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Una seconda ipotesi, avanzata dalla critica sull’origine dell’aneddoto relativo a Nevio e ai Metelli, non esclude Asconio quale fonte del Commento, ma contribuisce a mettere in luce,

a lato delle Explanationes, il possibile ruolo dell’esegesi ciceroniana di II secolo d.C. Si è

voluto vedere nella storia delle traversie del poeta, o almeno nei suoi dettagli, l’invenzione

di un grammaticus, collocabile tra Varrone e gli arcaisti. Questi avrebbe costruito il proprio

racconto, o riempito gli spazi lasciati nel vago dal Reatino, con informazioni inventate a

partire dall’anedottica popolare sull’autore campano, secondo il modello delle biografie di

stampo ellenistico

131

. Il terminus ante quem è collocato al II secolo d.C. sulla base del lemma

JOCELYN 1969A, 39-41 non a Valerio Anziate, bensì a Giulio Igino. Sulle differenze, nell’interpretazione metrica del saturnio, fra Cesio Basso e lo pseudo-Asconio, che sembrano confermare la provenienza delle due trattazioni da fonti diverse, si sofferma MORELLI 2001-2002.

Lo studioso rileva che, mentre per Basso il saturnio è composto ex hipponactei quadrati iambici posteriore commate et phallico metro, lo scoliasta ciceroniano lo interpreta come un senario giambico hypercatalectus, ossia aumentato di una sillaba alla fine. Tale lettura si colloca nella scia di una tradizione che, pur concordando con Cesio Basso nel non ritenere il saturnio un antico metro indigeno, ne elimina la scansione “asinartetica” proposta dal grammatico neroniano, forse in quanto troppo vicina al sistema metrico “alessandrino” o “dei metra prototypa”: cfr. Aftonio, GLK 6, 139, 16-27 (testo alla n. 124) e Diomede, GLK 1, 512, 18-22 (testo supra in questa nota). La trattazione pseudo-asconiana, rileva Morelli, non è d’altra parte completamente associabile a nessuna delle fonti antiche; vicina a Diomede la lettura del saturnio come senario a cui viene aggiunta una sillaba alla fine, ma la diversa terminologia sembra escludere una comunanza di fonti. Diomede parla, infatti, di adiectio di una sillaba, rifacendosi in senso stretto al lessico pergameno; lo pseudo-Asconio fa invece riferimento alla catalessi, con un vocabolo che appare quasi mutuato dal sistema alessandrino. Tale distinzione appare particolarmente rilevante alla luce di LEONHARDT 1989, 61: lo studioso ipotizza, infatti, che il sistema dei metra prototypa altro non sia che l’elaborazione “einer sauberen Systematik und Fachterminologie”. PRETAGOSTINI 1993, 380-381 mette, peraltro, in guardia da eccessive sottigliezze in questo campo, rilevando coincidenze tra le due dottrine proprio negli “strumenti adottati nell’opera di analisi critica”.

128 Come rilevato da ROWELL 1949, 29 e MATTINGLY 1980, 420.

129 Si dichiara certo dell’origine asconiana del materiale su Nevio JOCELYN 1969A, 42-43. Particolarmente significativo che Asconio dichiari altrove di usare, attraverso Giulio Igino, materiale di Varrone (cfr. n. 107), possibile fonte ultima delle notizie sulla disputa fra il poeta e i Metelli. Riconduce, con annotazione generica, ai superiorum grammaticorum commentarii la menzione del verso neviano MADVIG 1828, 104.

130 Sulla natura dell’esegesi asconiana cfr. cap. 1.1 e le n. 15 e 107 in questo capitolo.

131 WISSOWA 1919 considera, come si è visto (n. 118) la stessa paternità neviana di fato Metelli...

un’invenzione, risalente al periodo fra Cicerone e l’età neroniana, e attribuisce il verso di risposta alla capacità inventiva di Cesio Basso. L’ipotesi che la prigionia di Nevio sia da collocare nel campo della biografia leggendaria è ripresa, in termini meno radicali, da MATTINGLY 1980, 419-426. Lo

Barbari, contenuto nell’epitome paolina di Verrio-Festo, la cui fonte sembra conoscere

l’episodio nella forma “canonica” riassunta supra. Il lessicografo ricorda che, in antico,

erano detti barbari tutti i popoli ad eccezione dei greci. A conferma di ciò, egli afferma che

Plauto definì barbarus il poeta latino Nevio

132

. La citazione sembra da identificare con Miles

studioso non nega, infatti, la paternità neviana di fato metelli..., anche se ne sposta (cfr. n. 118) la datazione e l’interpretazione. La leggenda della lotta con i Metelli sarebbe stata circolante nell’antichità, come testimoniato anche dalla notizia di Girolamo; a partire da tale tradizione, e per influenza di Plaut., Mil. 211 (cfr. infra), un grammaticus avrebbe creato la risposta dei Metelli, attribuita all’età graccana, e il racconto della querelle e della relativa prigionia. Proverebbe la falsità del verso, secondo Mattingly, la forte somiglianza di dabunt malum... con la seconda parte del cosiddetto epitaffio di Nevio, [...] florent divae Camenae Naevium poetam). A riprova della tesi proposta, lo studioso fa notare che Cesio Basso è vago nel parlare della provocazione di Nevio (aliquotiens ab eo versu lacessiti), mentre riporta la risposta dei Metelli precisando che essa sarebbe stata affissa pubblicamente (proposuerunt), secondo un’usanza registrata, appunto, nella prima età imperiale, in cui egli scrive; sul valore del verbo proponere come “affiggere in pubblico” cfr. MARMORALE 1950, 87-88 e bibliografia relativa; PERUZZI 1997, 118. Mattingly contesta, altresì, le ipotesi di ROWELL 1949 e

MARMORALE 1950 sull’origine varroniana del racconto, analizzate nella n. 127. Lo studioso nega che si debba scorgere in NA 3, 3, 15 l’influenza del de comoediis Plautinis; Gellio potrebbe ricombinare, all’interno del medesimo capitolo, materiale proveniente da due trattati varroniani. L'espressione sicuti quoque [...] accepimus, che introduce il racconto della disavventura di Nevio, sembrerebbe, inoltre, rimandare a una fonte diversa dal de comoediis Plautinis, forse di livello inferiore a Varrone; LEHMANN 1962, 267 vede, al contrario, nel medesimo nesso la prova che anche il materiale riguardante Nevio risalga al Reatino. Per quanto riguarda Cesio Basso, Mattingly nota che la sua definizione del saturnio è diversa da quella varroniana, e aggiunge che il metricista neroniano non deve obbligatoriamente attingere tutti i propri esempi dal Reatino. La posizione dello studioso è più vicina a quella di Rowell per quanto riguarda lo pseudo-Asconio: Mattingly riconosce, infatti, che la definizione del saturnio fornita dal commentatore ciceroniano è analoga a quella di Varrone, anche se non è possibile precisare i passaggi intermedi fra i due. Il Reatino, in sintesi, potrebbe secondo Mattingly aver citato il verso dabunt malum, ma non abbiamo prova che ne spiegasse anche le circostanze storiche. JOCELYN 1969Aammette, infine, che il nocciolo della narrazione di Gellio e della notizia di Girolamo siano autentici materiali varroniani, anche se ritiene difficile che Nevio possa aver scritto commedie in carcere. Lo studioso è, invece, più scettico riguardo alla lotta contro i Metelli, narrata da Cesio Basso e dallo pseudo-Asconio: i due avrebbero una fonte in comune, ma questa sembra da ricercare in una storia nota, circolante per fama e poco attendibile. Jocelyn fa, innanzitutto, notare la sottigliezza stessa dell’allusione ciceroniana di Verr. 29, in cui l’oratore sembra dare per scontato che l’uditorio conosca bene la vicenda: supposizione più logica per un aneddoto che per uno scampolo di biografia letteraria. Gli antichi, poi, anche dopo la stesura del de poetis, consideravano spesso “letteratura” solo quanto scritto dopo la seconda guerra punica: difficilmente, quindi, un aneddoto su Nevio potrebbe provenire da una biografia letteraria. Alcuni dei dettagli, come il fatto che Metello fosse console al momento della risposta, o che questa sia stata approntata da più di un membro della gens, potrebbero, infine, essere inferenze a partire dal testo stesso dei due versi, “the only part [...] of the story which can be said certainly to go back to republican times” (44). Anche la notizia di Basso, secondo cui il verso dei Metelli fu affisso, rappresenta un elemento forse aggiunto a posteriori: la propositio di manifesti, pratica poco consona con le usanze repubblicane, trova paralleli proprio nella prima età imperiale.

132 Fest. Paul. 32 L.: Barbari dicebantur antiquitus omnes gentes, exceptis Graecis. Unde Plautus (Mil. 211)

Naevium poetam Latinum barbarum dixit. Fortasse et ob hoc noster apostulus (Paul. ad Rom. 1, 14) Graecis ac barbaris se debitorem esse fatetur. La citazione da S. Paolo rappresenta una delle poche aggiunte operate da Paolo Diacono all’opera di Festo: REITZENSTEIN 1887, 2; STRZELECKI 1932, 4-23.

gloriosus, 211-212

133

. In questa scena il servo Palestrione, che medita uno strategemma per

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