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Le testimonianze si accordano nelle linee essenziali: Nevio offese uno o più esponenti della nobiltà, in particolare del clan dei Metelli, e fu perciò punito 125 Fonte ultima della notizia,

exemplum quid immerentibus noces, quid invides amici? Nam ‘mal um dabunt Metell i’ simile est illi ‘quid invides amicis’, cui detracta syllaba prima facit phallicon metrum, ‘invides amicis’. Ex quibus compositus est saturnius, ut sit par huic, quid invides amicis, invides amicis, hoc modo, malum dabunt Metell i Naevio po etae (GLK 6, 266, 4-16).

123 Et Naevio poetae sic ferunt Metellos / cum saepe laederentur, esse comminatos, / ‘dabunt mal um Metell i

Naevio po etae’. / D abunt malum Metell i, clauda pars dimetri: / dabunt malum Metelli, / adest celer phaselus, / Memphitides puellae, / tinctus colore noctis. / Post Naevio po etae tres vides trochaeos: / nam nil obest trochaeo, longa quod suprema est. / Et choriambus unus / praeditus antibaccho / claudicat, ut priores. / Videro, si novelli / versus erit poetae; / lex tamen una metri est: / tinctus colore noctis, / dabunt malum Metelli: / ‘Inachiae puellae / seu bovis ille custos’. / Colon et hoc in usu / carminis est Horati. / Tu genus hoc memento / reddere, cum reposcam (GLK 6, 400, 2515-401, 2538). Terenziano, grammatico di origine africana, redasse il suo de metris fra il II e il III secolo d.C., impiegando come fonte precipua l’opera di Cesio Basso: SCHANZ-HOSIUS 1922, 25-28; WESSNER 1934, 587-591.

124 Nam uno pede in capite hendecasyllabi posito saturnius versus fiet, cuius exemplum Metelli proposuerunt de

Naevio aliquotiens ab eo lacessiti ita, mal um dabunt Metel li Naevio poetae. Nam ‘mal um dabunt Metell i’ clauda pars dimetri iambici est: dehinc ‘Naevio po etae’ tribus trochaeis constat, quod phalaecium vocamus, nec quicquam oberit trochaeo quod suprema longa est, quod semper in metris indifferenter, sicut superius diximus, ponitur ultima syllaba. Habet autem tres iambos cum syllaba et tres trochaeos. Ergo erit prima pars, id est ‘mal um dabunt Metelli,’ talis, qualis est ‘adest celer phaselus,’ item ‘Memphitides puellae’; sequens ‘Naevio poetae’ talis, ut est ‘Bacche plaude Bacche’ (GLK 6, 139, 16-27). La sezione 31, 17 – 173, 32 dell’ars grammatica, registrata dalla tradizione manoscritta e da GLK 6 sotto il nome di Mario Vittorino, è da attribuire con ogni probabilità ad Aftonio: SCHANZ-HOSIUS 1914 (=1970),152-153; WESSNER 1930, 1843-1844; MARIOTTI 1967, 47 sg.; HERZOG-SCHMIDT 1993A, 155-157 Questo metricista, collocabile con qualche incertezza nella prima metà del IV secolo, mescola i sistemi “alessandrino” e “pergameno”. Fonti per il secondo sono Cesio Basso, Terenziano Mauro e Tacomesto; quest’ultimo redasse, intorno al II-III sec. d.C., un’opera a noi non pervenuta, di apparentemente modesto valore, rifacendosi Varrone e ai trattati greci: WESSNER 1934A; HERZOG- SCHMIDT 1993, 285. La provenienza, in particolare, da Cesio Basso della sezione sul Metellorum versus, di cui è evidente l’analisi secondo il modello “pergameno”, è corroborata dall’analoga frase che ne descrive, nei due trattati, le circostanze di composizione. Per il sistema dei metra prototypa Aftonio si avvale, invece, di Giuba (fine II sec. d.C.), la cui opera ebbe larga fortuna presso i grammatici successivi: cfr., oltre le fonti citate supra, SCHULTZ 1885; GOETZ 1894; KROLL 1916;

SCHANZ-HOSIUS 1922, 172-175. A Giuba si rifanno anche, fra III e IV secolo, Atilio Fortunaziano e Sacerdote, che tramandano il Metellorum versus come exemplum di saturnio, ma senza riferire l’aneddoto correlato (GLK 6, 294, 3; 531, 17). Fortunaziano mescola, nel proprio trattato, l’opera di Giuba a quella di Cesio Basso; Sacerdote sembra, invece, ricorrere più volentieri a fonti greche: CONSBRUCH 1896; SCHANZ-HOSIUS 1914 (=1970), 148-149; SCHANZ-HOSIUS 1922, 169-172; WESSNER 1920; DE NONNO 1988; HERZOG-SCHMIDT 1993, 285-286; KASTER 1997, 409 (su Fortunaziano).

125 All’interno di questo quadro si colgono differenze nell’identità degli offesi e nelle modalità della

punizione. Gellio parla a 3, 3, 15 dei Metelli, in accordo con Cesio Basso, Terenziano Mauro, Aftonio, Girolamo e lo pseudo-Asconio, mentre a 7, 8, 4-6 fa riferimento agli Scipioni; in NA 3, 3, 15 Nevio viene imprigionato, mentre Girolamo sembra menzionare l’esilio. Di una replica in versi dei Metelli parlano, infine, i metricisti e lo pseudo-Asconio. Su tali dati si è lungamente dibattuto, anche in riferimento alla possibile allusione plautina di Mil. 211 (cfr. infra). Secondo MARX 1911, 60

distorsione delle norme sul malum carmen contenute nelle leggi delle 12 Tavole: sarebbe, questa, la pena descritta da Gellio, NA 3, 3, 15. La seconda condanna sarebbe sopravvenuta nel 201 a. C., per l’attacco a Scipione: il poeta avrebbe subìto la pena della furca, cui sembra alludere Plauto, e in seguito l’esilio. L’ipotesi delle leggi delle 12 Tavole è ripresa anche da FRANK 1927, HERRMANN

1937 e ROBINSON 1946. Considerazioni di ordine giuridico spingono, tuttavia, a rigettare l’ipotesi della doppia carcerazione e, in particolare, dell’esilio in seguito alla furca. Quest’ultima era, infatti, in pratica una pena di morte; sarebbe stato quindi impossibile optare in seguito per l’allontanamento da Roma. Essa veniva inoltre applicata una sola volta, rendendo così poco verosimile l’accenno plautino, che descrive una situazione che perdura nel tempo (Plaut., Mil. 212: semper totis horis, cfr. testo nella n. 134). Le leggi delle 12 Tavole sembrano, infine, intendere come malum carmen non le satire o gli insulti, ma gli incantesimi a scopo di maledizione: DE SARLO 1935, 215-226;

MARMORALE 1950, 91-104; 108-112; SANTALUCIA 1999, 28-29; SUERBAUM 2002, 309-310 n. 10. Gli studiosi successivi a Marx, e che ritengono vera la notizia sulla prigionia di Nevio (su questa polemica cfr. n. 131), sono, quindi, concordi nel ritenere che si sia trattato di una sola incarcerazione. Alcuni vi leggono un provvedimento di coercitio: si tratta dell’imprigionamento, che i magistrati potevano ordinare nei confronti dei reticenti ai loro ordini, e che era messo in atto dai tresviri capitales, conformemente a quanto si legge in NA 3, 3, 15. Due le occasioni possibili per il provvedimento; secondo la prima ipotesi Q. Cecilio Metello, dittatore fra la fine del 206 e il 205, l’avrebbe ordinato come favore a Scipione, vittima della battuta riportata da Gellio, NA 7, 8, 5: MARMORALE 1950, 104-108. Lo stesso Q. Cecilio Metello potrebbe, in alternativa, aver fatto

arrestare il poeta per vendicarsi del verso fato Metelli...: DE SARLO 1935, 224-226. Anche FERRERO

1941 sembra ricollegare le disavventure di Nevio alla famiglia dei Metelli; costoro erano, infatti, alleati dei Livi, i creatori del collegium scribarum histrionumque, un organo il cui probabile orientamento “politico” avrebbe suscitato le reazioni del poeta campano. L’ipotesi della coercitio è tuttavia, a sua volta, messa in discussione. I primi dubbi sono sollevati da MATTINGLY 1980, 419 e n. 23, secondo

cui il linguaggio, usato da Gellio, ricondurrebbe non a semplici offese, ma a un vero e proprio reato di nominatio, contro cui la coercitio sarebbe stata insufficiente. A questi dati SANTALUCIA 1999, 32-34

aggiunge che l’imprigionamento a seguito di coercitio era quantificabile in poche ore: inconciliabile, pertanto, con la notizia di Gellio, NA 3, 3, 15, secondo cui Nevio scrisse in carcere due commedie. Lo studioso propone, quindi, l’ipotesi di una carcerazione preventiva, durante la quale Nevio decise di optare per l’esilio a Utica; a un esilio volontario pensava, del resto, già SABBADINI 1935, 29. Altri interpreti vedono nel ritiro a Utica un generico allontanamento da Roma. Primo fra questi MARMORALE 1950, 131-137, che mette in dubbio anche il 201 come data di morte, correggendo il moritur del Chronicon in moratur: la data sarebbe quella dell’ultima notizia certa riguardo al poeta, ossia la residenza in Sicilia. Pensano a una partenza volontaria di Nevio anche GRIFFITH 1961, 121-126; JOCELYN 1969A, 41-42; SUERBAUM 2002, 309-310 e n. 10. All’interno di questa corrente esegetica LUPPINO 1972, 101 ritiene lo scambio di versi con i Metelli una sorta di divertissement letterario, non passibile, dunque, di punizioni. La teoria di Luppino è analoga a quella esposta da KROLL 1931: Nevio sarebbe morto a Utica durante un viaggio al seguito di Scipione, di cui sarebbe stato cliente; i versi antiscipioniani andrebbero letti come un motteggio nello spirito dei carmina triumphalia. La teoria di Kroll è confutata da FERRERO 1940, 91, che pure concorda sulla natura scherzosa

dell’attacco a Scipione, e da MARMORALE 1950, 101-104 (cfr. anche bibliografia relativa). I moderni esegeti delle Verrinae sono concordi nel segnalare, ad Verr. 29, che Nevio fu imprigionato nel 206 a opera dei Metelli: DE LA VILLE DE MIRMONT 19603; BELLARDI 1978; MARINONE-FIOCCHI 20046;

di diverso avviso ZUMPT 1831, su cui cfr. n. 118. La stessa opinione è anche di ROSTAGNI 1944,

secondo la maggioranza degli studiosi, Varrone, che attingerebbe a sua volta a una biografia

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