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Il controllo del corpo sociale L’offensiva moralizzatrice

2. Gli Ufficiali dell’Onestà.

La prima tappa del nostro percorso ricostruttivo sull’offensiva moralizzatrice ci riporta all’aprile del 1403, quando venne approvata una provvisione che conferiva poteri speciali alla Signoria in vista di reprimere il vizio sodomitico22.

Tuttavia, l’urgenza di infliggere un castigo esemplare a tutti i sodomiti che offendono Dio attirando sulla città la sua collera passò improvvisamente in secondo piano. Pare che all’origine del brusco cambio di passo ci fosse il fatto che troppi personaggi influenti erano dediti a pratiche sodomitiche. Così, sul finire di aprile, la Signoria, in virtù degli stessi poteri straordinari che le erano stati conferiti per estirpare il vizio e il crimine sodomitico, decretava l’istituzione di un ufficio con il compito non di reprimere, ma di organizzare e regolamentare l’esercizio della prostituzione mediante dei postriboli posti sotto il diretto controllo delle autorità pubbliche.

Alla nuova magistratura fu dato il nome di Ufficiali dell’Onestà23. Eletti per squittinio e tratta almeno a partire dal 1426, in origine gli Ufficiali dell’Onestà erano

21 Cfr. ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 56; DORINI, Il diritto penale e la delinquenza in Firenze nel secolo XIV, cit., pp. 66-76, 247-256; S.K. COHN, The laboring classes in Renaissance Florence, New York, Academic Press, 1980, pp. 196, 275-278 (appendici H.1, H.2).

22 ASF, PR, 92, cc. 9r-10r, on-line su www.archiviodistato.firenze.it/archividigitali/complesso-archivistico: «providere, ordinare, deliberare et disponere et statuere […] pro remotione et exstirpatione […] vitii sodomitici». Fra l’altro, pare che il ceto dirigente avesse sfruttato la retorica del vizio come pretesto per scatenare un’ondata di repressione all’indomani della nuova epidemia di peste che colpì Firenze nel 1400; cfr. sul punto I. CHABOT, Il governo dei padri: lo stato fiorentino e la famiglia tra XIV e XV secolo, in Firenze e la Toscana, cit., pp. 195-212.

23 La deliberazione istitutiva si trova in ASF, Ufficiali dell’Onestà (d’ora in avanti, UO), 1, Rubriche e Statuti, 1403-1597, cc. 3r-7v; in part. c. 3r: «obviare vitia et imitare virtutes». Informazioni di massima

120 direttamente nominati dalla Signoria in numero di cinque (poi otto, due per quartiere) e dovevano appartenere alle Arti maggiori24; restavano in carica sei mesi25 e non percepivano salario, ma riscuotevano delle percentuali sulle multe che irrogavano26. Disponevano di un proprio notaio e di un provveditore che venivano rinnovati ogni sei mesi27. Avevano, quindi, al loro servizio sei famigli che si dedicavano alle più svariate attività, soprattutto agli arresti, all’invio di messaggi, alla notificazione agli individui sospettati della citazione a comparire dinnanzi all’ufficio28.

La scelta di destinare la neoistituita magistratura cittadina alla regolamentazione del meretricio piuttosto che alla repressione della sodomia innescò un acceso dibattito in seno al ceto dirigente29. Alla fine, però, si decise di riservare agli Ufficiali dell’Onestà la sola attività di controllo sulla prostituzione; attività che avrebbero continuato a svolgere fino alla piena epoca granducale30. Così, una pratica che fino a quel momento era stata semplice oggetto di sdegno morale e quindi di repressione31, finì per essere irreggimentata

sull’ufficio in GUIDI, Il governo della città-repubblica di Firenze del primo Quattrocento, cit., vol. II, p. 327.

24 ASF, UO, 1, cc. 3rv. 25 Ivi, c. 7r.

26 Nel registro, invero, non sono riportati salari. 27 ASF, UO, 1, cc. 3rv, 4rv, 5v.

28 Ivi, c. 7r.

29 Cfr. ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 58: «non v’era unanimità all’interno del ceto dirigente sull’efficacia di una simile risposta: se la maggioranza era in quel momento convinta che organizzare pubblicamente il meretricio, destinando un luogo della città a bordello e incentivando lenoni e prostitute straniere a stabilirsi a Firenze con la promessa di una tutela giudiziaria, rappresentasse un modo valido per deviare le pulsioni e per incidere sulle radici del malessere sessuale dei Fiorentini, a distanza di nemmeno un anno un gruppo consistente di membri del Consiglio del Popolo, approvò una provvisione che impegnava gli appena creati Ufficiali dell’Onestà a una diretta repressione della sodomia. La proposta venne però affossata il giorno dopo nel Consiglio del Comune». Sembra, quindi, che il governo guardasse alla prostituzione femminile come ad una difesa effettiva contro l’omosessualità. 30 Cfr. BRACKETT, The Florentine Onestà and the Control of Prostitution, 1403-1680, in «Sixteenth Century Journal», XXIV/2 (1993), pp. 273-300.

31 Cfr. ASF, Statuti del Podestà di Firenze del 1355, volgare, 19, rubrica 161, III, cc. 184r-185v, consultabili digitalizzati sul sito www.archiviodistato.firenze.it/archividigitali/complesso-archivistico; in part. c. 184r: «A stirpare li mali et li peccati che potrebbono advenire nella cittade di Firenze dalla disonestà delle femmine meretricanti che vano continuo per la cittade predetta, per la quale cosa in essa cittade isvergonati atti et costumi et molti peccati si comettone per li quali s’offende Iddio et honore si scema alla detta cittade». A riprova del fine eminentemente repressivo, piuttosto che disciplinante, della legislazione statutaria trecentesca, si trova scritto, qualche rigo sotto: «sia poi ritrovata ricaduta nel puttaneccio in alcuno de detti vietati luoghi putanegiare, debba essere marcata con uno ferro caldo nella faccia dal lato sinistro, si che palesemente appaia cotale marco».

121 dentro la rete di disciplinamento tessuta da questi funzionari32. Anzi, diventò perfino una importante fonte di guadagno, giacché era consentito prostituirsi solo previa licenza, secondo un tariffario prestabilito e, soprattutto, gli Ufficiali incassavano – come già detto – una percentuale sulle condanne riscosse in denaro33.

Un quadro dell’attività quotidiana dell’ufficio si ricava dalla documentazione superstite, a cominciare dalla legislazione riguardante la magistratura medesima, raccolta nel fondo dell’Archivio di Stato di Firenze dedicato agli Ufficiali dell’Onestà.

Tra i compiti cui gli Ufficiali dell’Onestà dovevano attendere, rientravano, in primo luogo, l’identificazione e la separazione delle prostitute dal tessuto “sano” della popolazione fiorentina. Le donne identificate come tali venivano condotte presso il bordello cittadino in Mercato Vecchio e lì registrate all’esito di uno scrutinio che doveva riportare i due terzi dei voti dei componenti l’ufficio. Nel bordello le prostitute erano tenute a svolgere le loro prestazioni sotto la direzione di una matrona, con o senza la presenza di lenoni o ruffiani i quali, ad ogni modo, dovevano essere autorizzati dal magistrato34.

I movimenti delle prostitute all’esterno del bordello erano monitorati dagli Ufficiali dell’Onestà attraverso la concessione, a pagamento, di licenze che le meretrici dovevano, all’occorrenza, esibire quando si trovavano a transitare per le vie della città. Queste licenze le rendevano immuni da qualsivoglia intervento da parte di qualsiasi

32 Bisogna considerare che nella società fiorentina dell’epoca, il destino di una donna dipendeva dalla dote. Solo una dote adeguata le avrebbe dato accesso o al matrimonio o alla vita conventuale. All’inizio del Quattrocento, però, per poter incanalare le malsane pulsioni di individui avvezzi alle pratiche sodomitiche nella direzione di comportamenti meno disdicevoli, gli uomini del reggimento albizzesco si impegnarono a superare la preoccupazione, diffusa nel sentire comune, che le donne prive di dote fossero costrette, per sopravvivere, a prostituirsi, con grave disonore per la comunità tutta.

33 Il progetto di disciplinare la prostituzione, anche nella stessa ottica di ricavarne un guadagno, va contestualizzato alla luce degli importanti mutamenti che, in quegli anni, interessarono la vita politica e sociale di Firenze. Soprattutto, c’era il problema di rintracciare nuovi canali di finanziamento al fine di rimpinguare le casse pubbliche esangui a causa del numero impressionante di guerre e di operazioni militari in genere che furono sostenute sotto il regime degli Albizzi per la costruzione del Dominio territoriale. Si stima che negli anni fra il 1390 e il 1402 le spese militari avessero raggiunto la astronomica cifra di cinque milioni di fiorini. Cfr. sul punto MOLHO, The Florentine Oligarchy and the Balìe of the Late Trecento, in «Speculum», 43 (1968), pp. 30, 39.

122 ufficiale o birro. Le prostitute che uscivano dal bordello erano, comunque, riconoscibili da un particolare segno che dovevano indossare, scelto dal magistrato35.

Sulle meretrici e sui loro lenoni o ruffiani gli Ufficiali dell’Onestà avevano

iurisdictio in criminalibus; in particolare, le pene erano rimesse al loro arbitrium, al di

fuori dei vincoli e delle garanzie posti dalla legislazione statutaria sulla materia36. Una provvisione del 23 dicembre 1415 dava al magistrato l’incarico di provvedere all’allestimento di altri due edifici in aggiunta a quello già esistente da adibire a postriboli, uno nel quartiere di Santo Spirito, l’altro nel quartiere di Santa Croce:

Desiderosi di rimuovere i costumi più disonesti attraverso quelli meno riprovevoli, i magnifici e potenti Signori, insieme con i Collegi, provvedono che si possa, loro direttamente o quelli che ne saranno incaricati, destinare due locali pubblici cittadini a postriboli, in aggiunta al bordello già esistente, uno nel quartiere di Santo Spirito e l’altro nel quartiere di Santa Croce. Siano da prediligersi, nella individuazione di detti locali, le aree più adatte allo scopo o comunque quelle zone della città dove simili costumi possano essere con più facilità tollerati dai cittadini onesti; lì staranno le meretrici per l’esercizio della loro attività licenziosa. Possano, inoltre, i Signori eleggere e destinare al controllo sulle prostitute nei suddetti luoghi quei cittadini fiorentini popolari e guelfi che parrà loro più adatti a svolgere questo compito come Ufficiali dell’Onestà, stabilendone il numero e i divieti che dovranno osservare durante e al termine dell’ufficio37.

I nuovi bordelli non furono, alla fine, mai aperti38.

A partire da quell’anno, 1415, assistiamo ad un accrescimento nelle prerogative giudiziarie e di polizia degli Ufficiali dell’Onestà, con facoltà di emettere ordinamenti e

35 ASF, UO, 3, Rubriche e Statuti, 1403-1597, cc. 3r-4v. 36 Ivi, c. 7v.

37 ASF, Pr, 105, cc. 248rv, on-line su www.archiviodistato.firenze.it/archividigitali/complesso-archivistico; documento trascritto anche in BRUCKER, Firenze nel Rinascimento, cit., pp. 350-351: «Inhonesta magis per minus removere cupientes, magnifici et potentes domini priores […] providerunt […] quod domini priores […] una cum offitiis gonfaloneriorum societatum […] et duodecim bonorum virorum […] possint per se aut cui vel quibus commiserunt, ordinare seu ordinari seu fieri facere duo loca publica, videlicet duo postribula in civitate Florentie ultra postribulum ad presens in civitate predicta existens, unum videlicet in quarterio Sancti Spiritus et aliud in quarterio Sancte Crucis, in locis magis congruiis seu in locis in quibus inhonestas talis exercitii melius pallietur pro honestate civitatis atque convicinie in quibus fuerunt seu ordinabuntur, in quibus stare debenat meretrices ad prestandum corpus suum pro libidinario questu prout stant alie meretrices in alio loco predicto […] Item possint dicti domini priores […] eligere et deputare illos cives florentinos populares et guelfos quos viderint, in offitiales et pro offitialibus honestatis, in eo numero et cum eo diveto tam durante officio quam eo finito».

38 Cfr. R. TREXLER, La prostitution florentine au XV e siècle, in «Annales E.S.C.», XXXVI (1981), pp. 983-1015, in part. p. 1008, nota n. 13.

123 sentenze39. Le prostitute riconosciute colpevoli di aver violato i loro ordini potevano essere punite con multe da cinquanta a duecento lire, fustigate lungo le vie – sebbene questa punizione corporale figuri assai raramente nelle fonti –, oppure allontanate dalle loro abitazioni. Dal 7 marzo 1416 il magistrato poteva, perfino, pronunciare sentenze alla pena capitale40.

Gli Statuti del 1415 dedicano agli Ufficiali dell’Onestà due rubriche, la 33 e la 34 del libro quinto, trattato secondo, quello sugli ufficiali intrinseci. La rubrica 33, in realtà, non è riferita direttamente alla magistratura cittadina, bensì ai Signori – come la stessa intitolazione suggerisce41. Essa genera ulteriore confusione – a riprova di quanto tutti, a cominciare dalle autorità politiche, non avessero tanto le idee chiare sul da farsi – perché affida nuovamente agli Ufficiali dell’Onestà, così come doveva essere nelle intenzioni iniziali, la repressione del vizio sodomitico. La disposizione esordisce, infatti, col dire:

Inorriditi dal marciume insito in un crimine enorme e nefando, quale è il vizio sodomitico, e vogliosi come non mai di provvedere alla sua estirpazione in aumento degli altri ordinamenti, decretiamo che, per un semestre a scelta e per gli anni che si riterranno opportuni, siano estratti dalle borse i nominativi di otto cittadini popolari e guelfi, provvisti di balìa come si dirà appresso42.

La rubrica prosegue ribadendo i poteri speciali di cui la Signoria dispone in materia. Fra questi, la possibilità di nominare, assieme con i Collegi, i Capitani di Parte Guelfa e i Sei della Mercanzia, tutte le volte in cui riterranno opportuno farlo, un uomo probo, forestiero, capace e fidato, con un incarico di sei mesi, «cum famulis, equis, et salario, ac offitio, et arbitrio, iurisdictione, modis, et conditionibus, de quibus, et prout, et sicut, et quibus, et quoties eis, vel duabus partibus eorum videbitur convenire». La disposizione si conclude richiamando l’impegno giurato dei tre Rettori forestieri a perseguire, condannare e punire i sodomiti.

39 ASF, UO, 1, Rubriche e Statuti 1403-1597, c. 9v. 40 Ivi, c. 9r.

41 Statuti di Firenze del 1415, V, II, rubrica 33 De offitio dominorum circa offitium offitialium honestatis, vol. III, pp. 41-42, dell’edizione a stampa.

42 Ivi, p. 41: «Nefandi facinoris ipsique naturae contrarii, et enormis criminis putredinem abhorrentes, quale est vitium sodomiticum, et volentes in hoc pro exstirpatione huiusmodi criminis in augumentum aliorum ordinamentorum possetenus providere, decernimus quod pro quolibet semextre, et anno quolibet […] extrahantur […] octo cives populares, et guelfi […] cum offitio, potestate, et balìa de qua infra disponetur».

124 La rubrica successiva torna inaspettatamente ad occuparsi di regolamentazione del meretricio e, a giudicare dalla lunghezza e dalla minuziosità delle norme ivi contenute, si può dedurre che era questa la principale attività riservata, anche dalla legislazione statutaria, agli Ufficiali dell’Onestà43.

La disposizione, in verità, conferma, più o meno, quanto già emerso dallo spoglio dei registri 1 e 3 della magistratura. Così, i nostri Ufficiali sono incaricati di individuare o far costruire ex novo un luogo da destinare interamente all’esercizio della prostituzione, acquistandolo oppure prendendolo in affitto. Quindi, nessuna meretrice, qualificata come «publica», potrà accedere ai locali suddetti «nisi primo obtentum fuerit per duas partes ex dictis offitialibus» un particolare permesso. Una volta accordato loro il permesso di accedere ai pubblici bordelli, le prostitute non possono avere lenoni o ruffiani, anche qui «nisi fuerit primo deliberatum, et obtentum per dictos offitiales, vel duas partes ex eis ad minus, ut supra».

Segue un inciso molto interessante dove, sostanzialmente, si incentivano prostitute e lenoni a mettersi in regola, con la promessa di una vera e propria tutela giudiziaria:

Che i detti Ufficiali, sia quelli attualmente in carica sia quelli che lo saranno in futuro, abbiano pieni poteri nel concedere tutte le licenze e le sicurtà alle singole prostitute, anche a quelle condannate dal Comune di Firenze, qualunque sia la ragione e qualunque sia l’entità della pena pecuniaria da pagare, anche se sono state condannate e bandite da Firenze44.

Lo stesso viene ribadito a proposito dei lenoni, con la significativa differenza, però, di escludere la tutela qualora trattasi di «rebellis communis Florentiae». Tutela che si annuncia, subito dopo, insindacabile:

Qualsiasi rettore, e ufficiale, sia in carica ora che nel prossimo futuro, di stanza in città o nel contado e distretto di Firenze deve sottoscrivere e osservare le licenze che gli Ufficiali dell’Onestà abbiano

43 Statuti di Firenze del 1415, V, II, rubrica 34 De offitio, et balìa offitialium honestatis, vol. III, pp. 42-45, dell’edizione a stampa.

44 Ivi, p. 43: «Et quod dicti offitiales, tam praesentes, quam qui pro tempore fuerint possint, et valeant, et habeant, et habere intelligantur plenam, et plenissimam balìam, et licentiam dandi, et concedendi omnes bullectinos, et securitates omnibus, et singulis meretricibus etiam condemnatis communis Florentiae, quacumque de causa essent in quacumque quantitate pecuniae essent, etiam si essent condemnare, et exbamnitae communis Florentiae, in persona, vel in membro».

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concesso alle prostitute e ai loro lenoni. I contravventori siano puniti in lire mille di fiorini piccoli, importo che verrà sottratto dal loro salario e versato nelle casse del Comune. Sulla disobbedienza dei rettori si presti fede unicamente agli Ufficiali dell’Onestà45.

Il che equivale, praticamente, a sancire la preminenza della nuova magistratura cittadina degli Ufficiali dell’Onestà, diretta emanazione della Signoria, sui Rettori forestieri, oltre che su qualunque altro ufficiale dell’intero Dominio territoriale fiorentino – visto il sintagma «civitatis, comitatus, et districtus Florentiae» –, quantomeno in materia di regolamentazione del pubblico meretricio. Diretta emanazione della Signoria, considerato che, subito dopo, viene detto che, qualora i nostri Ufficiali volessero destinare all’esercizio della prostituzione un diverso locale, prima debbono sottoporre l’affare al vaglio dei Signori e dei Collegi, i quali interverranno con un’apposita deliberazione. La supremazia della magistratura è, altresì, confermata dal fatto che spetta ad essa «imponere pretia solvenda meretricibus venturis». Ma, soprattutto, si fa divieto ad uno qualsiasi dei Rettori ovvero a qualunque altro ufficiale, compresi i loro famigli, di:

Portare via qualunque prostituta dal bordello di giorno o di notte con la forza e con la violenza, qualunque delitto venisse a ciascuna di loro contestato, fosse anche grave, senza la espressa licenza dei detti Ufficiali, a pena di lire cinquecento di fiorini piccoli46.

Pena rimessa – neanche a dirlo – agli stessi Ufficiali dell’Onestà.

L’analisi di queste due rubriche sembra confermare una certa titubanza, da parte del regime albizzesco, a voler affrontare di petto e risolvere alla radice il problema della sodomia, al di là delle vivaci dichiarazioni di intenti – di cui si può intravedere una traccia nell’incipit della rubrica 33. Viene dato, indubbiamente, molto più spazio – e la lunghezza del testo della rubrica 34 ne è una prova – alla regolamentazione della prostituzione, con i nuovi Ufficiali dell’Onestà eletti a magistratura di punta.

45 Statuti di Firenze del 1415, vol. III, p. 44 : «quilibet rector, et offitialis, tam praesens, quam futuri civitatis, comitatus, et districtus Florentiae dictas securitates, et bullectinos per eos concedendos, et dandos dictis meretricibus, et lenonibus debeant subscrivere, et observare, et contra non facere, vel fieri facere, vel venire, sub poena, et ad poenam librarum mille f.p. ex suo salario retinenda per camerarios camerae dicti communis, et in dicto communi Florentiae applicando, vel per dictos offitiales condemnando habita solummodo fide a dictis offitialibus de inobedientia dictorum rectorum».

46 Ibidem: «extrahere aliquam meretricem de dicto loco de die, vel de nocte per vim, et violentiam, vel propter aliquod delictum, quod dicta talis meretrix commisisset quantumcumque diceretur, vel esset grave, sine expressa licentia dictorum offitialium, sub poena librarum quingentarum f.p.».

126 Eppure, qualche riferimento normativo al trattamento penale del vizio sodomitico da parte della legislazione statutaria esiste. E, precisamente, all’altezza della rubrica 115

De poena sodomitorum, trapassorum, et similium, et malandrinorum, et receptantium eos, del libro terzo47.

Non v’è alcun cenno alla magistratura degli Ufficiali dell’Onestà, ma si dà l’incarico, indifferentemente, ad uno dei Rettori forestieri di perseguire l’uomo o la donna che, volontariamente, offrano il loro corpo al vizio sodomitico, purché il «patiens» sia maggiore di diciotto anni. Se il crimine viene commesso per la prima volta, la pena è di lire mille. Di queste, la quarta parte andrà all’ufficiale forestiero intervenuto, il resto al Comune. Detta sanzione pecuniaria dovrà, quindi, essere integrata con la fustigazione a corpo nudo «per loca publica civitatis», ovvero con altre pene corporali e infamanti («vituperativis») rimesse alla valutazione del Rettore il quale terrà in conto fattori come l’età e la condizione del reo. Sono escluse la pena di morte, le mutilazioni e l’esilio. Il catalogo delle pene, però, non è ancora completo. A fustigazione ultimata, infatti, la persona condannata dovrà essere rinchiusa nel carcere delle Stinche, fino a quando non avrà pagato la sanzione di lire mille. Infine, la casa dove il rapporto sodomitico è stato consumato, se di proprietà del reo, verrà bruciata. Altrimenti, sarà compito del reale proprietario allontanare dall’abitazione il responsabile assieme a tutta la sua famiglia. Quindi, si dice:

Il soggetto condannato e punito per queste ragioni non sia considerato infame e privato degli onori e degli uffici pubblici48.

Significa che chi fosse stato condannato per la prima volta per sodomia non doveva, per questo, essere allontanato dagli uffici. Si può, forse, leggere, fra le righe di questo passaggio, un segnale di quanto la pratica sodomitica fosse diffusa presso gli uomini di potere. Il che spiegherebbe la lentezza, le tensioni e i contrasti con cui la