Explanationes in Bucolica attribuite a Filargirio, nonché dagli Scholia Bernensia. I due commenti,
da ricondurre con ogni probabilità ad un’unica congerie scoliastica
159, forniscono una
spiegazione di magni menses che rimanda, di nuovo, alle riforme del calendario romano. Il
Mantovano vorrebbe, qui, ricordare il passaggio da un anno di dieci mesi, come nel
calendario romuleo, alla divisione in dodici mesi introdotta per la prima volta da Numa
Pompilio: MENSES idest XII, quod ante X fuere, vel saeculum bonum (Expl. I ad Ecl. 4, 12);
MAGNI MENSES idest tempus bonum, idest XII, quod ante X fuere (Expl. II ad Ecl 4, 12);
MAGNI longi, vel pro populis intellegendum est lucida opera quasi dies habentibus. [...] MAGNI
MENSES, duodecim qui ante decem fuere vel magni menses pro magnis populis (Schol. Bern. ad Ecl. 4,
Ecloga (v. 4: ultima Cumaei venit iam carminis aetas). Tale linea esegetica è respinta da COLEMAN 1977 e
da CLAUSEN 1994 nelle note ai vv. 5 e 12: la teoria dei rinnovamenti ciclici presuppone, infatti, una catastrofe finale, che mal si accorderebbe col tono di difuso ottimismo dell’ecloga. Da segnalare, infine, i suggerimenti di NISBET 2008. Il magnus saeculorum ordo che ab integro nascitur presenterebbe un’allusione alla palingenesi stoica, ma senza condividerne appieno la filosofia; sarebbe, piuttosto, da supporre un’allusione alle teorie messianiche giudaiche, che talora influenzano il confuso quadro temporale di Ecl. 4. I magni menses del v. 12 si riferirebbero, invece, a una sorta di “parto cosmico”, parallelo alla gravidanza della moglie di Pollione: pochi mesi separano gli uomini dallo splendore dell’eternità.
158 Cfr. THILO-HAGEN 1881, XXXI; GESSNER 1888, 22-23.
159 Le due redazioni delle Explanationes in Bucolica Vergilii sono edite da THILO-HAGEN 1902 (=
1986), unitamente alla Brevis Expositio in Vergilii Georgicorum, all’interno della cosiddetta Appendix Serviana. Per gli Scholia Bernensia si usa ricorrere all’editio princeps, approntata da HAGEN 1867; solo di recente CADILI-DAINTREE-GEYMONAT 2003 hanno fornito una nuova edizione, limitata tuttavia agli scoli ad Georg. 1, 1-42. Hagen non nota, tuttavia, la possibilità, già suggerita da RIBBECK 1866,
194, che il Iunilius Flagrius degli Scholia Bernensia e il Filargirius o Filagrius, che compare nell’intitulatio delle Explanationes, siano un’unica persona. Più in generale, sfuggono allo studioso le forti analogie fra i due corpora, tali da suggerire che si tratti di derivazioni da una stessa silloge. Tale ipotesi, avanzata per primo da FUNAIOLI 1930, è oggi per lo più accettata dalla critica: cfr. GEYMONAT
12)
160. Pur con la cautela, imposta dall’incertezza che circonda il corpus filargiriano
161, il
confronto con le Explanationes e con gli Scholia Bernensia evidenzia la diffusa confusione, che
sembra propria dei glossatori antichi di fronte a Ecl. 4, 12
162. Notevole, altresì, la risoluzione
del dubbio tramite il rimando alle mutazioni nel computo dei mesi, che costituisce un trait
d’union fra lo pseudo-Asconio, Servio e gli scholia di Filargirio. A fronte di tali comunanze,
risulta rafforzata l’ipotesi della presenza di una fonte comune, legata all’esegesi virgiliana; ad
160 La divisione dell’anno in dieci mesi è fatta risalire a Romolo da Ovidio, Fast. 1, 27-28: Tempora
digereret cum conditor Urbis, in anno / constituit menses quinque bis esse suo. L’aggiunta di due mesi, per un totale di 12, sul modello del corso lunare, è opera di Numa Pompilio: atque amnium primum ad cursus lunae in duodecim menses discribit annum (Liv. 1, 19).
161 FUNAIOLI 1930 vede nell’originale silloge w, da cui derivano i due corpora, essenzialmente
un’aggregazione di glosse filargiriane e di materiale serviano, con qualche aggiunta di Gallo e Gaudenzio (cfr. in part. pp. 50; 244-254). Muovendo da tali basi, lo studioso si sofferma, alle pp. 233-270, sulle possibili fonti, riflesse negli scholia di w: emergono in particolare, fra gli antichi commentatori ad auctores, i nomi di Donato e del Servius auctus. La critica più recente mantiene fissa l’importanza della contaminatio con Servio; il ruolo di Filargirio, Gallo e Gaudenzio sembra, tuttavia, drasticamente da ridurre, a favore di quello dell’ignoto compilatore, che assemblò la silloge forse intorno all’VIII secolo. Massima cautela si impone, di conseguenza, nella valutazione del materiale dei Commenta Bernensia e delle Explanationes; da considerare con sicurezza antiche sarebbero solo le notazioni esplicitamente collegate al nome di uno dei tre scoliasti: cfr. DAINTREE-GEYMONAT
1988, 716-717. Sulle figure, in parga parte poco determinabili, di Filargirio e di Gaudenzio, cfr. KASTER 1997, 284-285; 409-410.
162 L’interesse, e l’incertezza, delle fonti antiche per il locus delle Bucoliche sono confermati dalle note
del Danielino e della Brevis expositio ad Georg. 1, 32. Il Mantovano impiega la locuzione tardis mensibus nella descrizione del catasterismo di Augusto: anne novum tardis sidus te mensibus addas, / qua locus Erigonen inter Chelasque sequentis / panditur (ipse tibi iam bracchia contrahit ardens / Scorpius et caeli iusta plus parte reliquit) (Georg. 1, 32-35). Entrambi gli esegeti menzionano Ecl. 4, 12; diverse, tuttavia, le ipotesi, che la citazione sostiene. Gli scholia Danielis propongono un’articolata serie di spiegazioni: l’aggettivo potrebbe essere un augurio di lunga vita all’imperatore; oppure un riferimento al fatto che i segni zodiacali dell’autunno, posizione del cielo in cui Ottaviano si inserirebbe, sorgono tardi (su questo punto, cfr. Manil., astr. 2, 102: cum Sol adversa per astra Aestivum tardis attollit mensibus annum). Ancora: Virgilio allude, forse, alla leggenda, secondo cui nell’età dell’oro i giorni erano più lunghi, o all’arco di tempo che intercorrerà fra la morte di Augusto e la sua assunzione a dio. Proprio quest’ultima possibilità è avallata, secondo il commentatore, dal verso delle Bucoliche: TARDIS SIDVS TE MENSIBVS ADDAS id est aestivis: vel quia optat, ut diu vivat: vel quia virgo et libra dusana/fora, id est tarde orientia, dicuntur. Et ‘tardis’ an quia aureo saeculo longiores dies dicuntur fuisse? An post multos tardosque menses ut deus fiat? An ita, ut inc ipient m agni procede re m ense s (Ecl. 4, 12), per hunc ‘magni’ (schol. Dan. ad Ecl. 4, 12). Unica, per contro, la soluzione, suggerita dalla Brevis Expositio: quando l’imperator sarà assunto in cielo, la vita degli uomini si allungherà, come affermato da Virgilio anche in Ecl. 4, 12: ANNE NOVUM SIDVS rel. Libram significat inter XII signa, qua sol aequinoctium autumnale conficit, et eleganter ‘tardis mensibus’ait, quasi futurum sit, ut, cum Caesar abierit in caelum, hominum vita tendatur, ut in Bucolicis (4, 12) et incipient mag ni pro ceder e menses. Diverse anche le opinioni dei moderni: CONINGTON-NETTLESHIP 1979A vi vedono un’allusione al
potere del nuovo dio di affrettare il corso dell’anno. SAINT-DENIS 1982 appoggia l’opinione del
Danielino e di Manilio, relativa alla presunta lentezza delle giornate estive. MYNORS 1990 riporta tutte le possibili spiegazioni, senza operare una reale scelta: è, tuttavia, suggerito che tardus possa essere un espediente retorico, volto a suggerire la solennità della salita agli astri. ERREN 2003 ipotizza che, nei primi anni seguiti all’introduzione del calendario giuliano (46 a.C.), il corso dei mesi, allungati dalla riforma, possa essere stato percepito come più lento del normale.