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b) Lo stato dell’arte ed il rischio di sviluppo (art 118, lett e)

3. D ALLA D IRETTIVA AL C ODICE DEL C ONSUMO : TRA DIFFERENZE E CONTINUITÀ

3.5. b) Lo stato dell’arte ed il rischio di sviluppo (art 118, lett e)

La formula di cui alla lettera e) dell’art. 118 Cod. Cons. (già lett. e, dell’art. 6, d.P.R. 224/88) “se lo stato delle conoscenze scientifiche e

tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso”, contempla la prova del c.d. difetto o rischio di sviluppo120.

Trattasi, propriamente, di un difetto già esistente al momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione, ma che le conoscenze scientifiche e tecniche esistenti in quel momento non consentivano di scoprirne l’esistenza. Il pensiero corre immediatamente al tristemente noto caso del Talidomide, un farmaco che, assunto, in diversi Paesi europei, da donne in gravidanza provocò una serie di nascite di bambini malformati: solo successivamente fu appurato il rischio connesso all’uso di tale farmaco che le conoscenze scientifiche e tecniche esistenti al momento della sua messa

118 STELLA, La responsabilità per danno da prodotto difettoso nel Codice del Consumo, in Resp. Civile e previdenza, 10/2006, 1607;

119 Pret. Genov, 11 febbraio 1974, in Giur. It., 1975, I, 2, 249 relativamente ad un caso in

cui il venditore ambulante di palloncini li aveva gonfiati con gas idrogeno, anzichè inerte, provocando il ferimento dell’utente;

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in circolazione non consentivano di individuare. In un caso del genere sarebbe stato improbabile, proprio in forza della previsione di cui alla lett. e dell’art. 118, riuscire ad ottenere un risarcimento.

Il produttore che voglia esimersi dal c.d. rischio di sviluppo, dovrà dimostrare di avere adottato, al momento della messa in circolazione del prodotto, non solo tutte le misure di controllo previste dalla normativa legislativa o regolamentare, bensì quelle misure note sulla base delle conoscenze scientifiche e tecniche di quel periodo, anche se non obbligatorie per legge e quale che ne fosse il costo e la complessità. Il produttore non andrà esente da responsabilità qualora, all’esito di un’eventuale consulenza tecnica, risultasse l’esistenza, al momento della messa in commercio del prodotto, di una qualche procedura di analisi e/o controllo per accertare la presenza del difetto e nonostante questo il produttore non l’abbia adottata: e tale giudizio prescinde da qualsivoglia considerazione in ordine alla complessità, sofisticatezza o costo della suddetta procedura di controllo121.

Attualmente, in base alle norme del Codice del Consumo in materia di sicurezza dei prodotti, è previsto a carico del produttore un preciso obbligo di ritirare o richiamare dal mercato i prodotti difettosi (tra i quali rientrano anche quelli in cui sia sopravvenuta la difettosità da sviluppo) e,

121 Al riguardo, Corte di Giustizia CE, 29 maggio 1997, causa C-300/95

, in Foro it., 1997,

IV, 387, nota di PONZANELLI; in Danno Resp.1997, 569, con nota di BASTIANON; in

Corr. Giur., 1997, 1387, con nota di DI NEPI, con riferimento all’art. 7, lett e) della Direttiva 85/374/CE così osserva: “Tale disposizione, facendo riferimento alle

“conoscenze tecniche e scientifiche disponibili al momento della commercializzazione del prodotto” non riguarda specificamente la prassi e gli standards di sicurezza in uso nel settore industriale in cui opera il produttore, ma, senza alcuna restrizione, lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, ivi compreso il loro livello più avanzato, quale esisteva al momento della messa in commercio del prodotto considerato. Inoltre, la controversa disposizione di esonero non prende in considerazione lo stato delle conoscenze di cui il produttore considerato era o poteva essere soggettivamente informato, ma lo stato oggettivo delle conoscenze scientifiche e tecniche di cui il produttore si presume sia informato”. La Corte precisa, altresì, che: “le conoscenze

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comunque, l’obbligo di dare, al riguardo, informazioni al pubblico (segnatamente artt. 103, comma 3 e 104, comma 3, Cod. Cons.). La violazione di tali obblighi – segnatamente quello di ritiro o richiamo nel caso di difetti da sviluppo - può comportare la responsabilità del produttore per i danni derivatine anche in deroga a quanto previsto dall’art. 118, lett. e)122 (v. CAP. III).

La prova liberatoria afferente al “rischio di sviluppo” si rivela particolarmente importante nei casi di danni provocati da prodotti farmaceutici (basti solo considerare gli effetti collaterali o le infezioni negli emoderivati non rilevabili in base alle cognizioni scientifiche e tecniche del periodo in cui il farmaco è stato messo in commercio): eppure, per tali casi, nel nostro ordinamento si tende ad invocare e ad applicare l’art. 2050 c.c. sull’esercizio dell’attività pericolosa123.

Il perché di una tale scelta – pressoché consolidata – sembra potersi rinvenire nel fatto che la prova liberatoria di cui all’art. 2050 c.c. è letta dai nostri giudici in chiave di tutela dei danneggiati, “non prevedendo

l’esenzione da responsabilità quanto ai difetti da sviluppo al contrario della normativa sul produttore: in particolare, l’esistenza di misure idonee ad evitare il danno, anche se sopravvenute rispetto al momento del sinistro,

scientifiche e tecniche devono essere state accessibili al momento della messa in commercio del prodotto considerato”;

122 ALBANESE, La sicurezza generale dei prodotti e la responsabilità del produttore nel diritto italiano ed europeo, in Europa e dir. Priv., 2005, 1002;

123Tra le tante: Cass. Civ. 1 febbario 1995, n. 1138, in Resp. civ. prev., 1996, 144 ss: “Le imprese farmaceutiche che intervengono nel ciclo produttivo di gammaglobuline sono responsabili, ai sensi dell’art. 2050 c.c., dei danni conseguenti al contagio prodotto dall’uso del farmaco se, pur avendo ottemperato alle disposizioni normative vigenti, non dimostrino di avere adottato ogni cautela idonea ad impedire l’evento”; contra nel senso

che il produttore di farmaci o di prodotti chimici dovrebbe essere considerato un produttore assoggettato al d.P.R. 224/88 FRANZONI, L’illecito, in Trattato resp. civ., diretto da FRANZONI, Milano, 2004;

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impedirebbe all’esercente di attività pericolose di fornire la prova liberatoria di cui all’art. 2050”124.

Laddove, il rischio di sviluppo, così come disciplinato al Codice del Consumo, nasce e viene conservato come causa di esclusione della responsabilità, a favore e, comunque, a salvaguardia degli interessi delle imprese produttrici125.

Non è mancato chi ha ricondotto tale “diffidenza” nell’applicazione della prova liberatoria del rischio da sviluppo, rispetto a quella, sotto diversi aspetti affine, prevista dall’art. 2050 c.c., alle comunque sensibili differenze dovute all’origine comunitaria della disciplina126.

Invero, la Direttiva CEE 85/374, cercando un compromesso tra la tutela dei consumatori e l’efficienza del mercato concorrenziale e, dunque, gli interessi delle imprese concorrenti, aveva lasciato liberi gli Stati membri di scegliere se far gravare il rischio dello sviluppo tecnologico e scientifico sui produttori o lasciarlo a carico degli utilizzatori.

La prima soluzione, favorevole al consumatore, avrebbe, tuttavia, penalizzato, sotto il profilo concorrenziale, le imprese dello Stato che l’avesse adottata, a fronte di quelle extracomunitarie o di altri Stati dell’unione che avessero optato per la soluzione opposta; vi era, inoltre il timore di scoraggiare la ricerca e l’innovazione soprattutto nel settore

124 STELLA, La responsabilità per danno da prodotto difettoso nel Codice del Consumo, in Resp. Civile e previdenza, 10/2006, 1609 (il corsivo è dell’Autore); sul tema dei rapporti

tra art. 2050 c.c. e prova liberatoria del difetto da sviluppo v. BASTIANON, La Cassazione,

il “Trilegan” e la responsabilità per danni da emoderivati infetti, in Resp. civ. prev.,

1996, 146 e ss;

125 In dottrina, di fronte a chi auspica che l’applicazione concreta della prova liberatoria

del rischio di sviluppo porti a risultati analoghi a quelli conseguiti con la prova liberatoria di cui all’art. 2050 c.c. (CAFAGGI, La responsabilità dell’impresa per prodotti difettosi, in Diritto privato europeo, a cura di Lipari, II, Padova, 1997, p. 1015) c’è chi segnala il

maggior favore per il produttore a cui è improntata la prova del rischio di sviluppo (FRANZONI, L’illecito, in Trattato resp. civ., diretto da FRANZONI, Milano, 2004, pag. 582; STELLA, La responsabilità per danno da prodotto difettoso nel Codice del Consumo,

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farmaceutico, anche in considerazione della difficile assicurabilità di un così imprevedibile rischio.

Ebbene, è un fatto, che la maggior parte degli Stati membri, nell’attuare la Direttiva, scelse di lasciare il rischio di sviluppo a carico dei danneggiati: la scelta opposta, di addossare il rischio di sviluppo alle imprese fu optata dal Lussemburgo e dalla Finlandia e solo parzialmente dalla Germania (per farmaci e prodotti alimentari) e dalla Spagna (per farmaci e prodotti alimentari)127.

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