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Il contributo della psicologia cognitiva

Nel documento Diritto, decisione, caso (pagine 50-53)

CAPITOLO II DECISIONE RAZIONALE

2. Il contributo della psicologia cognitiva

L’assunto in base al quale la razionalità della decisione giuridica è sottoposta a limiti deve essere riletto alla luce dell’analisi delle modalità secondo le quali generalmente gli individui prendono decisioni. Sul punto, studiosi del calibro di Amos Tversky e Daniel Kahneman si sono soffermati, sottoponendo a verifica la teoria statistica della decisione razionale e pervenendo a conclusioni di portata generale circa le effettive modalità di adozione delle decisioni. Come è noto Tversky e Kahneman elaborano la teoria del

prospetto148. Quest’ultima postula l’incidenza di fattori soggettivi nelle scelte individuali. Più specificamente le decisioni sono influenzate dal modo in cui si prospetta il contesto decisorio e dal modo in cui vengono intesi i risultati della decisione. Ad esempio se si adotta un frame positivo, cioè se i risultati sono intesi come guadagni, le analisi empiriche dimostrano che i decisori saranno più prudenti e meno innovativi; al contrario se i risultati sono equiparati a perdite, i decisori saranno più disposti a rischiare.

Una situazione di scelta, presentata in cornici diverse, dà luogo a decisioni diverse. È evidente che al variare della prospettiva di scelta, variano, in modo prevedibile, ma incongruente con la teoria statistica, le procedure di organizzazione, semplificazione e riformulazione delle varie opzioni, la percezione della desiderabilità di quest’ultime ed infine la scelta149. Inoltre, posto che la decisione è determinata, tra l’altro, dal calcolo dell’utilità e della probabilità di esiti vantaggiosi, su tali fattori interferiscono non solo la

147 Herbert Simon, From Substantive to procedural rationality, in 25 Years of Economic Theory, Leiden,

Springer, 1976.

148 Nei processi di scelta la prospect theory distingue due fasi: la fase di elaborazione e quella di valutazione. Nella prima fase il decisore organizza e riformula le opzioni di scelta in modo da semplificarne la valutazione. Una volta formulati gli esiti di un’alternativa e le probabilità ad essi legati, il decisore valuterà ognuno dei prospetti elaborati e sceglierà il prospetto con valore più alto. Sul punto si faccia riferimento a Amos Tversky e Daniel Kahneman, Prospect theory: un’analisi delle decisioni in condizioni di rischio in

Economia Cognitiva e Sperimentale a cura di Matteo Motterlini e Francesco Guala, trad.it a cura di

Giuseppe Barile, Milano, EGEA, 2005, p. 75. Si vedano altresì Tversky A. e .Kahneman D., The Framing

of Decisions and the Psychology of Choice, Science, New Series, Vol. 211, 1981,

http://psych.hanover.edu/classes/cognition/papers/tversky81.pdf; Id., Rational Choice and the Framing of

Decisions, The Journal of Business, Vol. 59, The Behavioral Foundations of Economic Theory, 1986,

http://www.jstor.org/discover/10.2307/2352759?uid=3738296&uid=2&uid=4&sid=21106154318371

149 Amos Tversky, Additivity, Utility and Subjective Probability, JMP, Amsterdam, Elsevier, 2, 1967, pp.

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propensione o l’avversione per certi rischi, ma anche la preferenza per determinate probabilità.

Le stime di probabilità e le previsioni vengono sistematizzate attraverso alcuni “principi euristici”: la rappresentatività, la reperibilità, l’ancoraggio e la pregnanza150.

In base al primo principio la probabilità soggettivamente stimata che un evento A appartenga ad una classe B dipende dalla somiglianza tra A e B. Se A è simile in caratteristiche essenziali alla popolazione della classe B, rispecchia elementi del processo causale di cui B è parte. Tale nesso influisce enormemente sulla stima della probabilità di un evento A da parte dei soggetti. In questo modo viene a crearsi una distorsione cognitiva legata al concetto precostituito di un evento o della sua probabilità, che prescinde dal singolo caso, essendo invece il frutto di un’iper-generalizzazione o di un iper- semplificazione151.

L’attenzione verso la rappresentatività conduce il decisore a trascurare non solo le informazioni già possedute, ma anche il valore di nuove informazioni. Il soggetto considera che maggiore è la somiglianza, tanto più esatta è la previsione.

Tale credenza ingenera una vera e propria fallacia nel ragionamento, definibile in termini di “illusione di validità”152.

Per quanto riguarda il principio euristico della reperibilità, la probabilità soggettiva, associata ad un evento, dipende dalla facilità con cui esempi dello stesso evento vengono in mente al soggetto che deve adottare una decisione.

La vicinanza emotiva ad un evento, la sua prossimità nel tempo, la sua salienza vengono ad incidere le stime riguardanti eventi analoghi. A titolo di esempio, se un individuo è rimasto colpito particolarmente da un incidente aereo che si è verificato da poco tempo, interrogato sulla probabilità degli incidenti aerei rispetto agli incidenti automobilistici, sarebbe pronto a rispondere che la probabilità di incidenti aerei è superiore a quella degli automobilistici. Così la scarsa ricorrenza di eventi porta gli individui ad ignorarli, al contrario una maggiore ricorrenza degli stessi conduce i soggetti a ritenerli più frequenti di quanto non lo siano concretamente153.

150 Amos Tversky Daniel Kahneman, Judgement under uncertainty: Heuristics and biases, Science, New

Series sept. 1974, pp. 1124-1131,

http://psiexp.ss.uci.edu/research/teaching/Tversky_Kahneman_1974.pdf

151 Fabrizio Montanari, “Le distorsioni cognitive nei processi decisionali e negoziali: una review e alcuni esperimenti (I parte), in Ticonzero, 56/2005, http://w3.ced.unicz.it/upload/denito/distorsioni_cognitive.pd.

152 Amos Tversky e Daniel Kahneman, Judgement under Uncertainty: Heuristics and Biases, cit.

153 Sul punto si fa riferimento all’analisi di Antonio La Spina, in La decisione legislativa, Milano Giuffrè, 1989, p. 126.

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Un’ ulteriore applicazione del principio euristico della reperibilità riguarda il fatto che la presunta o usuale correlazione di eventi fa sovrastimare la probabilità dell’associazione tra essi.

Un indubbio rilievo è assunto altresì dal principio dell’ancoraggio. Esso consiste nella distorsione cognitiva, che si verifica quando gli individui nel prendere delle decisioni sulla base di informazioni incerte o ambigue, ancorano le proprie stime su punti di riferimento.

Secondo il teorema di Bayes le stime finali sono il risultato di aggiustamenti rispetto alla ipotesi di partenza. Tuttavia è dimostrato che la stima finale rimane in parte ancorata al giudizio di partenza. L’individuo formula una prima valutazione, dopo aver acquisito ulteriori informazioni, fa degli aggiustamenti per renderle coerenti con l’ipotesi di partenza; ma il risultato finale non si discosta molto da quello iniziale.

Il principio euristico della pregnanza ha proprio ad oggetto la nuova informazione. La sua chiarezza o meno influisce sulla stima finale; la sua pregnanza dipende dal suo valore emozionale e dalla prossimità temporale.

Una riflessione non può non essere riservata all’incidenza di fattori emozionali sulle stime del decisore. Questo è il caso in cui il soggetto prevede l’accadere di un evento che desidera (wishful thinking), ciò produrrà una tendenza ad accettare l’informazione che confermerà il verificarsi dell’evento gradito e a respingere quella che non è conforme al suo desiderio. Si attua in tal modo un procedimento di auto-conferma.

Diversa è l’ipotesi dell’autoinganno: l’individuo decide di mantenere fede ad una convinzione utile ma falsa. Si crede cioè in qualcosa che si sa non essere vero. Questi esempi concernono indubbiamente anomalie della razionalità e riproducono processi cognitivi che mostrano le modalità attraverso le quali l’individuo decide: egli non analizza le situazioni in maniera complessiva, tende a prefigurarsi uno scenario, economizza la sua attenzione ed è sempre alla ricerca di sicurezze.

In merito a quest’ultimo elemento fa riflettere una consueta modalità di incorporare il peso delle decisioni che si esplica in un errore di attribuzione. Gli individui tendono ad attribuire i loro successi a capacità e competenze personali, dunque a “fattori interni”, mentre gli insuccessi a “fattori esterni”, come il caso o la sfortuna. Tale procedimento impedisce la corrispondenza tra i risultati e le cause reali degli eventi. Viene meno così la possibilità di correggere il procedimento decisionale.

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È opportuno a tal punto riflettere sull’utilità pratica di tali procedure cognitive. Sicuramente sebbene producano errori di valutazione e fallacie nel ragionamento, semplificano il peso di elaborazione della decisione, altrimenti insopportabile154.

Da un certo punto di vista può affermarsi che se tali principi euristici vengono utilizzati in maniera così sistematica, funzionano.

Probabilmente tale procedure di decisione sopravvivono perché idonee all’ambiente in cui si situano i decisori. Del resto le distorsioni cognitive riducono senz’altro i costi del processo decisionale. Dunque il mantenimento di tali procedure cognitive, definibili,

routines, dipende dall’utilità del loro impiego, valutata in base all’interesse del singolo.

Come è stato dimostrato il procedimento decisionale è inciso da credenze e desideri in alcun modo scindibili da esso, se non in un piano puramente ideale.

Nel documento Diritto, decisione, caso (pagine 50-53)