Sommario: 1. Premessa Nuove forme di pubblicità e voto parlamentare. 2. Il voto segreto nei regolamenti parlamentari. 3. Svelare il voto segreto al momento della votazione. 4. Svelare il voto segreto espresso mediante schede. 5. Voto segreto e “dichiarazioni di voto” al tempo della rete. 6. La comunicazione politica tra ricerca di consensi e pentimenti. 7. Svelare il voto al partito o agli elettori? 8. Rilievi conclusivi. Quali riflessi in termini di rappresentanza politica?
1. Premessa. Nuove forme di pubblicità e voto parlamentare
Che cosa sono i voti ribelli? Certamente è facile intuirlo, meno facile averne una piena contezza, almeno fino a quando “Open Parlamento”, un progetto di Openpolis1, non ha reso noti, per ogni legge approvata, i voti espressi dai membri di Camera e Senato in dissenso al proprio gruppo. Così apprendiamo, ad esempio, che 17 deputati hanno votato in dissenso rispetto al proprio grup- po parlamentare in tema di unioni civili2 e che 22 senatori hanno espresso un voto diverso da quello del gruppo parlamentare a cui appartengono in tema di divorzio breve3. E si potrebbe proseguire individuando anche quali sono state le “votazioni chiave”, e cioè le votazioni più importanti della legislatura sia per la rilevanza della materia trattata, sia per il valore politico del voto, l’indice di
1 Openpolis è un’associazione che da statuto «promuove la cultura e la pratica della traspa- renza pubblica quale presupposto per diffondere forme di governo basate sull’apertura delle istituzioni da un lato e, dall’altro, sulla consapevolezza e sulla partecipazione dei cittadini». A tal fine l’Associazione favorisce «l’esercizio del diritto di accesso ai dati e alle informazioni di interesse collettivo perché siano effettivamente pubblici, a disposizione di chiunque e senza limitazioni». Open parlamento è un progetto che ha avuto avvio nel 2008 e grazie al quale vengono resi noti e accessibili una serie di dati relativi all’attività del Parlamento. L’acquisizione dei dati avviene trami- te un sistema di importazione dei dati ufficiali dai siti della Camera dei deputati e del Senato. I dati vengono catalogati e raccolti secondo specifiche sezioni che ne rendono più immediato l’accesso e la comprensione. Per maggiori informazioni, cfr. http://openpolis.it/progetti/openparlamento.
2 Si veda la votazione n. 26 nella seduta n. 622 dell’11.5.2016, in relazione all’atto C-3634, re- cante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convi- venze”.
3 Si veda la votazione n. 6 nella seduta n. 412 del 18.3.2015, in relazione all’atto S-1504, recante “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”.
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produttività di ciascun parlamentare, la percentuale delle sue assenze o presenze. Certamente anche i siti di Camera e Senato risultano oggi più accessibili per gli utenti rispetto al passato, in termini di interfaccia grafica e reperimento delle informazioni, e ricchi di dati sulle votazioni in programma, i testi dei disegni di legge, gli emendamenti presentati, i dossier di documentazione. Quest’apertura dei siti istituzionali dei due rami del Parlamento si inserisce in una tendenza alla cosiddetta open government che trova nella trasparenza e nell’accessibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni la strada per favorire un maggior coinvolgi- mento dei cittadini4. In questo contesto l’utilizzo delle nuove tecnologie appare centrale, per l’immediatezza della comunicazione e la possibilità – in qualsiasi momento – di comunicare con una rete molto vasta di utenti. Per tale ragione, Internet riveste oggi un ruolo prioritario, sebbene non possa trascurarsi il divario tuttora esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale (cosiddetto digital divide)5.
La maggiore conoscibilità dell’attività dei parlamentari ha indubbie conse- guenze sulla percezione che i cittadini hanno del loro operato, con possibili riflessi anche in termini di rapporto tra rappresentante e rappresentato.
Sotto un primo profilo, il cittadino-elettore ha la possibilità di acquisire una maggiore consapevolezza dell’istituzione e della sua azione, ed in particolare dell’azione del singolo parlamentare, il quale conseguentemente guadagna una maggiore visibilità, sia in termini positivi che negativi. Ci si chiede dunque se ciò determini una maggiore possibilità di controllo del cittadino-elettore nei con- fronti del proprio eletto, e in generale dei parlamentari. E conseguentemente se tale processo sia in grado di produrre una maggiore accountability del parlamen- tare stesso, e cioè una sua maggiore responsabilizzazione, anche nella speranza di una futura rielezione.
Sotto un secondo e più generale profilo, se il mandato del parlamentare è in qualche modo posto sul “palcoscenico”, ci si chiede se ciò non produca riflessi anche sul rapporto di rappresentanza. In altri termini, quanto il mandato parla- mentare sarà influenzato dalla più immediata conoscibilità delle azioni e delle opinioni espresse dal parlamentare nell’ambito della sua attività?
Per esplorare tali aspetti, si assumerà un angolo prospettico peculiare costitu- ito dai casi in cui i parlamentari hanno reso noto il voto espresso nell’ambito di uno scrutinio segreto. Si tratta di una prassi non nuova all’esperienza repubbli- cana, che nondimeno ha assunto una più ampia diffusione, e forse anche diffe-
4 Sulla difficoltà di definire cosa si intenda per “governo aperto” e l’ambiguità del termine “apertura”, cfr. in senso critico E. Morozov, Internet non salverà il mondo, Milano, Mondadori, 2014, p. 112, il quale evidenzia, tra i vari aspetti, come un governo possa fornire dati aperti su temi politi- camente neutri, rimanendo al contempo profondamente opaco e irresponsabile.
5 Per un approfondimento sul punto, cfr. P. Costanzo, Miti e realtà dell’accesso ad internet (una prospettiva costituzionalistica, in P. Caretti (a cura di), Studi in memoria di Paolo Barile, Firenze, Passi- gli Editore, 2012, p. 9 ss. Tra i vari scritti sul tema, cfr. anche L. Nannipieri, La dimensione costituzio- nale del digital divide. In particolare, gli ostacoli cognitivi alla proiezione individuale nello spazio virtuale, in M. Nisticò - P. Passaglia (a cura di), Internet e Costituzione, Atti del Convegno svoltosi a Pisa il 21-22 novembre 2013, Torino, Giappichelli, 2014, p. 189 ss., e A. Papa, Rappresentanza politica versus demo- crazia elettronica tra molteplicità di prospettazioni e problematicità di rapporti, in L. Chieffi, Rappresentanza politica, gruppi di pressione, èlites al potere, Torino, Giappichelli, 2006, p. 371.
renti implicazioni, grazie all’utilizzo delle nuove forme di comunicazione come internet e i social media (Facebook, Twitter, ecc.), e in generale gli smartphone. Se – come abbiamo sopra anticipato – in relazione alle votazioni pubbliche, alcuni siti internet già contribuiscono a rendere noto l’operato del parlamentare, appa- re infatti maggiormente interessante analizzare i casi nei quali è il parlamentare stesso a decidere di svelare il proprio voto, cercando dunque un’interazione con gli elettori in termini di approvazione/conferma del proprio operato, e forse anche di visibilità, che scavalca eventuali corpi intermedi, come i partiti, cercan- do una relazione diretta tra rappresentante e rappresentato (eletto/elettore).
Più in generale, deve inoltre essere evidenziato come l’utilizzo delle nuove tecnologie e in particolare di internet abbia profondamente mutato anche la stessa comunicazione politica. Come è stato evidenziato già da anni, la dialettica intrapartitica così come quella interpartitica sono progressivamente migrate sui mass media, trovando poi in internet un’ulteriore sede di svolgimento, che ha contribuito a cambiare i connotati stessi della comunicazione politica, grazie alla messa a disposizione di strumenti flessibili, rapidi e interattivi con i quali stabilire un contatto diretto con il proprio pubblico di riferimento6, anche e soprattutto per incontrare il consenso degli elettori.
Nel presente contributo, dopo aver indagato i casi nei quali i regolamenti parlamentari ammettono il voto per scrutinio segreto e la ratio di tali previsioni, si passeranno in rassegna alcuni eventi nei quali i parlamentari hanno reso noto il proprio voto, talvolta in aula, altre volte a posteriori tramite le nuove tecnologie comunicative. Tale analisi vuole stimolare una riflessione sui cambiamenti che sta subendo il concetto di rappresentanza e il principio del divieto di mandato imperativo, in un contesto nel quale sono mutate anche le forme e gli strumenti della comunicazione politica.
2. Il voto segreto nei regolamenti parlamentari
La modalità di votazione per scrutinio segreto ha subito nella storia parlamen- tare italiana alterne vicissitudini. In origine, l’art. 63 dello Statuto Albertino lo prevedeva come regola «per la votazione del complesso di una legge». La ratio sottesa alla preferenza per il voto segreto non era solo da ricondurre alla libera rappresentanza parlamentare dal potere esecutivo, ma anche alla “connotazione atomistica”7 del nostro sistema parlamentare, di cui ne favorì l’evoluzione in senso assemblearista e trasformista.
In sede di Assemblea Costituente il tema fu oggetto di specifica discussione. 6 Cfr. G. Mazzoleni, La comunicazione politica, Bologna, il Mulino, 2004, p. 59 ss. Sulla sfera pubblica nel nuovo spazio comunicativo e l’azione dei partiti in rete, dall’e-campaign alla politica attraverso i blog, cfr. V. Pistolozzi, I partiti in rete, in F. La Pira - L. Gaudiano (a cura di), La nuova comunicazione politica, Milano, Franco Angeli, 2007, p. 191 ss.
7 Come rilevano S. Curreri - C. Fusaro, Voto palese, voto segreto e forma di governo in trasformazio- ne, in Il Parlamento del bipolarismo. Un decennio di riforme dei regolamenti delle Camere, «Il Filangeri - Qua- derno 2007», p. 246, evidenziando come il voto segreto sia una “tara originaria” della nostra forma di governo. Sul trasformismo che caratterizzò gli anni post Statuto Albertino, cui la segretezza del voto sembra funzionale, cfr. C. Ghisalberti, Storia costituzionale d’Italia 1848-1994, Roma-Bari, La- terza, 2006, p. 190.
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L’iniziale testo dell’art. 69 (divenuto oggi art. 72) prevedeva in Costituzione il riferimento alla votazione a scrutinio segreto. Fu l’onorevole Moro a presentare un emendamento volto a sopprimere tale richiamo, evidenziando che «l’uso e forse l’abuso che si è fatto di questo mezzo di votazione hanno dimostrato l’op- portunità di rivedere per lo meno le modalità che lo regolano». E in particolare, su questo metodo di votazione, metteva in luce due aspetti: da un lato il fatto che tende «ad incoraggiare i deputati meno vigorosi nell’affermazione delle loro idee e dall’altro che tende a sottrarre i deputati alla necessaria assunzione di responsa- bilità di fronte al corpo elettorale, per quanto hanno sostenuto e deciso nell’eser- cizio del loro mandato»8. Si decise dunque di lasciare la disciplina delle votazioni ai regolamenti parlamentari, mentre, come noto, le uniche disposizioni che oggi la Costituzione dedica al voto si rinvengono in tema di elezione del Presidente della Repubblica, per il quale si richiede lo scrutinio segreto9, e per la fiducia al Governo, per la quale – al contrario – si richiede il volto per appello nominale. Pertanto si può affermare che la scelta dei costituenti si orientò nel prevedere che le votazioni caratterizzate da una forte valenza politica fossero assunte in modo palese, mentre quelle di carattere elettivo fossero segrete in modo da garantire la libertà di espressione del suffragio10.
Le motivazioni a sostegno dell’emendamento Moro mettono chiaramente in luce il lato “oscuro” dello scrutinio segreto, il quale presenta due facce contrap- poste: il segreto come strumento di indipendenza del parlamentare e il segreto come strumento di irresponsabilità dello stesso11. La possibilità di procedere a scrutinio segreto è finalizzata a garantire che il deputato prenda una decisione 8 Si leggano al riguardo le dichiarazioni dell’On. Moro nella seduta del 14.10.1947 e il reso- conto della seduta del 15.10.1947 in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, Camera dei Deputati, Segretariato Generale, Roma, 1970, pp. 3240-3261. Al riguardo an- che Mortati si espresse per l’opportunità di sopprimere qualsiasi specificazione di modalità di voto in ordine all’esame e all’approvazione delle leggi, deferendo tutto ai regolamenti.
9 A tal proposito, come evidenzia G.U. Rescigno, Il Presidente della Repubblica, sub artt. 83-86, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, Zanichelli, «Foro italiano», 1978, p. 32, il voto segreto impedisce di riconoscere con certezza i singoli votanti e risponde alla ratio di voler svincolare il Presidente della Repubblica da maggioranze partitiche e politiche. Sulla segretezza del voto espresso in sede di elezione del Presidente della Repubblica, con particolare riferimento al caso di astensione e mancata partecipazione al voto, cfr. E. Rossi, Il Presidente della Re- pubblica, in R. Romboli (a cura di), Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, voll. I e II., To- rino, Giappichelli, 2015, p. 492. Sempre con scrutinio segreto si procede per l’elezione dei cinque giudici della Corte costituzionale, ai sensi della l. cost. 22.11.1967, n. 2, e per l’elezione dei membri laici del CSM, ai sensi della l. 24.3.1958, n. 195.
10 Sul punto A. Gigliotti, Voto palese e voto segreto nella “verifica dei poteri”, in «Quad. cost.,», 2014, n. 4, p. 877.
11 Sul punto cfr. B. Pezzini, La questione del voto segreto in Parlamento, in «Diritto e società», 1985, n. 1, p. 159 ss. Sul tema si vedano, ex multis, G. Contini, In tema di voto palese e segreto nelle assemblee legislative parlamentari e regionali, in «Giur. it.», n. 1, 1976, p. 1 ss.; V. Di Ciolo, Costituente e Costitu- zione: voto palese e voto segreto, in «Civitas», 1978, n. 29, p. 91 ss.; F. Lanchester, L’incidenza dei sistemi e dei modi di votazione nelle assemblee parlamentari, in «Riv. trim. dir. pubbl.», n. 4, 1980, p. 1235 ss.; A. Palanza, La questione del voto segreto, in Democrazia e diritto, 1982, n. 6, p. 153 ss.; L. Elia, A proposito di «ridimensionamento» del voto segreto, in Scritti in onore di E. Tosato, Giuffrè, Milano, 1984, p. 261 ss.; G. Fiorucci, Camera dei Deputati: il nodo del voto segreto, in «Quad. Cost.», 1989, n. 1, p. 135 ss. In via generale, sugli studi recenti in tema di segreto, cfr. M. Catanzariti, Segreto e potere. I limiti alla demo- crazia, Torino, Giappichelli, 2014, p. 191 ss.
obiettiva e secondo coscienza rispetto alla pressione esercitata dagli interes- si, dall’opinione pubblica e, in particolare, dagli obblighi di appartenenza al proprio gruppo parlamentare. Allo stesso tempo, esso è divenuto nella prassi parlamentare delle prime legislature uno strumento ordinario di lotta politica12, dietro al quale si sono nascosti interessi politici trasversali e “in ombra” rispetto alla dialettica delle aule parlamentari.
In via generale si può evidenziare come lo scrutinio segreto abbia assunto nel tempo ruoli e funzioni differenti. La prassi mostra come esso sia stato chiesto alternativamente da maggioranza o opposizione, ad esempio per favorire divisio- ni interne alla maggioranza o far confluire voti di opposizione su provvedimenti di maggioranza, sì da consentire – in taluni casi – il raggiungimento di conver- genze e accordi tra opposizioni non tanto forti da governare ma neppure deboli da essere ignorate e maggioranze divise al loro interno e disposte a trovare nel segreto dell’urna intese politiche trasversali13.
La disciplina delle votazioni ha subito una profonda revisione nel 1988 con l’inversione della regola secondo la quale le votazioni dovevano tenersi, di norma, a scrutinio segreto14. In precedenza infatti il voto segreto copriva un ambito assai ampio che vedeva la prevalenza di quest’ultima modalità di votazione rispetto a quella per scrutinio palese in caso di richieste concorrenti. Alla Camera si preve-
12 A tale ultimo proposito, con particolare riferimento ai dati relativi alle prime dieci legislature, cfr. F. Sparisci, Il voto segreto dalla Costituente ai problemi di oggi, «Bollettino di informazioni costituzio- nali e parlamentari», 1987, n. 3, p. 79 ss., il quale procede ad una ricostruzione della disciplina in tema di scrutinio segreto dallo Statuto Albertino alle proposte di riforma dei regolamenti della fine degli anni ‘80. A tal proposito si veda altresì A. Casu, Voto segreto e voto palese nei regolamenti parlamen- tari dal 1848 ai giorni nostri, in «Riv. trim. dir. pubbl.», n. 2, 1986, p. 553 ss.
13 Come rileva S. Curreri, Il voto segreto: uso abuso, eccezione, in L. Violante (a cura di), Storia d’Italia, Annali 17. Il Parlamento, con F. Piazza, Torino, Einaudi, 2001, p. 527, e sempre dello stesso A., Il voto segreto nei rapporti tra maggioranza ed opposizione, in S. Labriola (a cura di), Il Parlamento repubblicano, (1948-1998), Milano, Giuffrè, 1999, p. 129 ss. Sul ricorso al voto segreto nella forma di governo fino alla transizione e in seguito alla riforma del 1988, si veda anche S. Curreri - C. Fusa- ro, Voto palese, voto segreto e forma di governo in trasformazione, cit., p. 256 ss. In tema di voto segreto e opposizioni parlamentari, cfr. V. Casamassima, L’opposizione in parlamento: Le esperienze britannica e italiana a confronto, Torino, Giappichelli, 2013, p. 254.
14 Per un approfondimento, cfr. G. Moschella, La riforma del voto segreto, Torino, Giappichelli, 1992; L. Bianchi, La riforma dei sistemi di votazione delle Camere alla prova: il caso della legge 6 agosto 1990, n. 223, in «Pol. dir.», 1994, p. 151 ss. In tema di riforma del voto segreto, F. Biondi, S. Leone, Il Go- verno “in” Parlamento: evoluzione storica e problematiche attuali, in «Rivista AIC», 2012, n. 1, p. 9, eviden- ziano come questa sia la riforma più importante nel senso di un rafforzamento della posizione del Governo nell’ambito dei procedimenti parlamentari, in quanto fornisce un’arma all’esecutivo nei confronti della propria maggioranza. Sul punto R. Moretti, Numero legale e modi di votazione, in T. Martines - G. Silvestri, C. De Caro, V. Lippolis, R. Moretti (a cura di), Diritto Parlamentare, Mila- no, Giuffrè, 2005, p. 206, evidenzia come l’impiego più esteso dello scrutinio palese ha contribuito al superamento di alcune manifestazioni di consociativismo ancora presenti nel Parlamento italiano, favorendo l’assunzione di posizioni più precise ed esplicite da parte dei parlamentanti, nonché le conseguenti responsabilità Al riguardo si veda anche la nuova edizione T. Martines - G. Silvestri - C. De Caro - V. Lippolis - R. Moretti (a cura di), Diritto Parlamentare, Milano, Giuffrè, 2011, p. 220 ss. E a tal proposito S. Curreri - C. Fusaro, Voto palese, voto segreto e forma di governo in trasformazione, cit., p. 261, evidenziano come l’affermazione del voto palese quale normale metodo di votazione ne ha fatto uno strumento funzionale più all’alternanza che al consociativismo, e cioè funzionale a sve- lare dinanzi all’elettorato le divisioni interne alla maggioranza e la sua incapacità di governo più che necessario per acquisire il sostegno dell’opposizione su determinati provvedimenti.
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deva inoltre che la votazione finale sull’insieme del progetto di legge avvenisse per scrutinio segreto15.
Oggi le votazioni hanno luogo di norma a scrutinio palese, salvo che riguar- dino specifiche materie ovvero che lo scrutinio segreto sia chiesto dagli stessi parlamentari. A tal proposito le discipline di Camera16 e Senato17 presentano alcune linee comuni, sebbene non manchino alcune marginali differenze. Tra gli elementi comuni, si prevede che siano effettuate a scrutinio segreto le votazioni riguardanti le persone18, nonché quelle che riguardano determinate materie, quando ne venga fatta richiesta da trenta deputati19 o venti senatori. Si fa in par- ticolare riferimento alle materie che incidono sui principi e sui diritti di libertà di cui agli articoli 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione, sui diritti della famiglia di cui agli articoli 29, 30 e 31 e sui diritti della persona di cui all’articolo 32, comma secondo, della Costituzione. A questa elencazione si aggiungono le modifiche ai due regolamenti, sulle quali è ammesso il voto per scrutinio segre- to. Tra gli elementi di differenza delle discipline di Camera e Senato, si segnala che alla Camera dei deputati, per l’area di cui all’art. 31, comma 1, Cost., non è prevista la possibilità di richiedere il voto segreto, tuttavia lo scrutinio segreto può essere richiesto anche per le votazioni relative all’istituzione di Commissioni parlamentari di inchiesta, sulle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Corte costituzio- nale) e agli organi delle regioni, nonché sulle leggi elettorali20.
La ratio sottesa alle materie sopra individuate non è univoca. È stato evidenzia- to21 come le materie su cui è possibile effettuare il voto segreto sono quelle deli- catissime dei diritti e delle libertà previsti nella prima parte della Costituzione. Si tratta di materie che si qualificano come “di coscienza”22, attenendo al campo
15 Sul punto R. Moretti, Numero legale e modi di votazione, cit., p. 204, che evidenzia come in caso di questione di fiducia si avevano due votazioni consecutive: una per appello nominale sulla fiducia e una successiva per scrutinio segreto, con esiti a volte contraddittori, come nel caso del secondo gabinetto Cossiga (settembre 1980) e del primo gabinetto Spadolini (agosto 1982).
16 Si vedano gli artt. 49 ss. reg. Camera. 17 Si vedano gli art. 113 ss. reg. Senato.
18 Si ricorda che l’elezione del Presidente della Camera ha luogo per scrutinio segreto (art. 4, comma 2, reg. Camera). Si veda anche l’art. 56 reg. Camera in merito all’elezione a scrutinio se- greto di Commissioni che per prescrizione di legge o del regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari. Analogamente l’elezione del Pre- sidente del Senato ha luogo a scrutinio segreto (art. 4 reg. Senato). Dal 1993 le deliberazioni sulle