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Da registrare la notevole acribia con cui lo pseudo-Asconio sembra attribuire a Cicerone lo slittamento semantico di praestringere aciem dal campo delle facoltà visive a quello della

mente. Risultano, infatti, peculiari dell’Arpinate sia l’uso di acies, inteso come “acutezza”

dell’intelletto

29

, sia l’espressione praestringere aciem. Quest’ultima è impiegata, prima di

Cicerone, solo da Plauto e da Lucilio

30

. Con l’Arpinate il nesso ha maggiore frequenza, ed è

hostibus; il primo ha, tuttavia, un parallelo plautino in Capt. 372: cfr. le n. ad loc. di BRIX-NIEMEYER- KÖHLER 1964 eUSSING 1972A. Lo iato in acie hostibus è, invece, spiegabile con l’influsso dell’antico ablativo in –d, talvolta ancora percepito in epoca plautina: LORENZ 18862, n. ad loc. Il poliptoto,

accompagnato dal gioco di parole sui diversi significati di acies, realizzato nel verso del Miles è un tratto caratteristico della poesia plautina: cfr. le note ad loc. di LORENZ 18862; BRIX-NIEMEYER-

KÖHLER 1964; AUGELLO 1975. Per quanto riguarda i codici plautini, B riporta in acie, con la i

ricavata da correzione su una l; la lezione in aciem è attestata dai manoscritti L e H1 di Nonio, mentre

C e D scrivono inatie. La medesima sostituzione di c con t è operata, nella prima ricorrenza di aciem, da B, che riporta oculorum atiem.

27 A proposito di tale orientamento, registrato già dagli studi del XIX secolo, cfr. in particolare

capp. 1.2 e 4.1.

28 L’esegeta chiosa l’espressione ciceroniana (inv. 1, 9) pronuntiatio est ex rerum et verborum dignitate vocis

et corporis moderatio chiarendo che l’oratore deve adattare la gestualità ai personaggi di cui sta parlando. Egli nota poi, sulla base di div. Caec. 46, che Ortensio era maestro in tale arte: Pro nuntiatio est ex rer um et ver bor um dig nitate vocis et cor por is mo deratio] id est ut ad qualitatem personarum te moveas, modo gestu femineo, modo virili, modo vincentis, modo timentis, modo supplicis more. In hac enim polluisse moderatione fertur Hortensius, ut ait Cicero: ne motu corporis perstringat aciem ingenii tui (Grill., in Cic. de inv., 50, 24-30 J.). Che Ortensio fosse maestro della pronuntiatio è, del resto, ben noto agli antichi: cfr. l’elenco di loci paralleli in JAKOBI 2005, n. ad loc. Sulla grafia perstringat, a fronte del praestringat attestato dai codici ciceroniani (e dal ms. Z di Grillio), cfr. n. 19. L’attività di Grillio è da collocare con ogni probabilità nel V sec. d.C.: MÜNSCHER 1912; KASTER 1997, 410; JAKOBI

2005, 4-5.

29 Cicerone è il primo autore a testimoniare tale accezione, e quello in cui essa è più largamente

diffusa (de orat. 1, 151; 2, 160; 3, 20; 124; Lucull. 122; 129; div. 1, 161; fin. 5, 20; nat. deor. 2, 43; 45; Tusc. 1, 45; 73; 3, 33; 4, 38; 5, 39; 114; leg. 1, 60; Cat. 83; div. Caec. 1, 46; Rab. Post. 43; Phil. 12, 3; ad fam. 2, 16, 1; ad Brut. 1, 18, 4). Attestazioni successive in Velleio Patercolo (2, 118, 14), Grattio (92), Seneca (ep. 115, 6), Manilio (4, 368), Apuleio (flor. 2, 1; Socr. 2, 9; Plat. 1, 9; mund. 30), Aulo Gellio (5, 3, 6; 13, 28, 4), Tertulliano (anim. 57, 3), Ambrogio (hex. 4, 1, 1; Iac. 2, 15, 55; spir. 1, 8, 93; 1, 16, 164), Faustino (trin. 1, 9), Servio (ad Aen. 9, 182), Marziano Capella (2, 202), Mario Vittorino (expl. in Cic. Rhet. 1), ps.-Girolamo (ep. 149, 3), Agostino (trin. 4, 15, 20), Paolino di Nola (ep. 24, 11; carm. 19, 40), Macrobio (comm. in Somn. 1, 3, 18; 19; 1, 6, 9; 1, 8, 3), Claudiano Mamerto (stat. anim. 1, 25) e Boezio (phil. 5, 4, 30; dial. in Porph. 1, 1). Cfr. THLL s. v. acies, 402, 19 – 52 (Kempf); THLL s. v. praestringo, 940, 53-61 (Massaro).

30 Plaut., Mil. 4 (cfr. testo supra); Truc. 492, in cui designa i buffoni, la cui lingua è più affilata delle

stesse spade (neque illi quorum lingua gladiorum aciem praestringit domi); Luc. 1094 M. = 1027 K. = 1027 K. (praestringat oculorum aciem splendore micanti). MARX 1905, n. ad loc., ipotizza che l’autore delle

Saturae stia parodiando il Miles plautino. La medesima ripresa è ravvisata dallo studioso in Cic., ad Brut. 1, 18, 4 (qui splendore falsi honoris obiecto aciem boni ingeni praestringi posse confidunt). Il valore del verbo praestringere applicato alla vista o alla spada, in particolare in unione con acies, è analizzato da

riferito all’ambito dell’intelligenza, cui l’oratore, come si è visto, è il primo ad applicare il

termine acies

31

. Dopo aver individuato Cicerone come riferente dell’uso di praestringere aciem

in riferimento alla mente, lo pseudo-Asconio segnala due ambiti, da cui l’Arpinate avrebbe

potuto trarre il nesso praestringere [aciem oculorum]. La prima spiegazione riporta ai

praestringiatores o praestigiatores, che fanno vedere agli spettatori una realtà diversa da quella

effettiva, frodandone così la vista. L’etimologia sottesa, praestigiator a praestringere, è attestata

nel commento dello pseudo-Acrone ad carm. 1, 10, 8

32

. L’espressione oraziana iocosum furtum,

che qualifica nelle Odi l’opera di Mercurio, è collegata dall’esegeta all’arte dei maghi, di cui

lo stesso figlio di Maia fu inventor, e che trae il proprio nome, appunto, dall’obnubilare gli

occhi altrui. L’aggettivo iocosum indicherebbe che i furta di Mercurio non sono vere e

proprie frodi, né atti improntati all’avidità

33

. Lo scolio, riportato dalla recensione G’

34

, risale

MASSARO 1987: “L’azione di praestringere si esercita [...] nei confronti di una <<lama>> (acies) quella

della vista o quella della spada, che viene evidentemente resa inefficace. Si direbbe che la luce o la lingua <<stringono>> come in una morsa quelle lame, ovvero le ostruiscono con la loro massa [...]; prae- sembra indicare che l’azione si esercita sul filo anteriore della <<lama>> e da parte di un agente che si protende anch’esso in avanti, verso o contro la lama stessa” (106); “la vista infatti è concepita come una facoltà attiva dell’occhio, come una <<lama>> (acies) che la pupilla indirizza verso l’obiettivo visivo, e che una luce abbagliante (o un altro agente ad essa equiparabile) ha il potere di investire frontalmente (prae-), provocandone disorientamento ed efficacia (con la reazione fisiologica della chiusura delle palpebre che blocca l’attività della acies visiva)” (124).

31 Div. Caec. 46 (cfr. testo supra); Rab. 43 (nec illius animi aciem praestringit splendor sui nominis); div. 1, 61

(quorum utrumque praestringere aciem mentis solet); fin. 4, 134 (aciem animorum nostrorum virtutis splendore praestringitis); ad Brut. 1, 18, 4 (cfr. testo nella n. 30 supra); Phil. 12, 3 (praestrinxerat aciem animi D. Bruti salus). Nel paragrafo 42 del Cato maior, l’Arpinate afferma altresì che la voluptas inficia gli occhi della mente, ed è dunque nemica della razionalità e della virtù: voluptas rationi inimica est, mentis ut ita dicam, praestringit oculos nec habet ullum cum virtute conmercium. Il passo è emblematico del passaggio semantico che porta a riferire praestringere non all’acies oculorum ma all’acies ingenii. La locuzione è poi usata, in riferimento all’animo, unicamente da Velleio Patercolo, HR 2, 118, 4 (Sed praevalebant iam fata consiliis omnemque animi eius aciem praestrinxerant). Le poche ulteriori occorrenze del nesso praestringere aciem sono applicate, in corrispondenza con quanto verificato in Plauto e Lucilio, all’oscuramento della facoltà visiva (Liv. 40, 58, 4; Seneca, ira 3, 9, 2; Helv. matr. 8, 6; nat. quaest. 7, 20, 1; ps.-Acr. ad carm. 1, 10, 8) o al filo della spada, che viene rovinato (Plin. Mai., NH 7, 15, 64; 15, 52, 2).

32 Orazio dedica l’Ode 1, 10 a Mercurio, di cui descrive le molteplici attività, fra cui la nota abilità di

ingannatore: callidum quicquid placuit iocoso / condere furto (Hor., carm. 1, 10, 8-9).

33 Ps.-Acr. ad carm. 1, 10, 8: * Iocosum furtum vocavit artem praestigiatorum, quam ipse adinvenit. Praestigiator

dicitur ab eo, quod praestringit aciem oculorum. Et mire moderatur dicendo 'iocoso', ac si diceret: non illo, quod ad avaritiam et fraudem spectat (G' ao cons. cp Porph).

34 La glossa non è riportata in A e V, considerati i testimoni principali del testo pseudo-acroniano

da KELLER 1902, V-VI; KELLER 1904, III. La recensione G' è, tuttavia, da ritenere, secondo lo

studioso, “quomodo conexa” con A. Il codice n, che fa parte di G', concorda, infatti, da carm. 4, 12 in poi, non con G, bensì appunto con A (KELLER 1904, VII-VIII). L’ipotesi che lo scolio ad carm. 1, 10, 8 sia da mettere in relazione con la più antica redazione del Commento è, altresì, suggerita dalla presenza di materiale analogo in c e p, codici recentiores, talora utili a ricostruire il testo di V (KELLER

1902, VI). Il quadro, delineato da Keller, della tradizione manoscritta è parzialmente modificato da NOSKE 1969. Lo studioso ipotizza l’esistenza, nel tardoantico, di due distinti commenti ad Orazio,

forse alla redazione antica della glossa pseudo-acroniana, databile al V sec. d.C.

Significativo, in quest’ottica, che Isidoro riproponga un’osservazione analoga allorché

spiega il valore del sostantivo praestigium proprio in riferimento a Mercurio, a cui fa

riferimento lo stesso verso di Orazio

35

. Il Commento dello ps.-Acrone include a sua volta,

con ogni probabilità contenuti dell’esegesi più antica, quali lo stesso Elenio Acrone o

Porfirione, fiorito verosimilmente nel III sec. e a noi giunto in forma ridotta

36

. La

possibilità che l’osservazione sui praestringiatores, a cui sembra da collegare la prima parte

dello scolio ad div. Caec. 46, sia da includere fra questi materiali è rafforzata dal confronto

con la nota ad loc. di Porfirione, parzialmente analoga (Iocoso furto. Bene ‘iocoso’; non enim illo,

quod ad auaritiae fraudem spectat; deinde ipse docet, quid sit ‘iocoso furto’)

37

.

A e §. Il secondo, già difettivo in antichità per la sezione carm. I, 1-IV, 2, sarebbe stato integrato al principio del Medioevo tramite l’aggiunta di Ordo-Scholien e, soprattutto, di materiali provenienti da A, del quale costituisce, per questa sezione, una sorta di versione aucta (NOSKE 1969, 206-207; 268;

280). G rappresenta, nell’analisi di Noske, il ramo che meglio conserva il testo di §; n, c e p sono ricondotti alla famiglia N, influenzata da A per l’intera sezione riguardante le Odi: NOSKE 1969, 72- 120, in part. 121-137 per quanto riguarda G. La glossa ad carm. 1, 10, 8 non è, peraltro, inclusa nell’elenco di aggiunte, che § opera rispetto ad A (NOSKE 1969, 211-213), e sembrerebbe, dunque, doversi considerare legata ad A stesso.

35 Etym. 8, 33: Praestigium vero Mercurius primus dicitur invenisse. Dictum autem praestigium, quod praestringat

aciem oculorum. La ripresa isidoriana sembra abbreviare l'esegesi tràdita dallo ps.-Acrone, secondo un procedimento tipico del vescovo di Siviglia: FONTAINE 1959, 766-770. Lo stesso Fontaine rileva, in particolare alle pp. 750-751, il ruolo rilevante dei commenti ad auctores tra le fonti di Isidoro. Potrebbe, forse, essere ricondotta alla medesima linea esegetica anche l'osservazione di Marziano Capella nupt. Phil. et Merc. 1, 36. L’autore definisce praestigium l’abilità artistica di Mercurio, che dà sembianze simili al vero a statue di bronzo e marmo: Addo quod celebrat [scil. Mercurius] mirabile praestigium [elegantiam pingendi], cum vivos etiam vultus aeris aut marmoris signifex animator inspirat; totum certe complacitum est, quicquid comit decorem iuvenalium gratiarum.

36 Per un inquadramento delle questioni relative a Porfirione e al suo rapporto con l’esegesi pseudo.

-acroniana, cfr. SCHANZ – HOSIUS 1935 (= 1967), 155-157; SCHANZ – HOSIUS 1922, 167-168; HELM 1952; NOSKE 1969, 177-181; BORSZÁK 1988, in part. 19-22; HERZOG-SCHMIDT 1993, 295-

298.

37 La stessa interpretazione di praestringium (sic in CGLL 7, 123; prostringium CGLL 5, 281, 23) è

riportata dal glossarium Amplonianum primum; anche il glossarium Placidi sembra ricollegare, in due lemmi di non facile interpretazione, il sostantivo praestigium e l’attività del praestigiator al verbo praestringere: Prestigium prestigiator facit non prestringent cetera. Prestringens prestigium prestigiator facit non prestringens et cetera (CGLL 5, 94, 21-22); Prestringens. Prestricturus. Prestringendus. Prestriguum. Prestiator facit. Non prestringens. Et cetera (CGLL 5, 136, 28). Tali glosse potrebbero, forse, essere messe in rapporto con l’affermazione di Varrone (ling. Lat. 5, 94), secondo cui praestigiator fa parte dei vocaboli che derivano dal nome di un’ars o di una scientia e non dal verbo connesso, in questo caso praestringere (cfr. De Luca in THLL s.v. praest(r)igiator, 938, 67-69): Artificibus maxima causa ars, id est, ab arte medicina ut sit medicus dictus, a sutrina sutor, non a medendo ac suendo, quae omnino ultima huic rei: hae enim earum rerum radices, ut in proxumo libro aperietur. Quare quod ab arte artifex dicitur nec multa in eo obscura, relinquam. Similis causa quae ab scientia vocantur aliqua, ut praestigiator, monitor, nomenclator; sic etiam quae a studio quodam dicuntur, cursor, natator, pugil (Varr., ling. Lat. 5, 94).

Parimenti riconducibile a una fase remota, forse arcaizzante, dell’esegesi alle Verrinae il

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