioni commesse dagli stipendiati (soldati regolari)123. Qualcosa di simile emerge anche da un passaggio di una provvisione della Balìa del 20 novembre 1400:

Che il luogo, le fortezze, e gli edifici de Canapia e de Zollara, nel contado fiorentino, siano subito distrutti dalle fondamenta; e gli Otto di custodia debbano dare effetto a tale distruzione; né mai per veruna causa si possa in quei luoghi edificare, a pena di fiorini 1000 d’oro, da applicarsi al C., oltre alla distruzione di quanto venisse edificato124.

Nell’adempiere tali funzioni gli Otto cooperavano molto spesso con l’ufficio dei Dieci di balìa. In particolare, i Dieci gestivano le truppe in tempo di guerra, gli Otto in tempo di pace125. Quando, però, coesistevano non si aveva sovrapposizione in quanto i Dieci si occupavano di condurre materialmente la guerra, curando al massimo la dislocazione delle truppe. Viceversa gli Otto intervenivano nel monitorare il numero degli armati e il loro equipaggiamento. Tuttavia, col passare degli anni, l’importanza dei Dieci di balìa crebbe di pari passo con il largo coinvolgimento di Firenze in imprese belliche – molte delle quali legate alla costruzione del Dominio territoriale –, tanto è vero che pure questa magistratura, da straordinaria, divenne stabile126. Di conseguenza era naturale che

121 ASF, OG, 10.

122 Cfr. ANTONELLI, La magistratura degli Otto di Guardia a Firenze, cit., p. 11; ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 44; ASF, OG, 10, c. 83v, passim.

123 Cfr. STERN, The Criminal Law System, cit., pp. 194-195.

124 Il testo della provvisione è in I Capitoli del Comune di Firenze, cit., tomo II, p. 122. 125 ASF, Balìe, 17, cc. 26, 178v, 195v.

126 Il 4 dicembre 1400 erano stati eletti i nuovi Dieci di balìa, che dovevano entrare in carica il 5 febbraio con i compiti e i poteri dettagliatamente specificati nella delibera riportata, pressoché per intero, in Le

59 gli Otto di Guardia finissero col cedere loro ogni incombenza a carattere militare, già dopo la metà del XV secolo, per poi passare defintivamente agli stessi Dieci di balìa prima e agli Otto di pratica in seguito127.

Il registro contempla, altresì, disposizioni su questioni propriamente di polizia, quali le autorizzazioni a società per riunirsi nelle feste dei santi patroni, o un intervento presso il generale dei frati minori perché inviti un suo confratello a tenere un comportamento leale e fedele verso la Repubblica fiorentina, o bollettini al Podestà ovvero all’Esecutore o ancora ai Sovrastanti alle Stinche128 perché arrestino o rimettano in libertà individui che gli Otto intendono avere a loro disposizione, o perché ricerchino e processino individui sospetti. E, nei limiti di queste competenze, gli Otto hanno anche il potere di punire coloro i quali trasgredissero ai loro ordini129. Frequente l’impiego di spie e informatori, come attesta il pagamento di salari e spese di viaggio di uomini reclutati, appunto, «ad explorandum»130.

Un altro osservatorio prezioso sono le rubriche statutarie specificamente dedicate all’ufficio. A distanza di pochissimi anni si susseguirono due redazioni degli Statuti fiorentini: la prima, mai entrata in vigore, nel 1409 realizzata dal giurista Giovanni da Montegranaro, la seconda, che viceversa fu approvata, nel 1415 e curata dai giuristi Paolo

consulte e pratiche della repubblica fiorentina nel Quattrocento, I, (1401), (Cancellierato di Coluccio Salutati), edito a cura di un seminario guidato da Elio Conti, Università di Firenze, Giardini Editori e Stampatori in Pisa, 1981, pp. 14-17. In particolare, a riprova del fatto che, diversamente dagli Otto, i Dieci operassero in tempo di guerra, si veda il seguente passaggio riportato a p. 15: «Item quod dicti officiales […] possint […] guerram et bellum facere […] contra quoscumque inimicos et contra rebelles dicti populi et Communis, nunc vel in futurum existentes […]». Si noti inoltre che, sempre in tempo di guerra, i Dieci potevano «provisionem et ordinamenta facere, etiam penalia».

127 Cfr. STERN, The Criminal Law System, cit., p. 195: «Often, because the two offices were so redundant and because an urgent situation might not permit elections, the Otto simply became the Dieci with the addition of two more men. By the middle of the fifteenth century, the Otto had changed functions and the Dieci was left with the care of the troops».

128 Fin dal 1299 – anno in cui i Consigli deliberarono di far erigere le Stinche – le carceri costituivano oggetto di speculazione sia privata che pubblica, perché venivano appaltate ai maggiori offerenti, per ricavarne quanto più denaro possibile a vantaggio delle casse camerali. Ne conseguiva che gli appaltatori ricorressero, poi, a ogni genere di sfruttamento per rifarsi delle spese e ritrarre un guadagno tale da compensare i loro non bassi rischi. Questi consistevano, soprattutto, nella cauzione che dovevano versare; cauzione che, in caso di evasione, poteva essere in tutto o in parte confiscata qualora l’appaltatore fosse stato condannato. Coloro che avevano ottenuto la gestione delle carceri pubbliche erano chiamati, appunto, Soprastanti o Superstiti. Cfr. Gli Statuti della Repubblica fiorentina, cit., Statuto del Podestà del 1325, I, rubrica 18, De electione officio et salario superstitum et aliorum officialium carcerum de le Stinche. 129 ASF, OG, 10, cc. 9r-10r, 12v-13r.

60 di Castro e Bartolomeo Volpi da Soncino. Al di là delle innegabili variazioni stilistiche e di forma, sussistono validi motivi per ritenere che le due versioni – anche solo perché realizzate a così breve distanza l’una dall’altra – costituiscano un unico testo131. Rinviando al Capitolo II la rievocazione delle intricate vicende sottese alla redazione di questi Statuti – operazione promossa in gran parte dagli Albizzi –, importa qui esaminare le rubriche sugli Otto, muovendo prima dal testo del 1409 e passando poi a quello definitivo del 1415.

Lo Statuto del 1409 dedica all’ufficio degli Otto di Guardia un’apposita sezione della Collatio II sugli ufficiali intrinseci, compresa fra le rubriche 56 e 62132. La medesima materia è inoltre trattata da due rubriche della Collatio I sui Tre Maggiori, la 147 Super

offitio Octo Custodie, e la 333 Devetum Octo Custodie. La rubrica 56 De officio potestate et balìa Octo Custodie133 tratta della durata, del divieto e della distribuzione dei posti all’interno dell’ufficio. In particolare il testo prevede che della magistratura facciano parte sei membri delle Arti maggiori e Scioperati, e due delle minori; una distribuzione che non è ricavata dalle prime disposizioni in materia – quelle del 1382 che parlavano di una proporzione di cinque a tre –, ma dalla provvisione del 1387 che diminuiva di uno il numero dei membri delle Arti minori134. La stessa rubrica 56 riporta, oltre alle disposizioni sulla nomina degli Otto, anche un timido accenno circa le loro funzioni:

E gli stessi otto ufficiali predetti si occupino di assicurare una buona e diligente sorveglianza sulla città [di Firenze], sulle terre e sui luoghi del contado e del distretto, e vigilino con altrettanta solerzia su tutti quei luoghi sopra i quali il Comune abbia la custodia e la preminenza135.

131 Cfr. GUIDI, Il governo della città-repubblica di Firenze del primo Quattrocento, cit., vol. I, pp. 51-74. Secondo l’autore, gli Statuti del 1415 apportano ben poche modifiche agli Statuti del 1409. Quindi, individua la maggiore differenza fra le due redazioni quattrocentesche nell’ordine conferito alla trattazione della materia. Gli Statuti del 1409, infatti, antepongono le norme sui Tre Maggiori uffici (Signori e i due Collegi), mentre quelli del 1415 collocano quasi tutta la parte sulle istituzioni politiche nel quinto ed ultimo libro esordendo, come da tradizione, con le disposizioni sui Rettori forestieri. Lo studioso conclude che le differenze fra i due testi non sono sostanziali e invita a considerarli come un unico corpo normativo. 132 Il testo dello Statuto fiorentino del 1409, anziché essere suddiviso in libri, è ripartito in nove Collationes, con un evidente richiamo alla cultura giuridica modellata sullo studio dei libri legales del diritto romano giustinianeo.

133 ASF, Statuti di Firenze del 1409, 23, cc. 80r-80v, consultabili digitalizzati sul sito

www.archiviodistato.firenze.it/archividigitali/complesso-archivistico.

134 Cfr. GUIDI, Il governo della città-repubblica di Firenze del primo Quattrocento, cit., vol. II, p. 225. 135 ASF, Statuti di Firenze del 1409, 23, cc. 80r-80v, Collatio II, rubrica 56: «Et ipsi octo officiales predicti teneant circa bonam diligentiam custodie civitatis predicte et terrarum et locorum comitatus et districtus

61 La rubrica 57 Octo custodie possint removeri per Dominos et Collegia136 può essere letta assieme con la rubrica 147 Super officio Octo Custodie137 della Collatio I, data la sostanziale identicità dei due testi138. Entrambe dispongono che i componenti l’ufficio possano essere rimossi su deliberazione dei due terzi di Signori e Collegi. È una disposizione degna di nota in quanto, incardinando le funzioni degli Otto sull’autorità dei Signori, già la legislazione statutaria del primo Quattrocento tratteggia un’autorità di governo accentrata nelle mani della Signoria e dei Collegi che, non solo non trova una limitazione, ma anzi si giova ampiamente della creazione di magistrature o apparati dai vasti poteri operativi, fra quali gli stessi Otto di Guardia.

Piuttosto neutro il contenuto della rubrica 58 Quid et quantum possunt expendere

Octo Custodie139, che assegna agli Otto una dotazione ordinaria – si noti, disposta dalla Signoria – di cinquanta fiorini mensili. Altrettanto poco significativa la rubrica 59 De

officio et custodia potestate Octo Custodie super custodia introitus fluminis Arni140, che affida agli Otto un compito peculiare: difendere la città controllando gli accessi per via fluviale. Si deve, invece, segnalare la rubrica 60 Quod Octo Custodie debeant scribi

facere bona omnibus de Albertis et distributione fructum eorum141. Lorenzo Tanzini è riuscito a risalire alla disposizione dalla quale è stata ricavata la rubrica in questione142. Si tratta di un provvedimento preso dall’ennesima Balìa nel gennaio del 1401 con cui si incaricavano gli Otto di redigere un inventario di tutti i beni confiscati agli Alberti – acerrimi avversari degli Albizzi – dal 1378 in poi, avendo altresì cura di specificare in che modo erano state impiegate dal Comune le risorse derivate dall’uso di quei patrimoni. L’importanza di questa disposizione va colta non tanto nello specifico compito affidato

eiusdem et etiam locorum in quibus commune haberet custodiam vel preheminentiam diligenter intendere, et attente, et sollicite vigilare».

136 ASF, Statuti di Firenze del 1409, 23, c. 80v. 137 Ivi, c. 27v.

138 Cfr. TANZINI, Statuti e legislazione a Firenze dal 1355 al 1415, cit., pp. 167-168. L’autore spiega questa apparentemente contraddittoria duplicazione di rubriche sulla base di particolari esigenze di svolgimento della trattazione. La disposizione, infatti, riguarda in primo luogo gli Otto e quindi merita di essere inclusa nella sezione a questi dedicata nella Collatio II. Allo stesso tempo, però, la medesima disposizione contempla la concessione di una speciale autorità a Signori e Collegi e, pertanto, viene ricompresa nella sezione della Collatio I sui Tre Maggiori.

139 ASF, Statuti di Firenze del 1409, 23, c. 80v. 140 Ivi, cc. 80v-81r.

141 Ivi, c. 81r.

62 alla nostra magistratura che, invero, una volta assolto rende superata la disposizione stessa. Va colta, semmai, nella volontà di validare, con lo strumento della legislazione statutaria, una tecnica penale di esclusione e di discriminazione ai danni dei maggiori nemici del regime, quali appunto gli Alberti.

La sezione dello Statuto del 1409 dedicata agli Otto di Guardia si conclude con altre due rubriche dal contenuto alquanto contingente: la 61 Quod detentur Octo Custodie

octo milia florenorum de bonis condempnatorum Sancti Miniatis ponendi in Monte143 e la 62 Quod Octo Custodie debeant reponi facere castrum de Tirli144. Di queste, solo la prima si riferisce a condanne per attentati contro la sicurezza della civitas-respublica. Infine, la rubrica 333 Devetum Octo Custodie145 della Collatio I si limita a fissare il divieto biennale per coloro che abbiano esercitato l’ufficio.

Gli Statuti del 1415 riservano alla magistratura degli Otto di Guardia un piccolo spazio all’interno del libro quinto, trattato secondo sugli ufficiali intrinseci, compreso fra le rubriche 55 e 58. Altri riferimenti normativi espliciti all’ufficio si trovano nel libro primo sui tre Rettori forestieri, alle rubriche 3 e 37, nel libro secondo sulle cause civili alla rubrica 78, nonché nel libro terzo sulle cause criminali, alle rubriche 60 e 62146. Ad un primissimo sguardo si evince che la apposita sezione del libro quinto, trattato secondo, riservata al nostro ufficio è in gran parte ricavata dalla redazione del 1409. Viene espunta soltanto la disposizione che dava agli Otto l’incarico di inventariare i beni confiscati alla famiglia Alberti in quanto nemici della Repubblica. Ma questo rientra perfettamente nello spirito della revisione condotta nel 1415 sotto la direzione di Paolo di Castro, teso ad eliminare alcune delle rubriche del testo del 1409 più chiaramente connotate dal punto di vista politico, in particolare riguardo all’uso delle condanne per reati contro l’ordo

civitatis, proprio come nel caso della cassata rubrica 60147.

143 ASF, Statuti di Firenze, 23, cc. 81r-81v. 144 Ivi, c. 81v.

145 Ivi, c. 57r.

146 Con particolare riferimento al libro terzo, nulla impedisce di ipotizzare che l’espressione «quilibet offitialis» (piuttosto ricorrente fra una disposizione e l’altra e quasi sempre in coppia con il sintagma «rector communis Florentie», riferentesi invece agli ufficiali forestieri) possa alludere anche agli Otto di Guardia. 147 Cfr. TANZINI, Statuti e legislazione a Firenze dal 1355 al 1415, cit., pp. 168-170, 297.

63 La sezione esordisce con la rubrica 55 De offitio, potestate, et balìa octo custodie

civitatis Florentie148. Il testo, corrispondente a quello della rubrica 56, Collatio II, dello Statuto del 1409, si sofferma, innanzitutto, sulla composizione, la durata e i criteri di selezione degli Otto, non senza aver prima sottolineato il carattere di perpetuità dell’ufficio:

Nella città di Firenze deve esistere e vigere in perpetuo l’ufficio degli Otto di Guardia149.

Subito dopo si dice che di tale ufficio debbano far parte otto cittadini di Popolo e di fede guelfa «prout fieri consuetum est». Di questi, sei dovranno provenire dalle Arti maggiori e i restanti due dalle quattordici Arti minori. La durata dell’ufficio è fissata in due mesi. La selezione dovrà avvenire mediante estrazione dalle borse150. Quindi, dopo aver fissato il divieto biennale per coloro che abbiano esercitato l’ufficio, la rubrica in esame dedica un cenno fugace ai compiti degli Otto, identici a quelli indicati dallo Statuto del 1409: buona e diligente gestione della custodia della città di Firenze e delle comunità soggette del Dominio151. Infine, si assegna loro un notaio immatricolato all’Arte dei Giudici e Notai, da eleggersi attraverso la Signoria con i Collegi.

148 Statuti di Firenze del 1415, p. 65, vol. III, dell’edizione a stampa.

149 Ibidem: «In perpetuum debeat esse, et vigere offitium octo custodie in civitate Florentiae».

150 Dal 1378, anno della loro creazione, fino al 1406 gli Otto furono nominati direttamente dalla Signoria, che così aveva modo di reclutare personaggi fidati e di perfetta rispondenza alle idee del gruppo politico dominante. Soltanto dopo il 1406 gli Otto vengono nominati per estrazione. Nel gennaio del 1418 ci fu un dibattito sul modo migliore per scegliere gli Otto di Guardia. Il dubbio era se selezionare gli ufficiali via scrutinio o via elezione. Mentre si discuteva di queste cose, tale Antonio del Vigna prese la parola e disse: «con lo scrutinio si può sperare che tutto procederà bene, ma vi è sempre incertezza nella scelta a sorte e così la via dell’elezione è migliore». Viceversa, tale Agnolo Pandolfini sosteneva che in assenza di una situazione d’emergenza andava seguito il metodo tradizionale di sorteggio purché più gradito al popolo; l’episodio è raccontato in BRUCKER, Dal Comune alla Signoria, cit., pp. 247-248. Ad ogni modo, dal 1406 fino all’avvento del Principato con Cosimo I de’ Medici (1534), più volte la Signoria mutò sistema e avocò direttamente a sé la nomina degli Otto. Cfr. ANTONELLI, La magistratura degli Otto di Guardia a Firenze, cit., p. 10, n. 33: «Anche senza entrare nel merito della delicata questione delle tratte, delle borse e degli squittini e cioè, praticamente, del sistema di scelta dei candidati ai pubblici uffici, basta ricordare che la Signoria non si fece mai sfuggire di mano il controllo dell’elezione della magistratura e che più volte, per una ragione o per l’altra, gli Otto in carica furono rimossi prima del termine loro assegnato per legge o prorogati oltre quel termine con evidente inframmettenza di natura politica; e per citare solo alcuni dei principali casi del genere, ricorderemo quelli avvenuti negli anni 1433, 1442, 1444, 1445, 1453, 1454, 1462, 1478, 1494, 1512, 1527, 1530».

151 Statuti di Firenze del 1415, p. 66, vol. III, dell’edizione a stampa: «teneantur circa bonam diligentiam custodie civitatis praedictae, et terrarum, et locorum comitatus, et districtus eiusdem, et etiam locorum, in quibus commune haberet custodiam, vel praeheminentiam diligenter intendere, et attente, et sollicite vigilare».

64 Il testo della rubrica successiva, 56 Octo custodie possint removeri per dominos,

et collegia152 non si discosta in nulla dalla disposizione già esaminata a proposito della rubrica 57, Collatio II, dello Statuto del 1409. Così come non si discosta dalla pregressa redazione il testo della rubrica 57 Quid et quantum possunt expendere octo custodie153. Quest’ultima è, tuttavia, interessante perché dimostra che nel 1415 – anno della revisione statutaria definitiva – gli Otto svolgevano ancora compiti di supervisione sugli stipendiati