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4. La Scuola di Chigago e la ricerca di William Thomas sugli emigrati a New York

4.1 Le basi del pregiudizio

Il sociologo americano William Isaac Thomas, uno dei massimi esponenti della Scuola di Chicago, nell’opera “Old World Traits Transplanted” del 1921 propone un nuovo modo di interpretare i problemi sociali imputati alla diversità etnica, ponendo l’accento sul fatto che se la democrazia non riesce a fare i conti con la diversità non può essere considerata autentica. In altri termini, se il sistema politico ed economico, che produce l’immigrazione, non attua reali percorsi d’integrazione e di valorizzazione delle differenze, l’immigrazione diventa una situazione potenzialmente anomica, che genera il crimine, la violenza e il disordine sociale.

L'opera in questione è il risultato di una ricerca etnografica condotta nella città di New York agli inizi del 1900 proprio, quando l'atteggiamento nei confronti dei “nuovi immigrati”, in particolare provenienti dall'Europa meridionale, raggiunge punte massime di discriminazione e pregiudizio.

In questo clima xenofobo, il sociologo americano analizza le condizioni degli immigrati, giunti durante la “seconda immigrazione” con l’intento di mitigare l’allarme etnico e orientare le politiche migratorie

verso una maggiore consapevolezza circa l’apporto culturale di questi immigrati, a prescindere dai contesti di provenienza. Un aspetto importante della ricerca consiste nel fatto che, per la prima volta, il concetto di patrimonio culturale è posto in relazione con la categoria degli immigrati e con i processi d’inserimento nella nuova società, al fine di comprendere il pregiudizio.

Secondo Thomas, infatti, il pregiudizio è dovuto ai patrimoni culturali, costituiti dagli stessi immigrati in quanto portatori di cultura e di cambiamento sociale. In particolare, il pregiudizio, quindi, il problema dell’inserimento degli immigrati risiede nella riconciliazione, potenzialmente infinita, dei patrimoni culturali, visto che “ogni paese ha una quantità di risorse culturalmente non sviluppate”242. Thomas definisce il “patrimonio culturale”degli immigrati come “l’insieme di atteggiamenti e di valori che un gruppo immigrato porta con sé in America tutti i suoi modi di sentire e le sue consuetudini. Ogni gruppo umano accumula nel corso della sua esperienza una certa riserva di valori peculiari e un insieme di atteggiamenti rispetto a tali valori. Pertanto un poema, una danza popolare, una chiesa, una scuola, una moneta sono valori, e il riconoscimento di ciascuno di questi oggetti è un atteggiamento. L’oggetto, l’usanza, l’istituzione costituiscono il valore; il sentimento rispetto ad essi è l’atteggiamento”243.

Il patrimonio culturale si manifesta maggiormente nei contesti di cambiamento e diversità, diventando il fattore principale su cui costruire validi percorsi di inserimento ed integrazione sociale.

Americanizzare per Thomas significa “armonizzare” i gruppi attraverso un processo basato su specifici desideri umani244 e sul tipo d’organizzazione sociale propria di ogni gruppo, che determina e controlla tali desideri. Inoltre, la prevalenza di determinati atteggiamenti dipende dal tipo di organizzazione che il gruppo ha sviluppato. A tal proposito, egli parla di organizzazioni primarie presenti nelle società dei nuovi arrivati e di organizzazioni secondarie tipiche, invece, della società americana. Le società degli immigrati sono basate sui legami comunitari e familiari, in cui domina la sicurezza, la solidarietà e la sacralità, a differenza del patrimonio culturale americano, connotato dall’individualismo e dalla differenziazione sociale245.

Il conflitto nasce, quando l’individuo immigrato si trova in un altro contesto, in cui vi sono desideri

242 Ibidem cit. p. 198. 243 Ibidem cit. p. 48.

244 Thomas elabora la teoria dei desideri umani che sono: desiderio di protezione o sicurezza, il desiderio di riconoscimento,

il desiderio di nuove avventure e il desiderio di risposta. Vedi Izzo A. (1991), Storia del pensiero sociologico, II, I

classici, il Mulino, Bologna.

245 Ciò nonostante, sostiene Thomas, i gruppi primari sono comuni a tutte le società proprio perché sono spontanei e

fondamentali per la salute psico-fisica, in quanto soddisfano il bisogno universale di protezione. Nelle societa' dei nuovi arrivati i gruppi primari occupano un ruolo centrale e, in particolare, la famiglia, soprattutto nei gruppi provenienti dall'Europa centrale e meriodinale, riveste la funzione principale nella vita dell'individuo.

diversi, a tale proposito Thomas parla di “conflitto di desideri”, che comporta la necessità di ridefinire la situazione sia per gli outsiders sia per gli insiders.

Un desiderio che non trova adeguata soddisfazione nella società d’accoglienza è quello della protezione, desiderio fortemente presente nei patrimoni culturali dei nuovi arrivati in quanto caratterizzante le organizzazioni primarie.

In questa ottica, le comunità e le associazioni degli immigrati nate in America svolgono un ruolo efficace, in qualità di gruppi strumentali ed espressivi, che possono favorire ovvero ritardare il processo di inserimento. Il tipo di comunità dell’immigrato sostiene Thomas “(…) ha un’influenza di capitale importanza nel determinare il desiderio e la capacità di partecipare alla vita americana. (...) La situazione di un uomo immigrato da poco sarebbe qui di totale disorientamento se egli non trovasse alcuni punti fermi di identità rispetto alla propria vita passata, e li trova proprio tra coloro che appartengono al suo gruppo o alla sua nazionalità e che lo hanno preceduto. (…) Queste organizzazioni non sono, di fatto, semplici retaggi, ma il prodotto degli sforzi compiuti dagli immigrati per adattare alle condizioni di vita americana il proprio patrimonio culturale (…) costituiscono comunque il nodo fondamentale di qualsiasi studio che si occupi del passaggio di un individuo da un ambiente culturale ad un altro”.246

Sebbene le istituzioni e le comunità siano importanti per soddisfare i desideri e garantire i bisogni pratici e primari dei vari gruppi di appartenenza, alcune tra esse traggono profitti illeciti, sfruttando la vulnerabilità e il bisogno dei loro connazionali. Sorgono, così, organizzazioni criminose, che forniscono forza-lavoro “in nero”, ricavando una percentuale sul salario e, le organizzazioni a carattere nazionalistico spesso sono strumentalizzate da interessi particolari.

Un altro desiderio importante, che non trova adeguato riscontro nella società americana è quello del riconoscimento. Gli immigrati che arrivano in America cambiano in modo rapido e superficiale nel caso in cui non interagiscano solo con i membri del loro gruppo, ovvero, lento e parziale, nel caso in cui abbiano contatti costanti con la comunità di appartenenza, ricreata in America.

A prescindere dalla natura del cambiamento, il primo problema cui l’immigrato va incontro è la perdita di status, dovuta al mancato riconoscimento della posizione sociale, che aveva invece nel gruppo primario di appartenenza. Ciò porta ad una svalutazione della personalità, poiché il patrimonio culturale, sulla base del quale lo status è attribuito, viene meno essendo l’immigrato in un contesto culturale diverso.

Questa nuova situazione si presenta come una crisi, che può essere superata solo se l’immigrato possiede gli strumenti adatti per aggiustarsi nel nuovo ambiente. In caso contrario, la crisi se non superata produce la “demoralizzazione”247, vale a dire l’anomia, il crimine, la devianza e l’impoverimento. Egli spiega bene questo passaggio, quando afferma: “Dall’altra parte l’immigrato trova qui da noi situazioni strane, inaspettate e contraddittorie. Di solito non conosciamo bene i nostri bassifondi – condizioni abitative in cui tre cinque, sette nove famiglie hanno il bagno in comune, aziende che sfruttano le maestranze (….) – o non ci pensiamo abbastanza, ma essi sono completamenti diversi dalla vita rurale europea, e impressionano sfavorevolmente chi è immigrato nelle città” 248. La perdita di status e il mancato inserimento dell’immigrato spesso possono determinare un ritorno ai legami di origine, che supportato da organizzazioni criminose e, nutrito da una spinta etnica e nazionalistica in risposta al senso di abbandono, di tradimento e di sfiducia subìto dalla società ospitante, diventa pericoloso per la convivenza umana.

Thomas spiega come gli atteggiamenti incomprensibili e le abitudini strane di alcuni gruppi - per es. le “scarpe non-americane” o la “barba non-americana”- in realtà siano presenti, sebbene sotto altre forme ed espressioni, anche nella cultura americana e in quella europea antica. A questo proposito fornisce l’esempio della vendetta italiana che rientra nel codice d’onore proprio del duello praticato già nel 1601 in Francia.

Inoltre, un tratto con valenza positiva nella cultura di provenienza può essere percepito negativamente da quella di accoglienza e produrre un senso di estraneità e di disapprovazione morale.

A questo proposito, Thomas afferma che “La stranezza stessa può essere fonte di insoddisfazione e di pregiudizio”249. Tale stranezza, dato il differente “peso morale” che si attribuisce a specifici valori, sia da parte degli americani, sia da parte degli immigrati, produce antagonismo nei contatti iniziali tra immigrati ed americani. L’antagonismo, a sua volta, produce il pregiudizio reciproco e rappresenta uno dei principali ostacoli all’assimilazione. Egli afferma: “differenti razze e nazionalità attribuiscono lo stesso valore a cose diverse e diversi valori alla stessa cosa. Questo è l’elemento principale del problema dell’”americanizzazione”, cioè del tentativo di armonizzare la vita degli immigrati con la nostra”250. A tal fine, Thomas identifica comunanze e differenze tra i vari gruppi presenti in America,

247 Thomas precisa che la demoralizzazione sebbene sia diffusa in ogni gruppo, tuttavia negli immigrati è più forte proprio

perché soggetti alla perdita dello status quindi privi di un orizzonte culturale di riferimento.

248 Ibidem, cit. p. 73

249 Thomas W.I. (1921), Old World Traits Transplanted, trad. it, Rauty R. ( a cura di ), Gli immigrati e l’America tra il vecchio e il nuovo mondo, Roma, Donzelli Editore, cit. p 56.

anche se precisa che gli individui e gruppi non possono essere classificati sulla base di un elenco fatto a caso. Egli richiama l’attenzione sull’esistenza potenzialmente infinita della molteplicità delle culture, sugli universali culturali e, sottolinea il carattere non biologico delle differenze culturali.

Thomas sembra avvertire i decisori delle scelte politiche che le culture non possono essere azzerate, considerando gli immigrati come "semplice spostamento di forza lavoro”, pertanto, se l’assimilazione non si costruisce sulla riconciliazione dei diversi patrimoni culturali, qualsiasi azione politica è destinata al fallimento, in quanto “(…) non è possibile per l’individuo perdere del tutto i tratti di identità che lo legano al gruppo di origine; viene tradito da qualche segno – il modo di parlare, o i gesti o il modo di pensare. Egli si trova dunque fuori dalla vecchia società di appartenenza senza essere pienamente inserito nella nuova, ed è una situazione dolorosa: nessuna identificazione in nessun gruppo” 251.

Thomas si rivolge anche alla stampa e, in particolare, ai mezzi di comunicazione che propinano modelli culturali ambigui (per esempio, il rapinatore di banca, il gangster, il boss, il mafioso etc...) che vengono interiorizzati dalla societa' e dagli stessi immigrati, i quali tentano di imitarli essendo gli unici modelli di identificazione proposti e riconosciuti socialmente. Tali modelli, del resto, non possono essere decifrati adeguatamente dagli immigrati, che hanno codici culturali diversi e sono più vulnerabili, proprio perché privi del patrimonio culturale di appartenenza, pertanto, incidono negativamente sul loro comportamento.

Un altro elemento rilevante nell'analisi di Thomas risiede nella dinamicità dei patrimoni, quindi, dei valori e degli atteggiamenti, che sono adoperati da ogni individuo e gruppo finché sono validi.

Ciò significa che i patrimoni culturali sono soggetti a periodiche trasformazioni, secondo la situazione; l’acquisizione di altri patrimoni si basa sull’interazione, intesa come un processo continuo e mutevole. Peranto, il concetto di patrimonio culturale non designa specifici oggetti, limitando il suo significato alla categoria fissa delle cose, classificate in ordine di importanza252; esso, al contrario, si riferisce agli esseri umani, quindi, è mutabile, dinamico e incline all’integrazione di altri patrimoni, secondo il tipo di società ospitante e del livello di partecipazione messo a disposizione.

In altri termini, il concetto di patrimonio culturale è attribuito ad una categoria di individui socialmente

251 Rauty R., (a cura di ), Gli Immigrati e l’America. Tra il vecchio e il nuovo mondo, Donzelli, Roma 2000 Ibidem cit. p.

132.

252 Attualmente, questa distinzione è rimasta quasi invariata, basti pensare al termine «bene culturale» usato per distinguere

il patrimonio culturale in artistico, archeologico, archittettonico, ambientale e paessagistico, demo-etnoantropologico etc…In particolare, quello demo-etnoantropologico è tradizionalmente ritenuto marginale rispetto agli altri.

emarginati, quale quella dell’immigrato, che da essere privo di cultura diventa portatore di cultura e di cambiamento sociale, in quanto spostandosi, per necessità o per scelta, da un posto ad un altro, nel corso della sua esperienza favorisce, volente o nolente, la creazione, di nuovi patrimoni.

Il patrimonio culturale, così, non è più collegato con gli oggetti, bensì con la capacità di ogni essere umano, che attraverso il suo pensiero e la sua azione contribuisce sia al mantenimento, sia al rinnovamento della società in cui vive.

Il patrimonio culturale acquisisce il carattere vivente e dinamico proprio della vita umana organizzata e finisce per coincidere con il significato autentico della democrazia. Si innesca, così, la questione critica della cittadinanza e del diritto di voto per l’immigrato, in quanto soggetto pensante, in virtù del patrimonio culturale che lo caratterizza.

In questa prospettiva, Thomas tenta di ridurre lo stereotipo diffuso dell’immigrato non istruito e privo di cultura, pertanto, incapace di contribuire allo sviluppo della società che lo riceve.

Al contrario, sono gli individui come gli immigrati che creano le condizioni d’apertura per rinnovare i patrimoni, quindi, nuovi individui e nuove generazioni, che si sviluppano nel corso del tempo, in un processo continuo e dinamico.

Gli immigrati, infatti, necessariamente, si riassestano nel nuovo contesto, dando luogo a forme organizzative miste per esempio, gli italo-americani, i polacchi-americani,i russi-americani, i cinesi- americani etc…) che generano nuovi patrimoni integrati con la nuova situazione.

A tale proposito, egli richiama l’attenzione sul ruolo strategico delle organizzazioni degli immigrati che, se non strumentalizzate, possono diventare gli intermediatori e i promotori di un dialogo dal basso e di forme di sviluppo socioeconomico e culturale, a beneficio sia della società d’accoglienza, sia di quella di arrivo.

L’integrazione, o la riconciliazione, dei patrimoni è il segnale non solo di una politica migratoria valida, ma anche di una società autenticamente democratica.

In quest'ottica, Thomas analizza anche il patrimonio culturale americano sulla base del sistema politico adottato, quale quello democratico, che, per definizione, dovrebbe garantire la partecipazione degli individui alla vita sociale e politica del paese in cui vivono, in quanto la democrazia si basa su status acquisiti e non ascritti.

Come afferma Thomas: “Il nostro sistema statale è basato sulla partecipazione di tutti gli individui e presume in tutti la capacità e la volontà di esercitarla, in ultima analisi, infatti, intendiamo per

democrazia la partecipazione di tutti, sia dal punto di vista pratico che teorico, alla vita collettiva della comunità.”253

Verso la fine del suo studio, Thomas, con tono esortativo, afferma: “Dobbiamo riuscire a fare degli immigrati una parte attiva del nostro sistema sociale, ideale, politico ed economico, oppure perderemo le nostre caratteristiche culturali ”254.

Egli è a favore di un’assimilazione ragionata e mette in guardia da una strategia politica basata sull’obbedire e proibire, deleteria perché può spingere ad un ritorno alla cultura d’origine, intriso di nazionalismo, patriottismo ed etnicismo, compromettendo proprio il fattore che ha maggiormente attratto i flussi migratori verso l'America, cioè la democrazia.

Una tale visione contrasta con l’approccio adottato dal governo americano, che tenta di reprimere i diversi patrimoni culturali, maggiormente evidenti nella fase di primo contatto con la nuova società. L’opera “Old World Traits Transplanted” offre così un contributo unico, non solo per la definizione del concetto di patrimonio culturale degli immigrati, ma anche per gli aspetti critici caratterizzanti la storia dei flussi migratori negli USA.