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Il confronto fra Gellio e il Danielino evidenzia estese consonanze, non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche nelle scelte lessicali; da sottolineare, in particolare, il nesso vis

quaedam alieni arbitrii, nonché la frase qui fertur et raptatur (rapsatur in Gellio) et huc atque illuc

grave verbum est factumque ab eo videtur, quod est ‘vehere’, in quo inest vis iam quaedam alieni arbitrii; non enim sui potens est, qui vehitur. ‘Vexare’ autem, quod ex eo inclinatum est, vi atque motu procul dubio vastiorest. Nam qui fertur et rapsatur atque huc atque illuc distrahitur, is vexari proprie dicitur, sicuti ‘taxare’ pressius crebriusque est quam ‘tangere’, unde id procul dubio inclinatum est, et ‘iactare’ multo fusius largiusque est quam ‘iacere’, unde id verbum traductum est, et ‘quassare’ quam ‘quatere’ gravius violentiusque est. Non igitur, quia volgo dici solet ‘vexatum esse’ quem fumo aut vento aut pulvere, propterea debet vis vera atque natura verbi deperire, quae a veteribus, qui proprie atque signate locuti sunt, ita ut decuit, conservata est. M. Catonis verba sunt ex oratione, quam de Achaeis scripsit (XXXV J.): Cumque H annibal terr am Ital iam l acer aret atque vex aret; ‘vexatam’ Italiam dixit Cato ab Hannibale, quando nullum calamitatis aut saevitiae aut immanitatis genus reperiri queat, quod in eo tempore Italia non perpessa sit; M. Tullius IV. in Verrem (Verr. 4, 122): Quae ab isto sic spoliata atque direpta est, non ut ab hoste aliquo, qui tamen in bello religionem et consuetudinis iura retineret, sed ut a barbaris praedonibus vexata esse videatur. Il passo è ripreso verbatim nei Saturnalia macrobiani (6, 7, 1-4; 7-11). Acclarata, in questo caso, la dipendenza di Macrobio dalle Noctes Atticae: cfr. MARINONE

1946, 16; TÜRK 1965, 404; MARINONE 1967, 26; 48 e n. ad loc.; MARINONE 1969-1970, 202 n. 2;

MARINONE 1987. Sulla rilevanza di Gellio nell’opera macrobiana cfr. inoltre FLAMANT 1977, 293- 294; l’autore sembra, tuttavia, mettere in dubbio (242) la dipendenza dalle Noctes Atticae della sezione 6, 7, 1-11. Sui problemi, relativi alle fonti dei Saturnalia, cfr. n. 45 supra.

74 Sulla tapinosis cfr. VOLKMANN 1885, 404; MARTIN 1974, 153; 252; LAUSBERG 1998, 1074A1 (cfr.

distrahitur ‘vexari’ proprie dicitur, identiche nei due grammatici. Identici, altresì, due degli

esempi che supportano la trattazione: Cat., de Achaeis XXXV J. e Cic., Verr. 1, 122. Tali

rispondenze suggeriscono che i materiali dei due esegeti abbiano la medesima origine. Il

confronto con Servio ad Ecl. 6, 76 ha suggerito agli studiosi moderni che tale fonte comune

sia identificare con Probo, a cui lo scoliasta riconduce l’interpretazione di vexo come

intensivo di veho

75

. La nota serviana sembra, tuttavia, propendere per la “svalutazione” di

vexo, in linea con la posizione di Anneo Cornuto; l’orientamento di Servio è intuibile dalle

modalità, con cui sono introdotte le due differenti esegesi di Ecl. 6, 76. La prima (per

tapinosin dictum est) sembra proposta come un dato di fatto

76

, mentre l’ipotesi di Probo è

presentata con le parole quod Probus vult hac ratione defendere, quasi a limitare al solo

grammatico di Berito l’idea dell’etimologia veho > vexo

77

.

75 Cfr. CONINGTON-NETTLESHIP 1979A, n. ad loc.; HOLTZ 1981, 167; TIMPANARO 1986, 116;

MANZO 1990. Probo è fonte rilevante tanto per Servio (18 menzioni), quanto per il Commento auctus (17): cfr. PELLIZZARI 2003, 246-247; un elenco completo dei loci, in cui è citato il nome del

grammatico di Berito, in MOUNTFORD - SCHULTZ 1930 s.v. Probus; cfr. anche SANTINI 1979, 3. La portata dell’attività esegetica del Beritio su Virgilio, ma anche su altri autori antichi, è materia dibattuta fra gli studiosi; oggi si tende, tuttavia, a ritenere che egli abbia compiuto un’opera eminentemente filologica, senza scrivere commenti continui ad auctores: cfr. SCIVOLETTO 1963;

PASCUCCI 1976, 17-22; JOCELYN 1984-1985. DELVIGO 1987, 11-18 suggerisce, peraltro, di evitare eccessivi ridimensionamenti. Uno studio dei rapporti fra le glosse di Servio e le note a Virgilio, attribuite a Probo, è stato compiuto da WOMBLE 1961: alla base delle due esegesi sarebbe una fonte comune, di cui è possibile trovare traccia anche negli scholia Danielis, considerati dallo studioso come i resti del Commento di Donato. La necessità di riesaminare il complesso delle glosse probiane, e in genere degli scholia non serviani, nella loro relazione con Servio e con il Danielino, è stata nuovamente ribadita da GEYMONAT 1984. In particolare sull’osservazione, relativa a vexare, cfr.

RIBBECK 1866, 144-145 (in generale su Probo 136-165) e LÄMMERHIRT 1890, 323, che ne ipotizzano la provenienza da un’annotazione all’edizione virgiliana, approntata dal grammatico. Lo stesso materiale sembra essere alla base di Isid., Etym. 10, 281: Vexatus, id est portatus; ab eo quod est veho, vecto, vexo, ut vexasse sit portasse. Rilevante, in particolare, la triplice serie veho, vecto, vexo, identica nel frammento probiano e nel vescovo di Siviglia.

76 È possibile che Servio riprenda, su questo punto, una posizione presente già nel Commento di

Donato al Mantovano. Proprio Donato, infatti, inserisce nella propria ars grammatica il verso virgiliano fra gli esempi di tapinosis (GLK 4, 395, 13-17: Tapinosis est humilitas rei magnae non id agente sententia, ut (Verg., Aen. 2, 19) penitusque cavernas / ing entes uter umque ar mato mil ite co mplent et (Verg., Ecl. 6, 76) ‘D ul ich ias vex asse r ates’ et (Hor., carm. 1, 6, 6) Pelidae stomach um ceder e nescii. Il Commento, attribuito a Giuliano di Toledo, all’opera di Donato riprende i medesimi tre esempi, e ne aggiunge altri: GLK 8, CCXXXIV, 13-29. La tradizione grammaticale latina esemplifica, per contro, la tapinosis attraverso il richiamo al solo passo oraziano: cfr. Plozio Sacerdote, GLK 6, 454, 15; Carisio 357, 19-22 B.; Diomede, GLK 1, 450, 29. È, questo, l’unico verso oraziano citato da Donato, e uno dei pochi richiamati nell’intera tradizione romana della Schulgrammatik (con l’esclusione del sottogenere dei commentarii in Donatum, nei quali il Venosino conosce una maggiore fortuna): DE NONNO 1998.

77 Non sembra del tutto condivisibile l’interpretazione di MANZO 1990, secondo cui il parere di

Nel quadro delle opposte valutazioni del verso di Virgilio, l’esegesi pseudo-asconiana risulta

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