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inutile est interdum occurrere, quae videntur obstare, ut Cicero (div Caec 1): scire se mirari quosdam, quod qui per tot annos defenderit, subito ad accusandum descenderit 182

Due, dunque, le possibili soluzioni ai soloecismi, individuate dallo scoliasta. La prima consiste

nel sostituire, alla forma considerata errata, una corretta: è, questa, la proposta della glossa

ad Verr. 25 (venissent in luogo di venisse), nonché quella attribuita ai multi ad div. Caec. 1

(descendere per descenderim). La seconda possibilità, segnalata dallo pseudo-Asconio ad div.

Caec. 1, è l’aggiunta di un termine, che ristabilisca la corretta struttura del periodo: nel caso

dell’esordio ciceroniano, et o idem. È in quest’ultimo suggerimento che il commentatore si

distingue da gran parte della tradizione grammaticale tarda, relativa al soloecismus. Questo

vitium, definibile come “une perturbation (éventuellement justifiable) qui, en touchant les

combinatoires dont procède l’énoncé, affecte le fonctionnement systématique de la

langue”

183

, era in origine analizzato secondo i criteri della cosiddetta quadripertita ratio. Il

182 Il passo ciceroniano è, altresì, esemplare della prolempsis, qui detta proclatalempsis, in Isid., rhet. 27

(RLM 520, 16-18): Sunt et aliae, procatalepsis, cum id, quod nobis obici poterat, ante praesumimus ad diluendum, ut (Cic., div. Caec. 1) S i [.. .] mir antur. L’impiego di div. Caec. 1 nell’insegnamento dei retori è confermato dalla ripresa che ne fa il Commento, dai preminenti interessi retorici (cfr. cap. 2.4, n. 197), di Eugrafio ad Heaut. 3. Ambivio Turpione, che recita il prologo dell’Heautontimoroumenos, dichiara che illustrerà per prima cosa perché il poeta ha assegnato tale compito a un anziano e non, come d’uso, a un giovane, così che gli spettatori non si meraviglino: Nequoi sit vostrum mirum quor partis seni / poeta dederit quae sunt adulescentium, / id primum dicam, deinde quod veni eloquar (Ter., Heaut. 1- 3). Eugrafio nota la somiglianza fra l’espediente terenziano e il principio della divinatio: simile autem mihi videtur huic esse principium divinationis; namque et ille, quod (Cic., div. Caec. 1) ‘subito mutata vol untate ad accusandum descender at’, mirum dixit videri vel iudicibus vel circumstantibus ac propterea se primum id velle dissolvere: ‘si quis vestrum, iudices, aut eo rum qui adsunt for te mir atur’ (Eugr., ad Heaut. 3).

183 Questa la definizione generica di soloecismus presso i latini, ricavata dall’unione delle diverse artes,

in BARATIN 1989, 278. L’accento, posto sulla combinazione delle parole, suggerisce che il vitium sia inteso come riguardante in primo luogo il campo della sintassi. Contribuisce a correggere questa impressione la discussione, ben attestata fra gli artigrafi, sui cosiddetti “one-word solecisms”, ossia i solecismi che constano, tecnicamente, di una sola parola: ne è un esempio quem video? Ego (Quint., inst. 1, 5, 36), in cui la sola parola considerabile “errata” è il pronome ego. La presenza di questo tipo di strutture fra i solecismi è giustificata dal fatto che che, alle origini greche della riflessione sul problema, la differenza fra barbarismus e soloecismus risiedeva nel loro toccare rispettivamente l’ambito della le/cij, il significante svincolato dal significato, o del lo/goj, la parola in quanto portatrice di significato. Quem video? Ego è, in quest’ottica, a buon diritto un solecismo: l’articolazione linguistica delle parole è corretta, ma il nominativo ego è privo di senso là dove è richiesto un oggetto che risponda alla domanda. La distinzione, comune nei grammatici latini, fra barbarismo come errore in verbo singulo e solecismo in pluribus verbis ha origine presso i grammatici alessandrini, che reinterpretano la le/cij stoica come “parola”: cfr. CHARPIN 1978; HOLTZ 1981, 139-142; BARATIN 1989, 262-278; 319-322; CALBOLI 1999, 44-45; BARWICK 1957, 98 attribuisce, per contro, alla Stoa la duplice equivalenza le/cij = parola / lo/goj = discorso. Conferma la scarsità delle nozioni di sintassi presso i latini COLLART 1978. I recenti studi di HYMAN 2003 e

VAINIO 2003 propongono, peraltro, un’interpretazione degli “one-word solecisms” quale indice di attenta riflessione sintattica. Ulteriori limitazioni all’idea del soloecismus come vizio “sintattico” vengono, tuttavia, dall’analisi degli exempla degli artigrafi. La progressiva evoluzione verso il solo

sistema, di origine greca e agli inizi non applicato ai fatti linguistici

184

, prevede quattro

diversi modi di variazione: adiectio, detractio, transmutatio, immutatio. L’analisi dei vitia elocutionis

presso i latini mantiene la divisione quadripartita, cui si aggiunge la distinzione

scritto/orale, per l’analisi dei barbarismi; lo studio dei solecismi conosce, invece, una

progressiva riduzione al solo criterio dell’immutatio

185

. Il mutamento era già in corso nel I

secolo d.C.: Quintiliano registra, fra i propri contemporanei, la presenza di entrambi gli

orientamenti, sia quello improntato ai quattro criteri che quello incentrato sull’immutatio

186

. I

grammatici latini a noi pervenuti sono concordi nel classificare i solecismi solo in base al

quarto tipo di variazione. Lo stesso termine immutatio, ancora presente in Diomede, è del

tutto eliminato in Cominiano e in Donato

187

; le variazioni, che originano il solecismo,

criterio dell’immutatio (cfr. n. 185 infra) porta, infatti, a spostare l’attenzione sulla sola morfologia. Gli scambi di parola per partes orationis e per accidentia si configurano, infatti, come sostituzioni di un termine all’altro all’interno di un paradigma morfologico: BARATIN 1989, 320-322.

184 Nonostante alcune affinità con la fisica aristotelica (DESBORDES 1983, 27-29), gli studiosi sono

pressoché concordi nell’attribuire agli Stoici l’origine della quadripertita ratio: BARWICK 1922, 89-100; BARWICK 1957, 88-111; COLLART 1978, 198-200; HOLTZ 1981, 9-10; ADAMIK 1982-1984, 397;

FLOBERT 1986, 180. Solo AX 1986, in part. 203-207, seguito da CALBOLI 1999, 47, fa risalire le origini del sistema al Peripato, se non al V sec. a.C. Lo studioso sottolinea, altresì, i molteplici campi di applicazione dei quattro criteri: oltre la grammatica, sono ricordate la retorica, la metrica, l’ortografia, l’etimologia e la patologia. Ax sottolinea che già dai grammatici alessandrini, a noi pervenuti, si può evincere l’avvenuta grammaticalizzazione della quadripertita ratio; lo studioso contrasta così un’acclarata ipotesi, che attribuisce il fenomeno alla Stoa, insieme alle prime definizioni tecniche di solecismo e barbarismo: BARWICK 1922, 89-100; BARWICK 1957, 31; 88-111; HOLTZ 1981, 72; 137-139;BARATIN 1989, 261-262; FLOBERT 1986.

185 Secondo quanto attestato da Quintiliano, inst. 1, 5, 38-41 (cfr. testo nella n. 187 infra), all’origine

di questa evoluzione sarebbe la diversa percezione dei campi, propri dei quattro criteri. Se i vitia per immutationem, sentiti come riguardanti la latinitas, potevano a buon diritto essere considerati errori, quelli per adiectionem, detractionem et permutationem erano, piuttosto, ritenuti variazioni linguistiche, inerenti l’ambito dell’ornatus. Cfr. BARATIN 1989, 284-285. DESBORDES 1983, 29 sottolinea, inoltre,

la maggiore attitudine dell’analisi per immutationem ad illustrare i diversi tipi di cambiamento, nonostante alcune difficoltà concettuali, dovute soprattutto agli “one-word solecisms” (cfr. n. 183 supra).

186 Quint., inst. 1, 5, 38-41: Per quot autem et quas accidat species (scil. soloecismus), non satis convenit. Qui

plenissime, quadripertitam volunt esse rationem nec aliam quam barbarismi, ut fiat adiectione “nam enim”, “de susum”, “in Alexandriam”, detractione “ambulo viam”, “Aegypto venio”, “ne hoc fecit”, transmutatione, qua ordo turbatur, “quoque ego”, “enim hoc voluit”, “autem non habuit”: ex quo genere an sit “igitur” initio sermonis positum dubitari potest, quia maximos auctores in diversa fuisse opinione video, cum apud alios sit etiam frequens, apud alios numquam reperiatur. Haec tria genera quidam diducunt a soloecismo, et adiectionis vitium pleonasmon, detractionis elleipsin, inversionis anastrophes vocant: quae si in speciem soloecismi cadat, hyperbaton quoque eodem appellari modo posse. Inmutatio sine controversia est, cum aliud pro alio ponitur. Per l’analisi del passo cfr. la n. 185 supra.

187 Diomede, GLK 1, 453, 29-34: soloecismus fit modis generalibus quattuordecim, aut, ut quidam aiunt,

quindecim: inmutatione generum tam nominis quam pronominis, casuum numerorum personarum temporum, per qualitatem verborum, per modos verborum, per adverbia, per praepositiones, per gradus colationis, per geminationem abnuendi, per accentus, per ordinis inmutationem. Cominiano apud Char. 351, 14-15 B.: fit autem [scil. soloecismus] aut per partes orationis aut per accidentia partibus orationis. Donato, GLK 4, 393, 19-20:

possono prodursi per partes orationis o per accidentia partium orationis

188

. Quasi nulle presso gli

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