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La lezione descenderim, benché non accolta dai moderni, è attestata nei migliori manoscritti delle Verrinae 180 ; gli studiosi ne riconducono l’origine alle scuole di retorica, possibile

173 L’integrazione non è necessaria secondo LONG 18622, che supporta la scelta del congiuntivo. 174 ZUMPT 1831 ritiene che il pronome sia troppo lontano per costituire il soggetto di descendere. Lo

studioso difende, nondimeno, l’infinito, che giustifica con una costruzione “a senso”, del tutto analoga a quella di Verr. 25.

175 Hec tota nei codici; haec tota nell’editio princeps, nella Beraldina, nell’Aldina, in Loys e in P. Manuzio;

hoc toto capite nella collectio commentariorum, in Hotoman e in Crenius, nonché nell’ultima edizione di Manuzio: cfr. ORELLI-BAITER 1833, n. ad loc.

176 Silo coes mi S, silogismi M.

177 Subita muta SM. Le edizioni dall’Aldina in poi uniformano il testo a quello ciceroniano, e

scrivono subito nunc; l’ordo verborum dei manoscritti pseudo-asconiani è ripristinato da ORELLI-

BAITER 1833.

178 I recentiores correggono in descendere sulla base del testo dell’Arpinate. 179 Non descenderint SM.

180 Descendere, scelto all’unanimità dai moderni, è tràdito dai recentiores, il cui valore per la constitutio

textus è di solito scarso (defenderem Lg29). Conferma, tuttavia, la bontà della scelta editoriale l’analisi delle reggenze di miror compiuta da Bulhart, ThLL s.v. miror, in part. 1065, 82-1066-3; 68-1067, 2. Solo cinque le attestazioni di miror + accusativo (Cic., Phil. 13, 24; Stat., Theb. 7, 328; Prop. 1, 7, 21; Iuv. 10, 127; Vopisc. Aurelian. 2, 2); il costrutto con l’infinitiva è, per contro, indicato come il più diffuso, ed è ben attestato anche per i corradicali mirabilis e mirus. Non risolutive le riprese dell’exordium ciceroniano nelle opere dei grammatici: in nessuna di esse la pericope comprende, infatti, la subordinata nunc subito... Pompeo, nel Commento all’ars donatiana, impiega il locus fra gli esempi che chiariscono il concetto di colon, inteso come pars periodi: ut puta oratio, quando integra est, periodos est; partes ipsius periodi cola et commata sunt. Ut puta (Cic., Cat. 1, 1) ‘ quo usque tandem abuter e, Catil ina’ non est caput, sed colon est, ‘ quam diu iste f uror tuus no s eludet’ colon est, ‘ quem ad f inem sese iactabit audacia’ colon est, ‘nih il ne te noctur num praesidium P al atii’ colon est. Puta (Cic., div. Caec. 1) ‘ siquis vestrum, iudices, aut eorum qui adsunt for te mir antur me’ . Cola sunt ista omnia (GLK 5, 133, 18-20). La scelta di considerare colon la sezione citata lascia supporre che, nella lettura

ambiente di formazione dello stesso Commento pseudo-asconiano. La attesta, infatti, per la

prima volta, sia pure per via indiretta, la sezione dedicata all’exordium dell’institutio oratoria,

che evoca div. Caec. 1 come esempio di anticipazione delle obiezioni dell’avversario.

Quintiliano inserisce le parole di Cicerone nel proprio periodo, modificando di necessità i

tempi verbali. L’infinitiva me descendere avrebbe, tuttavia, potuto rimanere invariata nel

tempo dell’infinito, o mutarsi in se descendisse; la presenza del congiuntivo perfetto sembra,

per contro, suggerire che l’autore leggesse descenderim nel passo dell’Arpinate: non inutilis

etiam est ratio occupandi quae videntur obstare, ut Cicero (div. Caec. 1) dicit ‘scire se mirari

quosdam, quod is, qui per tot annos defenderit multos, laeserit neminem ad

accusandum Verrem decenderit’: deinde ostendit, hanc ipsam esse sociorum defensionem, quod

schema pro&lhmpsiv dicitur (Quint., inst. 4, 1, 49)

181

. La frase di Quintiliano è ripresa quasi

alla lettera, allo stesso proposito, nell’ars rhetorica di Giulio Vittore (RLM 422, 28-30): Non

del grammatico, me sia considerato l’oggetto di miror, e non il soggetto del lontano infinito descendere: KLOTZ 1923, n. ad div. Caec. 1. È, tuttavia, da rilevare che i cola, individuati da Pompeo, non sempre corrispondono a proposizioni singole e autonome: ne è esempio nihilne te nocturnum praesidium Palatii, uno dei membri di una lista, il cui verbo è esplicitato solo alla fine dell’elencazione (Cic., Cat. 1, 1: Nihilne te nocturnum praesidium Palati, nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque moverunt?). Non è, dunque, possibile affermare con certezza che il testo delle Verrinae in possesso del grammatico contenesse il congiuntivo descenderim. Analoghe osservazioni possono essere esposte riguardo alle due occorrenze del locus nelle Institutiones priscianee. Div. Caec. 1 è riportato, in particolare riferimento al verbo sim (versatus), per illustrare la possibilità che la subordinata al congiuntivo abbia valore di oggettività: similiter Cicero in principio Verrinarum (div. Caec. 1): si [.. .] neminem, ita sim dixit non dubitans, sed approbans, ou3twj a1ra a)nastrafei_j ei1hn (GLK 3, 249, 1-5). Addirittura, afferma Prisciano, versatus sim può equivalere a inveniar o congnoscar, venendo così ad assumere un valore di futuro: et sciendum quod hanc vim habent, ut ad cognitionem intellegantur futuram, quippe cum subiunctiva etiam praeteriti temporis, quomodo optativa, vim habent futuri. Potest enim initium Verrinarum (div. Caec. 1), quod supra quoque posuimus: si [... ] neminem, sic quoque intellegi: ita sim pro ‘ita inveniar’ vel ‘cognoscar’. (GLK 3, 254, 20- 255, 3). In entrambi i casi la punteggiatura, proposta da Keil, sembra staccare il pronome me dal verbo miratur, lasciando presupporre un infinito, di cui me sarebbe soggetto (così anche il testo di Isid., RLM 520, 16-18 riportato nella n. 182 infra). La modalità citazionale del grammatico, che omette il verbo descendo, lascia, tuttavia, supporre che me potesse essere ai suoi occhi da intendere come oggetto di miratur: ciò sarebbe possibile solo ipotizzando, in luogo di descendere, il congiuntivo descenderim. Nessuna indicazione si può, altresì, evincere dalla citazione di div. Caec. 1, operata da Eugrafio ad Heaut. 3 (cfr. n. 182 infra), nonché dalla pericope, riportata da Mario Vittorino nel Commento al de inventione. L’esordio della divinatio è, qui, evocato a sottolineare la necessità di applicarsi all’oratoria pubblica più che a quella privata: Non enim in privatis rebus eloquentia periclitanda est, sed in publicis. Ita ipse in Verrinis (div. Caec. 1) cum de se vel de eloquentia sua optimam probationem adferret, publicas causas commemorat, tacet privatas: me [... ] versatus (RLM 157, 20-23).

181 L’ipotesi sull’ambiente di origine della variante descenderim, nonché il confronto con il locus

quintilianeo, sono suggeriti da KLOTZ 1923, n. ad loc. Lo studioso include nel confronto anche il passo di Pompeo, GLK 5, 133, 18-20, citato nella n. 180 supra; cfr. la medesima nota, tuttavia, per le perplessità, relative al valore del locus per la ricostruzione del testo ciceroniano.

inutile est interdum occurrere, quae videntur obstare, ut Cicero (div. Caec. 1): scire se mirari

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