1. I caratteri di una trasformazione – 2. Il ruolo degli Otto nella repressione del dissenso politico sotto Cosimo de’ Medici il Vecchio – 3. Gli Otto e gli ebrei – 4. Gli Otto al tempo di Piero de’ Medici – 5. La progressiva affermazione degli Otto come giudicatura criminale a vocazione territoriale
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1. I caratteri di una trasformazione.
Negli anni Trenta del Quattrocento, con gli Albizzi al culmine della loro pluriennale esperienza di reggitori delle sorti della respublica, il Dominio territoriale fiorentino è, ormai, una costruzione viva e pulsante, compiuta, capillarmente organizzata. Un artificio nato dal seme della violenza conquistatrice dei Fiorentini, alimentato dalla stessa violenza delle risposte istituzionali che il centro di potere dà, in diverse circostanze, agli strenui tentativi di resistenza delle comunità via via assoggettate; risposte sempre legittimate giuridicamente.
Altrettanto definito, in quel torno di anni, è il recente ordine penale pubblico che di quel Dominio è solida proiezione. Un ordine per cui, dentro la civitas, magistrature cittadine nuove e caparbie, munite di iurisdictio in criminalibus, su tutte gli Otto di Guardia, convivono ambiguamente con i giusdicenti forestieri della tradizione comunale, condizionandone in vario modo l’operato, mentre fuori, nelle mille periferie del contado e del distretto, l’accentramento passa attraverso l’imposizione coatta delle linee morali della Dominante, l’avocazione al centro dell’esercizio delle più delicate funzioni di
imperium, l’obbligo per le comunità soggette di far pervenire al centro i propri Statuti,
191 E il repentino cambio di passo, con l’avvicendamento dei Medici agli Albizzi, vittime – sembra un paradosso – di quegli stessi Otto di Guardia grazie alla cui energica azione erano stati, fino ad allora, saldamente inseriti negli ingranaggi del potere, non scalfisce affatto l’edificio della giustizia pubblica eretto tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento. Non solo non lo scalfisce, anzi lo consolida, irrobustendone gli elementi costitutivi portanti. Lo confermano dati raccolti nel lungo periodo. Come, ad esempio, la quadruplicazione, nella seconda metà del XV secolo, delle condanne per sodomia emesse dalla magistratura degli Ufficiali di Notte1, oppure l’inasprimento delle misure repressive – frammiste ad interventi di mero disciplinamento – da parte degli Ufficiali dell’Onestà nei confronti delle prostitute2. Lo conferma, quindi, il perdurare della rete, complessa ed intricata, delle giurisdizioni territoriali riscritte in occasione delle revisioni statutarie del 1409-1415 e che il principato mediceo di Cosimo I erediterà senza apportarvi sostanziali modifiche, se non quelle funzionali a conseguire un maggiore controllo e un più pronunciato accentramento nel governo dello Stato3. E lo confermano, da ultimo, la fioritura quattrocentesca del nuovo genere letterario dei commenti agli Statuti fiorentini del 1415 – soprattutto ai libri secondo e terzo – da una parte4, e la decisa implementazione degli Statuti delle comunità incorporate a vario titolo nel Dominio e, al tempo stesso, il rigoroso controllo esercitato su di essi dal centro, dall’altra parte5.
1 Cfr. ROCKE, Il controllo dell’omosessualità a Firenze nel XV secolo. Gli Ufficiali di Notte, cit., pp. 705- 706.
2 Nel 1463 il magistrato degli Ufficiali dell’Onestà ebbe il potere di condannare alla pubblica gogna le prostitute regolarmente registrate e non, colpevoli di bestemmiare Dio o la Vergine, di non onorare i contratti, di ruberie o frodi, di atti sessuali turpi e contro natura, come la sodomia («Quecunque meretrix que turpissimo modo, contra naturam pretiterit corpus suum»). Cfr. ASF, UO, 1, Rubriche e Statuti, 1403- 1597, cc. 14r-14v; BRACKETT, The Florentine Onestà and the Control of Prostitution, 1403-1680, cit., p. 288.
3 Cfr. FASANO GUARINI, Lo Stato mediceo di Cosimo I, cit., pp. 19-24. Accentramento, però, si badi bene, non ancora nel senso di una piena e completa uniformazione. Infatti, «sarebbe certo errato sottovalutare la tendenza propria della politica ducale, a partire da Cosimo I, ad erodere i margini di autonomia in cui vivevano numerose terre e città del distretto, a sottoporre il diritto statutario locale a limitazioni sempre più strette, ad imporre una legislazione unitaria in merito ai delitti più gravi e di maggior incidenza politica e sociale, a limitare […] l’autonomia amministrativa delle comunità e ridimensionarne gli eventuali privilegi fiscali» (p. 14).
4 Il rinvio d’obbligo è a EDIGATI-TANZINI, Ad statutum Florentinum: esegesi statutaria e cultura giuridica nella Toscana medievale e moderna, Pisa, Edizioni ETS, 2009.
5 La strategia seguita da Cosimo I sarà, soprattutto, quella di provare a coniugare insieme la conservazione dei testi statutari locali presso il centrale Archivio delle Riformagioni con l’emanazione di grandi e dure leggi penali, e questo nell’ottica di ancorare la buona amministrazione della giustizia, funzionale al governo del territorio, ad una base testuale certa, così da sorvegliare l’arbitrium dei giusdicenti e togliere ai
192 In questo e nei capitoli che seguiranno, ci proponiamo di approfondire, fra questi, il pilastro forse più significativo del descritto ordine penale pubblico a proiezione territoriale, ossia quello che fa capo agli Otto di Guardia. Seguiremo la loro non sempre semplice e lineare evoluzione da organo di polizia politica a massima giudicatura criminale della Repubblica perché solo così sarà possibile cogliere, di volta in volta, il grado di affermazione di un penale modellato, per i comportamenti di maggiore gravità e allarme sociale, dal paradigma dell’infrazione politica. E poi, perché, soltanto all’esito di questa osservazione diacronica saremo in condizione di comprendere se la città dominante, e con essa i suoi reggitori istituzionali – le magistrature – e non – la famiglia Medici –, possono, finalmente, fregiarsi dell’attributo della maiestas, e comprendere, soprattutto, se, in forza di quell’attributo, la civitas – centro del Dominio territoriale – e i suoi governanti possono attingere alla carica repressiva associata al crimen laesae
maiestatis per soffocare la voce dei dissidenti, in questo modo qualificati e trattati,
giudiziariamente, alla stregua di nemici della respublica e dell’ordine costituito.
Se è vero, infatti, che i Medici poterono consolidare il loro potere, fino ad assurgere al ruolo di signori de facto di Firenze e del suo Dominio a detrimento di altre importanti e prestigiose famiglie del patriziato fiorentino, attraverso studiati interventi finalizzati a modificare, a loro vantaggio, il regolare funzionamento della vita politica ed istituzionale cittadina e territoriale senza mai intaccare la forma repubblicana della stessa6, è altrettanto vero – ed è quanto ci prefissiamo di dimostrare – che un indispensabile cemento alla loro signoria fu dato dalle tecniche penali di repressione del dissenso politico. Che, tanto gli interventi riformatori sui modi tradizionali di prendere le decisioni politiche, quanto la minaccia costante di usare violenza, attraverso il penale politico, verso i nemici, lungi dall’essere due aspetti inconciliabili7, trovarono un
delinquenti la «speranza che tengono, la quale in sino a hoggi non è venuta loro in alcun modo frustrata, di doverne conseguire qualche remissione de’ Rettori, che gl’hanno avuti, e hanno a giudicare, e se ne doveranno per ogni modo guardare di non havere a essere severissimamente gastigati». Cfr. Legge Sopra l’osservanza e approvazione delli Statuti delle Comunità di fuori è del tenere i Rettori, e Birri, e Famigli ne’ loro Palazzi, e che detti Famigli non si possino partire del dì 27 luglio 1546. ab Inc., in CANTINI, Legislazione toscana, cit., vol. I, p. 313.
6 Vedi soprattutto RUBINSTEIN, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), traduzione di M. Luzzati, Firenze, La Nuova Italia, 1971.
7 Questo è il sentimento che traspare leggendo, ad esempio, ISENMANN, From the Rule of Law to Emergency Rule in Renaissance Florence, cit, pp. 56-57, quando scrive: «Historians in Italy have generally
193 eccellente collante nella straordinarietà – intesa proprio nel senso dell’agire extra-
ordinem – e nella sua graduale ma inesorabile normalizzazione o istituzionalizzazione.
Che vettore dell’atteggiamento di combattere il dissenso con strumenti repressivi fu, appunto, la magistratura degli Otto di Guardia.
Negli ultimi anni del regime albizzesco, l’ufficio degli Otto, da semplice commissione cittadina preposta alla cattura dei ribelli, aveva accresciuto non poco le sue prerogative. Una provvisione del settembre 1420 investiva gli Otto della facoltà di indagare, muovendo da segnalazioni anche anonime raccolte con i tamburi – le cd. tamburagioni – su abusi, tanto da parte di ufficiali pubblici e privati cittadini, quanto da parte di comuni, associazioni, popoli e ville a danno della civitas-respublica, intaccandone diritti, beni e risorse finanziarie8. Ad investigazione compiuta, «simpliciter et de facto et omni substantialitate et solemnitate obmissa»9, cioè sommariamente, l’ufficio doveva formulare una declaratio, indicando chi avesse violato le leggi vigenti, la pena in cui era incorso, il danno che ne era derivato al Comune e, da ultimo, la somma che andava restituita al Comune stesso. La declaratio doveva essere eseguita direttamente dagli Otto che l’avevano emessa oppure dai Rettori forestieri, salvo appello dell’interessato alla Signoria.
Soltanto un anno dopo, nel luglio 1421, con un altro provvedimento – che, oltretutto, richiamava la provvisione suddetta – gli Otto ricevevano il compito di investigare anche sui reati commessi da quanti fossero in procinto di esercitare o avessero esercitato pubblici uffici, senza ancora avere maturato i requisiti anagrafici prescritti dalle leggi o senza aver prestato la dovuta cauzione10. All’esito dell’istruttoria, l’ufficio doveva, anche qui, emettere la declaratio. Nel compiere questa attività, gli Otto subentravano all’Esecutore degli Ordinamenti di Giustizia che, dal 1415 e cioè a far data dall’ultima revisione statutaria, deteneva l’incarico di verificare se i candidati e gli eletti
followed the trail blazed by Martines. Zorzi, in particular, has collected rich data in support of Martines’s thesis and has emphasized the repressive character of the regime that took power in 1382. In contrast, anglophone scholars […] see the nature of oligarchic power in a nonviolent manipulation of the communal constitution […] It appears obvious that the two approaches are difficult, if not impossible, to reconcile». 8 ASF, PR, 110, cc. 97r-99r. Sul margine destro di c. 97r si legge: «Octo custodie faciant observare leges». 9 Ivi, c. 97v.
194 possedessero tutti i requisiti anagrafici e di regolarità con il fisco per poter accedere alle cariche pubbliche. In questo campo l’esperienza degli Otto fu, comunque, breve. Nel febbraio del 1429, infatti, subentrarono loro i Conservatori delle Leggi, costituiti proprio in quell’anno con il principale dovere di controllare periodicamente gli ufficiali della Repubblica fiorentina, reprimendo abusi e fenomeni di corruzione11.
La stessa provvisione del luglio 1421, portando avanti la campagna contro le società segrete avviata qualche tempo prima, incaricava gli Otto di Guardia di indagare anche su coloro che non avessero obbedito all’ordine della Signoria di sciogliere la Compagnia dei Laudesi o di Or San Michele12. Si trattava, a dire il vero, di ribadire con maggiore forza e puntualità quanto era stato prescritto già con una provvisione dell’ottobre 1419 – fra l’altro espressamente richiamata nel testo13. Questa provvisione era, appunto, finalizzata a sopprimere le confraternite, viste ormai alla stregua di elementi di disturbo della ordinata convivenza civile e, soprattutto, fonte di discordia, come inequivocabilmente si evince dal preambolo della disposizione:
I Magnifici e potenti signori, signori Priori delle arti e Gonfaloniere di Giustizia del popolo e del Comune di Firenze, desiderosi di estirpare dalle radici non soltanto gli scandali ma anche i loro fattori scatenanti e di allontanare ogni sospetto dall’animo dei governanti, così che ciascuno rimanga e viva tranquillo; considerando, a tal proposito, che a causa della congregazione di talune società gli animi dei cittadini sono sconvolti alimentando divisioni, discordie e altri inconvenienti; con il fermo proposito di
11 L’impiego degli Otto di Guardia in quest’ultimo campo va contestualizzato con la volontà, inedita o comunque più debole fino agli anni Venti del Quattrocento, dell’élite al potere di intensificare i controlli sugli ufficiali pubblici attivi in città o fuori, nel Dominio. Tanti i provvedimenti presi in quel torno di anni. Una provvisione del 1421 applicava a tutti i candidati ad occupare cariche pubbliche disposizioni adottate già nell’ottobre del 1404, che estromettevano dal Priorato, dai Collegi e dal Consolato delle Arti tutti i cittadini che non avessero sottoscritto prestanze da un determinato numero di anni. Dalle stesse cariche erano esclusi i figli illegittimi. Nel febbraio 1428, un’altra provvisione approvata dai Consigli a larghissima maggioranza comminava una pesantissima ammenda di cinquecento fiorini ad ogni cittadino che avesse accettato un ufficio pubblico in spregio al divieto sui figli illegittimi. Per poter filtrare e selezionare i membri della classe dirigente, il regime albizzesco mise a punto sofisticati strumenti di conoscenza degli individui e delle loro famiglie. Ad esempio, atteso che l’iscrizione nella lista dei debitori del Comune comportava la perdita dei diritti politici e l’esclusione dagli uffici di governo, venne predisposto un apposito registro dei contribuenti insolventi, lo speculo, che consentiva ai magistrati competenti, da ultimo i Conservatori delle Leggi, di effettuare un rapido accertamento. Nella stessa ottica va inquadrata l’istituzione, nel 1427, del Catasto che forniva ai governanti, fra le altre cose, un imponente schedario dei contribuenti e delle loro famiglie. Cfr., su questi aspetti, CHABOT, Il governo dei padri: lo stato fiorentino e la famiglia tra XIV e XV secolo in Firenze, cit., pp. 195-212.
12 ASF, PR, 111, c. 71v. Sulla vicenda dello scioglimento delle confraternite, cfr. BRUCKER, Dal Comune alla Signoria, cit., pp. 551-553.
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porvi rimedio […] il giorno 10 ottobre del 1419 provvedono, ordinano e deliberano che tanto la società dei disciplinanti quanto la società dei laudesi […] debbano essere invalidate e sciolte assieme ai loro collegi14.
Logico, quindi, affidarne il controllo alla magistratura che, più di ogni altra, aveva dato, in tanti anni di attività, ottima dimostrazione di sé nelle operazioni di contrasto alla sovversione e a tutto ciò che potesse turbare l’ordo civitatis, del quale la concordia civica era, di certo, un elemento imprescindibile15.
Fonti normative non statutarie16 come le provvisioni prendono dunque ad occuparsi, piuttosto massicciamente, dell’ufficio degli Otto di Guardia, dilatandone così il raggio d’azione. Molti i provvedimenti. Solo per citare qualche esempio, negli anni Trenta fu data agli Otto la facoltà di procedere sui delitti commessi di notte17 e sugli individui trovati in possesso di armi senza licenza18, mentre la difesa dei diritti e dei beni del Comune rimase una delle direttrici dello sviluppo giurisdizionale della magistratura19.
Al riconoscimento ufficiale, per via legislativa, di nuovi spazi di intervento, si unì poi una consistente dilatazione del contenuto giurisdizionale dei bandi emanati. In pratica, sfruttando la possibilità di punire i trasgressori delle proprie ingiunzioni, gli Otto seppero ritagliarsi, per via fattuale, ulteriori segmenti della vita associata da sottoporre ad un rigoroso controllo; segmenti che travalicavano la semplice preoccupazione politica delle sedizioni e delle congiure20.
14 ASF, PR, 109, cc. 160v-162v: «Scandala non solum sed causam et occaxionem radicitus extirpare suspitionemque omnem a regentium animo removere, quisque tranquillamente quieschat et vivat, Magnifici et potentes domini, domini Priores artium et Vexillifer Iustitie populi et Communis Florentiae cupientes et ideo considerantes quod ex certarum societatum congregatione civium animi perturbantur divisionesque admodum incitari videntur discordi eque oriri et alia plura inconvenientia suscitari, et volentes propterea remedio occurrere salutari […] providerunt, ordinaverunt et deliberaverunt die decimonono mensis ottobris anno millesimo quadringentesimo decimonono, indictione VIII, quod quelibet societas tam disciplinantium quam laudantium […], ex nunc intelligantur esse et sint revocate et adnullate et ipsorum collegium penitus reprobatum».
15 Ivi, c. 161r: «Et quod prudentes et discreti viri otto officiales custodie civitatis Florentie teneantur et debeant omni cum diligentia providere et ordinare quod effectus presentis capituli observetur».
16 Si ricorderà la laconicità di riferimenti agli Otto nelle rubriche degli Statuti di Firenze del 1415, su cui vedi retro Capitolo I.
17 ASF, PR, 124, cc. 16r-17r (7 aprile 1433). 18 ASF, PR, 127, cc. 15v-16r (16 aprile 1436). 19 ASF, Balìe, 25, c. 33r (7 ottobre 1434).
20 Alcuni di questi bandi sono stati studiati da ZORZI, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina, cit., p. 51. Si tratta, in sostanza, di copie di sanzioni amministrative, diremmo noi oggi, raccolte in alcuni registri di condanne del Giudice degli Appelli. Ad esempio, nel febbraio 1427 un gruppo di giovani di buona famiglia fu punito per aver lanciato sassi in Mercato Nuovo. Nell’aprile 1429