Sommario: 1. Introduzione. 2. La conoscibilità della legge come questione di rilevanza costituzionale. 2.1. Conoscibilità della legge e tecnica legislativa. 2.2. Conoscibilità della legge e interpretazione. 2.3. Conoscibilità della legge e divulgazione. 3. Osservazioni conclusive.
1. Introduzione
Il modo in cui il Parlamento – e, dunque, le procedure, le attività, gli atti da esso posti in essere – vengono percepiti al di fuori del Palazzo è un tema di non secondaria importanza, in un momento storico nel quale la diffusione delle informazioni, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti dell’esistenza, individuale e col- lettiva, si prefigura come un tratto caratteristico della società nel suo complesso e ne contraddistingue un agire teso alla trasparenza e alla migliore fruibilità dei contenuti divulgati.
Essendo questo un modo ormai comune di strutturare i rapporti normal- mente intercorrenti tra privati, non si vede per quale ragione il più importante organo costituzionale non dovrebbe essere altrettanto votato alla massima cir- colazione delle informazioni relative al proprio operato, nella consapevolezza che ciò incide positivamente sia sulla qualità della democrazia, sia sul grado di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. In tal senso, rendere conoscibile presso i suoi destinatari l’atto che meglio di ogni altro identifica il Parlamento, ossia la legge, appare un’operazione irrinunciabile e di grande rilievo sul piano delle relazioni tra governanti e governati, sempre più esposte a rischi di frattura, di collisione e a continui allontanamenti.
Perché tali rischi vengano scongiurati o almeno minimizzati, è indispensabile costruire un ponte comunicativo tra l’istituzione e i cittadini, proprio per fare in modo che la percezione che questi ultimi hanno di essa sia di vicinanza e inclu- sione, non di lontananza e opposizione. Rendere conoscibile la legge significa, dunque, facilitare un processo di interazione comunicativa che auspicabilmente conduca, dal punto di vista dell’emittente, alla divulgazione di un messaggio chiaro e univoco, e, dal punto di vista del destinatario, a una ricezione diretta e non mediata da interferenze esterne rispetto al circuito ora descritto. È, infatti, innegabile, che, in mancanza di una strategia divulgativa istituzionalizzata e ben
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codificata, tale adempimento venga svolto da soggetti che, nella stragrande mag- gioranza dei casi, non hanno interesse a diffondere i contenuti legislativi in modo neutro e imparziale e finiscono in tal modo per ingenerare confusione e frainten- dimenti che orientano in un senso o nell’altro la percezione che di quegli stessi contenuti i destinatari hanno.
La qualità della comunicazione diviene parametro della qualità dell’interazio- ne democratica e finisce per condizionare profondamente la correttezza dell’in- formazione circolante. Il modo in cui il Parlamento comunica – o non comunica – con l’esterno influenza la qualità complessiva del livello di conoscenza delle sue leggi e, in via generale, il modo in cui esso viene percepito dai cittadini, per cui è lecito chiedersi se gli strumenti e le strategie divulgative attualmente utilizzate soddisfino o meno le esigenze di conoscibilità dell’atto che meglio di ogni altro identifica il ruolo e la funzione dell’organo.
2. La conoscibilità della legge come questione di rilevanza costituzionale
Rendere la legge maggiormente conoscibile non è soltanto l’auspicio di chi genericamente si augura la massima trasparenza da parte delle istituzioni, ma un vero e proprio obbligo costituzionale a cui queste sono chiamate, affinché l’as- solvimento del dovere di osservare le leggi da parte dei cittadini di cui all’art. 54 della Costituzione non venga ostacolato proprio da chi deve garantirne l’adempi- mento. Peraltro, la legge va considerata come vero e proprio atto comunicativo – seppur di natura del tutto peculiare – mediante il quale il cittadino recepisce una serie di regole poste sì dal Parlamento, ma in definitiva autoprodotte attraverso i meccanismi della rappresentanza democratica2.
In questo senso, si comprende l’importanza di un flusso informativo chiaro e costante che permetta all’organo rappresentativo, da un lato, di soddisfare il principio di pubblicità delle leggi costituzionalmente imposto tramite l’utilizzo di strumenti ufficiali atti allo scopo, e al cittadino, dall’altro, di entrare in possesso del patrimonio legislativo accedendo ad esso senza eccessivo sforzo.
Il discorso sulla conoscibilità, tuttavia, è piuttosto complesso e non si sviluppa soltanto intorno alla possibilità di entrare concretamente in possesso del testo della legge, ma anche di penetrarne il senso e comprenderlo per quanto possi- bile con il minor ricorso a operatori specializzati da parte dell’interprete, dal cui grado di alfabetizzazione dipenderà poi la capacità di leggere solo la superficie o anche la profondità del testo medesimo.
Si può dunque dire che esistano almeno tre piani, distinti ma interconnessi, su cui la conoscibilità della legge – concetto complesso e multisfaccettato – si artico- la: quello testuale, coincidente con il momento della scrittura, rispetto al quale è competente il legislatore; quello applicativo-interpretativo, in cui sono coinvolti gli apparati amministrativi e gli organi giurisdizionali; quello divulgativo, che interessa i destinatari delle norme. All’interno di questo triangolo regolatorio, si inseriscono tutti i discorsi possibili sulla qualità delle regole, nella consapevolez- za, tuttavia, che il momento della redazione del testo precede e condiziona gli
2 Sul tema della conoscibilità in generale, sia consentito il rinvio a B. Malaisi, La conoscibili- tà della legge, Padova, Cedam, 2012.
altri due. Si tratta pertanto di aspetti che, pur concorrendo a definire i confini di una medesima problematica, vanno considerati separatamente, poiché ciascuno di essi implica una serie di riflessioni incidenti su versanti diversi dell’attività legi- slativa, da affrontarsi con strumenti e in tempi necessariamente differenti. 2.1. Conoscibilità della legge e tecnica legislativa
La riflessione scientifica sul modo in cui le leggi vengono scritte è uno dei tòpoi più ricorrenti nella letteratura giuspubblicistica. La chiarezza delle norme è sem- pre stato un tema di grande interesse per la dottrina, nella consapevolezza che non si tratti di una questione superficialmente inerente alla mera formulazione del testo, ma finisca per toccare aspetti sostanziali di politica della legislazione. La forma che un determinato messaggio normativo assume, dunque, incide sia sull’impatto che le regole prodotte hanno sull’ordinamento nel suo complesso, sia sulla comprensibilità del messaggio medesimo, risultando, in definitiva, molto più rilevante di quanto si sia disposti a riconoscere a uno sguardo veloce e non troppo attento. Nella guida alla redazione dei testi normativi emanata nel 2001 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si constata, a ragione, che «la norma giuridica non è neutra, ma anzi orienta la dislocazione di risorse materiali e umane. Essa è quindi parametro di efficienza o d’inefficienza del sistema econo- mico e sociale»3.
Avvalersi delle regole di tecnica legislativa codificate nell’ordinamento, dun- que, non si riduce a uno sterile esercizio linguistico, ma, piuttosto, risulta essen- ziale rispetto alla creazione di un tessuto normativo ordinato e intellegibile, volto a soddisfare le esigenze cognitive e applicative dei pubblici poteri, degli operatori del diritto ma anche di imprese e cittadini4. È innegabile che gli effetti benefici di una buona legislazione si riversino positivamente sul sistema politico-istituzio- nale, su quello economico e su quello sociale, i quali possono, allo stesso modo, risultare in varia misura danneggiati da una legislazione caotica e mal elaborata5.
Da qualche anno a questa parte, le tematiche connesse alla tecnica legislativa hanno perso attrattiva agli occhi degli studiosi e dei soggetti istituzionali, proba- bilmente nella consapevolezza della scarsa cogenza delle regole di tecnica legisla- tiva e della insufficiente attenzione che il legislatore presta ad esse nella scrittura dei testi6. Peraltro, che il drafting non sia una priorità è testimoniato anche da un
³ Circolare 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92, p. 1.
4 Per un recente esempio di cattiva legislazione, cfr. S. Staiano, Tecniche normative e qualità della normazione: il caso della Città metropolitana, in www.federalismi.it, n. 3/2014, il quale, in chiusura della sua analisi, definisce la cattiva qualità della legislazione quale manifestazione di estrema debo- lezza del legislatore.
5 Come scrive M. Raveraira, Presentazione del Focus semplificazione e qualità della normazione, in «Federalismi», 2009, pp. 1-2: “La nozione di ‘qualità’ della normazione non viene più riferita solo a quella ‘formale’ dei testi normativi, che debbono essere chiari, intellegibili, accessibili, bensì anche a quella ‘sostanziale’: ad una ‘qualità’ cioè che garantisca un livello qualitativo elevato del rapporto autorità-cittadini e autorità-imprese, per il tramite di regole ‘buone’ in quanto il loro contenuto sia conseguente ad una adeguata progettazione in vista del raggiungimento di obiettivi condivisi, in grado perciò di assicurare l’effettività dei diritti e delle libertà fondamentali”.
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recente rapporto del Comitato per la legislazione7, nel quale si legge che il tasso di recepimento delle proprie osservazioni non ha superato il trenta per cento del totale delle osservazioni sollevate8 e si chiude con l’auspicio che «Parlamento e Governo sappiano collaborare per legiferare meglio, al fine di assicurare a tutti i destinatari delle norme quella certezza del diritto in nome della quale opera fin dalla sua nascita il Comitato per la legislazione».
Si è costretti a rilevare ancor oggi l’elaborazione di testi confusi, poco chiari, talora decisamente criptici, che certo non favoriscono una comunicazione effica- ce del messaggio legislativo. Sorge, a tal proposito, il dubbio che il drafting non venga considerato come elemento autonomo di miglioramento della legislazione, ma piuttosto come strumento utile a “forzare” certe interpretazioni o ad ottenere il consapevole raggiungimento di un certo grado di imprevedibilità in ordine agli esiti applicativi della legislazione stessa. Eppure, una corretta formulazione linguistica della legge è, come si è detto, il primo passo verso un ordinamento coerente e ben strutturato, che ha il giusto riguardo del principio di certezza del diritto inteso quale elemento di ragionevole prevedibilità delle conseguenze che il diritto ricollega all’agire del soggetto9.
Se il principio di certezza è comunque sostenuto e garantito da un normale margine di flessibilità interpretativa ascrivibile a una corretta formulazione lin- guistica dei precetti, esso, al contrario, subisce un grave vulnus “là dove l’erronea formulazione della legge incida in modo decisivo sull’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale e indispensa- bile dello Stato di diritto”10. La chiarezza delle norme, pur non espressamente
bile il punto di vista di R. Romboli, Tecnica legislativa e qualità della legislazione: l’inidoneità del giudizio costituzionale a verificarne i vizi, in «Foro italiano», 2008, p. 1425, il quale afferma che «il campo della progettazione legislativa appare infatti a forte dominanza politica e prevalgono pertanto inevita- bilmente gli accordi politici, assumendo di conseguenza le procedure e le tecniche di legislazione carattere sovente strumentale rispetto a ciò che risulta essere davvero importante, ossia il persegui- mento dell’obiettivo sostanziale prefissato».
7 Il riferimento è al Rapporto sull’attività svolta dal Comitato per la legislazione, sesto turno di Presidenza, Presidente On. Doris Lo Moro, aggiornamento al 5 febbraio 2013, p. 16. L’organo evidenzia una serie di problematiche connesse alla cattiva elaborazione delle leggi, sottolinean- do, in primo luogo, una concentrazione in un numero ridotto di provvedimenti di una notevole quantità di disposizioni; in secondo luogo, l’utilizzo di una struttura e di una formulazione dei testi che ne rendono sempre più disagevole la lettura, per l’ampiezza e l’articolazione delle singole parti normative (in particolare, articoli e commi) e per la dispersione e talora la dissoluzione dei precetti normativi in espressioni prevalentemente costituite da indicazioni di finalità, di motiva- zioni e del contesto nel quale le norme sono chiamate ad operare; in terzo luogo, il rinvio a una imponente mole di provvedimenti attuativi, che spesso esulano dal sistema delle fonti, prevedendo adempimenti che appaiono atipici o talora indefiniti; in quarto e ultimo luogo, la presenza di una complicata stratificazione normativa, resa ogni giorno più consistente in forza della sempre più pronunciata volatilità delle norme e la sovrapposizione al tessuto vigente di disposizioni prive delle necessarie clausole di coordinamento.
8 Rapporto sull’attività svolta dal Comitato per la legislazione, cit., p. 7. Di funzione “meramente pedagogica” del Comitato parla M. Manetti, Procedimenti, controlli costituzionali e conflitti nella formazione degli atti legislativi, relazione al Convegno AIC 2010, in www.rivistaaic.it, 2010, p. 7.
9 Così M. Corsale, Certezza del diritto. Profili teorici, in «Enciclopedia giuridica», VI, TRoma, reccani, 1988, p. 1.
10 In questi termini, G.M. Salerno, La tecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giurispru-
e specificamente tutelata da alcuna disposizione costituzionale, si traduce in un’irrinunciabile istanza di civiltà giuridica11 e interessa trasversalmente tutto il testo fondamentale, legandosi ad alcuni enunciati in particolare che ne rendono comunque manifesto l’aggancio al più alto livello delle fonti: si pensi agli articoli 54 – già citato – 72, 73, 97, 101, ma anche 1, che codifica il principio democratico e rileva sotto il suo aspetto di disposizione inclusiva e partecipativa tesa a garanti- re il massimo coinvolgimento possibile dei cittadini nella vita pubblica. Laddove non vi siano trasparenza e comprensibilità degli atti posti in essere dai pubblici poteri – in primis, delle leggi – i cittadini sono sudditi, perennemente esposti agli arbitrii di una normazione oscura e inintelligibile12.
Lingua e diritto, tecnica e politica si fondono perché la democraticità dell’or- dinamento, intesa quale apertura e disponibilità di esso a favorire i processi partecipativi da parte della cittadinanza, risulti quanto più ampia possibile, nella consapevolezza che la lingua non è semplicemente la forma di cui la volontà legislativa si riveste, bensì «il grande portone attraverso il quale tutto il diritto entra nella coscienza degli uomini»13. Da tale considerazione, si evince altresì l’importanza di una stretta collaborazione tra linguisti e giuristi, i quali potreb- bero reciprocamente condividere gli uni con gli altri, come è stato giustamente osservato14, da un lato la consapevolezza linguistica, dall’altro la sistematicità e l’istituzionalità della lingua, così da ridurre al minimo i rischi di una cattiva reda- zione delle norme.
Il profilo formale della scrittura delle leggi è una tessera del mosaico della conoscibilità di cui non si può fare a meno, poiché è il passaggio che condiziona quelli successivi, rendendoli più o meno difficoltosi a seconda dell’accuratezza con cui esso è stato svolto. Il Parlamento ha dimostrato di essere sensibile al tema, sia attraverso le modifiche dei regolamenti parlamentari, sia mediante l’istitu- zione del Comitato per la legislazione, quale organo specificamente preposto al controllo del rispetto delle regole sulla qualità degli atti normativi; pertanto, gli strumenti a presidio della qualità della legislazione sono presenti nell’ordina- mento, ma è pur vero che questi scontano una serie di difficoltà sui piani politico, giuridico e culturale15 che impediscono alle pratiche di better regulation di dispie- gare i loro effetti benefici fino in fondo.
Una recente pronuncia della Corte costituzionale, la n. 70 /201316, riporta le denza costituzionale più recente, in «Rassegna parlamentare», 1997, pp. 1065-1066.
11 In tali termini M. Ainis, La legge oscura. Come e perché non funziona, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 121.
12 M. Ainis, Il coordinamento dei testi legislativi, in Id., Le parole e il tempo della legge. Miscellanea di studi e materiali, Torino, Giappichelli, 1996, p. 45.
13 A. Merkl, Das doppelte Rechtsantlitz, in C. Geraci (trad. it a cura di), Il duplice volto del dirit- to, Milano, Giuffrè, 1987 p. 125.
14 S. Cavagnoli, Linguaggio giuridico e lingua di genere: una simbiosi possibile, Alessandria, Edi- zioni dell’Orso, 2013, p. 81.
15 Cfr. L. Di Majo, Sulla qualità della legislazione: profili critici e nuove prospettive nella stagione delle riforme, in «Federalismi», n. 12/2016, p. 2 ss.
16 A commento, si vedano M. Picchi, Tecniche normative e tutela del buon andamento della pubbli- ca amministrazione: dalla Corte costituzionale un nuovo impulso per preservare la certezza del diritto (osservazio- ni a margine della sentenza n. 70/2013), in «Federalismi», n. 21/2013, e D. Paris, Il controllo del giudice costituzionale sulla qualità della legislazione nel giudizio in via principale, in «Forum costituzionale», 2013.
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questioni relative alla tecnica legislativa sotto i riflettori, per un verso ripercorren- do temi e argomenti già utilizzati in precedenza, per altro verso, invece, innovan- do significativamente quanto alla possibilità di sindacare leggi che si discostino dai parametri di buona normazione finendo per incidere in modo negativo sul principio di buon andamento sancito all’art. 97 della Carta fondamentale. La Consulta traccia una nuova strada che, a ben vedere, potrebbe consentire di superare il fatto assai limitante della pressoché nulla vincolatività delle regole di drafting che, allo stato attuale, consente al legislatore di ignorarle con la più asso- luta disinvoltura senza temere alcun tipo di sanzione conseguente17.
Nella sentenza indicata, la Corte non si discosta dalla sua giurisprudenza pre- cedente18, continuando a non considerare la certezza del diritto alla stregua di un autonomo parametro costituzionale, ma, come dato innovativo, ricostruisce le proprie argomentazioni intorno al nesso tra una cattiva tecnica legislativa e la lesione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, il che consente un deciso ampliamento dei casi in cui è possibile pervenire a una declaratoria di incostituzionalità a partire da un utilizzo improprio delle regole di buona scrittura delle leggi. L’oscurità della legislazione diviene bersaglio della censura del giudice in quanto lesiva di precisi beni giuridici costituzionalmente tutelati e, in particolare, rivela in maniera piuttosto chiara il legame tra Legislativo ed Esecutivo e la rilevanza che una legge ben formulata riveste rispetto a quest’ul- timo, il quale ha la responsabilità di attuare e rendere concretamente eseguibile il disposto normativo da parte delle pubbliche amministrazioni competenti.
Le questioni legate alla tecnica legislativa sono, dunque, molto meno irrile- vanti di quanto si sia indotti a ritenere, poiché il rispetto formale e sostanziale delle regole che di essa costituiscono il contenuto produce, a cascata, una serie di conseguenze piuttosto significative sulla strutturazione dei rapporti tra poteri, che si modificano e si bilanciano diversamente in rapporto alla chiarezza degli enunciati legislativi. Non sembra affatto marginale sottolineare che non si è più soltanto di fronte a questioni di carattere meramente tecnico-formale, ma ci si prova con aspetti che attengono direttamente alla sostanza della forma di gover- no nel senso più ampio del concetto, che interessa tanto i rapporti tra i poteri, quanto quelli tra governanti e governati19.
17 Cfr. R. Pagano, Introduzione alla legistica. L’arte di preparare le leggi, Milano, Giuffrè, 2004, p. 71, il quale definisce le regole di drafting “una autorevole esortazione, ma nulla di più”.
18 Sull’argomento, cfr. G.M. Salerno, La tecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giuri- sprudenza costituzionale più recente, in «Rassegna parlamentare», 1997, p. 1041; R. Romboli, Tecnica legislativa e qualità della legislazione: l’inidoneità del giudizio costituzionale a verificarne i vizi, in «Foro italiano», 2008, p. 1424; A. Vedaschi, Le tecniche legislative e la giurisprudenza della Corte costituzionale, in «Iter legis», 1999, p. 415 ss.; V. Pamio, Corte costituzionale e tecniche legislative. Il triennio 2002-2004, in «Diritto e società», 2005, p. 75 ss.; P. Torretta, Qualità della legge e informazione parlamentare. Contributo allo studio dell’indagine conoscitiva nel procedimento legislativo, Napoli, ESI, 2007, p. 62 ss.; E. Longo, Il contributo della Corte costituzionale alla qualità della normazione, in P. Caretti (a cura di), Os- servatorio sulle fonti 2007. La qualità della regolazione, Torino, Giappichelli, 2009, p. 51 ss.
19 A. Morrone, Introduzione, in Aa.Vv., La qualità della legislazione regionale, «Quaderni di Istituzioni del federalismo», n. 1/2011, p. 6, il quale prosegue: «Lo schema oppositivo, tecnica ver- sus politica, con il quale si affrontano e si interpretano ordinariamente le questioni di qualità della regolazione va più proficuamente sciolto in chiave di reciproca integrazione. La qualità della rego- lazione, infatti, non è contro la libertà della politica, ma attiene essa stessa all’essenza del politico:
2.2. Conoscibilità della legge e interpretazione
Una più o meno “buona” redazione della legge si riflette sugli equilibri isti- tuzionali in modo tale che a una ambigua e poco chiara elaborazione legislativa corrispondono, di conseguenza, ondeggiamenti interpretativi che non favorisco- no stabilità ermeneutica né certezza del diritto – nel senso di «prevedibilità delle conseguenze che il diritto connette all’agire del soggetto»20 – contribuendo in tal modo ad alterare in senso negativo la percezione del Parlamento dall’esterno, del quale viene sottolineata l’incapacità di elaborare norme che non si prestino ad applicazioni altalenanti ed eccessivamente discrezionali.
Il principio che, in questo caso, viene leso è, chiaramente, quello della sepa-