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Il controllo del corpo sociale L’offensiva moralizzatrice

5. I Conservatori delle Leggi.

Il regime albizzesco fu molto sensibile anche al problema della corruzione degli ufficiali pubblici e affidò ripetutamente, ma senza successo, a magistrature diverse l’incarico di vigilare sulla ligia osservanza, da parte degli stessi ufficiali, delle leggi sugli obblighi e sulle competenze dei funzionari. Il primo magistrato scelto a tale scopo fu, nel 1415, l’Esecutore degli Ordinamenti di Giustizia92. Tuttavia, già il 23 ottobre 1416 gli veniva revocata la giurisdizione esclusiva su tali materie93. Così, nel 1420 e nel 1421, il testimone passò agli Otto di Guardia94. Alla fine, nel febbraio del 1429, la situazione parve stabilizzarsi in forza della creazione di una nuova magistratura cittadina, quella dei

91 ASF, GA, 79 (2), cc. 68-69: «Ulterius naturalis iustitia ordinavit ut sexus augeretur humanus quod vir et mulier copularentur ad invicem per sanctissimum matrimonium et fuit et est tanti ponderis et reverentie quod a quolibet veneratur; et nil est accectius coram Deo quam conservatio matrimonii nilque molestius corame eo quam violatio coniugalium. Et si mortalis creatura de huiusmodi violatu iratur, quanto magis debet irari Creator altissimus pater et genitor cuiuslibet creature? Et inoppinate sunt multi qui moniales, sponsas Dei et ipsi Deo dedicatas et reclusas in monasterio pro virginitate servanda, insequuntur conoscendo eas carnali desiderio, quacumque obmissa reverentia. Ex quo ipsa divina providentia turbatur, et malitia guerrarum turbinis pestilentiis et aliis diversis calamitatibus et oneribus facit mundum a predictis afflictum. Pro predictis obviando statuit austeritas populi florentini ut nulli liceat intrare aliquod monasterium et delinquentes oneravit penis onerosis. Et non tamen coitus cum monialibus sed etiam adcessus ad monasteria est prohibitum, ut ipse moniales quarum sexus fragilis et debilis est et ipse moniales que, habitu religionis assuncto, uni viro Christo voluptarie disponsate in honestate et securitate conserventur et honoris et honestatis monasteria in libertate concrescant, et ne in divino culto harum sedulitas offitiosa versetur et fructum salutis animarum acquiret et oculos divine maiestatis non offendat».

92 ASF, PR, 105, cc. 236r-237v. Qui l’Esecutore assume la qualifica di «conservator statutorum honestatis Communis Florentie».

93 ASF, PR, 106, cc. 164v-165v.

94 ASF, PR, 110, cc. 97r-99v ; PR, 111, cc. 71r-72r. A c. 97r del registro 110, sul margine destro, si legge: «Octo custodie faciat observare leges».

141 Conservatori delle Leggi. Il loro compito originario si trova delineato nella stessa provvisione istitutiva:

Perché quelle leggi che sono state fatte per la sopravvivenza giusta e retta della Repubblica fiorentina siano conservate inviolate, e nessuno, o per ambizione, o per il proprio personale tornaconto, o per temeraria presunzione, abbia l’ardire di operare contro il loro dettato o di delinquere non osservandole95.

Come ripetuto già altre volte, la perpetuazione del potere politico, con il suo bisogno estremo di restare immutato, dipende, anche, dalla conservazione delle istituzioni su cui la respublica si regge e delle leggi che la governano. A tal fine, veniva richiesto loro di verificare, in buona sostanza, il possesso dei requisiti fiscali, anagrafici e giudiziari necessari per il giusto e retto esercizio dei pubblici uffici, punendo i relativi abusi96.

Non solo. I Conservatori avevano, altresì, il compito di investigare ed accertare la responsabilità di quanti prendessero parte a riunioni o conventincole non autorizzate o comunque proibite97, e di fare altrettanto con gli ufficiali estrinseci corrotti98.

Una volta definiti i compiti, la provvisione istitutiva chiariva la procedura che la nuova magistratura doveva seguire ogniqualvolta fosse stata accertata un’infrazione alle leggi della Repubblica. I Conservatori dovevano, per prima cosa, prendere informazioni su tutti coloro che, nel prossimo futuro, avrebbero esercitato pubblici uffici dentro o fuori

95 ASF, PR, 120, cc. 7v-11r: «Ut ea que per leges florentine rei publice iuste riteque sancita sint inviolata servantur, et ne vel ambitione quisquam seu privato commodo vel temeraria presumptione facere contra audeat vel inobservata delinquere».

96 Ivi, cc. 8v-9r: «Dicti officiales […] teneantur et debeant per illam viam, modum et formam de qua et prout etiam de facto voluerint, se informare de omnibus et singulis qui in futurum qualitercumque acceptabunt vel exerccebunt aliquod officium comunis vel pro comuni Florentie, quod secundum formam legum, statutorum et ordinamentorum comunis Florentiae incipere vel exercere occaxionibus, obstaculis, causis vel rationibus infrascriptis, vela liqua earum videlicet: pro eo quod essent minores, seu minoris etatis que per ordinamenta comunis requisita fuerit ad acceptandum vel exercendum huiusmodi officium; pro eo quod non solvissent tot annis prestantias et onera civitatis de quibus in ordinamentis dicti comunis disponatur; pro eo quod non essent nati de legiptimo matrimonio secundum quod per statuta et ordinamenta dicti comunis provisum est; pro eo quod essent condennati pro aliqua baracteria vel falsitate, nisi iam essent postea legiptime restituti per consilia populi et comunis Florentie».

97 Ivi, c. 9r: «Item possint et debeant se informare ut supra dictum est, ac etiam declarare quemcumque qui se congregabit vel accedet de cetero ad aliquam congregationem seu compagniam, vulgari suprascripto vocabulo, prohibitam congregari secundum formam ordinamentorum comunis Florentiae».

98 Ibidem: «Item possint, teneantur et debeant se informare et declarare ut supra dictum est quemcumque capitaneum, vicarium, potestatem vel officialem comitatus vel districtus Florentie seu alterius cuiuscumque loci, in quo comune Florentie iurisdictionem, custodiam vel preheminentiam haberet, ad custodiam vel ad administrationem iustitie deputatum pro eo solum et duntaxat quod aliquam pecunie quantitatem vel rem aliam in futurum reciperet contra seu pretium, formam vel effectum ordinamentorum et statutorum dicti comunis et seu loci ubi huiusmodi declarandus in officio prefuerit».

142 la città di Firenze in maniera tale da poter verificare se costoro erano in regola con i requisiti fissati per accettare le cariche e svolgere il loro ufficio correttamente. Qualora dalle loro indagini fossero emerse delle irregolarità, essi, con decisione collegiale presa a maggioranza di due terzi, dichiaravano il reo colpevole di aver violato le leggi della

civitas-respublica e lo condannavano a pagare, entro un mese, una pena pecuniaria

secondo l’ammontare rimesso alla loro discrezionalità. Dopo la riscossione, il denaro veniva versato alla camera del Comune. Tra l’accertamento e la condanna non doveva intercorrere più di un mese «a die notificationis, tamburationis, accusationis, denuntiationis vel notitie»99. La persona condannata poteva, eventualmente, appellarsi alla Signoria contro la deliberazione della magistratura100.

La procedura che i Conservatori delle Leggi seguivano era, dunque – come nel caso delle altre magistrature cittadine di recente costituzione –, sbrigativa e sommaria.

Non si sa molto altro di questa magistratura, perché la documentazione della sua attività durante il periodo repubblicano è estremamente scarsa101. Sta di fatto che, nel volgere di pochissimi anni, essa venne ad assumere ancora delle altre competenze su materie quali la blasfemia, il gioco d’azzardo, i reati commessi durante le ore notturne, perfino sulla legislazione suntuaria. Tutto ciò porterà i Conservatori delle Leggi a diventare, nel passaggio dal regime albizzesco al regime mediceo, il maggiore ufficio penale dopo gli Otto di Guardia.

99 ASF, PR, 120, c. 9r.

100 Ivi, cc. 9v-10r: «Quelibet persona cuiuscumque status, dignitatis aut gradus extiterit, que ex aliqua declaratione vel deliberatione dictorum officialium senserit aut dicere voluerit se gravatam vel gravari, possit et ei liceat infra quindecim dies a die notificationis et declarationis predicte proxime futuros de cuius relatione stetur et stari debeat relationi eius cui per dictum officium commissum fuerit, recurrere ad dominos priores et vexilliferum iustitie et gravamen suum exponere. Et ipsi et quilibet eorum […] teneantur et debeant talem recursum recipere et recurrentem audire et infra tres dies a die talis recursus coadunari facere in palatio eorum residentie eorum collegia in sufficientibus numeris et inter se et eos congregatos legi facere talem recursum. Et in eorum presentiam audire recurrentem, si venerit, et proponere partitum super ipso recursu prout crediderit convenire secundum petitionem recurrentis».

101 Piuttosto circoscritti anche gli studi e i contributi storiografici. Qualche notizia in ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 63; GUIDI, Il governo della città-repubblica di Firenze del primo Quattrocento, cit., vol. II, pp. 351-352; G. PANSINI, I conservatori di leggi e la difesa dei poveri, in Studi di storia medievale e moderna per Ernesto Sestan, Firenze, Olschki, 1980, vol. II, Età moderna, pp. 529-570.

143 Nei primi cinque anni di attività dei Conservatori delle Leggi, gli individui puniti per abusi nell’esercizio dei pubblici uffici, illegalità varie e baratteria, furono una minoranza rispetto al totale degli accusati102. Viceversa, già fra il 1431 e il 1434, poco più della metà dei casi (160 su 296, pari al 54,05%), trattati dai Conservatori riguardavano episodi di blasfemia e di gioco d’azzardo.

I registri del Giudice degli Appelli conservano numerose notifiche, anche anonime, presentate ai Conservatori delle Leggi proprio su episodi di giochi proibiti:

Chon riverenza dinanzi a voi, signiori conservadori, si notifica e fassi fede alla vostra Signioria come Antonio di Paolo rigattiere e Nencio di Gherardo, tiratoiaio, e Stefano di Nanni detto Fortino e Antonio vocato El Zio, tessitore di drappi, tucti del popolo di San Piero Ghattolino, e Checo di Nanni Guidotti, oliandolo, e Ridolfo calzolaio, e Piero di Zanobi da San Ghaggio, stanno nel borgho fuori della porta a San Pier Gattolino, e Mariano di Nanni decto Lombardo, sta fuori di San Giorgio, i quali nominati di sopra fanno continua risedenza nell’antiporto di San Piero Gattolino di giuocho di zara, perdi a vincho e di simile baracteria e ritenghonvi falsatori di dadi e inghannatori, e alla decta baratteria si bestemmia la potenzia di Dio e la celeste chorte, e chi fa peggio quello è il migliore. E noi ci maravigliamo se llo omnipotente Idio manda delle pestilentie e dell’altre chose sopra questa città, poiché si soffera che in ogni chanto si fa una baracteria di ladroncelli, sicché si pregha la vostra signioria che provegha chontro a’ predetti giuochatori e bestegniatori nominati di sopra103 .

Evitare di esporre la città agli scandali, alle punizioni divine, insomma a tutti quegli atti o comportamenti turbativi del suo ordine, questi furono i presupposti che spronarono, nel primo trentennio del Quattrocento, la volontà del reggimento albizzesco a rendere più efficace il controllo della moralità. I governanti seppero raccogliere una sfida lanciata da tempo ma mai effettivamente raccolta, attrezzando nuovi apparati provvisti di iurisdictio in criminalibus per i settori di maggiore inquietudine e di maggiore scandalo.

102 Stando ai dati raccolti da Zorzi (p. 63, nota n. 191), solo 37 casi di baratteria su 169 (pari al 21,59%) furono puniti, 4 su 13 di abuso di potere (30,77%), 5 su 98 di mancati requisiti e 2 su 10 di infrazioni varie. Cfr. pure ZORZI, I Fiorentini e gli uffici pubblici nel primo Quattrocento: concorrenza, abusi, illegalità, in «Quaderni storici», XXII (1987), pp. 725-751.

103 ASF, GA, 79 (29), c. 21, 2 dicembre 1435, trascritto in BRUCKER, Firenze nel Rinascimento, cit., p. 349.

144 Un fenomeno che si estese anche alla costruzione del Dominio. Oltre alle recenti magistrature di dentro104, i messaggi riguardanti la sfera del costume trasmessi dal potere centrale della civitas arrivavano alla periferia mediati dalle figure dei rettori estrinseci dislocati nelle varie aree del Dominio territoriale fiorentino. Come emerge dai dibattiti delle consulte e pratiche nonché dalle condanne riportate nei registri criminali dei nuovi vicariati di Pisa, Valdarno Superiore, Anghiari e altre aree site fra le colline e le montagne di Arezzo, il processo di incorporazione fu attraversato dall’ambizione, da parte della Dominante, di attrarre le varie comunità soggette alle sue leggi e al suo modello di moralità105. In particolare, l’accentramento interessò le pratiche sessuali; la Dominante fece ampio ricorso a strutture disciplinari e repressive – tortura e pene corporali incluse – per contrastare pratiche sessuali reputate contra naturam106. A partire dal 1416, gli Statuti di alcune comunità soggette a Firenze cominciarono ad inserire, fra le loro disposizioni, la nomina di guardie segrete con il compito di multare quanti offendessero con bestemmie Dio e i Santi107. All’offensiva moralizzatrice e ad altre, più efficaci, strategie penali i Fiorentini affidarono la costruzione e il consolidamento del loro Stato territoriale. Su queste ultime bisognerà ora, nel Capitolo che segue, soffermarsi.

104 Cfr. ROCKE, Il controllo dell’omosessualità a Firenze: gli Ufficiali di Notte, cit., p. 709: «I fiorentini costituivano decisamente il più ampio numero di uomini giudicati per reati di sodomia dagli Ufficiali di Notte. Ma anche gli uomini e i ragazzi delle città soggette a Firenze erano sottoposti alla loro giurisdizione, che comprendeva l’intero territorio fiorentino».

105 Un’ottima raccolta di vicende giudiziarie di questo tipo, ricostruite sulle carte processuali degli ufficiali estrinseci in MAZZI, Cronache di periferia dello stato fiorentino: reati contro la morale nel primo quattrocento, cit.

106 Cfr. COHN, Creating the Florentine State: peasants and rebellion, 1348-1434, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 270-272.

107 È il caso, ad esempio, dello Statuto di Mangona; cfr. ASF, Statuti delle comunità autonome e soggette, 420, Mangona e sua Lega, 1416-1561, rubrica 50 Della electione delle guardie segrete, cc. 30rv.

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Capitolo IV

Strategie penali a «conservatione et augumento» del Dominio