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a) Quanto alla garanzia di sicurezza: le “condizioni normali di impiego”.

Nel documento Difetto di informazione e danno da prodotto (pagine 194-197)

“ NORME TECNICHE ARMONIZZATE ”.

5. D OVERI INFORMATIVI DEL PRODUTTORE E RESPONSABILITÀ

5.1. a) Quanto alla garanzia di sicurezza: le “condizioni normali di impiego”.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, in quanto carente sotto il profilo della motivazione – e rinviando ad altro Giudice che procederà a nuovo esame - ritiene infondate le censure proposte dalla danneggiata in ordine al concetto di sicurezza del prodotto, secondo le quali – come si legge nella motivazione - “indipendentemente dalla prova (…) il

difetto avrebbe dovuto farsi automaticamente derivare dalla violazione della disposizione della l. 11 ottobre 1986, n. 713, art. 798 (di attuazione delle Direttive CEE sulla produzione e la vendita dei cosmetici) che espressamente dispone che i prodotti cosmetici debbono essere fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni per la salute nelle normali condizioni di impiego”. Secondo tale ricostruzione,

dunque, il verificarsi del danno proverebbe, di per sé, la pericolosità e, dunque, il difetto del prodotto.

Tale impostazione non convince la Cassazione che, adottando le medesime argomentazioni di cui al precedente caso della tintura per capelli (n. 6007/2007 che costituisce il primo precedente in materia), osserva come tale norma (art. 7, L. 713/86) - sia essa letta con riferimento al contesto normativo della legge di cui fa parte, sia essa letta in coordinamento con le Stati membri nel campo dei prodotti cosmetici, e della direttiva 95/17/CE, recante modalità di applicazione della direttiva 95/768/CEE riguardo alla non iscrizione di uno o più ingredienti nell’elenco previsto per l’etichettatura dei prodotti cosmetici;

98 Art. 7, L. 713/86: “1. I prodotti cosmetici devono essere fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni alla salute umana se applicati nelle normali o ragionevolmente prevedibili condizioni d’uso, tenuto conto in particolare della presentazione del prodotto, dell’etichettatura, delle eventuali istruzioni per l’uso e l’eliminazione, nonché di qualsiasi altra indicazione o informazione da parte del produttore o del suo mandatario o di ogni altro responsabile della commercializzazione di questi prodotti sul mercato comunitario. La presenza delle indicazioni o delle avvertenze di cui al presente comma non dispensa i responsabili dal rispetto di tutti gli altri obblighi stabiliti dalla presente legge”;.

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norme di cui al d.P.R. 224/88 oggi trasfuso nel Codice del Consumo, agli artt. 114-12799 - non conduce alla conclusione che il livello di sicurezza prescritto per i prodotti cosmetici, soglia al di sotto della quale il prodotto deve considerarsi difettoso, sia quello della più rigorosa innocuità100, attenendo il dovere di cautela del produttore alle “normali condizioni di

impiego”. Osserva, al riguardo, la Corte che, dal combinato disposto tra la

normativa di settore e la disciplina sulla responsabilità del produttore, deriva che: “il requisito di sicurezza che, per i cosmetici, il produttore è

tenuto a garantire, ed in mancanza del quale il prodotto deve ritenersi difettoso, si pone solo in relazione alle “normali condizioni di impiego” del

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Si legge, al riguardo, nella motivazione che ai sensi della disciplina sulla responsabilità del produttore: “il difetto del prodotto non si identifica, dunque, con la mancanza di una

assoluta certezza e di una oggettiva condizione di innocuità dello stesso, ma con la mancanza dei requisiti di sicurezza generalmente richiesti dall'utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate dall'art. 5 (del D.P.R. 224/88, ora art. 117 Cod.

Cons.) o ad altri elementi in concreto valutabili e concretamente valutati dal giudice di

merito, nell'ambito dei quali, ovviamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza eventualmente imposti dalla norme in materia. Per i cosmetici la norma deve essere coordinata, ovviamente con le disposizioni della l. 1 ottobre 1986, n. 713 sopra citata (non anche, nel caso in esame, con le successive Direttive CEE sulla sicurezza dei prodotti – n. 59 del 29 giugno 1992 e n. 95 del 3 dicembre 2001 – o i decreti legislativi che ad esse hanno dato attuazione – rispettivamente D. Lgs. 17 marzo 1995, n. 115 e D. Lgs. 21 maggio 2004, n. 172 – siccome successivi all'evento subito)”;

100L'impostazione della Cassazione respinge in maniera decisa la nozione di

responsabilità del produttore di tipo assoluto, esprimendo la volontà di bilanciare l'esigenza di offrire tutela ai consumatori danneggiati dall'insicurezza e dalla difettosità dei prodotti con l'imperativo di non ostacolare l'evoluzione ed il progresso dei settori produttivi, rifuggendo da uno sconfinamento in una responsabilità oggettiva di tipo assoluto; in ciò senmbra fare tesoro dell’esperienza staunitense e della sua progressiva “involuzione”. Tra la fine degli anni Settanta ed i primi anni Ottanta, negli U.S.A, si era assistitio ad un pericoloso “scivolamento” nell’applicazione della disciplina in virtù del quale il produttore era sempre ritenuto responsabile dei danni cagionati dai suoi prodotti. Ciò aveva determinato fenomeni patologici tra cui la crisi del mercato assicurativo, e l’abbandono di attività economiche rischiose. Tale situazione rese sempre più evidente l’esigenza di un cambiamento di rotta e portò ad un ripensamento sul principio stesso di responsabilità oggettiva: iniziò così un processo evolutivo che culminò nel 1998, con la pubblicazione del Restatement Third of Torts: Product Liability, tappa fondamentale nel dispiegarsi dei nuovi orientamenti in materia, maggiormente tesi verso il recupero parziale di un criterio di responsabilità basato sulla colpa. Per un approfondimento: QUERCI, Responsabilità da prodotto negli USA e in Europa. Le ragioni di un revireent

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prodotto medesimo (nel medesimo senso, è appena il caso di evidenziare, dispongono le norme successive sulla sicurezza generale dei prodotti)”.

In altri termini, il principio di responsabilità oggettiva operante per i danni alla salute causati dall’uso di cosmetici opererebbe solo nelle ipotesi in cui il danno si verifichi a seguito di normali modalità d’utilizzo del cosmetico: in caso di abusi o usi non consentiti di tali prodotti, ovvero in presenza di anormali condizioni di impiego (nelle quali viene fatta rientrare anche la “anomala reattività immunitaria dell’organismo verso sostanze

estranee normalmente innocue, che appunto rende il prodotto, o alcuno dei suoi componenti, un imprevisto allergene per il consumatore”), il

produttore non risponde.

In termini ancora più espliciti, il fatto che un prodotto cosmetico (nella specie, un gel abbronzante) abbia arrecato danni alla salute del suo utilizzatore, non è, di per sé, sufficiente a provare la pericolosità – e difettosità- del prodotto in condizioni normali di impiego e, dunque, la responsabilità del produttore. La affermazione della sua responsabilità richiede, pertanto, un accertamento concreto che quella specifica insicurezza del prodotto derivi da un livello di affidabilità dello stesso inferiore a quello ragionevolmente richiesto dall’utenza, laddove tale esame deve prendere necessariamente in considerazione le informazioni fornite al consumatore e/o utilizzatore, attraverso tutti i veicoli di diffusione, ivi compresa la pubblicità. E’ evidente, infatti, come l’ambito delle “normali

condizioni di impiego” – che delimita la responsabilità del produttore - sia

strettamente connesso alle caratteristiche del prodotto ed alla “informazione” complessivamente fornita dal produttore.

responsabilità per prodotto cosmetico difettoso: l'onere della prova e le “normali condizioni di impiego”, in Danno e resp., 10/2011, 984;

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Nel documento Difetto di informazione e danno da prodotto (pagine 194-197)

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