La User Experience, letteralmente “esperienza d’uso” o “dell’utente”, è pro- babilmente il campo di applicazione più contemporaneo tra tutti quelli che il design ha attraversato dalla sua affermazione come disciplina autonoma. (Per citarne alcuni: Industrial Design, Product Design, Graphic Design, Interaction Design, Multimedia Design). La materia dell’UX design (così anche definito dagli addetti ai lavori) è il progetto dell’esperienza d’uso di un prodotto, di un servizio, di un evento, di uno spazio). Ho usato il termine “materia” in modo incongruo a bella posta, in quanto l’oggetto di azione di questa specifica disciplina di progetto non è invece sostanza fisica, o almeno non solo e non necessariamente. Il progetto di un’esperienza passa attraverso la definizione, la programmazione e la realiz- zazione di quanto occorre perché la fruizione produca nel fruitore percezioni, sensazioni, riflessioni, impressioni, opinioni, cognizioni, decisioni e memorie coerenti con gli obiettivi che i progettisti ed i loro committenti si erano proposti, non necessariamente legate alla realizzazione di uno scopo o di una funzione. Il progetto della UX di un prodotto o di un servizio di intrattenimento può anche non avere altro scopo se non la distrazione ed il divertimento. La UX di un esca- vatore dovrà invece necessariamente focalizzarsi prima di tutto sulla efficienza e sicurezza nello svolgimento di specifiche funzioni, magari tenendo conto anche di accorgimenti che gratifichino l’utente, senza però distrarlo.
Alcuni intendono lo UX design come una estensione della prassi del progetto di interazione tra uomo e macchina o di quella del design di interfaccia a campi anche immateriali o che non necessariamente implichino la fruizione di un pro- dotto fisico. Sicuramente lo UX design include il progetto delle interfacce, cioè di quei dispositivi che permettono lo scambio di informazioni tra enti (l’uomo e la macchina ad esempio) che non hanno di per sé un codice comunicativo comu- ne. Oggi noi tutti siamo abituati ad usare interfacce grafiche, ad esempio, che ci consentono di comunicare con elaboratori elettronici di vario tipo, in genere tramite display, metafore visive e strumenti di input tattili o vocali. Si tratta di interfacce molto percepibili, artificiali, che impongono uno sforzo di astrazione e di immedesimazione in un alter ego (avatar, frecce, puntatore, icona) proprio di un mondo virtuale di metafore grafiche che rappresentano ciò che ci interessa e ciò che possiamo fare od ottenere.
Le interfacce possono occupare uno spazio fisico e percettivo proprio, ad esse specificamente riservato, che si connota come dispositivo dedicato all’interazione (monitor, tastiera, touchscreen, mouse), oppure estendersi e pervadere lo spazio, rinunciando anche del tutto ad una configurazione riconoscibile. «Se l’interfaccia non rimane contenuta nell’inquadratura dello schermo/pagina ma va ad aderire agli oggetti, diventando interfaccia diffusa, […] la disciplina che si attiva in questo
Giuseppe Mincolelli La crisi del Parlamento nelle regole della sua percezione
caso è quella della configurazione, in altre parole, l’industrial design»1.
In un’interfaccia naturale, o diffusa, ogni elemento percepibile diventa signi- ficativo, potenzialmente interpretabile, latore di informazioni utili alla elabora- zione di sensazioni, alla produzione di opinioni, alla presa di decisioni ed allo svolgimento di azioni per l’ottenimento di un risultato.
Quando mi reco in un ufficio sconosciuto, tutte gli eventi che vivo prima di giungere allo svolgimento dello specifico compito di mio interesse mi preparano ad un atteggiamento e ad uno stato d’animo capace perfino di influenzare gli esiti dello stesso: il tempo di attesa, lo stato di manutenzione e l’igiene dei locali, l’illuminazione, la facilità di orientamento, la coerenza della segnaletica, ecc...
Tutte le volte che si intende permettere all’uomo di interagire con un sistema artificiale che non presenti canali diretti di comunicazione per lui accessibili, in modo da metterlo in condizione di fruire di informazioni, oggetti, eventi, spazi o servizi disponibili all’interno di questo sistema, ci si trova di fronte ad un proble- ma in cui è possibile applicare le metodologie e gli strumenti dello UX design, quali il progetto di interfaccia e di interazione.
Sono già individuabili alcuni esempi, per ora pioneristici, di applicazione di questa metodologia e di questi strumenti nel rapporto tra il cittadino e le istituzioni, tra il complesso sistema di gestione e di rappresentazione del potere e chi di questo sistema è fruitore o con questo sistema debba volente o nolente interagire. Sono già state proposte interfacce specifiche, progettate o spontanee; la domanda che ci poniamo è se si possano proporre metodologie, strategie o indirizzi per l’applicazione dello UX design al miglioramento della qualità del Servizio Pubblico, della Pubblica Amministrazione e delle funzioni dello Stato in generale nei loro rapporti con il singolo cittadino.
Per tornare all’esempio precedente, un cittadino che si rechi presso l’ufficio di una Pubblica Amministrazione per lo svolgimento di un compito specifico, è chiamato ad interpretare ed interagire con un certo numero di interfacce diffuse (sale di attesa, scale, corridoi, ecc.) e di interfacce specifiche (segnaletica, modu- listica, pulsantiere, totem, ecc.).
Si dice che una buona interfaccia è trasparente, capace cioè di essere utile ed efficace senza essere percepibile: un sistema che mi permette cioè di ottene- re ciò che mi interessa senza che io sia chiamato a compiere alcuno sforzo per individuarlo, capirlo o interpretarlo. Il livello di attenzione richiesto ad un utente nell’uso di un sistema di interfacce dipende in larga misura dalla coerenza delle stesse. Se il linguaggio (grafico, iconico, sonoro, verbale) varia in complessità, stile, forma o addirittura in significato tra un’interfaccia e l’altra l’effetto che si produce è quello del disorientamento. Anche una carenza di gerarchia nell’or- ganizzazione dell’informazione può comprometterne l’interpretabilità. In linea di principio, gli elementi più importanti per lo svolgimento di una operazione dovrebbero essere quelli più facilmente individuabili, per forma, contrasto, posi- zione, dimensione, in assoluto o in paragone agli altri elementi compresenti. Inoltre, una interfaccia dovrebbe essere coerente anche con le capacità interpre-
1 G. Anceschi, Il dominio dell’interazione – Protesi e anafore per il progetto dell’interfaccia, in Id. (a cura), Il progetto delle interfacce – Oggetti colloquiali e protesi virtuali, Milano, Domus Academy Edition, 1993.
tative (linguistiche, culturali, percettive, operative) delle persone a cui si rivolge: nel caso di un ufficio pubblico, la totalità dei cittadini, di qualsiasi sesso, cultura, ceto, provenienza, abilità essi siano.
Queste semplici considerazioni di base valgono per qualsiasi modello di inte- razione, per qualsiasi campo di applicazione in cui si abbia in mente di progetta- re una User Experience, in qualsiasi contesto culturale o geografico sia situato, che sia esso fisico o immateriale.
Con l’avvento dei sistemi informatici e la diffusione dei media, ed in particolar modo di internet, anche funzioni od organi dello Stato che avevano un limitato livello di interazione diretta con il pubblico hanno cominciato inevitabilmente ad aprirsi al contatto con i cittadini ed hanno dovuto fare i conti con le conseguenze dell’uso di interfacce inadeguate o non progettate.
Tutte le volte che un parlamentare fa un intervento in aula e viene trasmesso online dal servizio di live webcam della Camera dei deputati o del Senato, viene prodotta e resa disponibile, più o meno consapevolmente, della sostanza infor- mativa che solo in piccola parte riguarda il contenuto dell’intervento. Il linguag- gio, verbale e fisico, l’inflessione dialettale, l’aspetto del relatore, le poltrone vuote, un’aula deserta, un parlamentare assonnato o distratto, hanno un peso molto rilevante, certamente più di quello del significato delle parole, in quanto messaggi interpretabili da una platea molto più ampia di quella di chi è dotato dell’attrezzatura culturale per comprendere il significato ed il senso dell’inter- vento. Tutto ciò che è disponibile alla fruizione fa parte della UX, e contribu- isce alla formazione dell’opinione del fruitore sul servizio. Ogni elemento non progettato, o peggio, mal progettato è una mina vagante capace di distruggere il valore di quanto proposto.
Oltre alla trasposizione sul web degli sportelli degli uffici di servizio, che hanno replicato online tutte le inefficienze ed inadeguatezze delle tecniche di comunicazione ed interazione con i propri utenti proprie degli uffici reali, aggra- vandole e rendendole più percepibili in ragione della maggiore velocità e per- vasività del medium, si è assistito anche alla nascita ed alla messa online di servizi web da parte di enti ed organi dello Stato che, con la limitata penetrabilità dei luoghi che li ospitano, avevano contribuito alla genesi della locuzione “i palazzi della politica”.
Ogni ufficio, organo, ente dello Stato ha finora sviluppato indipendentemen- te proprie soluzioni, di diverso livello di professionalità, efficacia e pertinenza, per comunicare ciò che offre e che chiede ai propri utenti, sia sul web che nella vita reale.
È molto difficile per i cittadini orientarsi in questa galassia incoerente di linguaggi, ed è quasi impossibile per loro avere un’idea unitaria del servizio pubblico e del potere che lo determina. Se l’obiettivo del Servizio Pubblico è quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso l’erogazione di funzioni che rispondo a problemi e bisogni degli stessi, interferendo il meno pos- sibile con la loro libertà e consumando la minor parte possibile del loro tempo, allora la Pubblica Amministrazione nel suo complesso andrebbe vista come un unico referente per il cittadino, in grado di parlare un’unica lingua coerente, comprensibile ed adeguata alle caratteristiche delle persone cui si rivolge, capace di organizzare la propria offerta in modo da evitare ripetizioni, loop, vicoli ciechi
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Il progetto “Italia Login” persegue una strategia che punta all’ottenimento di una esperienza d’uso dei servizi della PA guidata da una logica di interazione unica, coerente e semplice, sviluppata per gradi, tramite un processo ricorsivo di codesign a cui è chiamato a partecipare chiunque sia in grado di portare un con- tributo utile. A questo scopo il progetto ha assunto la forma di un set di regole open source, in costante ridefinizione, la cui evoluzione è determinata dai contri- buti condivisi su una piattaforma-repository per lo sviluppo di progetti digitali in progettazione condivisa (Github).
Le linee guida permettono ai singoli terminali della PA di progettare la pro- pria interfaccia grafica, fisica o digitale seguendo delle linee guida comuni, in grado di garantire un livello minimo comune di qualità, coerenza e semplicità ed una percezione di unità complessiva nella esperienza d’uso dei diversi servizi offerti.
Come è ben spiegato da Gianni Sinni3, uno dei progettisti di “Italia Login”, non si tratta di una semplice ridefinizione dell’immagine coordinata dello Stato o della PA, ma della applicazione di metodologie quali il Design Thinking e dello Human Centered Design o di pratiche progettuali quali il Service Design allo sviluppo dello stesso Servizio Pubblico, partendo dagli strumenti che mettono i cittadini nelle condizioni di fruirne.
Simile nei propositi e nella metodologia applicata è anche gov.uk4, il sito di informazione per il settore pubblico del Regno Unito, creato dal Digital Service del governo con lo scopo di fornire un unico punto di accesso ai servizi governa- tivi. Il sito è stato lanciato in versione beta nel 2012 ed oggi ha sostituito tutti i siti dei ministeri ed ospita la maggior parte dei servizi pubblici.
Se il progetto inglese può vantare uno stato di sviluppo più avanzato, a parità di efficienza nella semplificazione, il progetto italiano è decisamente più design- oriented, più bello e piacevole nella navigazione.
La forma attraverso cui il potere si rappresenta ai cittadini è, in uno Stato moderno, non solo quella esplicitamente simbolica dei segni convenzionali, delle bandiere, degli stemmi, delle uniformi. È in primo luogo quella dell’interfaccia diffusa, dei terminali dei servizi che costituiscono la sostanza dello Stato che ogni cittadino esperisce in prima persona, da cui ricava un’impressione ed un giudizio qualitativo, spontaneo e non mediato, inesorabile e quasi irreversibile.
Un logo elegante ed ultramoderno, un’immagine coordinata, patinata e con- temporanea, che sono stati fino a poco tempo fa uno strumento utile a rappre- sentare o meglio raffigurare il valore di realtà non direttamente conoscibili, sono oggi strumenti inadeguati ed inefficaci a costruire una percezione di presenza, attendibilità, credibilità, autorevolezza del potere, se tutto l’insieme della sostan- za percepibile non offre un contributo coerente alla costruzione della sua idea. Oggigiorno, la maggior parte di questa sostanza, che costituisce la base del giudizio dei cittadini sui servizi in generale, ed in particolare su quelli pubblici e che influenza l’idea che abbiamo del potere e dello Stato, è disponibile online e viene percepita non tanto nella frequentazione degli uffici o nella fruizione fisica dei servizi, ma attraverso tablet e smartphones, non solo con i siti istituzionali, ma
3 G. Sinni, L’identità è aperta. Il design per la pubblica amministrazione, in www.medium.com, 2015. 4 https://www.gov.uk/.
ed ogni forma di attrito o inefficienza.
In realtà, allo stato attuale, le diverse forme di interfaccia attraverso cui gli organi e gli enti della PA si mettono in relazione con gli italiani appaiono ognuna governata da una logica autonoma ed indipendente, che si esprime attraverso codici propri, quasi dei dialetti.
Se diamo uno sguardo alla homepage del nostro Parlamento (http://www.par- lamento.it/home) sul web possiamo immediatamente individuare alcuni fattori di discordanza rispetto alle considerazioni fin qui espresse:
– l’interfaccia diffusa è connotata da stampe antiche, colori blu e rossi in con- trasto e testi impaginati secondo una logica non immediatamente comprensibile, con molti spazi vuoti;
– si ha una scarsa gerarchizzazione dei contenuti: il link alle “Leggi” usa lo stesso font ed è nella stessa colonna di quello relativo a “Rapporti internazionali“ e “Trasparenza di informazioni relative ai partiti politici (articolo 5, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 149 del 2013)”;
– vi è poco contrasto tra sfondo e caratteri, piuttosto piccoli e di difficile let- tura (non sono presenti accorgimenti per variarne le dimensioni e facilitarne la lettura);
– sono compresenti almeno 6 stili di carattere diversi;
– la pagina ha due livelli di leggibilità molto diversi a seconda che la si apra da desktop o da mobile;
– i due link principali, che portano ai siti delle due camere, si aprono su mondi sorprendentemente diversi.
Quello del Senato (http://www.senato.it/home) mantiene una impostazione affine alla homepage del Parlamento, su due colonne asimmetriche. La leggibilità è leggermente migliore, ma permangono problemi di ordine e gerarchia.
Il sito della Camera dei deputati, invece, (http://www.camera.it/leg17/1), offre una esperienza d’uso totalmente diversa.
I contenuti sono organizzati su un’unica colonna. I testi usano un solo tipo di font, con una forte diversificazione nella densità, nelle dimensioni e nel corpo in funzione dell’importanza e della natura dell’informazione trasmessa, cosa che rende la pagina allo stesso tempo ordinata e dotata di una gerarchia evidente, sottolineata dall’uso del colore.
Questo risultato non è solo dovuto alla perizia del grafico che ha costruito la pagina. È conseguenza dell’applicazione consapevole dei principi e delle metodologie del design human-centered in un progetto di “ecosistema di infor- mazioni e servizi”, secondo quanto previsto dal “Piano di Crescita Digitale”. Il progetto, denominato “Italia Login” è un tentativo, il primo in Italia di iniziativa governativa, di pensare un’interfaccia complessiva e coerente della Pubblica Amministrazione attraverso un approccio aperto, partecipato ed inclusivo, la cui versione Alfa delle “Linee guida di design per i servizi web della PA” è disponibile online dal 20152.
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ridotta da poter essere verificati rapidamente ed alla riprogettazione sulla base di test.
Tra i casi-studio rappresentati, troviamo progetti relativi alla riduzione delle cause di esclusione, al pagamento delle tasse, al miglioramento dei servizi, alla comunicazione istituzionale della Pubblica Amministrazione: ciò che accomuna tutti i progetti è la trasparenza del metodo, il coinvolgimento dei cittadini nello sviluppo delle soluzioni, il test delle soluzioni in casi applicativi con prototipi realizzabili con risorse limitate. Oltre ai vantaggi diretti derivanti dallo sviluppo e l’applicazione di soluzioni innovative a basso costo, la logica del codesign con- sente una maggiore immedesimazione dei cittadini con le istituzioni pubbliche, favorisce la comprensione reciproca e contribuisce a ridurre l’inefficacia di prov- vedimenti e azioni basate su analisi statistiche.
La percezione del potere in questo caso è basata sui risultati di iniziative par- tecipate, eventualmente anche rivolte alla definizione degli strumenti di comu- nicazione e di interazione, riducendone l’incoerenza linguistica e sostanziale, non tanto grazie all’uso di progetti forti e rigidi, quanto grazie all’applicazione di metodi che favoriscono lo sviluppo di soluzioni innovative, dinamicamente aggiornabili, a basso costo di sviluppo, basate sull’ascolto e sulla comprensione delle esigenze dei cittadini, in cui il contributo di esperti multidisciplinari di alto profilo ha un carattere collaborativo e non prescrittivo.
Torniamo al progetto “Italia Login”, che pure si è organizzato su principi di Human Centered Design e di progettazione partecipata e collaborativa open source, per concludere ribadendone l’importanza per il miglioramento non solo della percezione, ma della qualità stessa del servizio pubblico nel nostro Paese.
Si tratta di una importante occasione per la sperimentazione di tecniche inno- vative per lo sviluppo del servizio pubblico che possono tradursi concretamente in un risparmio sul tempo sprecato e sulla infelicità ed insoddisfazione della collettività. Ne danno testimonianza i principi cui si ispira il service design del pro- getto, che riportiamo di seguito, integralmente.
1. Prima i cittadini, tutti
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e devono poter accedere ai servi- zi senza distinzione di sesso, di lingua, di età, di condizioni personali e sociali. È compito della Pubblica Amministrazione rimuovere gli ostacoli di ordine tecnologico, geografico, sociale e culturale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno utilizzo dei servizi e l’effettiva partecipazione alla vita civica e democratica del Paese.
2. Innovativi per tradizione
Portare i tratti caratteristici dello stile italiano (progettualità, creatività, esteti- ca) nella pubblica amministrazione. Solo attraverso un’esperienza di utilizzo dei servizi piacevole e appagante, dove il design non è considerato un tema super- fluo, è possibile avere le condizioni per una migliore trasparenza e chiarezza.
3. Dialogare per migliorare
Fornire sempre canali di dialogo con il cittadino attraverso gli strumenti più idonei, che producano risposte puntuali e pronta assistenza. Costruire un rap- porto di fiducia che favorisca successive interazioni e un ritorno di informazioni utile a valutare i servizi.
soprattutto e direttamente tramite app, attraverso una rete che ci avvolge e di cui ci accorgiamo perché si palesa solo quando ne abbiamo bisogno.
Il livello di qualità offerto dai servizi disponibili in rete è il metro di paragone con cui misuriamo anche il servizio pubblico, e da cui dipende l’opinione che ne ricaviamo. Siamo abituati a ricevere gratuitamente servizi di eccezionale qualità, attraverso UX disegnate da formidabili team di professionisti aggiornati, esperti e competitivi, che hanno come unico obiettivo la felicità degli utenti. Facebook, Google (Maps, Search, Drive ecc.), Whatsapp, e milioni di altri servizi, più o meno potenti, pervasivi o performanti hanno in comune la caratteristica di essere con- cepiti, progettati, realizzati e aggiornati avendo in mente i bisogni e le frustrazio- ni di utenti che sempre di più si cerca di soddisfare individualmente e non come standard, attraverso metodi di User-Centered Design, di Service Design o di Design Thinking. E i servizi che non perseguono questi obiettivi vengono semplicemente spazzati via dalla rete. Non c’è spazio sul web per chi non è capace di offrire una UX entusiasmante, coinvolgente, personale.
È stato ampiamente dimostrato come il ricorso all’e-Government possa migliora- re l’efficienza e ridurre i costi della gestione del servizio pubblico (vedi ad esem- pio il rapporto di Boston Consulting sul caso dello Stato danese5), ma ancora non si hanno studi definitivi sull’effetto che la percezione di questa efficienza ha sull’opinione che i cittadini si formano sullo Stato e sul potere e sull’influenza che questa percezione può avere sul comportamento dei cittadini stessi nei con-