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4. Emigrazione e letteratura: il caso del Molise

4.1 Peculiarità del flusso migratorio

Dal Molise sono andate via nel corso di un secolo e mezzo centinaia di migliaia di persone, sottraendo all’intera ragione le risorse migliori. Basti pensare che oggi, includendo anche gli oriundi, si contano oltre un milione di persone di origine molisana sparse per il mondo (un terzo in Italia) rispetto alle 320 mila residenti in regione. Su 5 milioni di emigrati muniti di passaporto italiano, ben 130 mila sono molisani.

Il flusso migratorio molisano non è stato sempre costante negli anni così come sono cambiate le destinazioni. L’America latina (in particolare, Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela) e gli Stati Uniti costituiscono le prime tappe dell'esodo, con grandi deflussi a cavallo tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento. Nel dopoguerra le ondate molisane maggiori si verificano in Canada prima, quindi in Europa e Australia, poi.

Come asserisce Lombardi l'emigrazione molisana rappresenta un caso rappresentativo all'interno dell'emigrazione meridionale per diversi aspetti, che possono essere così riassunti:

- l'apertura all'emigrazione transoceanica in Nord-America, in quanto il flusso migratorio del Molise per primo si dirige negli Stati Uniti, insieme a quello della Campania (la zona del Cilento, in particolare) e della Basilicata;

- la prontezza delle partenze e dei meccanismi organizzativi legati al viaggio;

- la capacità di risparmio degli emigrati, quindi, l'entità e la qualità delle rimesse e la loro incidenza sul processo di ammodernamento del paese172;

- i fattori significativi del flusso migratorio che parte dalla provincia di Campobasso, in termini di numeri delle partenze, composizione socio-demografica, profilo socio-professionale, immediatezza a partire e organizzazione del viaggio, come si rileva nello studio della Fondazione Agnelli, riportato di seguito;

- “la radicata cultura della partenza” che condiziona i meccanismi di presa di decisione,

172 Come mette in evidenza Gino Massullo, tra il 1909 e il 1913 si contano 404 milioni di lire correnti provenienti dalle

rimesse (che comprendono i depositi fatti presso il Banco di Napoli, le Casse di Risparmio postali e i vaglia internazionali) con una media annua di 209 milioni. Tuttavia, tali rimesse, sebbene aumentarono i consumi delle famiglie, confluirono per la maggior parte nelle industrie del Nord Italia. Massullo G., (2001), Economia delle rimesse, in, Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, Donizelli, Roma. Anche Ricciarda Simoncelli ricorda come tra il 1905 e 1925 le rimesse degli emigrati molisani e abruzzesi arrivano alla cifra di 300 milioni di lire di allora. Entrano, così, nella regione una cifra pari al redditto medio prodotto in un anno da 600 mila cittadini, di circa 500 mila lire. Vedi: Simoncelli R., (1972), Il Molise. Le condizioni geografiche di un economia regionale, Libreria Kappa Editrice, Roma.

promuovendo l'esodo molisano. Ci si riferisce alla pratica sociale, molto diffusa prima dell'emigrazione di massa, consistente in spostamenti frequenti di diverse fasce sociali che, per ragioni svariate, si allontanano da casa per lunghi periodi.

Su quest'ultimo aspetto, Norberto Lombardi considera questa “radicata cultura della partenza” come un elemento distintivo dell'emigrazione molisana: “Il caso molisano presenta aspetti di originalità nel quadro dell'emigrazione italiana. Il Molise è l'unica regione che, a seguito delle vicende emigratorie succedutesi nell'arco di un secolo e mezzo, oggi possa annoverare fuori dei propri confini una presenza di persone d'origine al doppio della popolazione residente, pari a circa 320.000 abitanti, vicina anzi al triplo, secondo stime pur approssimate. Segno di una partecipazione intensa e diffusa alle due maggiori ondate migratorie che la società italiana ha conosciuto, ma anche di una radicata e costante cultura della partenza che ha caratterizzato i molisani fin dai tempi più lontani”.173

La tradizione dei molisani come popolo abituato a lasciare la propria comunità per fondarne di nuove può essere fatta risalire ai Ver Sacrum. A riguardo Ricciarda Simoncelli sostiene: “Forse, questa spontanea tendenza della società molisana ad allontanarsi, almeno in parte, dai propri confini non dovette mai cessare, probabilmente sostenuta e provocata dalla più rapida evoluzione di altri ambienti. (…) E, forse la familiarità con forme di emigrazione temporanea e le maggiori possibilità di conoscenza e di scambio che ne derivava, resero i molisani quanto mai pronti ad attraversare l'oceano. Infatti i molisani precedettero di gran lunga napoletani, abruzzesi e pugliesi nell'avventura americana secondo l'atavico costume che li portava spontaneamente a rivolgere l'attenzione al di fuori della propria terra nella ricerca di migliori condizioni di vita”.174Nel corso dei secoli, questa tradizione, come mette in luce Lombardi, assume diverse forme: dalla transumanza ai lavori stagionali, alla circolazione degli zampognari e girovaghi, ai commercianti di acciaio e rame nelle fiere, ai lunghi soggiorni a Napoli e anche a Roma, da parte di studiosi e professionisti etc...

Tuttavia, è interessante osservare che dalla metà dell’ottocento fino agli anni settanta del secolo, l'emigrazione intesa come fenomeno collettivo e transoceanico è del tutto assente in Molise e, ancora, fino al 1871 la provincia di Campobasso detiene uno dei tassi più bassi di emigrazione di qualsiasi altro territorio d’Italia, pari a 134 espatriati, di cui 90 per le Americhe. Mentre, già a partire dal 1872 si

173 Lombardi N., L'emigrazione dei molisani. Forme ed esiti di una radicata cultura della partenza, in, Rapporto Italiani nel mondo, 2010, cit. p. 37.

174 Simoncelli R., (1972), Il Molise. Le condizioni geografiche di un economia regionale, Libreria Kappa Editrice, Roma,

contano 809 emigranti, senza includere i numerosi clandestini, che comprendono persone con procedimenti penali e i minorenni privi del permesso dei genitori.

Il primo flusso migratorio molisano parte da Agnone, in provincia di Isernia, e si dirige verso l'America Latina. Il calo dei prezzi agricoli dopo l'Unità, soprattutto di quello grano, e la crisi della manodopera in altri settori inducono questa comunità ad emigrare. “Emigrare fu l'unica alternativa e solo la secolare abitudine alle migrazioni stagionali spiega la rapidità e la diffusione di lasciare la propria terra (…)”.175 Nel periodo tra il 1880 e il 1905 si calcola che circa 410.000 abruzzesi-molisani partono per le Americhe, tra loro il 45% è composto dagli abitanti della provincia di Campobasso, che presenta un tasso d’emigrazione doppio rispetto a quello del Meridione e cinque volte maggiore rispetto a quello delle ripartizioni del paese; i molisani, dunque, si distinguono per il numero degli espatri.

Tab. - L'emigrazione molisana e di altre regioni; passaporti rilasciati e popolazione residente

Regioni Totale (in migliaia) dei passaporti rilasciati dal 1876

al 1925*

Popolazione residente al 1901**

(in migliaia)

Rapporto totale passaporti rilasciati tra il

1876 e il 1925 con la rispettiva popolazione residente nel 1901 % Molise 349 390 89 Abruzzo 701 1.136 62 Puglia 491 1.964 25 Campania 1.693 3.220 5

*Fonte: Commissariato Generale dell'Emigrazione, Annuario Statistico dell'Emigrazione italiana dal 1876-al 1925, Roma , 1926, tav. II. Il totale si riferisce a tutti i passaporti per i paesi transoceanici, europei e del bacino del mediterraneo.

** Fonte: Direzione Generale della Statistica e del Lavoro, Annuario Statistico Italiano, seconda serie, vol. II, 1912, Roma, 1913.

Come si evince dalla tabella, l'emigrazione molisana si presenta in misura maggiore rispetto a quelle delle altre regioni considerate e, infatti, nel periodo esaminato il numero dei passaporti rilasciati si distanzia di poco da quello della popolazione censita al 1901: il rapporto è pari ai nove decimi, di

175 Zilli I., ( 2006 ), L'economia nell'Ottocento, in Storia del Molise in età contemporanea (a cura di ) Massullo G.,

fronte ai due terzi dell'Abruzzo, a un quarto delle Puglie e ad un mezzo della Campania.

In linea con il modello dell'emigrazione storica meridionale, dal 1876 al 1925 circa il 92% degli emigrati molisani, attraversa l'Oceano, a differenza degli emigrati abruzzesi che, invece, si dirigono maggiormente verso destinazioni europee, aderendo alle caratteristiche dell'emigrazione centro- settentrionale.176

L'esodo dal Molise pervade tutta la regione, spopolando interi paesi come, Bojano, San Polo, Guardiaregia, Sepino, Cantalupo, Pettoranello, Cercepiccola, Cerce Maggiore, Ferrazzano, Ripalimosani, Gildone, Casalciprano, Castellino sul Biferno, Petrella, Monacilioni, Matrice, Casacalenda, Bonefro, Mafalda, Capracotta, l’alta Valle del Volturno, Monteroduni etc...

Tale esodo apporta radicali trasformazioni nell'assetto non solo demografico ma anche sociale e culturale della regione. “Siamo di fronte, dunque, a un processo che attraversa in profondità la società molisana e coinvolge la condizione, i sentimenti, i pensieri, le relazioni di decine di migliaia di famiglie, di centinaia di migliaia di persone (…). L'emigrazione, insomma, diventa in modo sempre più evidente, a partire dagli anni settanta del diciannovesimo secolo, uno degli indici diretti del cambiamento sociale e civile dei molisani e, di conseguenza, una cartina di tornasole anche del mutamento sociale”.177

Nella Fondazione Agnelli, uno studio178 sugli emigrati italiani riporta le banche dati riguardanti le liste dei passeggeri italiani imbarcati sulle navi per New York dal 1880 al 1891. Lo studio mostra un l'andamento crescente dei flussi ( da 9.166 emigrati nel 1880 a 36.230 nel 1888), soprattutto di provenienza meridionale, mettendo in rilievo le conseguenze deleterie sul Mezzogiorno, in termini di depauperamento della popolazione e delle già depresse condizioni economiche e sociali locali a seguito dell'Unità. “L’emigrante che giungeva negli Stati Uniti in questo periodo era quasi sempre un giovane uomo solo del Sud Italia appartenente a quelle fasce d’età che costituiscono il nucleo forte della popolazione attiva e maggiormente preposta alla produzione di reddito”.179A questo riguardo, lo studio approfondisce l'emigrazione molisana perché costituisce un caso peculiare nel panorama dell'emigrazione italiana in termini sia quantitativi sia qualitativi. In particolare, la provincia di Campobasso in cifre assolute, occupa il secondo posto in graduatoria tra le province con maggior

176 Simoncelli R., (1972), Il Molise. Le condizioni geografiche di un economia regionale, Libreria Kappa Editrice, Roma. 177 Lombardi N., Identità migranti, in Identità locali, Glocale/1/2010, rivista molisana di storia e scienze sociali,

Campobasso, cit. pp. 199-200.

178 Monteverdi A., Aspetti demografici e socio-professionali dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti (1880-1891): un’indagine esplorativa basata sui registri di bordo, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, luglio dicembre 2004. 179 Ibidem, cit. p.88.

numero di emigrati (la prima è quella di Napoli, il cui numero di emigrati risulta maggiore di appena 59 unità).

Il flusso migratorio molisano si mostra costante a partire dal 1882 fino al 1891, quando giungono negli Stati Uniti i primi emigrati molisani, registrando una media annuale di 305 unità, con dei minimi di 55 e 37 passeggeri, rispettivamente, negli anni 1885 e 1889. I flussi maggiori si verificano tra il 1886 e il 1888, con un'impennata nel 1886 (che registra 648 emigrati) e un calo avvenuto nel 1889, per poi riprendere, lievemente, agli inizi degli anni novanta.180

Come dimostra lo studio, l'emigrazione molisana, comparata alla media degli emigrati diretti verso gli Stati Uniti, si caratterizza per la presenza elevata di giovani maschi soli, quasi il 91,2%, con un età compresa tra i 25 e i 32 anni, i cosiddetti birds of passage che vedono nell’emigrazione un’opportunità per lavorare, risparmiare e ritornare in patria.

Questa peculiare composizione sociale e demografica si ripercuote sullo sviluppo della regione poiché vengono a mancare proprio quelle risorse che un tempo assicuravano il benessere economico. A proposito, si afferma: “(...) nel caso di Campobasso si può asserire come alla speciale intensità del fenomeno migratorio complessivamente registratasi, e calcolabile in termini quantitativi, si siano accompagnati dei caratteri qualitativi del medesimo che hanno contribuito ad aggravarne ulteriormente le ricadute valutabili in termini demografico-sociali nei luoghi di origine. Il depauperamento demografico a cui si è assistito in tale area ha infatti colpito in misura proporzionalmente superiore (rispetto alla media degli emigrati negli Stati Uniti in quel periodo) proprio quelle fasce di popolazione che maggiormente contribuivano alla produzione di ricchezza in zone comunque già fortemente depresse in termini economici”.181

Per quanto concerne il profilo socio-professionale dell’emigrato molisano, il settore industriale e terziario sono poco rappresentati, segno della scarsa presenza nella regione di agglomerati industriali. Tra le esigue professioni di tipo industriale manifatturiero, si rilevano le attività artigianali del sarto, del falegname, del fabbro, del fornaio, del calzolaio e del filatore. Nell'ambito del settore edile, si segnala il mestiere del muratore, tagliapietra, pavimentista e imbianchino. Nel settore terziario, infine, si rilevano professioni legate ai trasporti, come marinai e corrieri, e a quello dei pubblici esercizi, in particolare, il guardarobiere. L'unica figura professionale proveniente da

180 Ibidem.

181 Monteverdi A., Aspetti demografici e socio-professionali dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti (1880-1891): un’indagine esplorativa basata sui registri di bordo, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, luglio dicembre 2004, cit.p.

Campobasso, rilevata nello studio, è quella di un certo Giuseppe Defilippo, fotografo, giunto a New York il 26 ottobre 1885. Fortemente rappresentato è, invece, il settore agroalimentare, riflettendo il modello dell'economia molisana, nettamente, basato sull'agricoltura. In particolare, prevale una manodopera agricola non specializzata, pari al 91% ( farmer, contadino e agricoltore generico,

laborer). Tuttavia, a questa forza lavoro generica si accompagnano mestieri più qualificati in ambito

agroalimentare (ploughman, aratore; grinder, macinatori; miller, mugnai).182

L’emigrazione molisana negli USA si concentra in diversi luoghi quali, New York, Cleveland, Filadelphia, Pennsylvania e New Jersey, dove a Pittsburgh, rinasce l'intera comunità di Pettoranello. Negli Stati Uniti i molisani si disperdono, rendendo difficile una ricognizione completa ed esaustiva circa la loro presenza sul vasto territorio americano. “Sarebbe difficile – dice Lombardi – disegnare tutti i rivoli delle destinazioni dei molisani nel tessuto urbano e produttivo di quel grande paese, anche perché la rete delle presenze si è con il tempo allargata e ramificata”.183

Nonostante tale difficoltà, la presenza dei molisani negli Stati Uniti può essere così individuata: a New York si stabiliscono gli emigrati provenienti da Roccasicura, ma, in particolare, i Vinchiaturesi a Staten Island, dove fondano la St. Bernardino Society; i Bonefrani a New Rochelle, dove fondano il Bonefro Social Club; a Siracusa si stanziano gli emigrati da Ferrazzano, da Guardiaregia e da San Martino in Pensilis. Nel New Jersey, a Verona, quelli di Sant'Elia a Pianisi che fondano l'omonima società, mentre a Newark e Port Amboy quelli di Roccamandolfi che fondano la Società di Mutuo

soccorso di Roccamandolfi e la Società San Liberato; A Princeton arriva il nucleo da Montagano e,

soprattutto, quello massiccio da Pettoranello, che mantiene tuttora stretti legami con il paese di origine tramite la Princeton-Pettoranello Foundation; a Providence si sono segnalate presenze di emigrati provenienti da Agnone, Frosolone, Sant'Elia Sannita, Bonefro, Casacalenda, quest'ultimi presenti anche a Detroit.

Ma, il nucleo maggiore di molisani si trova in Pennsylvania, in particolare, a Filadelphia dove si sono stabiliti coloro provenienti da Longano, Colli al Volturno, Fossalto, Montenero di Bisaccia, Monteroduni. Qui si sono fondate diverse associazioni quali, l'Associazione Valle del Volturno, La

Società di Mutuo Soccorso Sant'Antonio Longanese, L'Associazione Montenero di Bisaccio e la Società donne di San'Antonio. A Pittsburgh, invece, si sono stanziati quelli giunti da Castel del

182 Ibidem.

183 Lombardi N., (2000), Il Molise fuori dal Molise, in Masullo G (a cura di) Storia del Molise, Laterza, Roma-Bari, cit.

Giudice, Castellino del Biferno, Sepino e San Pietro Avellana.184 L'elenco dei molisani continua ma “si tratta, dunque, di pochi e sommari riferimenti a una costellazione non solo dispersa e frastagliata in estensione, ma anche larga parte sommersa storicamente dalla lontananza dei primi insediamenti e dalla forza livellatrice delle politiche assimilazionistiche, prevalenti fino ad alcuni decenni or sono”.185

Sul piano dell'identità, poi, bisogna tenere presente la separazione del Molise dall'Abruzzo, avvenuta quando i flussi andavano ormai scemando. Questo dato rende difficile elaborare una mappatura precisa della presenza molisana negli Stati Uniti, in quanto molti emigrati sono partiti con un'appartenenza geografica e territoriale diversa. Sotto questo punto di vista, tuttavia, i dati raccolti nella ricerca segnalano la poca rilevanza dell'elemento politico su quello culturale: la maggior parte dei molisani intervistati sembra non aver risentito, sotto il profilo identitario, della separazione dall'Abruzzo, continuandosi ad identificare come “molisana”. Ciò dimostra che i processi di identificazione culturale vanno al di là dei confini meramente politici e geografici, intrecciandosi con la dimensione psicologica-affettiva dell'essere umano.

Il forte campanilismo, invece, che caratterizza i molisani e, più in generale, i meridionali gioca per lungo tempo un duplice ruolo nei processi di inclusione ed esclusione in quanto se da una parte aiuta a preservare la cultura di origine dall’altra rallenta il loro inserimento nella società, nell’economia e nella politica americana. Nonostante, le difficoltà iniziali di integrazione, alcuni molisani riescono ad emergere nel mercato del lavoro americano; questo è il caso degli emigrati provenienti da Pizzone (Isernia), che si specializzano in massa nella costruzione di reti fognanti, di cui hanno il monopolio. L’iniziatore di tale attività è Pietro Fosco, costruttore edile, che si trasferisce a Chicago nel 1920. Sul campanilismo dei primi emigrati molisani, Norberto Lombardi afferma:”Le littles Italies che nacquero in quasi tutti i conglomerati urbani degli Stati Uniti, prima di essere piccole italie, furono

piccole Campobasso, piccole Isernie, piccole Potenze, piccole Avellino, e magari piccole Monteroduni, piccole Montagano, piccole Guardiaregie. Tutti i responsabili di governo, gli intellettuali e gli analisti

sociali che avevano parlato fino ad allora del Molise e dei molisani ne avevano sottolineato, e talvolta sublimato, l’invincibile individualismo e la mancanza di spirito di socialità (…)”186.

Anche Primo Levi in Cristo si è Fermato ad Eboli, parlando dell'emigrazione lucana negli Usa, metafora dell'emigrazione meridionale, fa riferimento alla chiusura degli emigrati in terra americana: 184 Ibidem.

185 Ibidem, cit. p. 602.

“In America essi vivono a parte, fra di loro: non partecipano alla vita americana, continuano per anni a mangiare pan solo, come a Gagliano, e risparmiano i pochi dollari: sono vicini al paradiso, ma non sanno neppure entrarci.”187

Questo atteggiamento di forte chiusura è riscontrabile, del resto, nella fitta rete associativa, circoscritta alla cultura di appartenenza. Nelle prime fasi di insediamento, si contano numerose fondazioni e società di muto soccorso molisane (per esempio, la Saint Ann’s Society, fondata nel 1914 a South Norwalk, ancora oggi in vita, oppure quelli di San Bernardino fondata agli inizi del 1936 dalla comunità di Vinchiaturo a New York, ancora attiva). Tali associazioni, sebbene siano dei punti di riferimento importanti, marcano la differenza culturale degli emigrati molisani e solo con la seconda generazione si può parlare di una maggiore integrazione della comunità molisana nella società ospitante.

Infatti, con il passare del tempo, gli emigrati molisani si insediano maggiormente nella società americana e cominciano a lavorare nelle fabbriche, nelle industrie, a gestire attività commerciali autonome (per esempio quella del sarto, del barbiere, del pittore, dello scalpellino e del marmista), facendosi apprezzare dalla comunità ospitante. Inoltre, la cucina italiana fortemente radicata nelle abitudini alimentari degli emigrati, consente di avviare attività d’importazione di vari prodotti (vino, pasta, olio, conserve etc…) e di aprire ristoranti italiani molto ricercati anche dai non-italiani.

La propensione all’individualismo, che preclude l’associazionismo, la cooperazione e la fiducia nelle relazioni sociali, tipica dei primi emigrati molisani, si affievolisce con il passare del tempo, anche grazie al contatto con le altre culture: l’emigrato molisano, volente o nolente, è chiamato al confronto con l'Altro e con la diversità culturale, fortemente rappresentata dalla società multietnica americana. Come si vedrà nel capitolo quinto e sesto, si verificano importanti trasformazioni sui processi di identificazione, in seguito all'inevitabile contatto interculturale. In particolare, le giovani generazioni tendono verso nuove forme di identificazione che non sono create sulla base di sentimenti campanilistici e neppure esprimono un revival etnico; esse, infatti, sembrano più vicine al concetto di “Capitale Culturale”, così come suggerito dal sociologo americano Richard Alba (1990) a proposito delle trasformazioni dell'identità etnica tra gli americani di origine europea, giunti con la seconda ondata migratoria negli USA.188

187 Levi P., (2005), Cristo si è fermato a Eboli, Einaudi, Torino, cit. pp. 108-109.

188 Vedi capitolo primo. Sul concetto di Capitale Culturale si rimanda a: Bourdieu P., (1979), La distinction. Critique sociale du Jugement, Minuit, Paris; Bourdieu P., Passaron J.C., (1990), Reproduction in Education, Society and Culture.

London: Sage Pubblications Inc; DiMaggio P., Mohr J., (1985) Cultural Capital, Educational Attainement, and Marital

Queste nuove forme, lontane da quelle dei loro predecessori che oltre a disporre di strumenti diversi (in

primis la padronanza della lingua) avevano alle spalle una storia diversa, segnalano un'appartenenza

contemporanea, quindi, non solo connessa con il Molise, ma con l'Italia e, più generale, con l'Europa. Tale appartenenza, pertanto, dovrebbero essere compresa e valorizzata nel contesto più ampio della cultura italiana, europea e, in particolare, mediterranea.

Per quanto, poi, concerne, gli emigrati molisani, negli Stati Uniti è presente un numero notevole di individui che si colloca in settori importanti della società americana. Come afferma Lombardi:“E’ utile sottolineare, piuttosto, le opportunità che sono offerte da una rete ormai abbastanza diffusa di operatori che agiscono in campi strategici, come quelli della formazione, della ricerca storica e