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et ipse alibi: In summa 188 difficultate esse nummaria (Verr 2, 69).

Palese la rilevanza dell’exemplum terenziano agli occhi dell’esegeta. La citazione e contrario

conosce, all’interno del Commento, solo due paralleli

189

; il verso non contiene, inoltre, il

apposta dal Gronovianus B al termine incommodis: Tametsi multis incommodis Quae inrogata sunt a Lucio Sulla. Per un inquadramento dell’esegesi degli Scholia Gronoviana cfr. cap. 3, n. 102.

185 Il congiuntivo fuerit è corretto da Hotoman e Crenius in fuerat.

186 La lezione difficultatem dei codici è corretta in difficultas da Loys e in difficultate da ORELLI-BAITER

1833. STANGL 1909, 19-20 difende il costrutto del doppio accusativo, per il quale segnala paralleli,

fra l’altro, nei commentatori ciceroniani: cfr. Ascon. ad Pison. 35; ad Scaur. 45; schol. Bob. ad Flacc. 92; Planc. 25; ps.-Asc. ad Verr. 23; 2, 1, 125; schol. Ambros. recent. ad Cat. 3, 9. Simili costrutti sono registrati come abituali, nel latino non classico, da KÜHNER-STEGMANN 1976 (= 1997), 292-293.

187 Nessuna discrepanza fra i codici degli Adelphoe e la lezione, testimoniata dallo pseudo-Asconio:

da segnalare la grafia facillume in luogo di facillime, adottata da SPENGEL 1879, DZIATZKO 1884,

ASHMORE 1893, FLECKEISEN 18982 e PRETE 1954, forse in virtù dell’avverbio maxume nel seguito

del testo (cfr. n. 190), attestato all’unanimità dai codici. Per le questioni, relative alla tradizione del testo di Terenzio, cfr. MOUNTFORD 1934; REEVE 1983A; MUNK OLSEN 583-653; MUNK OLSEN 1989, 132-138, oltre le praefationes a UMPFENBACH 1870 e MAROUZEAU 1942. Tre i rami principali del testo; il più antico è rappresentato da un unico codice di IV-V secolo, il Bembino (A), che riporta le commedie con l’aggiunta di scoli marginali, redatti da due mani differenti. Il contenuto delle glosse sembra riflettere, almeno in parte, materiale di Donato non conservato nel commento a noi giunto: particolarmente significative in tal senso le note della seconda mano ai vv. 1-59 del Phormio. LÖFSTEDT 1912 ipotizza che la fonte degli scholia Bembina sia l’originale glossa a Terenzio;

ZEZTEL 1975 propone la derivazione da una versione del Commento abbreviata, ma differente dagli scoli oggi noti sotto il nome di Donato. I rimanenti codici fanno capo a un unico iparchetipo (S), il cui testo è ricondotto, nelle subscriptiones dei manoscritti, al nome di Calliopius. Su questa figura di grammatico, forse databile al V sec. d.C., e sul dibattito relativo all’origine della recensio Calliopiana, cfr. l’efficace sintesi di KASTER 1997, 388. I testimoni di S sono a loro volta classificabili, sulla base

della presenza o meno delle illustrazioni, nelle due famiglie dette G e D.

188 Da segnalare la variante suprema, attestata dalla prima mano di O (Lagomarsinianus 42), una copia

di XV secolo, peraltro non scevra da errori, del codice C, precedente le mutilazioni sofferte da quest’ultimo. C, che conteneva in origine actio 2, 2-3, presenta oggi solo una parte dell’actio secunda. C e Lg 42 hanno, nondimeno, grande valore nella ricostruzione del testo delle Verrinae: PETERSON

1901, XXIII-XXX; PETERSON 1917, V; KLOTZ 1923, XVI-XVII. Per la sezione actio 2, 2-3 non disponiamo, infatti, dei codici della famiglia X, uno dei due rami, insieme a Y, in cui può essere bipartita la tradizione manoscritta. Per un’efficace ricapitolazione dei complessi problemi, relativi ai codici delle Verrinae, cfr. PETERSON 1901; PETERSON 1902-1903; PETERSON 1905; PETERSON

1907; PETERSON 1907A. I risultati di questi studi, preparatori all’edizione delle orazioni (PETERSON 1917), sono ripresi e puntualizzati nella praefatio di KLOTZ 1923; cfr. anche BALDO 2004. ROUSE-

REEVE 1983 inseriscono l’analisi dei testimoni delle Verrinae nel quadro più ampio dei grandi corpora di orazioni ciceroniane; sembra, infatti, presumibile l’esistenza di un’antica raccolta, che affiancava le Verrinae alle Catilinariae e alle Caesarianae, unendo così i discorsi di più largo impiego nella scuola.

sostantivo facultas, opposto di difficultas, bensì l’avverbio facillime, fuori luogo nell’illustrare il

valore di “penuria” attribuito a difficultas. L’idea della “ricchezza”, che pure è sottesa al locus

terenziano

190

, non rientra, infatti, fra le normali accezioni dell’avverbio facile, nonché

dell’aggettivo facilis e di facilitas, come possiamo assumere dalle fonti, letterarie e

grammaticali, a noi pervenute

191

. Lo pseudo-Asconio colloca, nondimeno, il richiamo in

posizione privilegiata rispetto al locus ciceroniano (Verr. 2, 69), presentato come confronto

ulteriore, pur essendo più idoneo ad illustrare il significato di difficultas

192

. Condivide la

ripresa di Adelph. 501 quale esempio autorevole dell’equivalenza facilis = “ricco” la glossa

189 Ad Verr. 8 lo scoliasta cita e contrario un sintagma impiegato dall’Arpinate pochi paragrafi prima

(Verr. 5). Per l’analisi della glossa cfr. infra cap. 4. La nota ad Verr. 1, 15, analizzata nel cap. 3.2, menziona invece secondo la stessa modalità Georg. 3, 347.

190 L’anziano Egione difende qui i diritti della giovane Panfila, prossima al parto, che si ritiene

abbandonata da Eschino. A tale scopo, Egione ricorda a Demea, padre legittimo del ragazzo, i doveri comportati dall’appartenenza alle classi elevate, invitandolo ad agire con giustizia verso la giovane meno fortunata: Sed, Demea, hoc tu facito cum animo cogites: / quam vos facillime agitis, quam estis maxume / potentes dites fortunati nobiles, / tam maxume vos aequo animo aequa noscere / oportet, si vos voltis perhiberi probos (Ter., Adelph. 500-505). La facilitas della vita dei due fratelli include, come è ovvio, anche l’abbondanza di denaro, richiamata al v. 502; gli interpreti moderni oscillano fra il generico concetto di “avete vita facile” (MARTIN 1976; MAROUZEAU 19784; GRATWICK 1987; BERTINI-

FAGGI-REVERDITO 1994; cfr. altresì Bannier in THLL s. v. facilis (facile), 66) e quello, più specifico,

di “vivete nell’agiatezza” (PRATESI 1952; PROTO 1974; SOAVE 1993; BIANCO 1993). Evidente la riproposizione del to/pov, forse già dell’originale menandreo (GRATWICK 1987), che lega di necessità la situazione privilegiata al dovere dell’aiuto ai più deboli: cfr. BERTINI-FAGGI- REVERDITO 1994. La quasi totalità degli esegeti considera i due concetti legati secondo la formula “tanto più... quanto più”, espressa con quam... tam in luogo di quo...eo, usuale per comparativi e superlativi, secondo un costrutto non infrequente nel latino arcaico: un elenco di attestazioni parallele in SPENGEL 1879; ASHMORE 1893; DZIATZKO-KAUER 19032. Conferma tale

interpretazione il commento di Eugrafio ad loc.: [...] Hic iam amplius agit, ut persuadeat aliud fieri non debere propterea, quoniam nobiles viri quanto clari sunt, tanto plus debent omnia iusta complere, si volunt famam integram sui nominis continere. Fa eccezione MARTIN 1976, che interpreta i correlativi quam... tam come “siccome... allora”.

191 Cfr. il quadro, fornito da Bannier in THLL s. vv. facilis; facilis (facile); facilitas.

192 I paragrafi 68-75 dell’actio secunda in Verrem prospettano uno dei molteplici abusi giudiziari,

attribuiti all’imputato, nello specifico ai danni di Sopatro di Alicie. Fra le manovre, messe in atto da Verre, spicca l’estorsione di denaro all’imputato per mezzo del liberto Timarchide. Costui, sobillato da Verre stesso, aveva prospettato a Sopatro la condanna, a meno di non pagare una forte somma di denaro al giudice: a questa proposta, l’accusato aveva ribattuto di non versare in buone condizioni economiche, così da prendere il tempo per consultarsi con gli amici (Cic., Verr. 2, 69: Sopater, cum hoc illi improvisum atque inopinatum accidisset, commotus est sane neque in praesentia Timarchidi quid responderet habuit, nisi se consideraturum quid sibi faciendum, et simul ostendit se in summa difficultate esse nummaria. Post ad amicos rettulit; qui cum ei fuissent auctores redimendae salutis, ad Timarchidem venit). Per la figura di Timarchide, sovente nominato da Cicerone fra gli aiutanti dell’imputato, cfr. le note ad loc. di BELLARDI 1978 e MARINONE-FIOCCHI 20046. La narrazione ciceroniana sembra tesa a rivolgere

contro Verre un episodio, di cui parte della colpa è con ogni probabilità da attribuire a Sopatro stesso: CREUZER-MOSER 1847, n. ad loc.; sulla vicenda, cfr. altresì HOLM 1965, 266-267; lo storico

del Servio Danielino

193

al sintagma facilem victu [...] gentem di Aen. 1, 445

194

: ET FACILEM

VICTV propter bovem: quod licet nunc non dicat, tamen ex historia sumit. [‘Facilem’ autem, copiosam,

divitem. Terentius (Adelph. 501) quam vos facillime agitis]

195

. Come nel caso della glossa ad

193 Non è, ad oggi, chiarita la datazione della silloge danielina, per la quale è certo solo il terminus ante

quem (circa metà del VII secolo; cfr. ad georg. 1, 262): THOMAS 1879, 127 ne colloca la composizione nel V o nel VI secolo d.C. G. Thilo vede per contro, nelle analogie fra il Danielino e commentatori antichi quali Aspro o Macrobio, la prova dell’antecedenza del Servius auctus su Servio: THILO- HAGEN 1881 (=1986), V-XVI; la medesima ipotesi è proposta anche da HALFPAP 1882, 30 e

BARWICK 1911; cfr. inoltre MURGIA 1987, 303 n. 1. Numerosi gli elementi insulari rintracciabili all’interno del Commento: cfr. BEESON 1932. Controversa è, altresì, la questione del rapporto fra gli scholia Danielis e gli altri rami della tradizione scoliastica virgiliana. Lungamente maggioritaria fra gli studiosi, in particolare quelli legati alla scuola Harvardiana, è stata l’ipotesi, che rintraccia l’origine del Danielino nel perduto commento di Donato al Mantovano (LAMMERT 1912, 41-51; 75;

RAND 1916; WESSNER 1923; THOMSON 1927; SAVAGE 1929; SAVAGE 1931; SANTORO 1943-1946; MARINONE 1946; SANTORO 1946, 10; LLOYD 1961; GOOLD 1970, 101-130; TIMPANARO 1986,

148; KASTER 1997, 276; MALTBY 2005). Tale linea interpretativa, già messa in dubbio dai risultati di TRAVIS 1939-1940, riassunti in TRAVIS 1942, gode di sempre minor credito presso la critica

odierna: cfr. BRUGNOLI 1988; BRUGNOLI 1988A; DAINTREE 1990; HERZOG-SCHMIDT 1993A, 171; TIMPANARO 2001, 43; 45-50; 113-115; RAMIRES 2004, 34-35. BASCHERA 2000 ha, in particolare, evidenziato le frequenti e significative consonanze fra le glosse Danieline e quelle Veronensi; i due corpora costituirebbero un settore della scoliografia virgiliana, distinto dal ramo romano-donatiano- serviano. Non sembra, tuttavia, da escludere che l’analisi metodica del Servius auctus, necessaria per la comprensione della stratificazione scoliografica, possa rivelare materiale donatiano all’origine di singole note del Danielino: BRUGNOLI 1988A, 810 e bibl. relativa; TIMPANARO 1994, 390 n. 2; TIMPANARO 2001, 119 e n. 174. Cfr., inoltre, l’opinione, espressa da Timpanaro in una lettera a Baschera del 28 febbraio 1997: “[...] non oserei negare recisamente ogni derivazione del Danielino da Donato” (BASCHERA 2000, 31 n. 86).

194 Il passo virgiliano rievoca la fondazione di Cartagine, per introdurre la descrizione del tempio: in

quel luogo gli esuli avevano piantato il signum, suggerito da Giunone, garantendosi così potenza in guerra e facilità nell’ottenere risorse: Lucus in urbe fuit media, laetissimus umbra, / quo primum iactati undis et turbine Poeni / effodere loco signum, quod regia Iuno / monstrarat, caput acris equi; sic nam fore bello / egregiam et facilem victu per saecula gentem (Verg., Aen. 1, 441-445); da registrare l’errore falicem di R, corretto in facilem dal copista stesso. Come in Adelph. 501, è sottesa al contesto virgiliano l’idea dell’abbondanza di ricchezze, che, insieme alla potenza bellica, è caratteristica fissa di Cartagine: CONINGTON- NETTLESHIP 1979; DERYCK WILLIAMS 1996 (=2006). L’accezione primaria dell’aggettivo nel locus dell’Eneide sembra, tuttavia, da ricondurre al concetto di potestas faciendi: il popolo della città sarebbe, dunque, forte in guerra e in grado di procurarsi risorse: Bannier in THLL s.v. facilis, 62, 7-9. I moderni, in accordo con il Danielino, rendono all’unanimità facilis con “ricca, prospera”: RIBBECK

1895; CONINGTON-NETTLESHIP 1979; PERRET 19812; DERYCK WILLIAMS 1996 (=2006);

PARATORE-CANALI 19975; FAIRCLOUGH 19993; cfr. anche TCD, n. ad loc.: [...] in certaminibus bellicis

fortis et in subsidiis victus semper copiosissima. Decisivo nell’orientamento degli esegeti il confronto con Georg. 2, 460: fundit humo facilem victum iustissima tellus, in cui nuovamente l’idea di un nutrimento, ottenuto sine labore, suggerisce il concetto di “abbondanza”: per l’interpretazione del locus delle Georgiche cfr. CONINGTON-NETTLESHIP 1979; SAINT-DENIS 1982; THOMAS 1988; MYNORS 1990; FAIRCLOUGH 19993; cfr. altresì Bannier in THLL s.v. facilis, 56, 84.

195 Questo il testo di Servio e dell’aggiunta Danielina in THILO-HAGEN 1881 (= 1986). L’Editio

Harvardiana del Commento (RAND-SAVAGE-SMITH-WALDROP-ELDER-PEEBLES-STOCKER 1946)

aggiunge, a principio della nota del Servius auctus, le parole propter bovem, sicut dictum est (FACILEM VICTV [propter bovem, sicut dictum est]. Facilem [autem ‘copiosam, divitem’]. Terentius [quam vos facillime agitis]).

div. Caec. 8, non si ha esatta rispondenza morfologica fra il termine glossato, un aggettivo, e

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