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La vigilanza puntuale: fattispecie ricorrenti

Nel documento Reelazi ione e ann nual le 20 017 (pagine 88-98)

Le azioni in materia di prevenzione della corruzione

5.2 L’attività di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione

5.2.1 La vigilanza puntuale: fattispecie ricorrenti

Tra le numerose segnalazioni presentate all’Autorità che hanno dato luogo ad apposita istruttoria, si rappresentano di seguito , quattro diverse fattispecie, riferite ad altrettanti diversi ambiti in cui la vigilanza sulle materie anticorruzione ha concentrato la propria attività: questioni riconducibili al PTPC, questioni riferibili al RPCT, la rotazione del personale e il procedimento di revoca del RPCT. 0 10 20 30 40 50 60

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Questioni riconducibili al PTPC

Con tale espressione sono considerate: a) le segnalazioni che riguardano l’ambito soggettivo di assoggettabilità alla normativa anticorruzione; b) le segnalazioni che si riconducono a comportamenti in contrasto con i contenuti dei piani stessi e ai conflitti di interesse; c) le segnalazioni che lamentano una carenza/mancata attuazione delle misure di prevenzione nei piani delle amministrazioni.

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della normativa anticorruzione, ricorrono con una certa frequenza, i casi di IPAB, fondazioni e associazioni. Rilevano, al riguardo, le significative innovazioni normative che hanno determinato un restringimento del perimetro di applicazione della normativa di prevenzione della corruzione. Ciò rappresenta sicuramente un

vulnus, poiché laddove gli enti di diritto privato non posseggano i requisiti di cui all’art. 2-bis del

d.lgs. 33/2013, non sono tenuti all’adozione delle misure di prevenzione della corruzione e alla nomina del RPC. Tuttavia, tali enti sono destinatari di risorse pubbliche, in relazione alle quali unico presidio preventivo è rappresentato, in caso di bilancio superiore a 500.000 euro, dalle misure di trasparenza, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse. La problematica è stata affrontata dalle linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati, di cui alla delibera n. 1134 del 2017, laddove l’Autorità ha precisato che nei confronti di tale tipologia di enti non viene meno l’interesse generale alla prevenzione della corruzione. Ciò emerge con particolare risalto alla luce delle indicazioni fornite dall’Autorità nella citata delibera con riferimento ai compiti delle amministrazioni controllanti e partecipanti.

Le fattispecie più ricorrenti di carenza/mancanza di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione previste nei piani delle amministrazioni, riguardano l’area acquisizione del personale e la progressione di carriera, il conferimento di incarichi e il conflitto di interessi. Nel corso del 2017 le segnalazioni relative all’organizzazione del lavoro (accesso, passaggi di livello/area, concorsi, mobilità) hanno avuto incidenza preponderante. Anche se il Comunicato del Presidente del 27 aprile 2017 ha chiarito che la vigilanza dell’Autorità non attiene alle verifiche sulla correttezza delle singole procedure selettive e/o concorsuali ovvero di mobilità del personale, tali segnalazioni sono valutate al fine di individuare disfunzioni nell’applicazione delle norme in materia di prevenzione della corruzione, nonché per la predisposizione della direttiva programmatica.

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In particolare, poiché come sopra riportato, l’area acquisizione del personale (concorsi) rimane senza dubbio quella che presenta le maggiori criticità, per tale area si potrebbero dettagliare le misure organizzative da inserire nei PTPC e, al contempo, enucleare best practices di settore, in termini di trasparenza e legalità, da porre all’attenzione delle amministrazioni: a titolo di esempio, si fa riferimento alla pubblicazione elettronica di tutti i verbali delle commissioni di concorso, alla trasmissione in streaming delle prove di concorso, al sorteggio pubblico/meccanizzato delle prove preselettive, alla scelta e alle modalità di nomina dei commissari.

A livello più generale, valevole anche per gli aspetti sopra descritti, l’analisi dei piani osservati ha evidenziato anche carenze nella parte relativa al cronoprogramma delle misure da correlarsi a una non completa e adeguata mappatura dei processi.

Questioni riconducibili al RPCT

Le questioni segnalate attengono essenzialmente a situazioni di conflitto di interessi del RPTC, conseguente al cumulo di incarichi. La fattispecie si verifica soprattutto negli enti locali, specie se di piccole dimensioni, in quanto il segretario comunale, cui la norma attribuisce in via preferenziale le funzioni di RPCT, è titolare anche di incarichi dirigenziali, ad interim o in titolarità, in settori a rischio corruzione.

La problematica è stata diffusamente affrontata nell’Aggiornamento al PNA 2015 e nel PNA 2016, tuttavia occorre mantenere un focus sul punto.

In sede di vigilanza, l’Autorità ha deliberato in merito all’impossibilità di attribuzione delle funzioni di RPCT al sindaco o al vice sindaco; tale ipotesi si è verificata sulla base dell’erronea motivazione individuata nelle previsioni dell’art. 53, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) che individua la possibilità per gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti di attribuire ai membri dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi, nonché il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale.

E’ stata, inoltre, valutata la possibilità, per gli enti pubblici di piccole dimensioni, privi di figure dirigenziali oltre al direttore, di consentire una deroga alla previsione secondo la quale il RPCT non sia individuato tra i soggetti preposti alle aree maggiormente esposte al rischio corruttivo e, quindi, si è ritenuto possibile consentire che le funzioni di RPCT siano mantenute in capo al direttore, pur se questi sia l’organo responsabile di tutta l’attività gestionale.

In tali fattispecie occorre tuttavia prevedere particolari cautele nell’espletamento delle funzioni di RPCT da parte del direttore, al fine di garantire l’effettiva autonomia e assenza di conflitti di interesse, con particolare riferimento alla necessità di prevedere la segregazione delle funzioni anche nell’ambito dei procedimenti disciplinari.

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E’ stata infine affrontata la questione relativa alla situazione di conflitto di interessi permanente in capo a RPCT che riveste contemporaneamente la carica di presidente del nucleo di valutazione e assomma in sé, di conseguenza, l’essere controllore e controllato, in quanto deve attestare, in qualità di presidente del nucleo di valutazione, l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione e, in qualità di responsabile per la trasparenza, deve svolgere stabilmente un’attività di controllo sull’adempimento da parte dell’amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente (art. 43 d.lgs. 33/2013).

La rotazione del personale

Nel PNA 2016 l’Autorità ha previsto la rotazione del personale, quale misura organizzativa preventiva, finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione.

La rotazione rappresenta soprattutto un criterio organizzativo che può contribuire alla formazione del personale, accrescendo le conoscenze e la preparazione professionale del lavoratore. In tale ottica, essa va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione ed utilizzo ottimale delle risorse umane da non assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale, va accompagnata e sostenuta anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale.

L’attività di vigilanza ha fatto emergere come tali aspetti, particolarmente incisivi sull’organizzazione anche degli enti locali, stravolgono prassi e abitudini ormai consolidate, tanto da far estendere la citata rotazione, oltre che ai dirigenti, anche ai funzionari per giungere sino ai responsabili dei procedimenti.

Nel corso del 2017 l’Autorità ha trattato doversi temi legati alla rotazione, trattando, in particolare, i seguenti aspetti: a) la rotazione cd. “ordinaria”; b) la rotazione straordinaria; c) la rotazione nelle amministrazioni di piccole dimensioni e le misure alternative in caso di impossibilità di rotazione.

a) La rotazione ordinaria

La rotazione è stata inserita dal legislatore come una delle misure organizzative generali a efficacia preventiva che può essere utilizzata nei confronti di coloro che operano in settori particolarmente esposti alla corruzione.

La ratio alla base della norma è quella di evitare che un soggetto sfrutti un potere o una conoscenza acquisita per ottenere un vantaggio illecito.

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L’alternanza riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti e instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate.

Occorre premettere che l’orientamento dell’Autorità è nel senso di non entrare nel merito delle decisioni organizzative dei singoli enti, con la conseguenza che la rotazione è rimessa alla autonoma determinazione delle amministrazioni, che in tal modo potranno adeguare la misura alla concreta situazione dell’organizzazione dei propri uffici.

L’Autorità ha, tuttavia, riscontrato una certa resistenza da parte delle Amministrazioni a prevedere, e poi attuare, misure di prevenzione in questo senso.

È il caso di una amministrazione centrale, articolata a livello provinciale e regionale, per la quale sono state segnalate illegittime modalità di rotazione di incarichi presso le particolari strutture territoriali. Nel caso in esame, l’introduzione a priori di un principio di rotazione obbligatoria degli incarichi, ovvero di un limite massimo di rinnovo degli stessi, era stato valutato dal dipartimento competente non corrispondente al principio di buon andamento, precludendo la possibilità di continuare ad avvalersi di professionalità valide che avevano esercitato con positivi risultati le funzioni di direzioni degli uffici loro affidate.

Al riguardo, l’Autorità ha evidenziato come effettivamente la misura della rotazione possa risultare di complessa attuazione e possa comportare, se non realizzata in una visione organica dell’azione amministrativa e delle priorità dell’amministrazione, disfunzioni e rallentamenti. In merito, si rammenta che il PNA, al fine di rendere efficace la misura della rotazione, ha indicato alcuni passaggi preliminari.

È infatti necessario identificare, preliminarmente, le strutture che svolgono attività nelle aree più esposte a rischio corruzione; è prevalentemente in questi ambiti che la rotazione degli incarichi deve essere utilizzata come strumento tipico anticorruzione; occorre poi valutare le competenze espresse dal personale in servizio di cui necessita ciascuna struttura.

Al riguardo, è stato osservato come, al fine di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa, sia necessario garantire adeguata formazione e affiancamento al personale subentrante, azioni indispensabili in caso di rotazione nell’ambito dello stesso ufficio. Al fine, poi, di evitare che la rotazione possa essere impiegata al di fuori di un programma predeterminato e possa essere intesa o utilizzata in maniera non funzionale alle esigenze di prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione, va effettuata una programmazione e individuati i criteri di rotazione del personale.

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Si tratta di esigenze già evidenziate dall’ANAC nella propria delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, per l’attuazione dell’art. 1, commi 60 e 61, della l. 190/2012, ove si esclude che la rotazione possa implicare il conferimento di incarichi a soggetti privi delle competenze necessarie per assicurare la continuità dell’azione amministrativa.

Pertanto, non si deve dare luogo a misure di rotazione se esse comportano la sottrazione di competenze professionali specialistiche da uffici cui sono affidate attività ad elevato contenuto tecnico.

Tra i condizionamenti all’applicazione della rotazione vi può essere quello della cosiddetta infungibilità, derivante dall’appartenenza a categorie o professionalità specifiche, anche tenuto conto di ordinamenti peculiari di settore o di particolari requisiti di reclutamento.

È questo il caso della rotazione ordinaria dei comandanti di polizia municipale, sulla quale l’Autorità ha osservato che, sebbene sia rimessa ogni valutazione all’amministrazione, non esistono per la dirigenza pubblica vincoli di assegnazione, in quanto all’acquisizione della qualifica dirigenziale, nel lavoro pubblico, corrisponde solo l’attitudine professionale ad assumere incarichi dirigenziali di qualsiasi tipo e e non sembra che la figura del dirigente del settore di polizia locale possa ricondursi tra gli incarichi con elevato contenuto tecnico, tali da impedire la rotazione nell’attribuzione dell’incarico.

Occorre tenere presente, tuttavia, che sussistono alcune ipotesi in cui è la stessa legge che stabilisce espressamente la specifica qualifica professionale che devono possedere alcuni soggetti che lavorano in determinati uffici, qualifica direttamente correlata alle funzioni attribuite a detti uffici; ciò avviene di norma nei casi in cui lo svolgimento di una prestazione è direttamente correlato al possesso di un’abilitazione professionale e all’iscrizione nel relativo albo.

Nel caso in cui si tratti di categorie professionali omogenee non si può invocare il concetto di infungibilità, pur dovendo ritenere sempre rilevante, anche ai fini della rotazione, la valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del singolo.

È il caso di quanto riscontrato dall’Autorità con riferimento a una amministrazione comunale in cui erano presenti figure professionale tecniche (architetti ed ingegneri) ritenute dall’amministrazione stessa infungibili, malgrado l’ente prevedesse nella suo organizzazione più di un settore tecnico (lavori pubblici e urbanizzazione); in tale caso è stata richiamata l’attenzione sulla possibilità di procedere alla rotazione nella stessa area tra uffici diversi.

Proprio per prevenire situazioni come questa, in cui la rotazione sembrerebbe esclusa da circostanze dovute esclusivamente alla elevata preparazione di determinati dipendenti, le amministrazioni sono chiamate a programmare adeguate attività di affiancamento propedeutiche alla rotazione; per tali motivi l’applicazione della misura deve essere valutata anche se l’effetto

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della rotazione comporta un certo rallentamento temporaneo dell’attività ordinaria dovuto proprio al tempo necessario per acquisire le diverse competenze.

Inoltre, allo scopo di evitare che la rotazione determini un repentino depauperamento delle conoscenze e delle competenze complessive dei singoli uffici interessati, è bene procedere a programmare in tempi diversi, non simultanei, la rotazione dell’incarico di responsabile di area e di responsabile di un ufficio della medesima area.

b) la rotazione straordinaria

Le attuali disposizioni legislative [art. 16, comma 1, lett. l-quater), del d.lgs. 165/2001] prevedono che i dirigenti dispongano con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva.

Trattasi di obbligo per l’amministrazione di assegnare il personale sospettato di condotte di natura corruttiva, che abbiano o meno rilevanza penale, ad altro servizio. È, quindi, una misura di carattere eventuale e cautelare tesa a garantire che nell’area ove si sono verificati i fatti oggetto del procedimento penale o disciplinare siano attivate idonee misure di prevenzione del rischio corruttivo. La misura si applica, a mente della disposizione legislativa, sia al personale dirigenziale che a quello dei livelli. Tuttavia, mentre per il personale non dirigenziale la rotazione si traduce in una assegnazione del dipendente ad altro ufficio o servizio, nel caso di personale dirigenziale, ha modalità applicative differenti comportando la revoca dell’incarico dirigenziale e, se del caso, l’attribuzione di altro incarico.

Nel corso del 2017 numerose sono state le segnalazioni di mancata rotazione straordinaria di dipendenti con procedimenti penali o disciplinari.

L’attività di vigilanza ha evidenziato come sovente, in caso di procedimenti penali, il procedimento disciplinare non venga immediatamente attivato in attesa della definizione della vicenda penale, senza che venga applicata alcuna misura di rotazione.

Caso emblematico è dato da quanto verificatosi presso una amministrazione comunale in cui il procedimento disciplinare è stato dapprima avviato e poi sospeso, in attesa della conclusione del procedimento penale; il dipendente, indagato per abuso d’ufficio, non è stato sottoposto a rotazione, malgrado l’attività di sensibilizzazione svolta dal RPC nei confronti dell’organo di indirizzo politico. Peraltro, nel PTPC 2017 adottato dal quel Comune, l’applicazione della misura della rotazione del personale era stata definita obbligatoria in caso di procedimenti penali o disciplinari per fatti corruttivi. Tale previsione era poi scomparsa nella versione del piano approvato nel 2018, tuttavia era rimasta nell’ambito delle competenze dei referenti (dirigenti) della prevenzione.

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L’Amministrazione è stata pertanto richiamata ad osservare la misura della rotazione del personale per evitare il consolidarsi di posizioni predominanti ed incidenti sul buon andamento dell’azione amministrativa, sottolineando quanto previsto dall’ANAC nel PNA 2016, secondo il quale l’amministrazione deve effettuare una valutazione circa la natura corruttiva del comportamento posto in essere dal dipendente rinviato a giudizio e deve motivare l’eventuale decisione che ne scaturisce, motivazione tanto più puntuale nel caso dovesse disattendere la regola che la stessa si è data nel PTPC.

Altra situazione emblematica ed analoga si è riscontrata presso una ASL della Campania ove un dirigente di I fascia, rinviato a giudizio per associazione a delinquere nell’ambito di un’indagine di ampie dimensioni riguardante truffe ai danni della sanità regionale, non risultava sottoposto a procedimenti disciplinari per i fatti di natura corruttiva citati né a rotazione straordinaria, anzi, l’incarico gli era stato rinnovato.

A fronte delle richieste dell’Autorità di conoscere le valutazioni che avevano indotto l’Azienda a ritenere la imputazione in capo al dirigente non ricompresa tra le inadempienze di cui all’art. 6 comma 1, lett. l-quater), del d.lgs. 165/2001, è emersa una situazione non chiara: dapprima è stato riferito che la mancata attivazione delle misure disciplinari nei confronti del dirigente rinviato a giudizio, probabilmente, risiedevano nel fatto che nell’ambito del procedimento penale il Collegio aveva dichiarato la nullità dei capi d’imputazione (associazione a delinquere) dei 24 imputati, tra cui lo stesso dirigente; successivamente è stato comunicato che il procedimento penale risultava ancora pendente e il dirigente risultava ancora al suo posto di responsabile del Dipartimento della ASL.

Non essendo stato possibile comprendere la mancata attivazione, da parte del vertice dell’ASL, dell’apertura di un procedimento disciplinare, nonostante si fosse costituita parte civile nel procedimento, l’Autorità ha quindi disposto che l’Azienda fosse sottoposta a indagine ispettiva da parte del Nucleo speciale della GdF.

Inoltre, poiché nel PTPC 2017/2019 la misura della rotazione complessivamente intesa era prevista in maniera generica, rinviando all’approvazione di un atto aziendale da parte della Regione, l’Autorità ha diffidato l’Azienda a individuare, per il personale assegnato alle aree a più elevato rischio, i profili di infungibilità in relazione alle professionalità presenti e a prevedere misure di prevenzione alternative laddove non risulti possibile effettuare l’avvicendamento, onde evitare che la misura rimanga inapplicata sine die e per evitare il consolidarsi di posizioni di dominio all’interno dell’amministrazione.

c) la rotazione nelle amministrazioni di piccole dimensioni e le misure alternative in caso in impossibilità di rotazione

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Il PNA 2016 ha chiarito che le amministrazioni di piccole dimensioni debbono individuare, nel caso in cui non si possa realizzare la rotazione, misure alternative, per evitare che il soggetto non sottoposto a rotazione abbia il controllo esclusivo dei processi, come quelle che favoriscono una maggiore compartecipazione del personale alle attività del proprio ufficio.

Al riguardo, l’Autorità ha avuto modo di occuparsi di quanto verificatosi presso l’Azienda Speciale per i Servizi Sociali di un Comune del Centro Italia.

Dall’attività istruttoria è emerso che la struttura organizzativa dell’ente non prevede figure dirigenziali, bensì figure apicali, in posizione di responsabili di settore.

Con specifico riferimento alla misura della rotazione del personale, nel piano 2017 dell’Azienda Speciale viene illustrato come essa presenti una struttura fortemente accentrata con limitato numero di personale adibito a mansioni amministrativo contabili, e le scelte decisionali ed operative sono assunte e controllate dai vertici aziendali. Tale assetto organizzativo, se da una parte facilita il coordinamento tra le diverse unità operative e rende più semplice la pianificazione delle scelte rispondendo con maggior rapidità, efficienza ed efficacia ai cambiamenti esterni (normativi, sociali, etc.), dall’altra comporta un forte accentramento in capo a pochi elementi, ai limiti della sovrapposizione, dei poteri di disposizione e controllo, potenzialmente agevolativo delle attività di monitoraggio delle attività istituzionali, anche attraverso l’uso di equipe e tavoli di coordinamento cui prende sempre parte la figura del Direttore. In tale contesto, pertanto, la rotazione degli incarichi risulta di difficile realizzazione.

Preso atto di ciò, l’Autorità ha rivolto all’Azienda una raccomandazione volta ad ottenere, per le istruttorie più delicate nelle aree a rischio, la previsione meccanismi di condivisione delle fasi procedimentali con l’affiancamento al funzionario istruttore di un altro funzionario, in modo che, ferma restando l’unitarietà della responsabilità del procedimento, più soggetti condividano le valutazioni degli elementi rilevanti per la decisione finale dell’istruttoria.

Ulteriormente, la raccomandazione ha riguardato l’utilizzazione del criterio della segregazione delle funzioni, che consiste nell’affidamento delle varie fasi di procedimento appartenente a un’area a rischio a più persone, avendo cura di assegnare la responsabilità del procedimento ad un soggetto diverso dal dirigente/responsabile cui compete l’adozione del provvedimento finale. A

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