CAPITOLO II DECISIONE RAZIONALE
7. Diritto e razionalità
Nella Sociologia del diritto Max Weber sostiene che il diritto può essere razionale in diversi sensi, ciò dipende dal grado di razionalizzazione che lo sviluppo del pensiero giuridico ha intrapreso202. La razionalizzazione del diritto concerne la generalizzazione e la sistematizzazione dei fatti e dei principi a cui deve essere attribuita rilevanza giuridica. Più specificamente la generalizzazione consiste nella “riduzione delle ragioni a cui si fa ricorso per la decisione del caso singolo a uno o più ‘principi’” giuridici, come pure l’astrazione di fatti degni di tutela giuridica203. Per sistematizzazione invece si intende “il
coordinamento di tutti i principi giuridici ricavati con il lavoro di analisi, in modo tale da formare un sistema di regole logicamente chiaro privo di contraddizioni interne e soprattutto - almeno in linea di principio - privo di lacune”204.
Solo attraverso la razionalizzazione, una decisione giuridica può diventare “un’applicazione” calcolabile di un principio astratto a un fatto concreto.205 Del resto un
ordinamento giuridico è razionale quando sa andare oltre “l’irrazionalità del singolo caso”.
Il diritto come osserva Weber è costituito sia da una componente formale, sia da una componente materiale. Il punto di vista formale pone in rilievo come si decide, mentre il punto di vista materiale cosa si decide. Come è noto ogni ordinamento giuridico è dato dall’insieme di forma e contenuto.
Considerato che sia la componente formale sia la componente materiale del diritto sono soggette a razionalizzazione, ogni ordinamento giuridico è innervato da una razionalità formale e da una razionalità materiale. Se nelle comunità primitive razionalità formale e materiale erano congiunte, nelle società moderne esse vengono a divaricarsi.
Un ordinamento giuridico è formalmente razionale se si serve di mezzi controllabili razionalmente, al contrario è materialmente razionale quando “la decisione delle questioni giuridiche deve essere influenzata da norme di dignità qualitativa diversa dalle generalizzazioni logiche di interpretazioni astratte - cioè da norme come imperativi etici o regole di opportunità utilitaristica e di altra specie, o massime politiche”206.
202 Max Weber, Economia e società, cit. vol. III, p. 14 203 Ivi vol. III, p.17
204 Ivi vol. III, p.15
205 Ivi vol. III, p.17; Wolfgang Schluchter, Lo sviluppo del razionalismo occidentale, trad. it. a cura di Sergio Cremaschi, Bologna, il Mulino, 1987, p. 164.
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Al contrario un ordinamento è materialmente irrazionale quando si fonda su decisioni adottate in base a “valutazioni concrete nel caso singolo” di natura etica, affettiva o politica e non invece norme generali207. Deve essere a questo punto precisato che sia l’aspetto formale che l’aspetto materiale del diritto può essere razionale o irrazionale, alla luce di ciò è opportuno effettuare una distinzione tra diritto formalmente irrazionale, materialmente irrazionale, formalmente razionale e materialmente razionale. Da ciò segue una decisione giuridica può essere formalmente razionale e materialmente irrazionale, formalmente irrazionale e materialmente razionale, formalmente irrazionale e materialmente irrazionale, formalmente razionale e materialmente razionale. Ciò dipende dalla irrazionalità o al contrario dalla razionalità della forma e del contenuto della decisione. Secondo l’analisi di Max Weber il processo primitivo, ad esempio, ha un carattere formalmente razionale e materialmente irrazionale. Più precisamente il “carattere fortemente formale” è in contrasto con il carattere irrazionale dei fondamenti della decisione. Non esistono massime, ma esclusivamente verdetti, questi ultimi però non costituiscono “un diritto oggettivo” sul quale fondare una decisione concreta. Il momento decisionale non consta ancora della sussunzione di un fatto sotto una norma, ma della concreta rivelazione di un verdetto da parte delle potenze magiche. É vero che la decisione che individua chi, come e quando possa essere rivolta una domanda alle forze magiche implica l’avvio di una formulazione di concetti giuridici tecnici, tuttavia in questo modo: “non si fa ancora distinzione fra questione di fatto e questione di diritto, tra norme oggettive e la «pretesa» soggettiva che esse garantiscono all’individuo, tra pretesa di adempimento di una obbligazione e richiesta di vendetta per un delitto […] tra diritto pubblico e privato, tra creazione e applicazione del diritto; e nemmeno […] tra «diritto» nel senso di una norma attributiva di pretese ai singoli interessati, e «amministrazione» nel senso di disposizioni di carattere puramente tecnico dalle quali, come «riflesso» derivano ai singoli individui determinate possibilità”208. E ancora: il carattere formale del
processo primitivo è imperniato nell’impossibilità di distinguere tra forma e contenuto. La forma esteriore è il contenuto e l’azione giuridica svolta nel corretto iter rituale conduce “ad un verdetto materialmente «giusto»”. Invero una decisione è materialmente irrazionale quando si fonda su un giudizio concreto-intuitivo che non è in alcun modo controllabile razionalmente209.
207 Ibidem.
208 Ivi vol. III, p. 99, sul punto si veda altresì Wolfgang Schluchter, op. cit. p. 172. 209 Max Weber, op. cit. vol. III, p. 134.
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Alla luce di quanto detto una decisione è sia formalmente che materialmente razionale quando la procedura è finalisticamente orientata ad uno scopo - il verdetto - e, altresì, quando quest’ultimo si è formato in modo materialmente corretto, ovvero è riconducibile a “principi”. Invero la decisione giuridica deve poggiare su una base che va al di là della tecnica giuridica210.
Alla luce dell’insegnamento di Max Weber in tema di azione razionale, possiamo mutuare una definizione di decisione razionale. Una decisione giuridica è razionale quando il decisore sceglie consapevolmente fini da un orizzonte di valori delineato in maniera trasparente e nel realizzarli misura razionalmente i mezzi in rapporto agli scopi, gli scopi in rapporto alle conseguenze ed infine i diversi scopi possibili in rapporto reciproco. Tuttavia è evidente che il giudice non può conoscere il rapporto tra mezzi e conseguenze, né può comparare gli scopi possibili tra di loro. Da ciò deriva che la decisione giuridica si pone come intermezzo tra un agire razionale rispetto allo scopo e un agire razionale rispetto al valore. In tale ottica una decisione giuridica può più opportunamente essere definita ragionevole211.
210 Sul punto si veda Wolfgang Schluchter, op. cit. p. 176. 211 Si rinvia al capitolo III, paragrafo 10 del presente lavoro.
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