3. D ALLA D IRETTIVA AL C ODICE DEL C ONSUMO : TRA DIFFERENZE E CONTINUITÀ
3.6. Il danno risarcibile.
Tra i danni risarcibili possono oggi individuarsi tre categorie di danno: il danno alla persona (da morte o lesioni personali); il danno patrimoniale, consistente nel pregiudizio o distruzione di una cosa diversa dal prodotto dannoso purchè destinata all’uso privato da parte del danneggiato; il danno morale (ossia quel danno non patrimoniale costituente il turbamento e le sofferenze fisiche o psichiche sofferte dal danneggiato in conseguenza del danno subito).
Mentre le prime due tipologie di danno sono espressamente previste dall’art. 123 Cod. Cons.128, nel Codice non si rinviene nemmeno un cenno ai “danni morali” ai quali fa esclusivo riferimento l’art. 9, comma 2,
126 CABELLA-PISU, Ombre e luci nella responsabilità del produttore, in Contratto e impresa, 2008, 636;
127CABELLA-PISU, Ombre e luci nella responsabilità del produttore, in Contratto e impresa, 2008, 636 che, nel sottolineare come la Francia addossi alle imprese il rischio
dello sviluppo relativo a danni causati “da un elemento del copro umano o dai prodotti da
esso derivati”, osserva come “la Francia ha dato attuazione alla direttiva con dieci anni di ritardo rispetto all’Italia, nel corso dei quali aveva avuto gravi problemi relativi all’utilizzazione di plasma infetto”.
128 Art. 123 “E’ risarcibile (…) a) il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali ; b) la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato”.
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Direttiva 85/374/CE129 che, tuttavia, nulla prevede al riguardo, lasciando impregiudicate, rispetto ad essi, “le disposizioni nazionali”.
La Direttiva, dunque, mentre ha dettato una disciplina in gran parte dispositiva per quanto concerne il danno alla persona (la morte e le lesioni personali vanno risacite per intero) e quello alle cose diverse dal prodotto difettoso (purchè si verta in ipotesi di uso privato e previa detrazione di una franchigia), ha volutamente lasciato alle discipline nazionali la scelta circa il risarcimento dei danni morali.
Tradizionalmente, nel nostro ordinamento, il danno morale è stato risarcito, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 185 c.p. e 2059 c.c.130, sul presupposto che il fatto illecito integrasse, almeno astrattamente, l’ipotesi del reato. Per lungo tempo, pertanto, i nostri Giudici hanno negato il risarcimento del danno morale nei casi di responsabilità oggettiva, alla base della normativa sul produttore, in quanto trattandosi di responsabilità che prescinde dalla colpa, verrebbe a mancare proprio l’elemento soggettivo di un eventuale reato.
Sulla base di una siffatta argomentazione è stato negato il risarcimento del danno morale nel caso della bottiglia d’acqua esplosa nelle mani del cliente131; e, in primo grado, in quello della scala del giardiniere132. Ed anche quelle sentenze che avevano disposto il risarcimento dei danni non patrimoniali, ravvisando l’astratta
129 Art. 9 Direttiva 85/374/CE: “(…) per danno si intende: a) il danno causato dalla morte o da lesioni personali; b) il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia (…) purché la cosa i) sia del tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato, e ii) sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato. 2. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni nazionali relative ai danni morali”.
130Ai sensi dell’art. 2059 c.c. “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”. All’epoca dell’emanazione del Codice Civile (1942)
l’unica previsione espressa del risarcimento del danno non patrimoniale era racchiusa nell’art. 185 c.p. risalente al 1930, secondo il quale “ogni reato, che abbia cagionato un
danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole (…)”.
131Trib. Roma, 17 marzo 1998, in Foro it., 1998, I, 3660; 132 Trib. Milano, 31 gennaio 2003, in Foro it., 1994, 251;
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configurabilità di un reato (come nel caso del crollo del letto a castello133, o della caffettiera corredata da istruzioni troppo generiche134), non creavano un vero contrasto giurisprudenziale, trovando spiegazione, il diverso tenore di quelle pronunce, nell’attenta considerazione del caso di specie. Si trattava, infatti, di danni determinati o da difetti di progettazione e, dunque, concernenti l’intera serie, o da carenza di istruzioni, tali da poter fondare una responsabilità soggettiva del produttore, riconducibile ad una sua colpa, pur in assenza di una prova specifica sul punto135.
Il quadro è definitivamente cambiato a seguito delle “sentenze gemelle” della Cassazione del 2003136, che hanno definitivamente scisso la risarcibilità del danno non patrimoniale dal presupposto soggettivo e oggettivo del reato, ritenendo superabili i limiti dell’art. 2059 c.c. in virtù di una sua lettura costituzionalmente orientata, tale da consentire l’integrale riparazione dei valori della persona tutelati dagli artt. 2 e 29 Cost.
La stessa Corte Costituzionale, poi, con sentenza 11 luglio 2003, n. 233137 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c. essendo ormai consentita, con riferimento al diritto
133 Trib. Milano, 13 aprile 1995, in Danno e resp., 3/1996, pag. 381;
134 Trib. Vercelli, 7 aprile 2003, in Danno e resp. 10/2003, pag. 1001, con nota di
PONZANELLI;
135 CABELLA PISU, Ombre e luci nella responsabilità del produttore, in Contratto e impresa, 2008, 642;
136 Cass. 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, in Resp. civ prev., 2003, 675 con note di
CENDON, ZIVIS e BARGELLI, in Foro it. 2003, I, 2272 con nota di NAVARETTA; in Corr.
Giur., 2003, 1017, con nota di FRANZONI; in Danno resp., 2003, 816, con nota di BUSNELLI-PONZANELLI-PROCIDA: “Ritiene il Collegio che non può essere ulteriormente
condivisa la tradizionale restrittiva lettura dell’art. 2059, in relazione all’art. 185 c.p.c, come diretto ad assicurare tutela soltanto al danno morale soggettivo, alla sofferenza contingente, al turbamento dell’animo transeunte determinati da fatto illecito integrante reato (…) venendo in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua sia soggetta al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p. (…)”.
137 In Foro it., 2003, c. 2201, con nota di NAVARETTA; in Corr. Giur., 2003, 1028, con
nota di FRANZONI; in Danno resp., 2003, 939, con nota di BUSNELLI-PONZANELLI- PROCIDA;
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vivente, la riparazione di ogni danno non patrimoniale derivante dalla lesione di qualsivoglia interesse di rango costituzionale inerente la persona.
La conferma di tale evoluzione giurisprudenziale si è avuta, da ultimo, nel 2004, quando la Corte di Cassazione ha statuito, in termini più generali, che: “il danno non patrimoniale, allorché vengano lesi valori
della persona costituzionalmente garantiti, è risarcibile tanto nelle ipotesi in cui il danneggiato sia ritenuto responsabile in base ad una presunzione di colpa, quanto in quelle di responsabilità oggettiva”138.
L’affermazione di tale nuovo orientamento ha determinato un cambiamento sostanziale anche in materia di responsabilità oggettiva del produttore ai sensi del Codice del Consumo, ove sempre più spesso sono stati risarciti i danni morali soggettivi conseguenti alle lesioni cagionate da prodotti difettosi. Il primo caso in cui fu liquidato il danno morale conseguente alla lesione della salute, prescindendo da un pur labile collegamento con la colpa, fu il caso del danno riportato da un motociclista caduto a terra per il cedimento dello sterzo dovuto ad un difetto di fabbricazione (insufficiente serraggio di un bullone)139. E per quanto non sia mancata una qualche battuta d’arresto140, ormai il cammino era avviato
138 Cass. Civ. 1 giugno 2004, n. 10482, in resp. civ prev., 2005, 98;
139 Trib. Roma, 14 novembre 2003, in in Danno e resp. 2004p. 529 con nota di
PONZANELLI;
140
Trib. La Spezia, 27 ottobre 2005, in Foro it., 2005I, 3500; il giudice, pur pienamente consapevole del mutamento giurisprudenziale in tema di risarcimento dei danni morali soggettivi, in un caso di danni conseguenti alle lesioni per un caduta provocata dalla rottura del tacco di uno stivale, dovuto ad un difetto di fabbricazione, ha riproposto le vecchie argomentazioni incentrate sull’inquadramento della responsabilità del produttore come responsabilità oggettiva: “(…) la responsabilità del produttore di cui all’art. 1
d.P.R. 24 maggio n. 224/88 è di carattere oggettivo, consegue automaticamente al rischio introdotto sul mercato con la commercializzazione di un prodotto e prescinde da ogni accertamento sulla colpa del danneggiante. Né il citato d.P.R. 24 maggio n. 224/88 introduce, come ad esempio fa l’art. 2054 c.c., una presunzione dell’esistenza di una colpa in capo al danneggiante, onerato di fornire la contraria prova liberatoria. Ciò è ostativo alla configurabilità delle suddette voci risarcitorie”;
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per riconoscere la risarcibilità del danno morale anche in ipotesi di responsabilità del produttore141.
Nonostante le difficoltà applicative iniziali, la Direttiva e lo stesso Codice del Consumo, lasciano così intravedere la loro natura di prezioso corpo normativo che, ove correttamente metabolizzato, grazie anche all’evoluzione del diritto vivente in tema di responsabilità civile, potrebbe comportare ulteriori e sempre nuove possibilità di applicazione.
141 App. Milano, 21 febbraio 2007, in Danno e Resp., 2007, espressamente fondando la
decisione sul revirement segnato dalla Cort. Cost. 11 luglio 2003, n. 233 e da Cass. 12 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, riformando proprio sul punto del risarcimento dei danni morali conseguenti alla lesione della integrità fisica, la sentenza di I grado relativa al caso della scala a pioli del giardiniere, ha ritenuto sufficiente per la risarcibilità di tali danni la ricorrenza di una fattispecie corrispondente, nella sua oggettività (e quindi a prescindere dall’elemento soggettivo della colpa) all’astratta previsione di un reato.
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