• Non ci sono risultati.

Bounded rationality

Nel documento Diritto, decisione, caso (pagine 53-56)

CAPITOLO II DECISIONE RAZIONALE

3. Bounded rationality

La ricostruzione sopra delineata diverge dall’approccio normativo, modello ideale di ogni decisione razionale, impostato su un procedimento scandito da fasi: la definizione del problema, la focalizzazione degli obiettivi, la raccolta delle informazioni, la valutazione di queste ultime, l’inquadramento di possibili alternative, la loro valutazione e la stima dei risultati.

Il modello normativo, imperniato su principi di natura statistica, si basa sulla previsione di un valore atteso, cioè sulla valutazione delle conseguenze di una scelta. Tale procedimento richiede informazioni precise e complete, un’elevata quantità di tempo e un notevole sforzo cognitivo, poiché non tutte le informazioni necessarie sono disponibili. Note sono le critiche che Herbert Simon elabora nei confronti di tale modello.

Lo studioso evidenzia le sfumature irrealistiche della teoria statistica della decisione razionale e ne sonda i limiti. Questa, in effetti, richiede al soggetto che opera in condizioni di incertezza prestazioni che esorbitano dall’ordinario. Invero tale teoria trascura che gli individui hanno una capacità limitata di elaborare informazioni a causa dei vincoli strutturali del loro sistema cognitivo. La quantità di informazione che un decisore può filtrare è limitata. Può accadere che una quantità ingente di informazione sovraccarichi l’attenzione del soggetto, conducendolo ad adottare decisioni scadenti in termini di utilità.

154 Ivi p. 129.

54

Invero un’eccedenza di informazioni comporterebbe una perdita di efficacia a carico delle facoltà cognitive e decisorie.

Oltre a tale evidenza deve essere posto in rilievo il fatto che anche le capacità di calcolo della probabilità e dell’utilità di eventi sono per lo più limitate. È infatti impossibile elaborare e tenere presente tutte le utilità degli stati del mondo.

Invero posto che il comportamento massimizzante è concretamente irrealizzabile, il suo perseguimento comporterebbe conseguenze rovinose. In questo senso l’esito del processo decisionale corrisponde solitamente alla scelta di un percorso di azione non ottimale, ma soddisfacente.

Il decisore è portato dunque a cercare nel prisma degli esiti possibili quello/i che appaiano soddisfacenti o più che soddisfacenti e di seguito ad individuare l’alternativa di comportamento le cui conseguenze possano coincidere con questi esiti.

Tale agire strategico riduce di molto la necessità di informazione, che sarà accumulata soltanto fino a che non sarà scoperta l’alternativa soddisfacente e non sarà valutato il suo successo. È rilevante notare che sia le alternative che le conseguenze durante il processo decisionale vengono valutate in sequenza155.

Da ciò si evince che se A è un’alternativa soddisfacente e B è più che soddisfacente, ma A si presenta per prima, A viene scelta e B ignorata. Se invece si fosse presentata per prima B, si sarebbe verificato il contrario e il vantaggio sarebbe stato maggiore. Invero da un certo punto di vista un insieme di decisioni relativamente razionali coincidono con un’attività complessivamente razionale156.

Resta da comprendere in base a quali criteri un’alternativa possa essere giudicata soddisfacente. A questo punto Simon fa riferimento ad un concetto di derivazione psicologica: l’aspirazione157.

Più elevato è il grado di aspirazione, più impervia è la ricerca di alternative, per converso minore è il grado di aspirazione del decisore, meno esigente è la ricerca. E ancora, più è difficile trovare alternative soddisfacenti, più è probabile che il livello di aspettativa si abbassi, così come più è facile individuarne, più è probabile che il grado di aspirazione si elevi. Il livello d’aspirazione del decisore è quindi correlato a doppio filo con il procedimento di ricerca delle alternative.

155 Herbert Simon, A behavioral Model of Rational Choice in Id., Models of Man. Social and Rational, New

York, Wiey, 1957, pp. 241-260; Id. e James G. March, Teoria dell’Organizzazione, Milano, Comunità, 1966, pp. 171 ss.

156 Antonio La Spina, La decisione legislativa, cit., p.119.

55

La teoria proposta da Simon non è esente da critiche. La più nota è quella che nega alle ricostruzioni dello studioso un vero carattere innovativo. È indubbio che il decisore non possiede una informazione perfetta e che l’acquisizione di nuova informazione è costosa. Per questo egli non fa altro che ottenerne fino a che il suo costo non supera l’utilità attesa. Resta comunque il fatto che, se da un lato, l’informazione acquisita non sarà mai completa, né perfetta, così come afferma il modello del satisficing, dall’altro il comportamento dell’individuo rientra comunque nel modulo del maximizing, poiché concretamente viene massimizzata ancora una volta l’utilità attesa. In tale ottica il

satisficing è una sorta di maximizing senza informazione perfetta. Più specificamente “lo

standard di razionalità globale massimizzante è implicito nel modello del satisfacing, perché esso rimane l’unico possibile ideale rispetto al quale ogni sorta di razionalità soddisfacente è un’approssimazione”158.

Nei confronti di questa critica può essere però formulato il seguente argomento, sostenuto da Sidney J. Winter e ripreso successivamente da Jon Elster159.

Winter rileva che il tentativo di ridurre la teoria della soglia di soddisfazione alla teoria della massimizzazione non è appropriato, poiché qualsiasi struttura che massimizza i profitti richiede sempre nuova informazione, dando luogo così ad un regresso all’infinito160. Non solo la stima dell’utilità attesa, ma anche la valutazione dell’utilità di

informazione ancora da acquisire necessita di ulteriori informazioni. Se questo calcolo procede all’infinito non avremmo una decisione satisficing, ma una decisione connotata da risvolti massimizzatrici. Del resto una decisione satisficing si verifica quando il suddetto regresso all’infinito viene interrotto per mezzo del ricorso ad un principio, ad un programma o ad un intuizione perlopiù mediata da una massima d’esperienza.161 Da un certo punto di vista può affermarsi che una decisione adottata secondo siffatti criteri non sia razionale nel senso di maximizing162. Dunque il satisficing non è riducibile al

maximizing.

158 Herbert J. Storing, The science of Administration: Herbert Simon, in Essays in the Scientific Study of

Politics, a cura di Id. New York, Holt, Rinehart e Winston, 1962, p. 122.

159 Sidney G. Winter Jr., Economics «Natural» Selection and the Theory of the Firm, in Yale Economic

Essays 1966, n. 4, http://www.lem.sssup.it/WPLem/files/winter_1964.pdf

; Jon Elster, Ulisse e le sirene, trad. it. a cura di Paolo Garbolino, Bologna, il Mulino, 1983, p. 115 e ss. 160 Jon Elster, Ulisse e le sirene, cit. p. 117.

161 Sidney G. Winter, op. cit. p. 263 e ss.

162 Come sostenuto da Antonio La Spina op. cit. p. 121: “Se una decisione si verifica è perché tale ipotetico regresso viene interrotto, peraltro in un punto assai «prossimo alla azione» da un «irrazionale» (nel senso di non maximizing) appello ad una massima, principio, rule of thumb, routine, programma, ovvero all’intuizione, anch’essa mediata da norme di esperienza”. La fonte di tale ragionamento si trova in Sidney G. Winter, Optimization and Evolution in the theory of the Firm in Adaptive Economic Models, New York,

56

La teoria della bounded rationality rispecchia indubbiamente il flusso dei procedimenti decisionali. Essa implica la più o meno manifesta adesione a regole che definiscono e circoscrivono l’attività di ricerca del decisore, incidono sull’attribuzione di rilevanza degli elementi del contesto decisorio, nonché conducono al reperimento di soluzioni entro uno schema già precostituito163.

Il primo grande esempio di razionalità limitata proviene dalla sapienza latina ed è condensato nel noto brocardo: dura lex sed lex.

Alla luce di quanto sopra detto la decisione giuridica si conforma a tale modello di razionalità, limitata dalle prescrizioni procedurali, che scandiscono l’acquisizione degli elementi derivanti dal contesto e articolano le fasi e i passaggi del procedimento decisionale.

In tal senso il sistema giuridico è imperniato su una bounded rationality per eccellenza. A titolo esemplificativo, prendendo in considerazione la decisione giudiziaria, non possiamo non rilevare che il giudice decide sulla base delle risultanze processuali che si sono formate nel corso del processo.

Nel documento Diritto, decisione, caso (pagine 53-56)