Sommario: 1. Premessa. 2. I resoconti. 3. La pubblicità dei lavori parlamentari nell’era digitale. 4. Il linguaggio parlamentare. 5. Cerimoniale, comunicazione istituzionale e rela- zioni esterne (cenni). 6. Il processo verbale degli organi parlamentari: storia, procedure, contenuti. 6.1. Cenni storici. 6.2. Il procedimento. 6.2.1. La redazione. 6.2.2. La sovrinten- denza. 6.2.3. L’approvazione (con gli eventuali interventi). 6.2.4. La sottoscrizione. 6.2.5. La conservazione. 6.3. I contenuti e la natura giuridica. 6.4. Significati attuali del processo verbale. 7. Considerazioni conclusive su pubblicità e segretezza.
1. Premessa
Le tecniche di diffusione esterna dei lavori parlamentari rappresentano, a torto, una tematica solitamente trascurata dalla dottrina e sono state, tutt’al più, relegate all’attenzione degli “addetti ai lavori” in senso stretto1. Eppure non sembrerà enfatico sottolineare che la storia, in particolare, dei resoconti parla- mentari è strettamente connessa con la storia stessa del parlamentarismo. A tal punto che un’assemblea legislativa che operasse in totale assenza di pubblicità esterna delle proprie sedute – come avveniva, ad esempio, ai primordi del parla- mentarismo inglese – si porrebbe per ciò stesso al di fuori del moderno concetto di “Parlamento”2.
1 Si rinvia exempli gratia ai volumi collettanei: Aa.Vv., Informazione e Parlamento (atti del convegno promosso dalla Associazione stampa parlamentare), ed. Camera dei deputati, Roma 1984; Aa.Vv., La stenografia in Parlamento (atti del convegno promosso dalla scuola di formazione professionale della Camera dei deputati e dal Circolo Montecitorio su: “La stenografia tra riforma scolastica e professionalità”), ed. Camera dei deputati, Roma 1986; Aa.Vv., L’informazione parlamentare negli anni ‘90: il caso italiano nel confronto europeo (atti del convegno promosso dal Comitato per la comunica- zione della Camera), ed. Camera dei deputati, Roma 1992.
2 Quasi scontata la citazione del famoso passo – tanto caro a Norberto Bobbio – di Carl Schmitt (Verfassungslehre, München-Leipzig 1928, in tr. it. a cura di A. Caracciolo, Dottrina della Costituzio- ne, Milano, 1984, p. 275): “Un Parlamento ha carattere rappresentativo solo finché si crede che la sua vera e propria attività abbia luogo nella pubblicità. [...] Appena si fa strada la convinzione che nell’ambito dell’attività parlamentare... le decisioni vengono prese al di fuori di questa pubblicità, il Parlamento può forse ancora esercitare talune funzioni utili, ma davvero non è più rappresentante dell’unità politica del popolo. Rappresentare significa rendere visibile e illustrare un essere invisibi- le per mezzo di un essere che è presente pubblicamente”.
Luigi Ciaurro La crisi del Parlamento nelle regole della sua percezione
Se quindi la nozione attuale di “Parlamento” esige, a nostro avviso, non solo una qualche forma di conoscibilità esterna dei lavori, ma anche quella diffusione massima consentita dalle più avanzate tecnologie in termini di completezza, di immediatezza e di universale fruibilità; risulta agevole concludere che uno degli elementi essenziali per misurare il tasso di democraticità dell’ordinamento par- lamentare è costituito proprio dai livelli di conoscibilità di quanto viene detto e deciso negli organi delle Camere.
Vale la pena in questo contesto almeno citare le ben note argomentazioni di Norberto Bobbio, secondo il quale il principio fondamentale dello Stato demo- cratico è il principio di pubblicità, ovvero il potere visibile3. Rappresenta pertanto una precisa esigenza democratica privilegiare nella sfera pubblica la dimensione della pubblicità e della trasparenza (Giuseppe Ferrari). Certo ex adverso potreb- bero citarsi, per brevità a mo’ di aforismi, le realistiche considerazioni di giuristi (ad esempio, Nicola Abbamonte, che ha sottolineato quella “riserva enorme di potere che è il silenzio”), o di scienziati della politica (ex pluribus, Gianfranco Miglio, per il quale non si può ignorare “la necessaria inerenza del segreto alla dimensione politica”) o infine di scrittori “aperti a tutte le gioie dello spirito” come Elias Canetti (“il segreto sta nel nucleo più interno del potere”)4.
Ed è un fatto noto che le caratteristiche peculiari del parlamentarismo del Novecento sono state individuate proprio nella libera discussione e nella pubbli- cità dei lavori assembleari (Carl Schmitt)5. Per cui l’esigenza di un’informazione accurata, obiettiva, completa e immediata circa il vissuto delle assemblee legisla- tive, divenuta soprattutto negli ultimi decenni sempre più sofisticata, si è estesa via via anche ad altre tipologie di assemblee, da quelle rappresentative locali fino alle assise di partito. In questo senso può affermarsi che le assemblee legislative, poste al centro del sistema costituzionale, (non da oggi ma da sempre) hanno fatto da “battistrada” per quanto concerne le modalità di diffusione esterna dei contenuti delle proprie sedute.
2. I resoconti
Sotto il profilo cronistorico le attività di resocontazione hanno dato vita ai primi embrionali servizi pubblici di comunicazione istituzionale diversi dalla mera tradizionale “pubblicità legale” degli atti pubblici. Ma non basta. La parti-
3 Sono sin troppo note per dover essere qui ripetute le riflessioni di N. Bobbio (La democrazia e il potere invisibile, su «Rivista italiana di scienza della politica», 1980, vol. X, pp. 181-203; ora in Id., Il futuro della democrazia, Torino, Einaudi, 1991, p. 85 ss.), secondo cui nello Stato democratico è fon- damentale il principio di pubblicità, essenza del c.d. “potere visibile”.
4 Per questi ed altri riferimenti si rinvia al volume collettaneo: Aa.Vv., Il segreto nella realtà giuri- dica italiana (atti del convegno nazionale svoltosi a Roma il 26-28 ottobre 1981), a c. di G. Ferrari, Padova 1983.
5 Il riferimento è al famoso scritto del giurista di Plettenberg del 1923, poi rielaborato nel 1926, über den Gegensatz von Parlamentarismus und Demokratie, ora in tr. it. C. Schmitt, La condizione storico-spirituale dell’odierno parlamentarismo, a c. di G. Stella, Torino 2004, pp. 1-23, ed ivi la famosa affermazione: “Una democrazia può esistere senza ciò che viene designato come moderno parla- mentarismo e un parlamentarismo può esistere senza democrazia; e la dittatura è l’antitesi decisiva della democrazia tanto poco quanto la democrazia lo è della dittatura”.
colarità delle attività di resocontazione, che assolvono precipuamente a questa esigenza di pubblicità dell’ordinamento parlamentare, si manifesta anche nel fatto che in esse si fondono e confondono tre possibili funzioni differenziate attualmente facenti capo alle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare “a 360 gradi” il nuovo diritto costituzionale ad essere informati6. In tale ambito si è soliti distinguere tra “comunicazione”, intesa come attività finalizzata ad un migliore rapporto con l’opinione pubblica; “informazione”, considerata la veico- lazione imparziale di notizie a soggetti esterni incaricati della loro elaborazione (innanzitutto la stampa parlamentare); e “documentazione”, vale a dire la messa a disposizione di strumenti per conoscere e ricostruire anche a distanza di tempo determinati eventi.
Come noto, per lungo tempo anche nel Parlamento inglese venne scrupolo- samente rispettato il principio degli arcana imperii, in base al quale il popolo non doveva avere conoscenza di ciò che accadeva nei ristretti consessi in cui si decide- vano le sorti del Paese. È nota la vicenda del deputato, che venne imprigionato nel 1641 all’interno della famosa Tower in quanto aveva raccolto e pubblicato a proprie spese un volumetto contenente una serie di discorsi da lui stesso pro- nunciati ai Comuni. Addirittura i Comuni ordinarono che tutte le copie di quel libro venissero bruciate in pubblico rogo. Solo nel 1803, con la redazione dei riassunti denominati Hansards (dal nome della ditta cui fu appaltato dai Comuni tale servizio) la situazione mutò, mentre William Cobbett, un cultore della storia costituzionale inglese, riuscì a condensare in 36 volumi, sulla base delle fonti disponibili, l’attività del Parlamento inglese dal 1066 al 1803. Quale curiosità storica si ricorderà che anche quando la Camera dei Comuni, a partire dal 1907, assunse in house la gestione dei resoconti parlamentari, tali riassunti continuaro- no ad essere denominati Hansards7.
Pertanto, quando l’8 maggio 1848 si tenne la prima seduta del Parlamento subalpino, non stupirà il fatto che sia stato lo stesso Conte di Cavour ad inte- ressarsi personalmente dell’organizzazione delle prime forme di pubblicità dei lavori parlamentari, in particolare nominando l’avvocato Pellati (già suo collaboratore presso la società agraria di famiglia) estensore dei verbali, con il compito di occuparsi di questo settore8. Va anche ricordato che, evidentemente 6 Per questa suggestiva “nuova” libertà sia consentito – nell’ambito di una letteratura quanto mai copiosa – rinviare per tutti solo ai due (aggiornati e pluridirezionali) volumi della Fondazio- ne Cesifin A. Predieri: Aa.Vv., L’informazione: un percorso di una libertà, vol. I, a cura di S. Passigli, Firenze, 2011 e vol. II, a cura di P. Caretti, Firenze, 2012. In particolare, “anche con riferimento a questa libertà (ma lo stesso può dirsi per tutti i diritti di libertà) risulta sempre più difficile tenere distinti i profili per così dire interni e quelli esterni della relativa disciplina, che entrambi contribu- iscono, nella loro interazione, a definire la fisionomia delle diverse posizioni soggettive legate alle diverse forme di comunicazione sociale” (cit. da P. Caretti, ivi, p. 7).
7 Per un’ampia ricostruzione sotto il profilo storico e comparatistico – con particolare riguardo agli ordinamenti inglese, statunitense, francese, belga, tedesco, austriaco e svizzero –, v. P. Costan- zo, La pubblicità dei lavori parlamentari, parte I, in «Rassegna parlamentare» 1980, n. 3, pp. 201-244, il quale conseguentemente giunge alla conclusione che “la trasparenza dell’attività parlamentare, prima che un dovere verso i rappresentati e, in generale, verso il corpo sovrano, e oltre che un tem- peramento del principio di separazione fra i diversi poteri dello Stato, è un requisito intrinseco e connaturato alla stessa istituzione parlamentare” (p. 243).
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stampa poco dopo gli interventi dei singoli oratori).
Per assistere ad una seconda rivoluzione si dovrà attendere fino al 1967, quan- do a partire dal 3 aprile la Camera dei deputati riuscì a pubblicare il resoconto stenografico integrale della seduta già il giorno successivo rispetto a quello della seduta cui si riferisce. In Senato questa volta fu necessario attendere più di quin- dici anni, vale a dire probabilmente il 1984, per poter disporre del resoconto stenografico del giorno dopo12.
Non sembri un’operazione di mera “archeologia burocratico-documentativa” il cercare di ricostruire le datazioni dei successivi mutamenti nella pubblicazione dei tradizionali atti cartacei sui lavori parlamentari fino al loro sostanziale assor- bimento nell’attuale diffusione esterna (solo) in via telematica tramite la rete. Se a partire dalle date sopra ricordate il giorno dopo della seduta di Assemblea era possibile disporre di due distinti documenti cartacei: il resoconto sommario ed il resoconto stenografico (in edizione provvisoria, cui avrebbe fatto seguito un’edizione definitiva, in genere uno o due mesi dopo, a seguito delle eventuali correzioni degli oratori), per quanto concerne il Senato a partire dalla seduta del 15 settembre 1998 veniva pubblicato un unico fascicolo contenente i resoconti sommario e stenografico (per tale unificazione alla Camera si deve indicare la seduta del 14 aprile 1998 fino a quella del 22 gennaio 2013). Più di recente, pres- so il Senato, il resoconto sommario di tipo tradizionale (un succinto riassunto, che segue l’andamento della seduta con una sintetica esposizione dei contenuti degli interventi e con una precisa descrizione degli esiti deliberativi) si è avuto per l’ultima volta con riferimento alla seduta del Senato del 16 gennaio 2013, mentre con l’inizio della XVII legislatura (a partire dalla riunione del 15 marzo 2013) viene diffusa online (anche in corso di seduta) solo una sintesi di tipo giornalistico (il c.d. “comunicato di seduta”), che ricostruisce con uno stile cro- nachistico e sintetico andamenti e contenuti politicamente salienti della seduta. Invece, la Camera continua con la redazione e diffusione (anche in corso di sedu- ta), ma solo per via telematica (a partire dalla seduta del 15 marzo 2013), di un resoconto sommario di stampo tradizionale ma estremamente stringato (molto simile ad un processo verbale, contenente esclusivamente i facta).
Quanto alla diffusione del resoconto stenografico online, anche in corso di seduta13, per la Camera, decisamente più tempestiva, si può risalire ai mesi di
12 Infatti, a quanto pare, per quanto concerne il Senato occorre arrivare agli anni a cavallo fra il 1984 e il 1985: «Si è provveduto alla pubblicazione a stampa dello stesso resoconto stenografico immediato nella veste di bozze non corrette, comprensivo peraltro non solo degli interventi dei senatori, ma anche delle comunicazioni della Presidenza e dei testi legislativi in discussione. Il rela- tivo fascicolo... è disponibile – al pari del resoconto sommario – il giorno successivo a quello della seduta» (cfr. Atti Senato, IX Leg., Doc. VIII, n. 6, progetto di bilancio interno del Senato per l’anno finanziario 1985).
13 È di un certo interesse l’opinione espressa al riguardo dall’attuale responsabile dei servizi di resocontazione del Senato, M. Martinelli, Il resoconto parlamentare nell’era dei social forum, inter- vento al convegno: “Suoni, segni, parole: Antonio Michela e l’officina del linguaggio 1815-2015” (Roma, 5 novembre 2015), secondo cui proprio il cosiddetto resoconto stenografico in corso di seduta rappresenterebbe in questo momento lo strumento che maggiormente contribuisce ad assi- curare l’effettivo carattere pubblico del dibattito parlamentare, anche più della stessa trasmissione integrale televisiva delle sedute (per ora pro manuscripto).
a garanzia dell’organo, fino a circa la seconda metà degli anni Ottanta del XIX secolo l’estensore del processo verbale veniva eletto direttamente dall’Assemblea (similmente all’altra carica ritenuta di notevole rilevanza, vale a dire quella di bibliotecario)9.
Ma da subito l’organizzazione di un servizio di resocontazione integrale dei lavori dell’Assemblea non si dimostrò di facile realizzazione, essendo svolto per molti anni in modo lacunoso ed imperfetto, tra l’altro con pubblicazioni effettuate con notevole ritardo. Proprio i notevoli ritardi nella pubblicazione dei resoconti parlamentari – nonostante il primo gabinetto stenografico della Camera fosse stato affidato ad un esperto come il Del Pino (che aveva adattato alla lingua italiana il sistema stenografico inglese Taylor) – fecero sì che nella sostanza l’informazione sui lavori parlamentari avveniva per tramite della stampa parlamentare, che seguiva i lavori in diretta nelle apposite tribune, a quanto pare – in quell’epoca – spesso con commenti ed interferenze varie10.
Si deve ad una figura storica del nostro parlamentarismo, vale a dire il Presidente della Camera Farini, la realizzazione nel 1879 (sempre ad opera delle strutture interne) di un altro tipo di resoconto (rispetto allo stenografico), avente le caratteristiche di sintesi immediata dei lavori, anche al fine che la stessa stampa potesse essere informata sull’andamento dei lavori parlamentari obiettivamente, rapidamente e senza travisamenti. Il resoconto sommario fu poi introdotto poco dopo (nel 1884) anche nel Senato regio11. Questa si può considerare la prima rivoluzione riscontrabile nella pubblicità esterna dei lavori parlamentari, con il passaggio dalle ricostruzioni giornalistiche al resoconto sommario pubblicato il giorno dopo la seduta di riferimento (ma disponibile in bozza provvisoria per la
subalpine al Parlamento repubblicano), si rinvia a G.F. Ciaurro, La resocontazione dei lavori parla- mentari, su «Nuovi studi politici», 1984, n. 3, pp. 9-37, il quale dà anche conto delle due “scuole” di resocontazione stenografica: secondo la prima, dato il valore storico dei resoconti, occorre essere il più possibile fedeli al parlato; la seconda invece privilegia la perfezione sotto il profilo letterario e contenutistico, visto che il discorso deve essere consegnato agli “atti” ufficiali del Parlamento.
9 Al riguardo v. M. Pacelli, Interno Montecitorio, Milano, II ed., 2006, in particolare p. 10 ss., lad- dove si sottolinea che «il criterio adottato era chiaro: chi redigeva gli atti in cui si attestava quanto avvenuto nella Camera e le decisioni da essa assunte doveva essere persona che godeva della fiducia della Camera stessa... non si poteva pretendere che il resoconto dei lavori della Camera fosse steso da persona nominata dal re. Un discorso analogo valeva per la biblioteca... era assurdo pensare che il potere regio potesse estendersi fino al controllo di quella struttura...», che appariva essenziale per lo svolgimento della pur limitata funzione di controllo politico della Camera nei confronti dell’Ese- cutivo.
10 Per queste ed altre ricostruzioni cronistoriche si rinvia a L. Ravani, Dei resoconti parlamentari, su «L’Italia moderna», 1907, vol. I, fasc. 6, pp. 565-578. Tale autore, antico direttore del Servizio dei resoconti della Camera dei deputati, scriveva un po’ enfaticamente che per la stampa dei resoconti parlamentari si dovrebbe adoperare non “carta di pasta di legno o di altre sostanze, che saranno polvere tra cinquant’anni”, bensì “carta di puro filo stampata col migliore e più resistente inchio- stro, affinché possano resistere ai secoli, come vi hanno resistito certe pergamene o certi papiri”, anche per soddisfare le esigenze dello storico del futuro.
11 Sulla ricostruzione delle fasi di introduzione del resoconto sommario sia alla Camera che al Senato (in questo caso anche mediante preziose ricerche d’archivio) v. V. Strinati, La pubblicità dei lavori parlamentari dallo Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana, in «Le carte e la storia», 2008, n. 2, p. 27, il quale ricorda anche che la prima forma di pubblicità dei lavori parlamentari è consistita nell’ammissione del pubblico in apposite tribune (però anche al fine di mantenere la separazione fisica con i deputati) ed è coeva alla stessa nascita del sistema rappresentativo (p. 25).
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vamente (dal 2006) con il canale RAI di GR/Parlamento si è avuta la diffusione anche radiofonica dei lavori parlamentari, con un’incidenza non secondaria nella stessa oratoria parlamentare, attraverso la trasmissione via etere del segnale audio tradizionalmente diffuso dagli impianti a circuito chiuso delle Camere nell’ambito dei loro palazzi istituzionali.
Infine, il più recente e ancora in fieri canale di diffusione dell’informazione parlamentare è oggi rappresentato dalla rete Internet, le cui potenzialità non si sono ancora del tutto dispiegate19.
Quanto alla diffusione televisiva, a parte le trasmissioni della RAI o di altre emittenti private in particolari occasioni, vanno segnalati i canali satellitari della Camera e del Senato, in cui è possibile assistere in diretta ai lavori delle Assemblee e a volte (in diretta o in differita) delle Commissioni20. Si tratta di un servizio fornito a titolo gratuito, per cui le trasmissioni in chiaro sono accessibili a coloro i quali siano in possesso di apparecchiature idonee a ricevere il segnale televisivo digitale via satellite (decoder digitale e antenna parabolica). Tali canali satellitari sono disponibili anche sulla piattaforma Sky (canale 524 per la Camera e canale 525 per il Senato).
Ma nella società in cui soprattutto le più giovani generazioni sono sempre connesse, con flussi informativi ininterrotti, veloci, immediati, diretti e pluridire- zionali, è sulla rete che le Camere dovranno garantire una piena ed adeguata ai tempi attuazione dell’art. 64 Cost., anche sotto il profilo della “usabilità” median- te i dispositivi mobili.
Al riguardo, sui siti web istituzionali della Camera e del Senato non sono solo rinvenibili tradizionali prodotti informativi come i resoconti integrali, anche in corso di seduta (cioè in tempo reale, a parte i minuti necessari per la loro reda- zione), ma anche è data la possibilità di assistere direttamente alle immagini dei lavori (in genere) assembleari in corso tramite la web TV, seppur sulla base di una rudimentale regia fondata sulla telecamera fissa, che inquadra l’oratore di turno o la presidenza dell’Assemblea21.
Va poi segnalato uno strumento di informazione semplificata presente solo presso il Senato, vale a dire il comunicato di seduta (diffuso online anche in corso di riunione dell’Assemblea), che rappresenta una sintesi di tipo giornalistico sui contenuti principali e sugli eventi procedurali più significativi. Similmente, relativamente alle sedute di commissioni e di giunte, al termine viene immedia-
penetranti. Ma si tratta di una tradizione che resiste ancora efficacemente.
19 Fra l’altro alle trasmissioni in diretta c.d. “ufficiali” può aggiungersi il differente fenomeno recente delle videoriprese effettuate dai parlamentari stessi mediante i telefonini durante i lavori delle Camere e poi da questi diffuse sul web; fenomeno che non può non avere effetti distorsivi sia sul linguaggio parlamentare che sulle norme regolamentari in materia di pubblicità dei lavori par- lamentari (per tali problematiche v. la seduta dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 30 marzo 2016, su Atti Camera, XVII Leg., Bollettino degli organi collegiali, n. 34, p. 29).
20 Sulle modalità di diffusione audio-video dei lavori delle Commissioni permanenti – a circuito interno e via web – si rinvia a R. Cerreto, La pubblicità dei lavori in Commissione, su «Rassegna Parla- mentare», 2008, n. 3, pp. 601-621.
21 V.R. Bracciale, Il Parlamento italiano alla prova del web: alla ricerca delle affinità elettive, in S. Ben- tivegna (a cura di), Parlamento 2.0. Strategie di comunicazione politica in Internet, Milano, Franco Ange- li, 2012, pp. 186-208.
novembre e di dicembre del 199714, mentre per quanto concerne il Senato occor- re attendere la data simbolo del 30 gennaio 200015.
3. La pubblicità dei lavori parlamentari nell’era digitale
Sul fronte della pubblicità dei lavori delle Camere e dell’informazione par- lamentare in genere si sta assistendo ad una proliferazione dei prodotti, conse- guente all’utilizzo di tutta la strumentazione messa a disposizione dalla tecnica16.