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L’attività di regolazione

Nel documento Reelazi ione e ann nual le 20 017 (pagine 81-86)

Le azioni in materia di prevenzione della corruzione

5.1 L’attività di regolazione

L’attività di regolazione in materia di trasparenza e anticorruzione svolta dall’Autorità nel corso del 2017 discende, in primo luogo, dall’esigenza di tenere conto della disciplina sopravvenuta ad opera del d.lgs. 97/2016, correttivo delle disposizioni della l. 190/2012 e del d.lgs. 33/2013, oltre che del d.lgs. 175/2016.

In particolare, con la delibera n.1134 dell’8 novembre 2017 sono state adottate le nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici, che sostituiscono la precedente determinazione n. 8 del 17 giugno 2015.

Le linee guida hanno il fine di chiarire la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla nuova normativa a carico dei suddetti soggetti pubblici e privati, rispetto ai quali è conferito all’ANAC un potere di vigilanza [art. 1, co. 2, lett. f), l. 190/2012, art. 45 del d.lgs. 33/2013] e precisare quali sono gli adempimenti a cui è necessario prestare attenzione, sia a livello societario che di PA controllanti.

Le linee guida individuano gli ambiti soggettivi di applicazione delle disposizioni sia in tema di trasparenza che di anticorruzione, fornendo la definizione di controllo pubblico dirimente ai fini dell’applicazione della normativa e forniscono le relative indicazioni per categorie di soggetti. Nell’Allegato alle linee guida si dà conto dell’elenco degli obblighi di pubblicazione sia con riferimento alle misure di prevenzione della corruzione sia con riferimento agli obblighi di trasparenza.

Le indicazioni fornite relativamente alla prevenzione della corruzione sono evidenziate nel paragrafo seguente, per la parte relativa alle indicazioni sulla trasparenza si rinvia invece ai paragrafi 6.1 e 6.1.1.

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5.1.1 I soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni

Ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione diverse dalla trasparenza, nelle linee guida si è dovuto tener conto delle novità apportate alla l. 190/2012 dal d.lgs. 97/2016. In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’art. 1 della l. 190/2012 prevede che tanto le pubbliche amministrazioni quanto gli «altri soggetti di cui all’articolo 2-bis, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2103» siano destinatari delle indicazioni contenute nel PNA (del quale è la legge stessa a definire la natura di atto di indirizzo), ma secondo un regime differenziato: mentre le prime sono tenute ad adottare un vero e proprio PTPC, i secondi devono adottare «misure integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231».

Lo sforzo compiuto nelle linee guida è stato quello di individuare i soggetti (di cui all’articolo

2-bis, co. 2, del d.lgs. 33 del 2103) ai quali si applicano le norme sulla prevenzione della corruzione e precisare, per ognuno di essi, quali sono gli adempimenti a cui è necessario prestare attenzione. A tal fine è stata operata una distinzione tra tre tipologie di soggetti:

- le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che adottano il PTPC;

- i soggetti di cui all’art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, tenuti ad adottare misure integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs. 231 del 2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300); si tratta di: gli enti pubblici economici, gli ordini professionali, le società in controllo pubblico, come definite dall'art. 2, co. 1, lett. m), del d.lgs. 175/2016, le associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell'organo d'amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;

- i soggetti di cui all’art. 2-bis, co. 3, del d.lgs. 33/2013, che rimangono invece esclusi dall’ambito di applicazione delle misure di prevenzione della corruzione (anche per tali soggetti, come si dirà più avanti, nelle linee guida è stato comunque sottolineato l’interesse generale alla prevenzione della corruzione).

Con riferimento alle società pubbliche, nelle linee guida si è dovuto tener conto delle disposizioni introdotte con il d.lgs. 175/2016 (modificato con d.lgs. 100/2017), cui espressamente rinvia l’articolo 2-bis, co 2, lett. b), del d.lgs. 33/2013.

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Lo sforzo compiuto nelle linee guida è stato quello di fornire la definizione sulla nozione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile. Ciò in quanto, se vi è il controllo pubblico la società sarà assimilabile ad una PA e dovrà applicare, salvo deroghe, il regime proprio della PA e con esso le disposizioni previste della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di quella in materia di trasparenza, a prescindere dalle attività svolte dalla società pubblica. Restano fermi gli adeguamenti dovuti all’applicazione del criterio di compatibilità, di cui le linee guida danno conto nel paragrafo 2.5 e nell’Allegato 1 che costituisce parte integrante del documento. Restano escluse le società quotate che svolgono servizi economici di rilevanza pubblica ma si finanziano sul mercato con strumenti azionari o altri sistemi di stampo concorrenziale.

Dopo aver definito la nozione di controllo pubblico le linee guida forniscono indicazioni sulle misure organizzative per la prevenzione della corruzione che le società in controllo pubblico sono tenute ad applicare.

Esse sono tenute alla nomina di un proprio RPCT e a integrare, ove adottato, il “modello 231” con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità in coerenza con le finalità della l. 190/2012 ovvero ad adottare un proprio PTPC. Nella programmazione delle misure viene ribadita la necessità di fare riferimento a tutte le attività in relazione alle funzioni svolte e alla propria specificità organizzativa riconducendole in un documento unitario che tiene luogo del piano di prevenzione della corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e della vigilanza dell’ANAC.

Inoltre, sebbene l’adozione del “modello 231” non sia obbligatoria poiché il co. 2-bis dell’art. 1 della l. 190/2012, introdotto dal d.lgs. 97/2016, ha reso obbligatoria solamente l’adozione delle misure integrative, nelle linee guida viene raccomandato alle società pubbliche l’adozione del “modello 231” chiedendo di motivarne la eventuale mancata adozione.

Vengono inoltre fornite indicazioni sulla nomina e individuazione del RPCT; sulla programmazione delle misure anticorruzione e sui soggetti in essa coinvolti; sui contenuti minimi delle misure finalizzate a individuare e gestire i rischi corruzione e sui relativi sistemi di controllo. Le linee guida si soffermano anche sui compiti delle amministrazioni controllanti o partecipanti chiamate a promuovere l’adozione delle misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza nonché sui poteri di vigilanza dell’ANAC.

Analoghi approfondimenti sono poi dedicati alla nozione di controllo per gli enti di diritto privato diversi dalle società “associazioni, fondazioni” ed “enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica” tenuti anche essi alla nomina di un proprio RPCT e ad integrare, ove adottato, il “modello 231” con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità in coerenza con le finalità della l. 190/2012 ovvero ad

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adottare un proprio PTPC. Anche per tali enti viene sottolineata la necessità che le amministrazioni controllanti inseriscano all’interno dei propri PTPC le misure, anche organizzative, utili ai fini della vigilanza sull’effettiva nomina del RPCT da parte degli enti di diritto privato in controllo pubblico e sull’adozione di misure idonee a prevenire fenomeni corruttivi.

Nella determinazione sono fornite indicazioni anche alle società a partecipazione pubblica non di controllo e ai soggetti di cui all’art. 2-bis, co. 3 (associazioni, fondazioni e altri enti privati che svolgono attività di pubblico interesse) in considerazione delle finalità istituzionali perseguite da questi enti e della possibile sussistenza di fenomeni corruttivi che li riguardano.

Per tali soggetti, pur tenendo presente che non sono ricompresi nell’art. 1, co. 2-bis, della l. 190/2012 e, quindi, non sono tenuti ad adottare le misure previste dalla medesima legge né a nominare un RPCT, è stato comunque sottolineato l’interesse generale alla prevenzione della corruzione. Pertanto è stato chiarito che essi, preferibilmente nel rispetto delle indicazioni fornite nelle linee guida, possono comunque individuare il RPCT nell’esercizio dei propri poteri di autonomia. Inoltre, sotto il profilo organizzativo, è stata evidenziata l’opportunità che le amministrazioni laddove affidino a tali soggetti lo svolgimento di attività di pubblico interesse, come l’esercizio di funzioni amministrative, servizi pubblici o attività di produzione di beni e servizi a favore dell’amministrazione stessa, sono tenute a promuovere, per le attività ad esse demandate, la stipulazione di protocolli di legalità contenenti misure di prevenzione della corruzione necessarie ad assicurare la correttezza dell’attività svolta.

5.1.2 I Codici di comportamento negli enti del Servizio Sanitario Nazionale

L’art. 54 del d.lgs. 165/2001, come modificato dalla l. 190/2012, nel conferire delega al Governo per la definizione di un codice di comportamento per i dipendenti pubblici (attuata con il d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62) attribuisce all’Autorità il compito di definire criteri, linee guida e modelli uniformi per settori o tipologie di amministrazione, ai fini dell’adozione da parte di ciascuna amministrazione del proprio codice di comportamento (co.5). Ogni amministrazione è, infatti, tenuta ad adeguare e integrare il codice di comportamento di cui al d.P.R. 62/2013 in base alla propria organizzazione e attività.

In adempimento al dettato normativo, l’Autorità, con determinazione n. 358 del 29 marzo 2017, ha ritenuto opportuno adottare, invia prioritaria, linee guida per l’adozione dei codici di comportamento negli enti del SSN, il cui ambito di competenza è stato oggetto di uno specifico

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approfondimento sin dalla predisposizione dell’Aggiornamento 2015 al PNA, per la rilevanza dell’interesse pubblico coinvolto e la peculiarità delle aree di rischio e delle relative misure.

Ai fini dell’elaborazione delle linee guida, è stato svolto un lavoro congiunto con il Ministero della salute e l’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), tenendo anche conto dell’esito dell’analisi compiuta su un campione di sessanta enti del SSN rappresentativo per area geografica e per tipologia. Tra le prassi più virtuose è stata segnalata l’adozione di un documento unico che coordini le finalità del codice etico e del codice di comportamento, superando le criticità rilevate nell’applicazione di due diversi strumenti normativi.

Le linee guida richiamano preliminarmente le disposizioni del d.P.R. 62/2013, che costituiscono la base giuridica di riferimento. Sono poi specificati i soggetti cui è rivolto il codice, con riguardo a tutto il personale operante nelle strutture del SSN a qualunque titolo, nonché ai collaboratori e consulenti dell’amministrazione e delle imprese fornitrici di beni e servizi o che realizzano opere in favore dell’amministrazione, con qualsiasi tipologia di contratto, con la raccomandazione di inserire nei bandi di gara o negli atti di incarico clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione di obblighi derivanti dal codice.

E’ poi evidenziata l’esigenza di coordinare il codice di comportamento con le misure di prevenzione della corruzione indicate nel PNA e nel PTPC dell’azienda sanitaria, con particolare riguardo alle specifiche dichiarazioni pubbliche di interessi dei professionisti, volte a rafforzare la trasparenza, come suggerito nell’Aggiornamento 2015 al PNA, sezione sanità, di cui alla determinazione ANAC n. 12 del 2015.

In materia di conflitto di interessi, le linee guida rammentano che, secondo un’accezione ampia, occorre considerare il conflitto attuale, potenziale, diretto, indiretto o apparente. Il codice dell’azienda sanitaria deve pertanto richiamare l’obbligo di prevenire situazioni di possibile conflitto di interessi e prevedere procedure per la gestione del conflitto di interessi, con particolare riferimento ai casi di obbligo di astensione, in conformità a quanto previsto all’art. 7 del d.P.R. 62/2013. Le linee guida propongono al riguardo un modello esemplificativo di procedura.

Attesa la peculiarità dell’attività degli enti del SSN, assumono rilievo le indicazioni concernenti le relazioni interne ed esterne, ispirate ai doveri di onestà, professionalità, imparzialità, riservatezza e discrezione. Tali doveri sono declinati in ragione dei molteplici compiti affidati ai soggetti che operano, a vari livelli, nell’azienda sanitaria, con riferimento ai diversi ambiti di competenza. Le linee guida formulano, inoltre, raccomandazioni riguardanti le misure specifiche per l’attività assistenziale. Sono riportati alcuni obblighi e divieti che il codice di comportamento dovrebbe richiamare, in tema, fra l’altro, di: liste d’attesa, svolgimento di attività professionale, divieto di

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percepire compensi nell’esercizio delle funzioni istituzionali non consentiti dalla legge, osservanza dei principi deontologici, rispetto dei turni di lavoro programmati, obbligo della corretta conservazione della documentazione clinica. Il codice dovrebbe anche disciplinare la corretta comunicazione dei rischi connessi al percorso di cura, per la consapevole sottoscrizione del consenso informato.

Alcune disposizioni sono specificamente rivolte ai dirigenti; al riguardo, le linee guida raccomandano di esplicitare nel codice i compiti ad essi spettanti in relazione alla divulgazione e all’attuazione dei contenuti del codice stesso, compreso il rispetto in prima persona delle regole in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi.

Le linee guida formulano suggerimenti anche in merito alla contrattualistica e all’attività negoziale, a integrazione di quanto disposto all’art. 14 del d.P.R. 62/2013. Si propone di inserire nel codice il richiamo al rispetto del principio di libera concorrenza nell’espletamento delle gare pubbliche e il divieto di richiedere, in sede di capitolato, speciali caratteristiche tecniche che non siano oggettivamente giustificate. Alcune raccomandazioni sono dirette a rammentare il divieto di richiedere o accettare vantaggi impropri per uso privato.

Le indicazioni conclusive delle linee guida hanno a oggetto la vigilanza sull’attuazione del codice, l’attività formativa, i controlli e le responsabilità. In tale ambito, si sottolinea l’importanza del coinvolgimento dei responsabili delle singole strutture nel garantire il flusso informativo al RPCT, mediante una relazione almeno annuale, in ordine ai procedimenti disciplinari attivati, alle sanzioni irrogate e alle segnalazioni di illeciti ricevute. Ulteriori considerazioni attengono alla necessità che le amministrazioni realizzino le condizioni per poter concretamente esercitare il potere sanzionatorio, atteso che la violazione degli obblighi imposti dal codice è qualificata come comportamento contrario ai doveri d’ufficio, fonte di responsabilità disciplinare. Al riguardo, è evidenziata l’importanza di richiamare, nei contratti individuali di lavoro, il dovere di osservanza del codice di comportamento.

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