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La ricerca etnografica

6. L'analisi dei dati: le aree tematiche caratterizzant

Questo livello rappresenta la struttura portante del discorso e dà conto dell'intero progetto di indagine. Esso comprende sia la formulazione dei dati in asserti sia la loro interconnessione e, a seconda del grado di organizzazione (alto o basso), si costituisce il perno del discorso intorno al quale si sviluppa la ricerca. I dati raccolti e organizzati, dunque, sono stati interpretati e collegati tra loro per giungere

all'individuazione delle comunanze e divergenze. L'analisi, infatti, è stata condotta attraverso l'individuazione di temi caratterizzanti per ciascun campione, ossia elementi connotativi l'identità sia dei giovani italo-americani sia dei molisani di prima, di seconda e di terza generazione, comparati, successissivamente tra di loro. I temi sono i seguenti:

 La famiglia  Il cibo

 L'amicizia Le relazioni interpersonali e  Il lavoro

 La religione e le feste dei Santi  Il viaggio in Italia

Per il campione dei molisani di prima generazione le aree tematiche individuate sono le stesse con l'unica eccezione per la tematica del viaggio. Esso si riferisce alla scelta di emigrare e non al viaggio in Italia fatto a distanza di anni dai figli e, in particolare, dai nipoti e pro-nipoti per riscoprire le proprie origini. In quest'ottica, per la prima generazione di molisani il “viaggio” diventa la prima area tematica esaminata, mentre, per i giovani è l'ultima. Quindi, solo per i molisani di prima generazione si hanno le seguenti aree tematiche:

 Il viaggio in America  La famiglia

 Il cibo

 L'amicizia e le relazioni interpersonali  Il lavoro

 La religione e le feste dei Santi

Si ritiene che le aree tematiche individuate siano rappresentative della cultura meridionale e, sedimentate nella storia locale e nelle esperienze collettive, esse riflettono l'identità del territorio attraverso i secoli e le generazioni anche fuori dai confini nazionali e, in particolare, negli Stati Uniti.

La famiglia

L’uomo risente dell’influenza dell’ambiente, per cui le relazioni familiari hanno acquisito, in virtù delle specializzazioni funzionali della famiglia (Parson, Bales 1955). un’importanza sempre maggiore anche a livello soggettivo. La problematica relativa alle funzioni della famiglia nucleare nella società contemporanea è stata ampiamente ripresa da Talcott Parson278, che, riferendosi alla teoria di Freud ed avendo presenti soprattutto le forme assunte dalla famiglia nella società americana, ha sostenuto la tesi della progressiva specializzazione della famiglia come agenzia specifica di socializzazione e di integrazione sociale. Se, dunque, la famiglia italiana all'interno della società americana ha perso molte delle sue funzioni economiche, educative, assistenziali e ricreative in seguito all’importanza che hanno

assunto le strutture dell’organizzazione produttiva, le scuole, le istituzioni culturali, i mezzi di comunicazione di massa, i servizi sociali pubblici e privati, gli ambiti associativi e i gruppi di coetanei, essa conserva, la sua funzione indispensabile riguardo all’interiorizzazione, nei primi anni di vita, dei valori sociali fondamentali nel campo della formazione affettiva e cognitiva, nonché in quello del mantenimento della cultura di origine.

Inoltre, la famiglia rappresenta il valore centrale della cultura meridionale. In questo senso, la famiglia meridionale è stata oggetto di studio da parte di molti sociologi e antropologi sia italiani sia americani. A proposito, nella parte teorica sono stati presentati i contributi più importanti. Tra questi si menziona la teoria sul «familismo amorale» di Banfield279, oggetto di critiche da parte di diversi autori. Secondo tale teoria, la famiglia meridionale è la causa del sottosviluppo che caratterizza questa specifica area geografica-culturale, in quanto spinge gli individui a perseguire l'interesse immediato dei membri del proprio gruppo, precludendo ogni forma di progresso e di cooperazione.

L'altro contributo presentato è quello fornito dal sociologo americano Thomas che individua nella famiglia il valore principale che caratterizza gli emigrati meridionali presenti a New York. Thomas mette in evidenza come l'importanza assegnata alla famiglia sia superiore rispetto ad altri valori quali, l'educazione dei figli, che assume scarsa rilevanza nell'universo socioculturale di questa comunità. All'educazione, infatti, si preferisce un lavoro sicuro che garantisce il reddito necessario alla formazione e al sostentamento della struttura famigliare. Infine, il testo più recente, dal titolo Italian- American Students in New York City 1975-2000, si mette in luce come ancora negli anni '70 e '80 gli studenti italo-americani del College appartenessero prevalentemente alla working class e come le loro famiglie assegnassero scarso valore all'educazione dei figli, con conseguenze sul rendimento scolastico e sulla mobilità sociale del gruppo.

Il cibo

Sia la sociologia sia l'antropologia hanno approfondito l’importanza della cucina per la costruzione identitaria dei popoli, soprattutto nei momenti di transizione e, nei processi migratori in cui le prime esperienze alimentari resistono ai cambiamenti di ambiente e cultura. Gli emigrati, infatti, conservano nella nuova società le proprie abitudini culinarie e i sapori della propria terra non solo per gusto e interesse ma anche per motivi identitari e affettivi. Bordiueu ritiene che è proprio nel cibo che si 279 Edward C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, Il Mulino, Bologna, 1976.

possono ritrovare i segni dell'infanzia e i sapori che restano indelebili e verso cui si nutre una profonda nostalgia. Levi Strauss280 afferma che l'alimentazione oltre a soddisfare le esigenze fisiologiche del corpo umano, condiziona la maniera con cui, nelle varie parti del mondo, l'individuo si inserisce nell’universo.

L'atto del mangiare è, dunque, un'azione complessa che chiama in causa diversi aspetti della vita umana quali, antropologici, psicologici, fisiologici, sociologici, religiosi etc.... Il cibo si impone come elemento identitario principale, anche e soprattutto perché è un atto dal profondo valore simbolico, depositario della tradizione. L’alimentazione, al pari del linguaggio, rappresenta un quid medium tra natura e cultura, costituendo un ponte tra l'uomo e l'ambiente circostante. Molte delle categorie e dei valori che articolano il campo alimentare sono costruite dalla nascita attraverso una serie di complessi processi di interiorizzazione come quelli del linguaggio e, proprio come il linguaggio, l’alimentazione segue regole inconsce, apprese socialmente fin dai primi momenti di vita.

Il cibo, poi, è uno dei punti cruciali su cui si è giocata la carta dell’identità italiana sia in Italia sia negli Stati Uniti. Nel 1970281, il trattato gastronomico scritto nel 1891 da Pellegrino Artusi scrittore, gastronomo e critico letterario è inserito all'interno del canone della letteratura italiana, in quanto considerato rappresentativo dell'identità collettiva. Al trattato spetta il merito di aver fondato e unificato una tradizione gastronomica nazionale e di aver promosso la consapevolezza di una comune lingua italiana, nei vasti strati di una popolazione non coinvolta nel processo unitario italiano in termini culturali e etnici. I primi emigrati italiani a New York sono partiti senza la conoscenza della lingua italiana e senza la consapevolezza della propria identità nazionale. In questo senso, il cibo ha contribuito a creare un senso di italianità, assumendo una forte valenza identitaria che si è mantenuta nel corso del tempo, anche grazie all’opera di imprenditori italiani ed italo-americani che hanno offerto una serie di servizi nel settore gastronomico. Una vasta imprenditoria locale produce, vende e diffonde i prodotti alimentari italiani, non solo all’interno della comunità di appartenenza, ma anche tra gli americani. Ristoranti, pizzerie, enoteche, gelaterie, pasticciere e panetterie hanno contribuito a rendere famosa la cucina nazionale a New York, riproponendo la varietà dei piatti regionali e dei prodotti tipici della tradizione italiana.

Area tematica n. 3: L'amicizia e le relazioni interpersonali

280 Strauss C. L., (2008) Il crudo e il cotto, Il Saggiatore, Milano.

281 Camporesi P., (1970), Introduzione e note a Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, Einaudi,

Gli individui sono posti, fin dalla nascita, in una fitta rete di relazioni, di dipendenze e di funzioni sociali e ogni uomo fa parte di un gruppo e vive inserito in una distinta totalità sociale, all’interno della quale riveste ruoli e funzioni definiti in conformità all’ambiente di appartenenza282. Ciò significa che, ciascun individuo indossa “un abbigliamento di una determinata foggia; è legato ad un determinato rituale di rapporti con gli altri e a forme di comportamento283” che sono specifiche del contesto socio- ambientale cui appartiene.

Nella ricerca sociale si considera l’importanza che per il singolo individuo ha il contesto interpersonale in un dato ambiente. In particolare, da un punto di vista della sociologia qualitativa e dell'antropologia, quando si vogliono comprendere i comportamenti umani ci si rivolge direttamente agli individui che di questi comportamenti sono gli attori, producendoli e condividendoli all’interno di uno specifico gruppo di appartenenza.

In questa prospettiva, ciò che si è esplorato nelle interviste sono le relazioni sociali, intese come il legame tra due o più soggetti, caratterizzato da una realtà peculiare fatta da azioni che si orientano reciprocamente e si connettono strutturalmente, all’interno di uno spazio simbolico condiviso. Tali relazioni possono essere rinvenute nel passato, osservate durante il loro svolgimento, oppure studiate come realtà potenziali e latenti. Sulla base di queste relazioni, quindi, è possibile determinare l’esistenza o meno di ripetizioni di dati eventi e comportamenti reiterati nel tempo. In altri termini, sarà possibile conoscere la storia di un gruppo rispetto ad un problema sociale, analizzando le modalità messe in atto dagli attori per affrontare il problema. Ci si riferisce, in particolare, alle esperienze positive e negative che ogni gruppo possiede e che occorre identificare, essendo snodi fondamentali che creano processi di sviluppo individuale e sociale.

E' importante, allora, considerare l’evoluzione in corso, ossia il cambiamento che si manifesta nelle relazioni sociali dei giovani e comprendere come questi alimentano tale cambiamento, evidenziando la loro capacità innovativa e i comportamenti sociali adottati.

Da un punto di visto storico-sociale, il processo migratorio ha consentito agli emigrati meridionali il passaggio dalla loro antica struttura localistica, dominata da un profondo campanilismo, ad un sistema societario metropolitano e cosmopolita. Il passaggio, cioè, ad una società in cui la vita non è più vissuta a livello locale, in cui le antiche pratiche socioculturali e religiose vengono soppiantate dall'istruzione, dalla scienza, insieme a molte altre agenzie di socializzazione, che favoriscono la circolazione delle

282 Harrè R., (1977), La spiegazione del comportamento sociale, Bologna, Il Mulino. 283 Elias, N., (1999), La società degli individui, 1999, Bologna, Il Mulino, cit., p. 23.

idee da un individuo all'altro, da una cultura all'altra, promuovendo un relativismo nelle credenze e nei valori. La società americana, dove i mass media diffondono visioni molteplici e complesse della realtà, comporta la relativizzazione culturale ed introduce dubbi all'interno delle proprie stesse tradizioni. Nel contesto metropolitano newyorkese, le relazioni sociali sono più complesse e, pertanto, necessitano di attivare un numero sempre maggiore di risorse per gestire la diversità culturale che quotidianamente viene esperita.

Il lavoro

Il lavoro è il motivo prevalente che ha spinto ad emigrare e grazie al lavoro gli emigrati si sono affrancati dalla precarietà dell'esistenza. Esso, pertanto, rappresenta una parte fondamentale non solo dell'esperienza migratoria ma anche della loro vita quotidiana nella nuova società. Da un punto di vista sociologico, la condizione dell'emigrato molisano di prima generazione si traduce nella relazione dicotomica tra l'appartenenza ad una comunità (Gemeinshaft) e l'appartenenza ad una società (Gesellschaft) teorizzata dal sociologo tedesco Tönnies284. Secondo Tönnies, infatti, esistono due forme diverse di organizzazione sociale quali, per l'appunto, la comunità esistente in epoca pre- industriale e la società tipica del periodo industriale. Nella prima, a base comunitaria, gli elementi caratterizzanti sono il senso di appartenenza, la partecipazione spontanea, i vincoli famigliari, la reciprocità e la conoscenza personale e intima. Al contrario, la seconda, a base societaria, è fondata sulla razionalità e sullo scambio, essendo espressione della condizione della modernità, caratterizzata da una maggiore individualizzazione. Durkheim285 distingue tra solidarietà organica e solidarietà meccanica, ritenendo la prima tipica delle società pre-moderne, la seconda, il risultato della progressiva divisione del lavoro verificatasi con l'avvento della modernità. Nelle società industriali, la solidarietà non si fonda più sull’uguaglianza ma sulla differenza: gli individui e i gruppi stanno insieme perché nessuno è autosufficiente e tutti dipendono da altri e all'identità sociale si sostituisce quella individuale. Ma, mentre per Tönnies il passaggio dalla Gemeinschaft alla Gesellschaft è negativo perché la tradizione e la memoria collettiva vengono meno in favore del progresso e dell'individualismo, per Durkheim, invece, la realizzazione della solidarietà meccanica non è indice di un indebolimento dei legami sociali ma, semplicemente, di un cambiamento, proprio dell'evoluzione umana.

284 Tönnies F., (1979), Comunità e Società, Edizioni comunità, Milano.

All'interno della ricerca, si è voluto indagare, quindi, il lavoro in una duplice dimensione. Si è esplorato il senso del lavoro nella vita dei giovani e in che modo l'esperienza dell'emigrazione delle generazioni precedenti abbia influenzato l'atteggiamento dei giovani verso il lavoro in termini di prospettive e opportunità. In secondo luogo, il lavoro è stato analizzato come strumento di mobilità sociale che ha favorito non solo l'integrazione del gruppo all'interno della società ospitante, favorendo la mobilità sociale, ma, anche migliorato le relazioni con altri gruppi etnici perché ha incoraggiato un approccio meno etnocentrico e basato sul relativismo culturale.

La religione e le feste dei Santi

Il culto dei santi è una parte significativa della cultura meridionale che, oltre a rappresentare il sincretismo religioso, sintetizza anche il rapporto complesso tra l'uomo e il divino, fatto da un azioni dirette, colme di fede, ma, sopratutto, di speranza. In Italia, in particolare, nel Meridione, i Santi con le loro sofferenze erano riveriti dai contadini secondo la dottrina formale della Chiesa, e le processioni organizzate per onorare il santo patrono contenevano un sentimento religioso profondo e un sistema liturgico specifico.

Così, come gli antichi vedevano nei Dei pagani della mitologia greca e romana un aiuto per affrontare le avversità della natura, i contadini hanno trovato nei santi i protettori della loro vita e del loro duro lavoro nei campi. Questa tradizione connota ancora oggi la religione popolare meridionale, che si basa su un sistema di fede in cui ogni santo ha un potere speciale, ritenendo che l'imprevedibilità della vita umana possa essere controllata solo attraverso l'intercessione divina.

Nell'universo simbolico-religioso meridionale, i Santi svolgono un ruolo fondamentale di coesione sociale, offrendo protezione al proprio gruppo e rinsaldando il senso di appartenenza. Come sostiene Alcaro (2000): “Nell'immaginario collettivo meridionale i Santi sono i depositari dei valori della solidarietà, della partecipazione al dolore degli altri, dell'assunzione su di sé dei drammi dei sofferenti, dell'amichevole soccorso prestato a chi ne ha bisogno (…). Nel Sud, coloro che incarnano i modelli ideali da imitare non sono i grandi protagonisti della storia, non sono i grandi intellettuali, gli statisti, i condottieri vittoriosi. No, sono i santi: San Gennaro, San Francesco da Paola, Santa Rosalia etc... (...).”286La gratitudine verso i Santi si esprime in vario modo: dalle preghiere, agli ex-voto, fino ad includere atti di penitenza compiuti dai devoti (per esempio, camminare a piedi nudi in processione, 286 Alcaro M., (1999), Sull'identità meridionale, Forme di una cultura mediterranea, Bollati Boringhieri, Torino.

portare sulle spalle pesanti costruzioni votive, come i cinti tuttora presenti, chiamati “centi” nel Cilento, “Cicli” in Sicilia, “cigli” nel salernitano).

Una volta immigrati, i meridionali hanno conservato l’antico il modo di vivere e il vecchio sistema di valori, vivendo in enclavi etnici che replicavano i villaggi lasciati nel Sud Italia. All'interno dei quartieri italiani di New York, le feste dei Santi continuavano ad essere celebrate per lungo tempo, come ad esempio San Gennaro in Little Italy, con la stessa devozione originaria. Tuttavia, con il passare del tempo e con l'assimilazione, le feste si sono “americanizzate” in base alla teoria della fusione culturale, che ha comportato l'introduzione di elementi che appartengono anche alla cultura americana. In questo senso, nelle interviste si è messo in luce la persistenza di questa tradizione all'interno dei campioni esaminati, ovvero, la trasformazione della stessa secondo fome più consone con la vita americana.

Il viaggio

La tematica del viaggio è stata indagata sia in riferimento alla prima generazione sia per quelle successive. Per la prima generazione si tratta del viaggio di andata, inteso simbolicamente come accesso al Nuovo Mondo, alla realizzazione dell'American Dream, quindi, all'affrancamento dalla condizioni subalterne proprie dei meridionali e dei molisani, nel caso specifico. Gli emigrati hanno attraversato l'oceano con l'unica speranza di giungere in America, a New York, cosi come l'avevano immaginato a distanza, sulla base dei racconti di altri, delle loro fantasie, delle loro speranze e aspettative. In quest'ottica il viaggio è verso l'ignoto, verso una terra straniera che si conosce per “sentito dire” e di cui non si alcuna esperienza diretta. Lo spazio infinito dell'Oceano segna l'esperienza dell'emigrazione e l'inizio della nuova vita in terra straniera. All'arrivo a New York gli emigranti sono stati catapultati un un nuovo mondo: edifici altri e grigi che disorientavano e l'assenza del verde paesaggio molisano e del silenzio che caratterizzava le giornate in campagna e al paese. Il viaggio allora segna anche la fine con i sistemi di vita e di condotta in cui gli emigrati erano vissuti fino ad allora, portando ad adottare nuove stili di vita. Per i giovani italo-americani, ma anche per le seconde e terze generazioni di molisani il viaggio si lega, invece, alla cultura del ritorno, quindi, alla riscoperta delle proprie origini in maniera diversa, più autonoma e svincolata dal campanilismo che caratterizza la prima generazione.