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La nozione di “difetto” del prodotto.

3. D ALLA D IRETTIVA AL C ODICE DEL C ONSUMO : TRA DIFFERENZE E CONTINUITÀ

3.3. La nozione di “difetto” del prodotto.

L’art. 117 Cod. Cons. riporta la nozione generale di difettosità di un prodotto, così come definita dall’art. 5 del d.P.R. 224/88, sulla scorta dell’art. 6 della Direttiva che, al sesto considerando, precisa come la difettosità corrisponde alla “mancanza di sicurezza che il grande pubblico

può legittimamente attendersi”.

In base a tale norma: “1. Un prodotto è difettoso quando non offre la

sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutta una serie di circostanze, tra cui: a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite; b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere; c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. 2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in circolazione. 3. Un prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie”.

Già dalla semplice lettura della norma emerge come, in linea generale, la nozione di “difetto” sia concettualmente diversa da quella di “vizio” del bene venduto prevista dal Codice Civile (artt. 1490 e ss): a rendere difettoso il prodotto non è, infatti, la presenza di una anomalia o imperfezione concernente il processo di produzione, di fabbricazione, di formazione e di conservazione della cosa “che la rendono inidonea all’uso

o ne diminuiscono il valore”67, bensì l’“insicurezza” che può prescindere

67 Definizione di “vizio redibitorio” secondo consolidata giurisprudenza: ex multiis Cass.

Civ. 25 settembre 2002, n. 13925, in Mass. Foro it., 2002; Cass. Civ., 13 gennaio 1997, n. 244, in Mass. Foro it, 1997; Cass. Civ., 19 ottobre 1994, n. 8537, in Mass. Foro it., 1994);

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dall’esistenza di un qualsivoglia vizio di fabbricazione nel senso sopra detto68.

La nozione di “difetto” ai sensi dell’art. 117 è, altresì, diversa dalla nozione di “difetto” prevista dall’art. 129 Cod. Cons. concernente il “difetto di conformità al contratto” di cui alla disciplina della vendita dei beni di consumo: trattasi, anche in questo caso, di una accezione di difetto in cui l’accento è posto sulla inidoneità all’uso della cosa e sulla mancanza di qualità promesse da parte del venditore.

Come evidenziato dai primi commentatori del d.P.R. 224/88, la nozione di difettosità di cui alle norme sulla responsabiltà del produttore “esprime, dunque, l’esigenza di un riferimento, per così dire esterno, alla

valutazione sociale, anziché alla verifica dell’intrinseca “idoneità all’uso” cui il prodotto è destinato. (…) Peraltro, il criterio della valutazione sociale non esprime una mera prospettiva di ricezione “sociologica”, bensì una di ricezione valutativa: nella quale non tutte le aspettative rilevabili vanno prese in considerazione, ma solo quelle a) riferibili alla collettività (grande pubblico) e non a settori particolari di esso; b) definibili legittime, ossia ragionevoli (posto che nessuno può pretendere la sicurezza assoluta: e tali definibili alla luce di varie circostanze obiettive che, in via esemplificativa, l’art. 5” (ora art. 117) “ha cura di enunciare immediatamente dopo aver affermato il criterio generale”69; tra le quali, la “presentazione (…), le

istruzioni e le avvertenze” con cui il prodotto è stato messo in circolazione,

“l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i

68 Basti solo considerare come un giocattolo per bambini progettato e fabbricato con

singole componenti asportabili sia insicuro, laddove ne derivi un danno, ai sensi dell’art. 117 Cod. Cons. anche se fabbricato a regola d’arte e perfettamente funzionante; dall’altro un’automobile che non si mette in moto è quanto più sicuro si possa immaginare nell’ottica dell’art. 117 cod. cons, sebbene gravemente viziata ai sensi dell’art. 1490 c.c.: così STELLA, La responsabilità per danno da prodotto difettoso nel Codice del Consumo,

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comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere”: ciò significa, in altri termini, che un prodotto sarà considerato

insicuro quando non tollera un uso normale della cosa.

Tale norma, sulla scorta della Direttiva, ed anzi arricchendone le previsioni, ha, peraltro, il merito di sottrarre la clausola generale di difettosità alle critiche circa la sua indeterminatezza, offrendo al giudice numerosi parametri di valutazione ai fini dell’applicazione del criterio generale di “insicurezza del prodotto” ed al contempo lasciando spazio per marginali adattamenti giurisprudenziali.

Invero, se nell’accezione di “difetto” di cui all’art. 117 può certamente rientrare quel vizio di costruzione o fabbricazione in senso stretto che, rendendo insicuro il prodotto sotto il profilo dell’anomalia di funzionamento, è suscettibile di provocare un danno; in tale accezione di “prodotto difettoso” rientrerà in modo altrettanto certo quel prodotto che – a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia vizio di fabbricazione – in occasione del suo uso provoca un danno. L’insicurezza del prodotto può, del resto, derivare da un difetto di informazione, ossia di adeguate istruzioni ed avvertenze circa il suo impiego che non mettono in condizione il consumatore di utilizzare quel prodotto in tutta sicurezza.

Tale concetto normativo di “difettosità” ed il suo riferimento alle legittime aspettative di sicurezza del pubblico sembrerebbe confinare ad un ruolo marginale la tradizionale tripartizione dei difetti riferita alla possibile causa dei medesimi, che aveva detenuto un rilievo centrale nel lungo dibattito sulla responsabilità del produttore70 e che definiva i difetti come di “fabbricazione”, di “progettazione” e di “informazione”.

69 ALPA, CARNEVALI, DI GIOVANNI, GHIDINI, RUFFOLO, VERARDI, La responsabilità per danno da prodotti difettosi, Milano, 1990, 42; GALGANO, Responsabilità del produttore,

in CeI, 1986, 995;

70 CARNEVALI, La responsabilità del produttore, Milano, 1974, pp. 30 ss; ALPA, la responsabilità del produttore nei progetti comunitari, in Danno da prosdotti e

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Eppure tale tripartizione mantiene un non trascurabile significato non solo per una puntuale ricostruzione delle circostanze cui deve riferirsi l'interprete nell'applicazione del criterio generale, ma soprattutto sotto il profilo probatorio della prova del difetto, rispetto alla quale il ricorso alle presunzioni acquista un diverso rilievo a seconda delle diverse categorie di difetto identificate in relazione alla causa. Appare, pertanto, opportuno soffermarsi su tale tripartizione che mantiene ancora la sua attualità.

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