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Sommario: 1. Le ragioni di un interrogativo. 2. La pubblicità dei lavori nella Costituzione e nei regolamenti parlamentari: caratteristiche e strumenti. 3. Una rassegna delle propo- ste di modifica. 4. Conflitto vs consenso: le possibili ipotesi di bilanciamento.

1. Le ragioni di un interrogativo

La richiesta di una maggiore pubblicità dei lavori parlamentari è andata di pari passo con l’allargamento delle fondamenta democratiche dei sistemi istituzionali contemporanei basati sulla rappresentanza. Questa condizione ha imposto che le attività dei rappresentanti venissero sottoposte ad un controllo dal basso e dunque ha determinato richieste sempre più insistenti di una maggiore trasparenza delle attività svolte.

Con il passare del tempo, dunque, la pubblicità dei lavori parlamentari ha accompagnato la nascita dell’opinione pubblica2: un soggetto il quale, anche in considerazione degli sviluppi tecnologici dei mezzi di informazione, ha posto in essere un controllo sempre più incisivo sull’operato dei rappresentanti.

Con l’espressione “pubblicità dei lavori” ci si riferisce, in linea generale, non solo alla possibilità che alle sedute degli organi parlamentari assista il pubblico, ma anche all’insieme delle modalità, e dei relativi strumenti, con i quali si dà conto all’esterno dell’attività svolta.

In passato, le tecnologie consentivano solo marginalmente di conoscere i lavori delle assemblee rappresentative per il tramite delle trasmissioni televisive o radiofoniche ovvero del materiale pubblicato in formato cartaceo. L’avvento di internet ha invece permesso a ciascun singolo individuo di interfacciarsi diretta- mente con le istituzioni. E il potenziamento nel tempo di tali strumenti ha gene- rato un’aspettativa di conoscibilità di contenuti e procedimenti sensibilmente più marcata.

Di notevole impatto, ad esempio, sono risultati la diffusione e il potenzia- mento di siti internet di monitoraggio dei lavori, dedicati sia alla ricostruzione dell’iter dei diversi provvedimenti, sia alla valutazione delle performance dei singoli

1 Ricercatore in Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Uni- versità degli Studi di Urbino Carlo Bo.

2 V. in questo senso l’approfondimento contenuto in L. Gianniti - N. Lupo, Corso di diritto parlamentare, Bologna, il Mulino, 2013, in particolare p. 291 ss.

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parlamentari sulla base di indicatori quantitativi e, in parte, qualitativi3.

L’informatizzazione crescente, lo sviluppo repentino dei mezzi di informazio- ne e la digitalizzazione sempre più significativa dei contenuti, unitamente alla mediatizzazione di molti dei comportamenti dei parlamentari in particolare e del dibattito pubblico in generale, hanno dunque determinato la sensazione di una crescente necessità di ampliare il regime di pubblicità dei lavori delle assem- blee rappresentative, quasi come a voler instaurare un legame diretto virtuale fra elettori ed eletti, mettendo in secondo piano il ruolo di mediazione svolte dalle assemblee parlamentari. Non a caso, in dottrina si è parlato di una «trappola della trasparenza»4 in cui esse rischiano di cadere.

Nella peculiare situazione italiana, questa esigenza di trasparenza è stata rivendicata a più riprese5 anche con toni polemici, determinati dalla sfiducia da cui sono state investite in diversi momenti storici le forze politiche e gli apparati pubblici, anche rappresentativi. Nel suo insieme, peraltro l’ordinamento parla- mentare italiano non si è mai caratterizzato per un grado di pubblicità partico- larmente elevato6, come quello che, invece, si riscontra in altri parlamenti, quali quello statunitense7, inglese8 o anche rispetto al Parlamento europeo9.

A partire dagli anni novanta, la crisi del sistema partitico e la sua ricomposi- zione successiva sono state, di conseguenza, accompagnate dalla comparsa nella scena nazionale di forze politiche connotate da toni populistici e individualistici, che hanno posto l’accento in maniera sempre più marcata sulla necessità di controllare, con tutti i mezzi a disposizione – facendo leva dunque anche su una maggiore pubblicità dei lavori – l’operato degli eletti.

3 Si pensi ad esempio al sito internet openpolis.it che, nella sezione openparlamento.it, ha calcolato un vero e proprio «indice di produttività parlamentare» basato sulla presentazione di do- cumenti da parte degli eletti, sulla presenza alle sedute e su altri indicatori. Quando lo strumento fu presentato per la prima volta, si determinò una vera e propria rincorsa – non sempre esemplare – da parte dei parlamentari alla predisposizione di un numero elevato di progetti di legge, al fine di ottenere una posizione in graduatoria migliore nella classifica predisposta.

4 C. Fasone - N. Lupo, Transparency vs. Informality in Legislative Committees: comparing the US House Representative, the Italian Chamber of Deputies and the European Parliament, in «The Journal of Legislative Studies», 14 gennaio 2015, p. 2.

5 A fasi alterne, già a partire dalla fine degli anni sessanta sono emerse istanze di maggiore trasparenza, come dimostrano, ad esempio, le azioni di protesta del Partito radicale oppure le pro- poste avanzate nei primi anni novanta in seguito alla crisi dei partiti (ad esempio, dalla Lega nord) sino alla recente comparsa sulla scena politica nazionale di un soggetto marcatamente di rottura con i tradizionali attori politici e istituzionali come il Movimento cinquestelle.

6 Anche in riferimento al ruolo che le commissioni hanno assunto nel tempo nella deter- minazione delle dinamiche di funzionamento della forma di governo italiana. In merito v. C. Faso- ne, Sistemi di commissioni parlamentari e forme di governo, Padova, Cedam, 2012.

7 Soprattutto per quanto riguarda il livello federale e non anche con riferimento all’insie- me delle assemblee rappresentative degli stati federati, che presentano un marcato grado di etero- geneità.

8 Nel parlamento inglese la trasparenza degli atti è garantita ad un livello molto elevato, an- che se è importante notare il diverso contesto entro cui tali previsioni operano. In quel particolare ordinamento, infatti, ai fini dell’interpretazione della ratio legislatoris rileva esclusivamente l’esito complessivo del procedimento, in quanto capace di porre in essere la volontà dell’organo nel suo insieme e non anche le motivazioni, in particolari riguardanti le intenzioni di voto dei singoli, ri- portate all’interno dei resoconti parlamentari.

9 Come ricordano L. Gianniti - N. Lupo, Corso di diritto parlamentare, cit., p. 292.

Questa tendenza potrebbe tuttavia sortire degli effetti non completamente positivi, se estesa alla generalità dei lavori parlamentari. Non tutti i procedimenti, infatti, esprimono pienamente le loro potenzialità in un contesto di pubblicità, ma anzi, la sua generalizzazione potrebbe rischiare di renderli inefficaci, oppure di depotenziare le sedi entro cui si vengono a determinare. E dunque di influire negativamente sullo svolgimento di una delle principali funzioni parlamentari che si basa sulla ricerca di una sintesi politica degli interessi fra le diverse forze politiche rappresentate: la funzione legislativa.

Il lavoro qui presentato prende le mosse proprio dalla constatazione che in tempi recenti, e a partire in particolare dalla XVI Legislatura della Repubblica (2008-2013), sono state avanzate richieste sempre più insistenti indirizzate ad incrementare la portata degli strumenti di pubblicità.

Le istanze di innovazione si sono spesso tradotte in proposte di modificazione dei regolamenti parlamentari, le quali, in maniera più o meno marcata, ovvero nel contesto di ulteriori profili affrontati, sono intervenute sul regime di pubbli- cità applicabile al procedimento legislativo.

Ci si è dunque chiesti in questa sede, in particolare, se le istanze di maggio- re trasparenza dovessero estendersi, e con quale intensità, anche al delicato momento della fase istruttoria che si svolge all’interno delle commissioni parla- mentari permanenti e non solo ai lavori dell’aula. La parte dei lavori parlamenta- ri che necessita di una cautela maggiore rispetto ad un’estensione indiscriminata del regime di pubblicità dei lavori è, infatti, quella che riguarda il procedimento legislativo all’interno delle commissioni parlamentari permanenti10, quando si trovano ad avviare l’attività istruttoria su un determinato provvedimento, ed ope- rano dunque in sede referente.

Se è naturale e, per quanto riguarda il nostro ordinamento, costituzionalmen- te vincolata – come si vedrà sotto §2 – la pubblicità dei lavori per le assemblee rappresentative nel loro complesso, le stesse considerazioni non possono essere svolte anche con riferimento alle fasi endoprocedimentali, dove viene in rilievo anche l’esigenza che nelle aule parlamentari si possano effettivamente ricercare sintesi fra le diverse posizioni politiche presenti.

Nel presente lavoro si tenterà di delineare un bilanciamento possibile fra la necessità da un lato di garantire un grado più ampio di pubblicità dei lavori par- lamentari – in particolare in commissione – e, dall’altro, di far sì che i parlamenti continuino a svolgere un effettivo ruolo di mediazione fra gli interessi rappresen- tati al loro interno, alla luce del quadro di regole vigenti a livello costituzionale e regolamentare e delle proposte di modificazione che insistono sul regime di pubblicità dei lavori delle commissioni permanenti.

Si tenterà dunque dapprima di ricostruire i vincoli costituzionali e le disposi- zioni regolamentari che definiscono il regime di pubblicità dell’attività parlamen- tare – e gli strumenti attraverso cui conseguirla – con particolare riferimento al procedimento legislativo in generale e, più in dettaglio, alle fasi svolte all’interno delle commissioni permanenti (§2). Verrà poi fornita una rassegna delle prin- cipali proposte di modifica dei regolamenti presentate nel corso della attuale

10 Su cui continua ad essere di attualità la voce enciclopedica di L. Elia, Commissioni parla- mentari, in «Enciclopedia del diritto», Milano, Giuffrè, 1960, p. 895 ss.

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e precedente legislatura, in risposta alle esigenze di revisione del regime della pubblicità medesima (§3), per concludere, infine, con alcune riflessioni su quali siano i possibili punti di sintesi fra le esigenze di maggiore trasparenza, da un lato, e quelle di garantire l’efficacia dei procedimenti parlamentari e una bilan- ciata sintesi degli interessi, dall’altro (§4).

2. La pubblicità dei lavori nella Costituzione e nei regolamenti parlamentari: caratteri- stiche e strumenti

La disposizione costituzionale che direttamente sancisce il principio della pubblicità dei lavori parlamentari è l’articolo 64, il quale stabilisce, al suo comma secondo, che «le sedute sono pubbliche». Essa va letta in combinato disposto con quella contenuta nell’articolo 72, comma terzo, laddove si dispone un regime di pubblicità per le commissioni parlamentari che operano in sede legislativa, pur rinviando ai regolamenti per le determinazioni di dettaglio.

Dalle due disposizioni costituzionali richiamate11, il principio della pubblicità viene dunque a configurarsi come la modalità principale cui deve attenersi lo svolgimento dei lavori delle assemblee rappresentative. Del resto, il costituzio- nalismo contemporaneo già da tempo – sino, almeno, dalle elaborazioni di Carl Schmitt – considera il principio di pubblicità non tanto come uno dei requisiti dei sistemi basati sulla rappresentanza, quanto come una delle loro caratteristi- che strutturali12.

La Costituzione stabilisce dunque che la regola generale sia la pubblicità dei lavori. Ma è lo stesso testo costituzionale a disporre che essa possa essere dero- gata in presenza di particolari condizioni13, poiché – sempre al comma secondo dell’articolo 64 – viene stabilito che ciascuna Camera o il Parlamento in seduta comune possano «deliberare di adunarsi in seduta segreta».

Sono i regolamenti parlamentari (art. 63, comma 3 rC e art. 57 rS), a disporre di conseguenza che l’assemblea possa deliberare di adunarsi in seduta segreta se a chiederlo sono il Governo o un decimo dei componenti di ciascuna camera oppure un Presidente di gruppo, limitatamente alla Camera dei deputati14.

In epoca repubblicana non si è mai fatto ricorso alla deroga al principio della 11 Il concetto di «trasparenza» farebbe invece la sua prima formale comparsa nel nostro testo costituzionale qualora la riforma pubblicata in G.U. il 15 aprile 2016 venisse confermata dal referendum che si svolgerà il prossimo 4 dicembre. Pur introdotto come ulteriore criterio per l’or- ganizzazione dei pubblici uffici (art. 97 nuova formulazione) ovvero riferito all’azione della pubbli- ca amministrazione (art. 118), si tratta di una innovazione significativa sul versante della pubblicità dell’apparato pubblico, la cui portata anche con riferimento ad ambiti non strettamente riferibili alle pubbliche amministrazioni andrà tuttavia meglio valutata in un ottica complessiva.

12 C. di Andrea - L. Gianniti, Articolo 64, in R. Bifulco - A. Celotto - M. Olivetti, Com- mentario alla Costituzione, Torino, UTET, 2006, in particolare p. 1235 ss.

13 Cfr. Corte costituzionale n. 231 del 1975.

14 La segretezza dell’adunanza impedisce che vengano pubblicati i resoconti, ma può esservi anche l’ordine di non redigere il processo verbale (art. 60, comma 4 rS e art. 34, comma 3 rC). La deliberazione sull’adunanza segreta avviene senza dare luogo a discussione. Altro strumento impor- tante, ma certamente di minore impatto quanto alla effettiva pubblicità dei lavori è in effetti costi- tuito dal processo verbale (art. 11 rC e rS) che viene letto in avvio della seduta successiva a quella cui si riferisce e sulla cui correttezza sono tenuti a vigilare i deputati e senatori segretari.

pubblicità e anche in epoca statutaria se ne fece un uso molto limitato, nonché strettamente inerente circostanze belliche, voti su persone e su bilanci interni alle Camere e mai sull’approvazione delle leggi15.

La dottrina si è interrogata su quali tipi di procedimenti o deliberazioni doves- sero ritenersi certamente esclusi dalle deliberazioni effettuate tramite adunanza segreta. L’orientamento prevalente fa leva sulla lettura combinata – di cui s’è dato conto – dell’articolo 64, secondo comma della Costituzione, con il terzo comma dell’articolo 72 della Costituzione, per concludere che i procedimenti legislativi16 debbano necessariamente essere pubblici.

Mentre tuttavia l’articolo 64 fa riferimento al plenum dell’assemblea in genera- le senza specificare la tipologia di procedimento, è l’ultimo periodo dell’articolo 72, comma terzo, che lega il regime di pubblicità dei lavori al solo procedimento legislativo in generale ed esclusivamente alla procedura in sede decentrata in particolare. Esso infatti opera un preciso rinvio ai regolamenti parlamentari, affinché essi determinino «le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni».

Il periodo cui si fa riferimento si colloca, infatti, nel comma dedicato alla pro- cedura decentrata di approvazione dei disegni di legge e dunque è all’interno di questo contesto che esso deve essere apprezzato: esso impone che un regime di pubblicità di qualsivoglia natura venga introdotto quando la commissione opera in quella sede.

Diversamente, per le commissioni che operano nel procedimento legislativo in sede referente o ordinario, tale possibilità può non essere contemplata, poiché la decisione assunta non determina conseguenze definitive nella struttura e nel contenuto dell’atto, essendo naturalmente necessario per il suo perfezionamento e per l’approvazione definitiva la trasmissione al plenum dell’assemblea.

Seguendo questo ragionamento, a maggior ragione possono essere considera- ti esclusi anche i lavori delle commissioni che operano in sede consultiva, poiché in quel caso la loro attività è addirittura prodromica allo svolgimento dei lavori di altre commissioni. Quando una commissione opera in sede consultiva, peraltro, la pubblicità degli esiti è garantita dall’atto formale in cui il suo lavoro si concre- ta, costituito in genere17 da un parere, allegato al resoconto della seduta durante la quale viene espresso.

Nei regolamenti di Camera e Senato questa differenza fra il regime di pub- blicità cui sono sottoposti i diversi procedimenti viene confermata: in ambedue i casi, le commissioni che operano in sede legislativa (o deliberante) e quelle che si riuniscono in sede redigente debbono necessariamente essere sottoposte ad un ampio regime di pubblicità, che consiste prevalentemente nella rendicontazione stenografica dei lavori e nella divulgazione delle sedute tramite impianti audiovisivi collocati in locali appositi «a disposizione del pubblico e della stampa» (art. 33 rS).

15 Come ricordato in A. Manzella, Il Parlamento, Bologna, il Mulino, 2003.

16 P. Costanzo, La pubblicità dei lavori parlamentari, in rassegna Parlamentare, 1981; A. Piz- zorusso, Fonti del diritto, (artt. 1-9 disp. Preleggi) in Commentario del Codice civile, Bologna-Roma, Zani- chelli, 1977. In senso opposto C. Esposito, Il controllo giurisdizionale sulla costituzionalità delle leggi in Italia, in La Costituzione italiana, Padova, Cedam, 1954.

17 Nel caso del disegno di legge di bilancio, così come in presenza del rendiconto o dell’as- sestamento, le commissioni che operano in sede consultiva si esprimono invece attraverso una rela- zione.

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Le disposizioni regolamentari vigenti nei due rami del Parlamento si diffe- renziano, tuttavia, anche tra loro, quanto al concreto regime da applicare alle commissioni operati in sede referente o consultiva: al Senato (art. 33, comma 318) è previsto il divieto espresso di pubblicità dei lavori, mentre un’analoga esplici- tazione non è rinvenibile nell’articolo 65 del regolamento della Camera19. I due regimi, tuttavia, vengono assimilati sotto il profilo sostanziale, poiché alla Camera dei deputati il resoconto stenografico e la possibilità di trasmissione su circuito interno – che, come si vedrà a breve, qualificano un regime di pubblicità più significativo – sono disposte solo per le commissioni in sede legislativa e redigente.

Il quadro costituzionale appena ricostruito e le disposizioni regolamentari che lo attuano disegnano una duplice forma di pubblicità, che dipende dalla tipologia di rapporto intercorrente fra gli organi parlamentari e il pubblico, individuato a seconda dello strumento prescelto: diretta, quando viene prevista la presenza fisica di uditori durante le sedute e indiretta, ovvero realizzata per il tramite della divulgazione degli atti parlamentari20. Questa bipartizione classica, e tutt’ora utile per classificare le forme di intervento, necessita di esser integrata in seguito all’avvento delle tecnologie telematiche, le quali hanno condotto a configu- rare una nuova modalità di rapporto per certi versi intermedia21, poiché consente al pubblico di conoscere in tempo reale, per il tramite di supporti audio e video, ma anche – nel caso, come vedremo a breve, dei resoconti in aula – di potersi informare attraverso resoconti prodotti e caricati online tempestivamente.

In questo contesto, il regime di pubblicità dei lavori parlamentari22 viene 18 L’articolo 33 del Regolamento del Senato recita: «1. Di ogni seduta di Commissione si re- dige e si pubblica un riassunto dei lavori, nonché, nei casi di sedute in sede deliberante e redigente e nelle altre ipotesi previste dal Regolamento, il resoconto stenografico. 2. Nel riassunto e nel reso- conto non si fa menzione delle discussioni e delle deliberazioni relative agli argomenti di cui all’ul- timo comma dell’articolo 31. 3. Le sedute delle Commissioni in sede referente e consultiva non sono pubbliche. 4. Ad eccezione delle ipotesi di cui al comma precedente, il Presidente del Senato, su domanda della Commissione, da avanzarsi almeno ventiquattro ore prima, può disporre che la stampa o anche il pubblico siano ammessi a seguire lo svolgimento delle sedute in separati locali at- traverso impianti audiovisivi. 5. Nei casi di sedute in sede deliberante e redigente, la pubblicità dei lavori è assicurata anche attraverso impianti audiovisivi collocati in separati locali, a disposizione del pubblico e della stampa».

19 L’articolo 65 del Regolamento della Camera così dispone: «1. Alla pubblicità dei lavori delle Giunte e delle Commissioni, nonché del Comitato per la legislazione di cui all’articolo 16-bis, si provvede mediante resoconti pubblicati nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parla- mentari a cura del Segretario generale della Camera. 2. La pubblicità dei lavori delle Commissioni in sede legislativa e in sede redigente è inoltre assicurata mediante la pubblicazione di un reso- conto stenografico. La stampa e il pubblico seguono lo svolgimento delle sedute in separati locali attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. 3. La Commissione decide quali dei suoi lavori, nell’interesse dello Stato, debbano rimanere segreti».

20 M. Magrini, Articolo 64, in S. Bartole - R. Bin, Commentario breve alla Costituzione, Padova, Cedam, 2008, p. 597. V. in questo senso anche T. Martines - G. Silvestri - C. Decaro - V. Lippo- lis - R. Moretti, Diritto parlamentare, Milano, Giuffrè, 2011 e S.M. Cicconetti, Diritto parlamentare, Torino, Giappichelli, 2010.

21 V.M. Magrini, Articolo 64, cit., p. 597.

22 Con riferimento alla pubblicità dei lavori in Commissione, per completezza è bene ricor- dare anche la disciplina in tema di secretazione dei lavori nei casi di discussioni inerenti «l’interes- se dello Stato», formulata in maniera leggermente differente tra Senato (artt. 33, comma 2, e 31) e Camera (art. 65, comma 3).

prevalentemente a determinarsi attraverso tre principali strumenti, che verran- no passati in rassegna di seguito per le parti che più strettamente ineriscono il procedimento legislativo: la diretta televisiva, i resoconti e, infine, le audizioni riguardanti la fase istruttoria delle leggi.

La diretta televisiva costituisce senza dubbio la modalità più immediata e pervasiva di pubblicità dei lavori parlamentari, che si lega concettualmente alla possibilità per il pubblico di partecipare direttamente ai lavori delle assemblee accendendo agli spazi ad esso riservato. La diretta viene disposta dal Presidente dell’assemblea, secondo quanto prevede l’articolo 63, comma 1 del regolamento