Numerose le attestazioni del locus terenziano: ne quid nimis è richiamato come esempio tipico
di sententia (Aud., exc., GLK 7, 324, 5 = Vict., GLK 6, 191, 26)
42, o come exemplum letterario
adulescentuli, / ut animum ad aliquod studium adiungant, aut equos / alere aut canes ad venandum aut ad philosophos, / horum ille nil egregie praeter cetera / studebat et tamen omnia haec mediocriter. / Gaudebam. SO. Non iniuria; nam id arbitror / adprime in vita esse utile, ut nequid nimis (Ter., Andr. 55-61).
37 Lo scoliasta reimpiega la locuzione artificiosa laudatio, per indicare una lode compiuta “a regola
d’arte”, anche nella glossa ad Verr. 52. Evidente, nella scelta dell’aggettivo, l’aderenza al modello lessicale della retorica classica: le poche attestazioni (43), a noi pervenute, di artificiosus si concentrano, infatti, soprattutto nei testi ciceroniani (22) e nella Rhetorica ad Herennium (9): cfr. THLL s.v. artificiosus (Diehl).
38 A benivolentia in P e M e nelle edizioni precedenti quella di Loys (editio princeps, Beraldina, Aldina). 39 Qui nei tre codici principali, emendato nei recentiores. Le edizioni hanno la grafia qui autem fino a
ORELLI-BAITER 1833, che corregge in quia autem.
40 Potuit nei recentiores e nelle prime edizioni.
41 Risale a ORELLI-BAITER 1833 la restituzione della citazione dall’Andria: S ha tere˜t i and ne quid, P
e M terentiane nequid. L’editio princeps ha terentianae, gli altri editori fino a Orelli-Baiter Terentius, senza indicare il titolo della commedia. Fra gli editori terenziani, impiegano la grafia nequid UMPFENBACH
1870; SPENGEL 18882; MAROUZEAU 1942; KAUER-LINDSAY-SKUTSCH 19582; SHIPP 2002.
42 Sententia quid est? Dictio generalis ad vitae rationem in commune pertinens, ut puta [veluti] ne quid nimis.
Non determinabile con esattezza la data degli Excerpta de Scauri et Palladis libri di Audace: il terminus ante quem è da collocare nel VII o, forse, nel VI sec. d.C.: JEEP 1893, 85-89, in part. 88. Parimenti poco chiaro il quadro delle fonti (SCHANZ-HOSIUS 1920 (=1971), 214-215); la prima parte dell’opera presenta frequenti corrispondenze con un’ars grammatica, databile con ogni probabilità intorno al IV secolo e attribuita nei codici a Victorinus (GLK 6, 187-215). Propendono per l’identificazione di quest’ultimo con Mario Vittorino JEEP 1893, 88; NIEDERMANN 1937, XLVII- LXVIII; HERZOG-SCHMIDT 1993A, 124-125; maggiore cautela è usata da KASTER 1997, 437, secondo cui l’opera di Victorinus sarebbe uno scritto acefalo, senato nel corso dell’antichità da diverse attribuzioni (cfr. anche HERZOG-SCHMIDT 1993A, 124-125). Le affinità fra le due opere sono, forse, legate alla presenza di una fonte comune: la critica ha ipotizzato che si tratti dello Scaurus, citato nel titolo di Audace, forse da identificare con Terenzio Scauro (II d.C.): cfr. GOETZ
1896; LAW 1987, 74; HERZOG-SCHMIDT 1993, 254-258; HERZOG-SCHMIDT 1993A, 124; di opinione contraria SCHANZ-HOSIUS 1922, 156-158; BARWICK 1922, 77-87, in part. 86-87. Sull’oscura figura di Palladio, cfr. HERZOG-SCHMIDT 1993A, 131-135: si tratterebbe di un cristiano di origine africana, attivo a Roma agli inizi del IV secolo, fortemente influenzato da Sacerdote; cfr. ancheKASTER 1997, 421. Barwick registra, altresì, la possibile dipendenza della fonte comune, per
la sezione non metrica, da una redazione di III d.C. della Schulgrammatik (BARWICK 1922, 85). Alcune affinità si riscontrano, infine, fra la seconda metà dell’opera di Audace e gli Instituta artium, attribuiti a Probo: JEEP 1893, 87; SCHANZ-HOSIUS 1920 (=1971), 215; BARWICK 1922, 86. Tale corrispondenza sembra spostare il terminus post quem per la fonte comune ad Audace e Victorinus alla metà del IV secolo d.C.; la stessa conclusione è suggerita dai riferimenti, nell’ars del secondo grammatico, a Lattanzio e, forse, a Donato, individuati da KASTER 1997, 437. Il termine sarebbe ulteriormente posticipato nel caso in cui si accettasse l’influenza di Diomede (IV-V secolo) su Audace, segnalata in GLK 7, 318-319. HERZOG-SCHMIDT 1993A, 122-124suggeriscono che Audace provenga dall’Africa, e lo identificano con Audax, che spedisce ad Agostino l’ep. 260 dell’epistolario del vescovo di Ippona, con la richiesta di poter avere i suoi scritti. Di segno diverso la tesi di
per illustrare regole grammaticali (Reg. Aur. Aug., GLK 5, 517, 17; Prisc., GLK 3, 69, 24-
27; Beda, de ort., GLK 7, 281, 23)
43. Frequenti, soprattutto, le occorrenze in cui la battuta di
Sosia non è impiegata in funzione di esempio, bensì commentata per il suo contenuto
44:
Igino (fab. 221, 11) e Ausonio (lud. Sept. Sap. 6, 154) ricordano le origini greche del detto,
attribuito dal primo a Solone, e dal secondo a Euripide
45. Servio (ad Aen. 10, 861) ed
Eugrafio (ad Eun. 276; cfr. anche ad Andr. 61) si avvalgono del passo dell’Andria per
illustrare la tendenza, criticata dai detrattori di Terenzio, ad attribuire ai servi battute ricche
di spessore filosofico
46.
HOLTZ 1981, 431: il grammatico, non epigono di Isidoro, sarebbe da datare al VI secolo. Sul
rapporto fra Audace e il vescovo di Siviglia, cfr. anche KASTER 1997, 386.
43 Reg. Aur. Aug., GLK 5, 517, 14-17: Sane sunt adverbia et per alias syllabas exeuntia, [...], a nimio nimis,
ut ‘ne quid nimis’; Prisc., GLK 3, 69, 24-27: Quod autem etiam ‘prime’ dicitur, ostendit Ter entius, qui compositum ab eo in Andria protulit: nam [... ] nimis; Beda, de ort., GLK 7, 281, 20-23: Nimis dicitur quicquid plus fuerit quam oportet. [...] Cum itaque utile sit in vita et in moribus ut amplius quam oportet nihil omino faciamus, profecto veram esse sententiam ‘ne quid nimis’ fateri potius quam negare debemus. Sull’influenza di Donato presso la scuola tardo-antica, in particolare quella cristiana, cfr. SCHINDEL
1975; HOLTZ 1977. Agostino è, inoltre, secondo questa linea esegetica, una delle fonti, escerpite dal cosiddetto “Donato cristiano”, su cui cfr. n. 35. I materiali, contenuti nel de orthographia di Beda, presentano in genere significative consonanze con le opere di altri grammatici. Fra i nomi più ricorrenti, sono da citare Caper e Agroecio, che si presenta nella propria opera come continuatore di Capro stesso (KASTER 1997, 382); altresì frequenti le menzioni di Carisio, di Dositeo e
dell’Anonymus Bobiensis (questi ultimi, con ogni probabilità, dipendenti dalle fonti del “gruppo- Carisio”: CHRIST 1862, 136-139; BARWICK 1922, 4-70; KASTER 1997, 278), oltre a varie raccolte di
differentiae: GLK 7, 223-224; GOETZ 1897, 183. Sulle fonti di Prisciano cfr. cap. 2, n. 226.
44 Richiami generici ad Andr. 61 anche nello ps.-Acrone e nella Disputatio Karoli regis et Albini di
Alcuino. Il primo (ad epist. 1, 6, 16), cita il verso terenziano, senza alcun commento, a fianco dell’espressione oraziana ultra quam satis est, che indica il limite, oltre al quale perfino la ricerca della virtù diventa eccessiva (Hor., epist. 1, 6, 15-16: Insani sapiens nomen ferat, aequus iniqui, / ultra quam satis est uirtutem si petat ipsam). Alcuino (VIII-IX sec.) richiama la regola ne quid nimis, definita philosophicum proverbium, per ricordare la moderazione, necessaria non solo nei costumi, ma anche nel parlare: K: Intellego philosophicum illud proverbium non solum moribus, sed etiam verbis esse necessarium. A: Quodnam? K: Ne quid nimis (Alc., disp., RLM 547, 38-40).
45 Hyg., fab. 221, 11: Cepcropiusque Solon Ne quid nimis induperavit; Aus., lud. Sept. Sap. 6, 154-156:
iam dixit ex isto loco / Afer poeta vester “ut ne quid nimis” / et noster quidam (= Eur., Hippol. 265) mh de\n a1ga n. A uno dei sette sapienti fa generico riferimento anche Eugrafio, ad Andr. 61 (cfr. n. 46 infra). L’incertezza sulla paternità di mhde\n a1gan è già diffusa nel mondo greco, che propone molteplici autori per la frase, fra cui lo stesso Solone e Pitagora: cfr. le note ad loc. di SPENGEL
18882; ASHMORE 19082; SHIPP 2002. L’equivalenza fra nimis e a1gan è segnalata ancora nelle glossae
latino-graecae del ms. Parisinus 7651 (CGLL 2, 134, 2); nelle graeco-latinae dell’Harleianus 5792 (CGLL 2, 215, 42) e nel glossarium Leidense (CGLL 3, 413, 10).
46 Serv. ad Aen. 10, 861: [...] et Terentius servis dat plerumque sententias prudentissimas quidem, sed quae se per
naturam offerunt cunctis, ut ne quid nimis; Eugr., ad Eun. 276: OMNIVM RERVM HEVS VICISSITVDO EST, ut usque servis Terentius vehementes gravesque sententias applicavit, ut in Andria (61) Sosia dixit ‘ut ne quid nimis’: est enim astutum servorum genus et satis ad intelligendum mente versutum; Eugr., ad Andr. 61: La nota di Donato ad loc. risponde all’obiezione dei critici, facendo notare che il detto è notissimo (pervulgatum), pertanto non fuori posto sulla bocca di uno schiavo: NE QVID NIMIS sententia non incongrua servo, quia est pervulgata (Don., ad Andr. 61). Parzialmente analoga alla