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Il controllo del corpo sociale L’offensiva moralizzatrice

4. Gli Ufficiali di Notte.

Regolamentata la prostituzione e approntata la legislazione suntuaria, negli anni Trenta del Quattrocento il problema della sodomia – mai definitivamente risolto – tornò di prepotenza al centro degli interessi del regime albizzesco, ormai al culmine della sua esperienza di governo. La sodomia è in quegli anni una pratica sempre più diffusa e che riguarda soprattutto gli uomini non sposati69. Tentennare ulteriormente significherebbe consegnare alla depravazione il cuore acerbo della classe dirigente e corrompere, pertanto, le fondamenta della concordia civica. Si arriva, così, fra il 12 e il 13 aprile del 1432, alla definizione istituzionale di un nuovo ufficio cittadino che si faccia, effettivamente, carico del problema: gli Ufficiali di Notte.

La provvisione istitutiva esordisce con questi obiettivi:

67 Statuti di Firenze del 1415, IV, rubrica 16 De licentia non danda contra praedicta ordinamenta, vol. II, pp. 388-390, dell’edizione a stampa: «Domini Priores artium, et vexillifer iustitiae populi, et communis Florentiae, gonfalonerius societatum populi, et duodecim boni viri dicti communis, omnes simul congregati, nec aliquod ex dictis offitiis, nec aliquod aliud offitium civitatis, seu communis Florentiae de per se possint dare licentiam desuper in praesentibus ordinamentis prohibitis alicui quoquo modo, et quocumque quaesito colore tacite, vel expresse, directe, vel indirecte contra praedicta, vel praedictorum aliquod, et quod per eos factum fuerit circa licentiam praedictam sit ipso iure nullum, et nihilominus puniantur, et condemnetur contrafacientes in aliquo ex praedictis ordinamentis, secundum formam praesentium ordinamentorum, et ipsi priores, et collegia, et quilibet de offitio priorum, et collegiorum praedictorum condemnetur de facto per executorem ordinamentorum iustitiae in libras quinquaginta pro quolibet».

68 Si veda ivi, p. 388, la rubrica 15 Quod fiat excommunicatio per episcopum, dove si ammette la possibilità che il Vescovo o un suo vicario pronunci una sentenza di scomunica, «specialiter, et nominatim contra omnes, et singulos homines, et personas mittentes, seu recipientes palam, vel occulte perlas, lapides pretiosos, nacheros, drappos ad aurum, vel argentum contra formam praedictorum ordinamentorum». 69 L’80% di coloro che compaiono di fronte alla giustizia hanno meno di 30 anni, secondo le stime raccolte in CHABOT, Il governo dei padri, cit.

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Vogliosi di sradicare dalla loro città l’abominevole vizio della sodomia, definito crimine pessimo nelle Sacre Scritture, […] i magnifici e potenti Signori Priori […], di loro iniziativa, per l’utilità del comune, provvedono70,

che la stessa Signoria, assieme con i due Collegi, i Capitani di Parte Guelfa, gli Otto di Guardia, i Sei della Mercanzia e i Ventuno Consoli delle Arti debbono eleggere, per la durata di un anno, sei cittadini di loro gradimento che risponderanno al nome di Ufficiali di Notte del Comune di Firenze71.

La sua organizzazione è simile a quella delle altre magistrature laiche della città: sei cittadini eletti su base annuale, assistiti da un notaio e da un personale esecutivo piuttosto ridotto. Quanto ai compiti, gli Ufficiali di Notte hanno, in primo luogo, l’incarico di investigare con diligenza «per illam viam modum et formam de qua et prout eis videbitur seu voluerint» su quanti, dopo l’entrata in vigore della provvisione medesima, continuino a praticare il vizio sodomitico. Potranno condurre la loro attività di indagine muovendo da tamburazioni, accuse, notificazioni in completa libertà, «quacumque solemnitate et substantialitate, tam iuris quam statutis obmissa». In particolare, sarà loro dovere accertare la commissione del crimine sodomitico, indicando nell’atto di inchiesta il tempo e gli eventuali compartecipi «quam precise poterunt». Le loro ampie prerogative, però, non si esauriscono nella sola attività investigativa. La provvisione, infatti, riconosce ai nostri ufficiali chiare funzioni giurisdizionali, da attendere secondo gli ormai ricorrenti canoni della giustizia sommaria72.

La pena riservata ai rei di sodomia varia in considerazione di taluni fattori. La sanzione base è di natura pecuniaria e ammonta a cinquanta fiorini d’oro. L’importo sale a cento fiorini d’oro se la persona viene sorpresa a praticare il rapporto sessuale contro natura «post primam declarationem de se fiendam dictum vitium sogdomie». Alla terza

70 ASF, PR, 123, cc. 31v-35v; il testo si trova trascritto pure in BRUCKER, Firenze nel Rinascimento, cit., pp. 357-360: «Abhominabile sogdomie vitium, crimen pessimum in sacris litteris nuncupatum, e sua civitate eradicare volentes […] magnifici et potentes domini domini priores […] eorum proprio motu, pro utilitate comunis eiusdem […] providerunt».

71 Ibidem: «eligere et deputare sex quos volent […] pro tempore unius anni […] qui vocentur officiales noctis comunis Florentie».

72 ASF, PR, 123, c. 32v: «procedere et condempnare simpliciter et de plano et sine strepitu et figura iudicii et absque aliqua solemnitate vel substantialitate iuris vel statutorum et etiam absque aliqua citatione vel processu formato, sed habita veritate prefati delicti perpetrati modo et forma ut infra dicetur».

135 volta corrisponde una maggiorazione della pena pari al doppio, quindi duecento fiorini d’oro, seguita dal divieto di accesso alle cariche pubbliche della durata di due anni. Alla quarta infrazione il reo dovrà pagare una sanzione di cinquecento fiorini d’oro con interdizione perpetua dagli uffici. Alla quinta volta,

in forza della presente provvisione, senza osservare alcuna solennità, in assenza di processo, citazione, bando o atto di qualsiasi genere intervenuto prima o che interverrà di seguito, il reo sarà condannato a morte, nel senso che dovrà essere condotto sul luogo dove generalmente avvengono le pubbliche esecuzioni e lì arso vivo, così che muoia e l’anima sia separata dal suo corpo73.

Dopo tutta una parte dedicata alla disciplina speciale da applicarsi nel caso si tratti di minori e sulla quale non importa soffermarsi, la provvisione si preoccupa di curare gli aspetti più procedurali dell’attività degli Ufficiali di Notte. Essi non potranno chiudere l’indagine e condannare il colpevole se non sulla base della sua confessione o asserzione, ovvero a condizione che la sua colpevolezza risulti provata o da due testimoni oculari («de visu»), o da un testimone oculare e due «de publica fama», o ancora da quattro testi tutti «deponentes de publica fama». L’intero procedimento dovrà concludersi entro un mese dalla avvenuta segnalazione all’ufficio della condotta perversa per via di tamburazione, accusa o notificazione. Si prevede, quindi, che quanti accusino o notifichino «palam aut secreto» persone dedite a praticare la sodomia, debbano ricevere in premio la quarta parte della condanna riscossa in denaro. Parimenti, il colpevole andrà esente da pena qualora denunci se stesso e/o i suoi compagni depravati74.

Nell’ultima parte, la provvisione sembra istituire una sinergia fra gli Ufficiali di Notte, i Rettori forestieri della civitas, nonché gli ufficiali estrinseci dislocati nelle varie circoscrizioni periferiche del Dominio territoriale fiorentino, con la promessa di sradicare, una volta per tutte, il più turpe dei vizi75.

73 ASF, PR, 123, c. 33r : «ex nunc virtute et auctoritate presentis provisionis sine alia solemnitate processu citatione banno substantialitate vel actu precedente interveniente aut sequente, intelligatur esse et sit condempnatus ad mortem, videlicet quod duci debeat per loca publica et consueta ad locum iustitiae consuetum et ibi cremari et igne comburi ita quod moriatur et eius anima a corpore seperetur».

74 Ivi, cc. 33v-34r.

75 Ivi, c. 35r: «Item quod dicti offitiales teneantur et debeant ex debito eorum officii et pro observantia presentis capituli sepe et tot quotiens videant expedire et utile esse et ut homines terreantur a perpetratione talis vitii, adire rectores civitatis Florentie et eos verbo et rectores extrinsecos per litteras eorum offitii exhortari monere et requirere quod inquirant procedant et condennent committentes vitium sogdomie et contra eos observent ordinamenta comunis ad presens vigentia».

136 La provvisione ora esaminata restituisce una disciplina punitiva del crimine sodomitico sensibilmente diversa rispetto a quella contemplata dagli Statuti del 141576. Certo, la punizione di base resta comunque quella pecuniaria. Questa, però, se nella legislazione statutaria veniva comminata secondo un importo fisso (lire mille), qui, nella provvisione, l’importo ordinario di cinquanta fiorini d’oro va incontro ad un incremento sempre maggiore a seconda del grado di recidiva da parte del reo, fino a raggiungere i cinquecento fiorini d’oro. Ancora, è vero che la rubrica 115 vedeva la sanzione pecuniaria integrata dalla fustigazione per le vie cittadine e la reclusione in carcere fino al pagamento della somma, ma escludeva espressamente la possibilità di condannare il reo di sodomia a morte. Eventualità che, viceversa, la provvisione dell’aprile 1432 riserva al caso estremo in cui la persona venga colta sul fatto dopo essere già stata precedentemente ammonita per ben quattro volte. Scompare, poi, rispetto alla disposizione statutaria la pena aggiuntiva che prevedeva l’incendio dell’abitazione dove il fatto era stato commesso, se di proprietà del reo, ovvero il suo rilascio, familiari inclusi, se di proprietà altrui. Ma soprattutto si istituisce ora la possibilità, negata negli Statuti, di escludere il sodomita riconosciuto colpevole e recidivo dagli uffici per due anni o, nei casi più gravi, anche in perpetuo; segno di una più robusta propensione da parte degli uomini al governo a combattere un vizio che allignava soprattutto fra i ranghi del ceto dirigente77.

Chiaramente, in virtù della provvisione, l’incarico di reprimere la sodomia trasmigrava dai Rettori forestieri – ancora unici protagonisti nella rubrica 115 – ai nuovi Ufficiali di Notte che venivano, altresì, messi in condizione di operare secondo canoni decisamente più flessibili, cioè sommari. Come rilevato poco sopra, ai giusdicenti forestieri si fa solo un fugace cenno nell’ultima parte del testo, e comunque in posizione evidentemente arretrata rispetto alla, forse, più affidabile – per la Signoria, autentico

caput reipublicae – magistratura cittadina.

76 Vedi retro paragrafo 2.

77 Cfr. ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 61: «Il coinvolgimento nella pratica della sodomia di ranghi non irrilevanti della classe dirigente venne a palesarsi appieno quando, non appena creata, nell’aprile 1432, la specifica magistratura degli Ufficiali di Notte si trovò subito a dover dirimere i casi di due ex Priori, Antonio di Leonardo dell’Antella e Nepo Spini, entrambi accusati di sodomia». Per i riferimenti d’archivio, la causa del primo si segue in ASF, Ufficiali di Notte (d’ora in avanti UN), 1, cc. 2v, 4r-8r, 32v-33r e in GA, 77, cc. 558r-559r; la causa del secondo in ASF, UN, 1, cc. 1r, 2v, 3rv, 30v, 31r e in GA, 77, cc. 429r-430r.

137 Con ciò non vogliamo dire che si ebbe una regolamentazione più o meno severa, ma semplicemente un diverso modo di affrontare una questione troppo a lungo rinviata nel tempo. Il che sembra essere confermato dal riscontro pratico che la nuova disciplina ricevette: in settant’anni di attività gli Ufficiali di Notte fermarono sedicimila uomini ed emisero circa tremila condanne78. La loro strategia di controllo risultò più pragmatica e, alla fine, vincente perché ispirata da un maggiore realismo: si pensò più a disciplinare le pratiche amorose consensuali e non violente, contenendole entro certi limiti socialmente tollerabili, che eliminarle del tutto, come si era invece previsto di fare, con scarsissimi risultati, nel XIV secolo. Quindi, ancora una volta, pare avvalorata l’ipotesi di partenza: meno repressione, più disciplinamento79.

Meno repressione non significa, però, totale assenza di interventi repressivi. Annunciando la condanna a morte di un sodomita da loro dichiarato colpevole nel 1436, gli Ufficiali di Notte indicavano le conseguenze nefande della sodomia: dalla guerra alla peste, dall’odio dei nemici alle sommosse e ai disordini civili. Tutti fenomeni di instabilità meritevoli di essere duramente repressi80. Dopo decenni di relativo disinteresse, da parte delle autorità fiorentine, l’omosessualità maschile diventò, quindi, oggetto di

78 Dati stimati in CHABOT, Il governo dei padri, cit.

79 Cfr. M.J. ROCKE, Il controllo dell’omosessualità a Firenze nel XV secolo: gli Ufficiali di Notte, in «Quaderni storici», 66 (1987), pp. 701-723, in part. p. 707: «La costituzione degli Ufficiali di Notte nel 1432 appare, quindi, una tacita ammissione della diffusione dell’omosessualità a Firenze e un metro della sua significatività nella vita sociale della città. Dovendo confrontarsi con questa realtà sociale, i governanti di Firenze decisero pragmaticamente non di “sradicare” la sodomia ma semplicemente di contenerla il più possibile. Questa politica viene espressa molto chiaramente dal preambolo di una sentenza emessa nel 1436 dagli Ufficiali di Notte, proprio quando, paradossalmente, la retorica della maledizione divina per la sodomia raggiungeva i suoi massimi livelli. Nonostante tutta la loro buona volontà, gli Ufficiali ammisero che la sodomia non mostrava segni di diminuzione. Quindi, pensantes […] quod si omnes metu pene a predictis (sodomitis) non retrahuntur saltim aliqui se retrahent, et pur qui in tali obbrobbrio sunt corructi non tam publice illud facient. Quod si ex mille sogdomitis unum bene punit […] timent omnes. Et licet non totaliter eorum arceantur facinora tamen particulariter cohercentur. Ammettendo la perseveranza del comportamento omosessuale, questi Ufficiali dovettero in una certa misura anche accettarlo. Il Comune si era avviato sulla via della coabitazione con la sodomia in maniera più o meno evidente anche se poco stabile, sicché la disciplina del controllo divenne meno rigida ma sicuramente più sottile, coerente e efficace».

80 ASF, GA, 79 (2), c. 57rv: «Pensantes decenti discretione quod per ministerium sacre iustitie contra divine maiestatis offensores, et presertim in illos qui ipsam maiestatem offendunt in vitio sogdomie, quod vitium adeo male dicitur pronuptiando peccantes contra naturam rebelles a sua divina et ecterna providentia ipsosque esse damnatos in ignem ecternum, et quia offenso creatore omnis offenditur creatura, iudicantes quod puniendo et ghastighando ribaldos et tanti sceleris comissores, divina essentia mitigetur et a sua ira retrahatur, ex quo civitas et sui boni cives a turbine quolibet liberentur, bella resecentur, pestes tollantur, insidie inimicorum refrenerentur, et ad bonum regimen et laudabiles mores civitatis dirigantur». Il brano è citato in ROCKE, Il controllo dell’omosessualità, cit., p. 701.

138 un’attenzione pubblica senza precedenti attraverso l’operato di questa magistratura cittadina81.

Probabilmente il buon funzionamento della magistratura degli Ufficiali di Notte82 è da ritenersi alla base della provvisione83 con la quale, nell’agosto del 1433, si decise di accorparvi, così da formare un unico ufficio, gli offitiales super conservationem

honestatis monasteriorum et monalium. Questi ultimi erano stati istituiti qualche anno

prima, nel 142184, con lo scopo di destinarli alla repressione di un altro fenomeno che preoccupava non poco il regime, soprattutto per le sue implicazioni religiose, proprio come nel caso della sodomia: la violazione dei monasteri.

Non si conosce molto di questa magistratura. Prima della sua creazione, la violazione dei monasteri era disciplinata unicamente dagli Statuti del 141585. Secondo la disposizione di riferimento, è compito dei Rettori procedere contro chi violi i locali monacali usando violenza sulle monache che lì hanno scelto di consacrare la loro vita al servizio di Dio86. Fra l’altro, non si va neanche tanto per il sottile potendo essi ricorrere a qualsiasi mezzo di accertamento della verità, anche ai più ferrigni, come la tortura87.

81 ROCKE, Il controllo dell’omosessualità, cit., pp. 705-706: «L’insieme di questi cambiamenti rappresentò in pratica una rivoluzione rispetto al modo in cui Firenze aveva precedentemente punito la sodomia. Data la forte riluttanza a reprimere la sodomia prima del 1432, è possibile che questo nuovo impeto repressivo sia stato in effetti un compromesso per superare l’impasse? Se così fosse i suoi frutti non si possono negare: le condanne per sodomia si moltiplicarono immediatamente. Dalle otto del 1432, salirono a undici nel 1433, a sedici nel 1434, e a trentasette nel 1435, assestandosi nei decenni successivi (fino al 1459) su una media di tredici all’anno. Le condanne poi quadruplicarono nella seconda metà del secolo, raggiungendo una media di cinquanta all’anno. Sotto gli Ufficiali di Notte la persecuzione della sodomia, una volta sporadica e eccezionale, divenne di routine, con ritmi praticamente quotidiani. In questo modo il braccio disciplinare del comune poté arrivare a colpire più a fondo e con effetti maggiori la società fiorentina».

82 Ne conferma il buon funzionamento ASF, UN, 5, c. 47r: «Voi state chiamati uficiali de’ munisteri et soddomiti, che sono ufici troppo utili a ogni città e castello».

83 ASF, PR, 124, cc. 148rv.

84 ASF, PR, 111, cc. 45rv, on-line su www.archiviodistato.firenze.it/archividigitali/complesso-archivistico. 85 Statuti di Firenze del 1415, III, rubrica 53 De invasoribus monasterium et raptoribus monalium, vol. I, p. 269, dell’edizione a stampa.

86 Ibidem: «Nullus audeat, vel praesumat invadere, aut attentare, invadere aliquod monasterium monialium, vel ibi mittere manus in aliquam mulierum tali monasterio dedicatam, vel in eo reclusam in habita monacali eum proposito serviendi Deo, et infra tempus professionis, vel postea eam rapiendo, vel extraendo de tali monasterio, vel claustro ipsius monasterii, aut praedicta, vel aliquod praedictorum attentare, committere, vel committi facere».

87 Statuti di Firenze del 1415, vol. I, p. 269, dell’edizione a stampa: «modis omnibus, quibus exacerabilius fieri poterit, etiam cum omni genere tormentorum».

139 Si concede, infine, agli stessi Podestà, Capitano ed Esecutore «plenum, liberum, et generale arbitrium» in qualsiasi fase del procedimento penale promosso contro i responsabili, condanna compresa «tam realiter, quam personaliter».

Non sappiamo quanto la fusione fra Ufficiali di Notte e Ufficiali sopra la conservazione dell’onestà dei monasteri e delle monache abbia funzionato. Certamente prima di allora questi ultimi non avevano dato granché prova di sé. Ancora nel 1423, a più di un anno dalla loro istituzione, ad intervenire nel contrasto al fenomeno sono i Rettori forestieri88.

Siamo, tuttavia, in grado di ricostruire la ratio sottesa alla necessità di punire quanto più severamente possibile, che fosse per mano dei Rettori forestieri oppure di una magistratura cittadina, la violazione dei monasteri, specialmente se abitati da monache. Indicativi, in tal senso, i passaggi di una pronuncia resa nel 143589. Dopo aver riportato le parole di Sant’Agostino sul giudizio di Dio alla fine dei tempi90, l’estensore della sentenza si dilunga sui drammatici risvolti religiosi del fenomeno criminoso, tali da scuotere – di nuovo – l’ordine naturale delle cose e rovesciare, così, sulla civitas intera la giusta collera della maestà divina, perché la città a quell’ordine perfetto e immutabile avrebbe dovuto inderogabilmente uniformarsi:

Un tempo la naturale giustizia delle cose ordinò che il sesso servisse ad accrescere il genere umano, perché l’uomo e la donna si unissero vicendevolmente attraverso il sacro vincolo del matrimonio che, per la sua importanza e la sua reverenza, è da sempre oggetto di venerazione. E non esiste niente di più gradito a Dio della conservazione del matrimonio e, viceversa, non esiste niente di più molesto al cuore di Dio della sua violazione. E se una semplice creatura mortale è scossa da una simile violenza, quanto di più potrà adirarsi il Creatore, Padre altissimo e genitore di ogni creatura? E sono molti gli sconsiderati che le monache, sposate a Dio e dedicate a Dio stesso e recluse nei monasteri per preservare la loro verginità, inseguono, per soddisfare le voglie della propria carne, dimentichi di qualunque reverenza. Perciò la stessa

88 Come attesta una sentenza del Capitano del Popolo del 22 agosto 1423 in ASF, Atti del Capitano del Popolo, 2523bis, cc. 9-11, trascritta in BRUCKER, Firenze nel Rinascimento, cit., pp. 363-364.

89 ASF, GA, 79 (2), cc. 68-69, citato in Ivi, p. 362.

90 Ibidem: «Tuba tremenda Dei et vox altissima clamans in die tremendo iudicii dicens probis “Venite benedicti patris mei” et inprobis “Ite maledicti in ignem eternum et quam sit orribile recordari”. Nam superius erit iratus iudex et inferius erit patens chaos; a destris cuncta peccata accusantia; a sinistris infinita demonia trahentia. Exterius et interius mundus ardens et conscientia accusans. O pecchator orbe et inmemor predictorum ubi te ascondes? Latere erit impossibile et apparere ut vides erit intollerabile. Omnia ista quasi a doctore ecclesie Augustino sunt relata».

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divina provvidenza è turbata, e la malizia delle guerre fa sì che il mondo sia afflitto da sommosse, pestilenze e altri, diversi pericoli e calamità. Per scongiurare i quali, l’austerità del Popolo fiorentino statuì che nessuno potesse accedere a qualsivoglia monastero e gravò i delinquenti con pene severe. Proibendo non soltanto la congiunzione carnale con le monache ma anche l’accesso ai monasteri, perché le stesse monache, il cui sesso è fragile e debole, assunto l’abito religioso, che si sono volontariamente concesse in sposa a Cristo unico uomo, si conservino in onestà e sicurezza e, insieme, l’onore e l’onestà dei monasteri crescano liberamente, e la loro officiosa sollecitudine nel culto divino non sia sconvolta ma guadagni il frutto della salute delle anime senza offendere gli occhi della maestà divina91.