1 I L RUOLO ( ED I LIMITI ) DELLA INFORMAZIONE NELLA DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ DEL PRODUTTORE
1.1. La nozione “relazionale” di difetto ed il deficit
“informazionale” dei potenziali danneggiati.
La definizione di “difettosità” del prodotto (nel senso della sua insicurezza) è strettamente connessa al profilo informazionale in quanto dipendente anche dalla qualità e quantità di informazioni trasferite dal produttore al consumatore: quanto più e quanto meglio l’utente viene informato sul corretto uso e sulle caratteristiche intrinseche del prodotto, tanto più sicuro potrà ritenersi il prodotto medesimo, riferendosi la
difetti eventualmente riscontrati nei meccanismi di operatività degli strumenti istituzionali concorrenti”;
6CAFAGGI, La responsabilità dell’impresa per i prodotti difettosi, in Tratt. di Dir. Privato ed europeo, (a cura di LIPARI), 2003, 528;
7Così CAFAGGI, La nozione di difetto ed il ruolo dell'informazione. Per l'adozione di un modello dinamico-relazionale di difetto in una prospettiva di riforma, in Riv. Crit. Dir. Privato, 1995, 479, che propone una “definizione diacronica di difetto che guardi alla iterazione produttore-consumatore in termini relazionali, valorizzando l’incremento di informazioni derivanti dall’utilizzazione del prodotto e dallo svolgimento di ricerche successive all’immissione del prodotto sul mercato al fine di “sdrammatizzare” la scelta compiuta con l’adozione della defence dei rischi di sviluppo”;
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“legittima aspettativa” di sicurezza anche all’offerta di tutta l’informazione utile disponibile.
Pur con tutte le difficoltà interpretative del caso (CAP. II), può dirsi, in linea di massima, che il dovere di informazione imposto al produttore concerne quei rischi prevedibili, ma agevolmente eliminabili con l’adozione di misure di prevenzione da parte del consumatore (quantomeno, in quelle situazioni in cui il consumatore possa qualificarsi come cheapest cost
avoider)8. Il produttore è tenuto, in altri termini, a trasferire al consumatore tutte quelle informazioni che gli consentano, da un lato, di effettuare una corretta valutazione comparativa rischi/benefici9 (che implica il riconoscimento dei potenziali rischi ed una stima della loro entità); dall’altro, di adottare le cautele idonee a scongiurare il rischio di danno. Nel primo caso, il trasferimento di informazioni consentirà al consumatore- acquirente una scelta consapevole in ordine all’acquisto del bene; nel secondo caso, permetterà al consumatore-utilizzatore un uso accorto del prodotto attraverso la adozione di idonee ed agevoli misure di prevenzione.
Sennonché, tale relazione di dipendenza tra difettosità (nel senso di insicurezza) del prodotto e trasferimento delle informazioni da parte del produttore, non sembra tenere nella giusta considerazione la distinzione tra le possibili categorie di soggetti danneggiati: consumatori-acquirenti, consumatori-utilizzatori e i c.d. bystanders, ossia quei soggetti terzi, per definizione estranei alle vicende contrattuali intercorse con il produttore, che possono, tuttavia, risentire un danno da prodotto difettoso10.
8
Si è trattato diffusamente del tema al CAP. II, § 4, al quale integralmente si rinvia;
9 Così GHIDINI, sub art. 5 d.p.R.224/88, in ALPA, CARNEVALI, DI GIOVANNI, GHIDINI,
RUFFOLO, VERARDI, La responsabilità per danno da prodotti difettosi, Milano, 1990, pag. 49;
10 L’osservazione è di CAFAGGI, La nozione di difetto ed il ruolo dell'informazione. Per l'adozione di un modello dinamico-relazionale di difetto in una prospettiva di riforma, in Riv. Crit. Dir. Privato, 1995, 461;
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Una delle caratteristiche fondamentali che distingue tali categorie è proprio la diversa disponibilità di informazioni concernenti il prodotto e le modalità di sua utilizzazione.
Colui che dispone dell’assetto informativo migliore è il consumatore-acquirente: qualificando, infatti, il contratto come veicolo di informazioni, l’acquirente si trova in una posizione diversa e migliore rispetto alle altre due categorie in quanto, essendo parte contrattuale, potrà disporre di maggiori informazioni non solo sotto il profilo della scelta d’acquisto, bensì anche sotto quello delle caratteristiche del prodotto e delle sue modalità di utilizzazione. Il costo di acquisizione e trasferimento di tali informazioni da parte del produttore è relativamente basso, operando nel quadro di una relazione – quella contrattuale – già costituita.
In una posizione diversa, si trova il consumatore-utilizzatore, potenziale danneggiato che, non avendo partecipato alla transazione commerciale con il venditore, sconta un deficit di informazioni. Affinché tale soggetto possa fruire dello stesso livello di informazioni è necessario che queste gli vengano trasferite tramite altri canali, diversi dal contratto (quali la stessa pubblicità, intendendosi per tale qualsivoglia comunicazione proveniente dal produttore, in qualsiasi modo veicolata, ed avente finalità promozionale)11: tanto comporta, inevitabilmente, un aumento dei costi per
11FUSI-TESTA, Diritto e Pubblicità, Milano, 2006, pag. 37, che ricorda come il primo
testo normativo che in Italia ha aperto la strada a quella che pare essere l’“attuale” nozione di pubblicità è stato, in Italia, non una legge statuale, ma il Codice dell’Autodisciplina Publicitaria, secondo il quale, come si legge al punto e) delle “Norme
preliminari e generali”, il termine “pubblicità”, oggi sinonimo di “comunicazione
commerciale”, “comprende ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a
promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano i mezzi utilizzati”, laddove
l’espressione “messaggio” include “qualsiasi forma di presentazione al pubblico del
prodotto"” ivi compresa la confezione: per un approfondimento sul tema anche:
GRAZZINI, , Norme preliminari e generali, in Commentario al Codice dell’Autodisciplina
Pubblicitaria, a cura di RUFFOLO, Milano, 2003, pagg. 3 ss; la prima definizione di “pubblicità” fornita da una legge dello Stato fu quella contenuta nell’art. 2, lett. a) D. Lgs. 74/92 (successivamente confluita nel Codice di Consumo e, attualmente, nel D. Lgs. 145/2007 – CAP. I, note 88 e 89), in attuazione della Direttiva 84/450/CEE in materia di
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il produttore, che potrebbe rendere preferibile, sotto il profilo dell’efficienza, incrementare il livello di prevenzione. Residuerebbe, in tal caso, in capo al consumatore, l’onere di adottare misure di precauzione sulla base di quella conoscenza del prodotto esclusivamente acquisibile dalla sua utilizzazione e da fonti diverse da quella contrattuale.
In una situazione ancora diversa, si trova il bystander, la cui posizione di terzietà rispetto sia al contratto che alla conoscenza acquisibile con l’uso, lungi dal renderlo immune ai danni potenzialmente generati dal prodotto, lo rende il soggetto più debole. Con riferimento a tale ipotesi, può accadere che i costi di trasferimento dell’informazione siano eccessivi per il produttore, al punto tale da rendere opportuna una distribuzione diversa degli oneri di precauzione tra produttore e potenziale danneggiato, trasferendoli per l’intero sul produttore.
Nonostante la diversa relazione che si viene ad instaurare tra produttore e potenziale danneggiato, “la definizione di difetto offerta dai
commentatori è unitaria, ritenendosi irrilevante il corredo informazionale posseduto dal consumatore ed i costi di trasferimento dell’informazione dal produttore al consumatore. Si ritiene, infatti, che la ripartizione tra livello di sicurezza e contenuto del dovere di informazione debba compiersi indipendentemente dalla posizione (i.e. dall’assetto informazionale) in cui si trova il potenziale danneggiato e dei costi di trasferimento dell’informazione dal produttore al potenziale danneggiato”12.
pubblicità ingannevole. Secondo tale definizione, un po’ ridondante perché ricavata dal testo comunitario, per “pubblicità” si intende “qualsiasi forma di messaggio che sia
diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi”;
12Sempre CAFAGGI, La nozione di difetto ed il ruolo dell'informazione. Per l'adozione di un modello dinamico-relazionale di difetto in una prospettiva di riforma, in Riv. Crit. Dir. Privato, 1995, 461;
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In realtà, in una logica di efficienza, tale relazione differenziata dovrebbe implicare una distribuzione differenziata della responsabilità tra produttore e potenziale danneggiato. Ma tale risultato potrebbe conseguirsi non sotto il profilo, impraticabile, della produzione diversificata (essendo impossibile ottenere prodotti rispondenti a standard di sicurezza differenziati a seconda delle informazioni disponibili in capo ai potenziali danneggiati), bensì sotto quello della allocazione della responsabilità. In altri termini, si potrebbe ipotizzare la responsabilità del produttore verso il
bystander anche nell’ipotesi in cui il prodotto non sarebbe stato ritenuto
difettoso ove ad essere danneggiato fosse stato il consumatore-acquirente (il cui maggior corredo informazionale, consentirebbe l’adozione di un maggior livello di precauzioni).
In tale prospettiva, l’adozione di una “concezione relazionale di difetto” – ossia variabile in relazione alla diversa posizione del potenziale danneggiato – potrebbe, allora, comportare quale possibile effetto: o l’adozione da parte del produttore, dello standard di sicurezza più elevato, ossia corrispondente a quelle ipotesi in cui il costo di trasferimento delle informazioni sia il più alto (bystander); ovvero, l’adozione di omogenei standard di diligenza nell' “informazione” esigibili in capo al produttore, anche quale “autore” del messaggio pubblicitario relativo al prodotto potenzialmente insicuro13.
13 BERTI, Carenza di informazione, difettosità del prodotto e responsabilità del produttore, in Resp. com. impr., Giuffrè, 3-4/1996, pag. 573, che al riguardo osserva
come “il concetto di prodotto difettoso per carente informazione esprime l'esigenza di un
suo costante riferimento, per così dire, esterno; riferimento, cioè, alla valutazione, anche “sociale” data a tale concetto. Alla quale, pertanto, le citate discipline (di cui alle norme,
pattizie e non, concernenti la pubblicità ingannevole) dovranno pur sempre riferirsi per
una sempre più adeguata loro applicazione (…) Da queste ora si dovrà partire sia per la costruzione di un diritto “comune” del consumatore alla informazione, sia per la elaborazione di una soglia di tutela minima da riconsocere in tale ambito, al consumatore”;
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