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L’ ATTUAZIONE ITALIANA DELLA D IRETTIVA COMUNITARIA SULLA RESPONSABILITÀ PER DANNO DA PRODOTTI DIFETTOSI

La Direttiva, attuata nel nostro ordinamento con d.P.R. 24 maggio 1988, n. 22438, ha profondamente innovato la materia della responsabilità

38Tra i primi Autori che hanno analizzato la normativa sulla responsabilità del produttore:

ALPA, BIN, CENDON, La responsabilità civile, Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economica, diretto da GALGANO, Vol. XIII, Padova, 1989; ALPA, CARNEVALI, DI GIOVANNI, GHIDINI, RUFFOLO, VERARDI, La responsabilità per danno da prodotti difettosi, Giuffrè, 1990; ALPA, La responsabilità civile, Trattato di diritto

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per danni da prodotto difettoso, segnando una decisiva svolta nel processo di elaborazione della tutela del consumatore.

Prima del 1988, infatti, non esisteva nel nostro ordinamento un regime speciale di responsabilità del produttore per i danni cagionati da un difetto del prodotto messo in commercio. A fronte di tali danni, la tutela del consumatore era affidata alla disciplina comune della vendita (responsabilità del venditore per i vizi della cosa venduta) o della responsabilità civile (meglio rispondente alle esigenze di tutela del consumatore laddove questi non fosse diretto contraente del produttore).

In tale scenario, la Direttiva, come si evince già dall’art. 1 del d.P.R. 224/88 (ora art. 114 Codice Consumo), ai sensi del quale “Il produttore è

responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto”, innova

profondamente enunciando il principio fondamentale – ovvero introducendo il criterio di collegamento – della responsabilità oggettiva del produttore39. Intendendosi per tale quella responsabilità che prescinde dalla

prodotto difettoso, in Trattato breve dfella responssbilità civile, Padova, 2005;

MONATERI, Illecito e responsabilità civile, Torino, 2002;

39 In Italia, il primo caso che si avvicina di più a tale concetto è il noto “caso Saiwa”,

Cass. 25 maggio 1964, n. 1270, in Foro it., 1966, V, 22-24 con nota di MARTORANO,

Sulla responsabilità del fabbricante per messa in commercio di prodotti dannosi (a proposito di una sentenza della Cassazione); era l’anno 1957, quando l’Avv. Italo

Schettini, insieme alla moglie, acquistava in un negozio una scatola di biscotti Saiwa rivelatisi avariati (per stessa ammissione della società che aveva provveduto a sostituirli con un’altra scatola, ma solo dopo che i biscotti, ingeriti, avevano provocato un’eneterecolite febbrile). La Pretura di Roma, davanti alla quale l’avvocato- consumatore aveva citato sia il dettagliante che la Saiwa per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’ingestione del biscotto adulterato, rigettò la domanda dell’attore. Il Tribunale di Roma, di fronte al quale il consumatore aveva impugnato la sentenza, accolse l’azione di danni nei soli confronti della società Saiwa (ritenendola responsabile dell’avaria dei biscotti e condannandola al pagamento di 30.000 lire a titolo di danni), ma non nei confronti del dettagliante. Tale decisione fu confermata dalla Cassazione: la responsabilità del dettagliante venne esclusa in base al criterio generale della colpa, in quanto il prodotto era contenuto in una confezione sigillata che rendeva impossibile il controllo; condannata al risarcimento fu, invece, l’impresa produttrice nonostante non fosse stata provata a suo carico una precisa colpa nell’esercizio dell’attività industriale. L’imprescindibilità della colpa ai fini dell’applicazione dell’art. 2043 c.c. fu aggirata con il ricorso al “processo logico-presuntivo” con il quale la Corte fece risalire direttamente all’impresa il difetto riscontrato nei prodotti confezionati; per un commento alla sentenza:

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colpa e che - al pari degli altri criteri di collegamento, quali lo svolgimento di un’attività pericolosa, la custodia di una cosa, la proprietà di un immobile e via discorrendo – richiede solo il rapporto di causalità tra il fatto proprio e l’altrui evento dannoso: “rapporto che si basa sulla regolarità statistica

che rende prevedibile un dato effetto come conseguenza del verificarsi di una causa”40.

In realtà, sebbene nei considerando che precedono il testo della Direttiva41 e nella relazione della Commissione di studio istituita presso il Ministero di Grazia e Giustizia con l’incarico di predisporre uno schema di attuazione della Direttiva medesima42, si ricolleghi la natura oggettiva della responsabilità introdotta dalle nuove norme all’assenza di colpa - così contrapponendola alla responsabilità soggettiva considerata quale soluzione inadeguata al problema - né l’art. 1 della Direttiva, né l’art. 1 della legge di attuazione dicono espressamente che si tratti di una responsabilità che prescinde dalla colpa.

Ma che tale sia la natura della responsabilità del produttore introdotta dalla nuova normativa, trova conferma in altre norme del d.P.R. 224/88, prima, fra tutte, l’art. 6 (ora 118 Cod. Cons.) che, nell’annoverare tassativamente i casi di esclusione della responsabilità non prevede la “diligenza” del produttore.

PONZANELLI, Dal biscotto alla “mountain bike”: la responsabilità da prodotto difettoso

in Italia, in Foro it., 1994, I, 252;

40 GALGANO, La responsabilità del produttore, in Contratto impr., 1986, 996 ss;

41II considerando: “considerando che solo la responsabilità del produttore, indipendentemente dalla sua colpa, costituisce un’adeguata soluzione del problema, specifico di un’epoca caratterizzata dal progresso tecnologico, di una giusta attribuzione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna”;

42 “L’attuazione della Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 25 luglio 1985 (85/474/CEE) in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi porta l’introduzione e l’analitica disciplina di una responsabilità del produttore che è indipendente dalla colpa, salve le valutazioni di ragionevolezza sovente implicite nel giudizio di difettosità del prodotto, intesa come idoneità ad offrire la sicurezza che ci si può legittimamente attendere”;

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Né la Direttiva, né il testo italiano di recepimento hanno cura, poi, di qualificare la responsabilità così introdotta in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale. Trattasi, del resto, di una particolare responsabilità che ricorre ove sussistano specifici presupposti a prescindere dal rapporto esistente tra il produttore ed il danneggiato, che si affianca ad altre forme di responsabilità che già tutelano il danneggiato. Come osservato dalla più attenta dottrina, l’esigenza della suddetta qualificazione, in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, “non

condurrebbe ad alcuna conseguenza d’ordine pratico-applicativo, poiché la disciplina della responsabilità in questione, stabilita dalle nuove norme non risente di quelle differenze normative (ad es. in ordine al termine di prescrizione) che nel diritto comune discendono dal qualificare una determinata responsabilità come contrattuale ovvero come extracontrattuale”43.

L’introduzione, nel nostro ordinamento, della responsabilità oggettiva del produttore ha incontrato, tuttavia, sensibili difficoltà sia in dottrina che in giurisprudenza, legate sostanzialmente “al difficile sviluppo

del concetto di strict liability in una realtà caratterizzata dalla prevalenza assoluta della colpa (si pensi al principio “nessuna responsabilità senza colpa”)”44. Tanto spiega come mai i casi giurisprudenziali risolti sulla base

delle nuove norme, immediatamente successivi all’applicazione della Direttiva, siano stati sporadici. Tra i casi più famosi si ricordano quello della mountain-bike (diventato il leading case italiano rappresentando la

43ALPA, CARNEVALI, DI GIOVANNI, GHIDINI, RUFFOLO, VERARDI, La responsabilità per danno da prodotti difettosi, Giuffrè, 1990, pag. 7;

44VILLANI, Il danno da prodotto tra la direttiva CEE n. 374/1985, il D.P.R. 224/88 ed il Codice del Consumo”, in Responsabilità civile e previdenza, 5/2007, pag. 1239;

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prima applicazione della nuova normativa)45, dello scoppio della bottiglia di bibita gassata46, del crollo del letto a castello47, dell’orditoio48.

Ed è proprio soffermandosi sull’attuazione italiana della direttiva, che emergono i punti nodali della disciplina sulla responsabilità del produttore ed i vari limiti posti alla tutela del danneggiato, suscettibili di rendere tale tutela meno “appetibile” di quanto potrebbe sembrare tanto da indirizzare i danneggiati – ed i loro avvocati – verso strade diverse da quelle offerte dal Codice del Consumo.

3. DALLA DIRETTIVA AL CODICE DEL CONSUMO: TRA

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