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Razionalità individuale

Nel documento Diritto, decisione, caso (pagine 61-66)

CAPITOLO II DECISIONE RAZIONALE

5. Razionalità individuale

Jon Elster dedica ampia parte dei suoi studi alla razionalità e dimostra come il confine tra razionalità e irrazionalità sia profondamente labile.

Lo studioso sonda le controverse dinamiche della razionalità, formulando sia una teoria parziale che una teoria completa della razionalità individuale173. La teoria parziale della razionalità individuale ha ad oggetto la valutazione delle credenze e dei desideri che sorreggono un’azione. L’azione razionale poggia su ragioni non logicamente incoerenti. Spiega Elster: “la coerenza, infatti, è ciò cui si riduce la razionalità in senso parziale: coerenza all’interno del sistema di credenze, coerenza all’interno del sistema di desideri, e coerenza tra credenze e desideri da una parte e l’azione di cui sono ragioni dall’altra”174.

Riprendendo la tesi di Donald Davidson, lo studioso norvegese definisce l’azione razionale come quella che si pone in un “certo rapporto” con le credenze e i desideri dell’attore, in altre parole con le sue ragioni175.

È necessario in tale ottica appurare in primo luogo che le ragioni siano ragioni per

l’azione.

Tale proposizione può essere interpretata in due modi. Nella prima accezione, date le credenze dell’attore, l’azione risulta il modo migliore per realizzare il suo desiderio. In un’altra accezione, invece, le ragioni sono ragioni per l’azione, se sono un modo per realizzare il desiderio. L’obiettivo prioritario di Elster è quello di dimostrare la parzialità della teoria della razionalità individuale. A tale scopo lo studioso formula un esempio: “Se un attore ha un impellente desiderio di uccidere un’altra persona, e crede che il miglior modo (o un modo) di ucciderla è infilzare con uno spillone una bambola che la rappresenta, allora agisce razionalmente infilzando la bambola con lo spillone”176. In

questo caso si è portati indubbiamente a riflettere sulla razionalità sostanziale di quello specifico desiderio o di quella credenza. Comunque, al fine di giustificarla, le ragioni di un’azione devono essere esenti da contraddizioni logiche, concettuali o pragmatiche177.

173 Nella sua opera “Uva acerba”, Jon Elster formula altresì una teoria parziale e una teoria completa della razionalità collettiva, precisando che, se da un lato, la politica incorpora la nozione completa di razionalità collettiva, dall’altro la possibilità di tale incorporazione deve ancora essere provata. A tal proposito si veda Jon Elster, Uva acerba. Versioni non ortodosse della razionalità, cit. p.56.

174 Ivi p. 10.

175 Sul punto si faccia riferimento a Donald Davidson, Essays on actions and events, Oxford, Oxford University Press, 1980.

176 Jon Elster, Uva acerba. Versioni non ortodosse della razionalità, cit. p. 11. 177 Ivi p. 12

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Un discorso che ha ad oggetto la coerenza di una credenza non può prescindere da un tentativo di definirla.

Conformemente a quanto ha osservato Elster una credenza può corrispondere ad una valutazione soggettiva di probabilità o a “qualcosa sui generis”178.

Nel primo caso la coerenza viene ad essere intesa come la conformità alle leggi della probabilità, in modo che il tasso di probabilità di eventi esclusivi ed esaustivi sia uguale a 1, mentre la probabilità di combinazione tra due eventi qualsiasi sia uguale a 0 e così via179.

Nel caso di credenze sui generis, esse sono coerenti se esiste un mondo in cui possono essere considerate tutte vere e credute180. Quest’ultimo requisito si applica ad esempio

alle ipotesi di credenze di grado elevato: le credenze circa credenze.

In merito all’analisi della coerenza delle preferenze Elster adotta diversi criteri.

Il sistema delle preferenze è governato da una serie di principi, come quello della transitività: se preferisco a a b e b a c, devo preferire a a c. È rilevante sottolineare che le preferenze possono essere intese come lotterie, ossia in termini di probabilità di combinazioni di opzioni, oppure come sequenze di opzioni181. In questa seconda

accezione l’elemento del tempo acquisisce un’importanza fondamentale. Come sostiene Elster le preferenze vengono ad individuare l’importanza relativa che si accorda ad un dato punto nel tempo rispetto a svariati momenti o tempi182. In genere tali preferenze

temporali implicano una svalutazione del futuro; ad esempio si associa una minore rilevanza alle occupazioni o ai consumi futuri rispetto agli attuali.

Tali preferenze sono associabili a due tipi di irrazionalità: l’incontinenza o l’impazienza e l’incoerenza. Tuttavia, anche se l’incontinenza comporta una forte svalutazione del futuro non è possibile affermare che essa è irrazionale, almeno in base alla teoria parziale della razionalità, a meno che l’attore, al momento di agire in modo incontinente, non creda che sia meglio attendere. Per converso le preferenze temporali incoerenti sono irrazionali anche in base alla teoria parziale. Ad esempio, se un piano progettato per la ripartizione dei consumi non è più in vigore al passaggio da un lasso temporale ad un altro per l’avvento di un mutamento di personalità, siamo di fronte ad un’incoerenza. Il tempo genera anche il pericolo dell’incostanza o mutamento irrazionale di preferenza. A tal

178 Ivi p. 13.

179 Ibidem.

180 Jon Elster, Logic and society, Chichester, Wiley, 1978.

181 Jon Elster, Uva acerba. Versioni non ortodosse della razionalità, cit., p. 15. 182 Ibidem.

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proposito è necessario sottolineare che non ogni mutamento di preferenza è irrazionale, si pensi ad un mutamento coerente con una specifica esperienza.

Come anticipato, accanto ad una teoria parziale della razionalità, Elster elabora una teoria completa. L’intento dello studioso consiste nel sottoporre ad analisi gli aspetti “più sostanziali” della razionalità. Se in senso parziale il consultare l’oroscopo prima di investire nel mercato azionario può costituire un comportamento razionale, così non è alla luce di una teoria completa della razionalità. Precisa Elster: “Noi vogliamo poter dire che agire razionalmente significa agire in modo coerente su credenze e desideri che sono non solo coerenti, ma anche razionali”183. La nozione di razionalità completa si pone come l’intermezzo tra un’istanza di coerenza e la ricerca della verità e del bene. In tale ottica, al fine di vagliare la razionalità di una scelta è opportuno valutare la razionalità delle credenze e dei desideri in base ai quali essa è stata determinata. Più specificamente la razionalità delle credenze e dei desideri deve essere rintracciata nella modalità in cui tali fattori si sono formati. Come sostiene Elster credenze e desideri sono razionali esclusivamente se sono stati determinati da fattori causali rilevanti184.

Premesso che la razionalità sostanziale di una credenza concerne il rapporto tra la stessa e la prova disponibile, l’affermazione della razionalità di una credenza si basa sull’analisi della sua storia causale. Invero non è esaustivo affermare che una credenza è razionale se poggia su una prova. Deve essere piuttosto esaminato il procedimento di formazione della prova. A tal scopo risulta necessario sintetizzare una vasta quantità di informazioni. È evidente che la determinazione di una quantità ottimale di prova conduce ad un regresso all’infinito. Così è opportuno ricorrere ancora una volta all’argomento soddisfacente. Del resto “i principi di razionalità che governano le credenze non possono essere espressi in termini di ottimizzazione”185. In questo senso, il procedimento di ricerca dei criteri di

formazione delle credenze si rivela un’approssimazione. Tra l’altro non può essere sottovalutato che l’agente opera in uno scenario in continua evoluzione; pertanto il risultato da raggiungere potrebbe configurare un bersaglio mobile, difficile da centrare Per quanto riguarda la determinazione della razionalità sostanziale dei desideri Elster si serve del concetto di autonomia. Tale nozione implica una certa difficoltà interpretativa. Innanzitutto appare intricato stabilire se un desiderio è inciso da processi causali

183 Ivi p. 25.

184 Ivi p. 26: “Una credenza può essere coerente, e anche vera, un desiderio coerente e anche conforme alla morale, e tuttavia esiteremmo a definirli razionali se sono stati determinati da fattori causali irrilevanti, da una causalità psichica cieca operante «alle spalle» della persona”.

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irrilevanti; in secondo luogo l’indagine sui desideri ha a che fare con un ambito sempre

in fieri.

Premesso ciò lo studioso definisce il concetto di desiderio autonomo come quel desiderio che è stato scelto, acquisito o modificato deliberatamente, tramite un atto di volontà o un processo di pianificazione del carattere186.

I desideri e le preferenze possono essere valutati e/o contestati in base alla loro origine o al loro contenuto. In quest’ottica un desiderio potrebbe essere non autonomo o non etico. Nel primo caso ci riferiamo all’adattamento delle proprie preferenze a quelle degli altri; mentre nel secondo caso dobbiamo far riferimento a preferenze ostili o sadiche e anche al desiderio di beni di posizione187.

Il tipico esempio di desiderio non autonomo è condensato nella nota favola della “Volpe e l’Uva”. Si narra che un giorno una volpe affamata vide dei grappoli d’uva, che pendevano da una vite e tentò di afferrarli, purtroppo non ci riuscì, così si allontanò pensando tra sé e sé che fossero acerbi. Tale racconto mette in luce un procedimento di adattamento, che non ha nulla a che fare con i condizionamenti volontari del desiderio, piuttosto attraverso tale comportamento adattivo l’agente cerca di giustificare razionalmente un comportamento contrario ai propri desideri. Elster fa rientrare tra i desideri non autonomi anche le preferenze controadattive, come l’anticonformismo e l’ossessione per la novità.

Come anticipato la razionalità di una preferenza o di un desiderio va misurata, anche in base alla sua moralità pratica. Utilizzando le parole di Elster: “la moralità pratica concerne soprattutto scelte “secondariamente migliori”, dove ciò significa che, quando gli altri agiscono non moralmente, si dovrà deviare non solo da ciò che essi fanno, ma anche dal comportamento da adottare nella situazione ideale del comportamento universalmente morale188”.

In definitiva la razionalità di una scelta va rintracciata sia nel procedimento di formazione delle credenze, sia nell’autonomia dei desideri e delle preferenze.

Da ciò segue che la razionalità completa delle credenze e dei desideri può essere distorta da impulsi o difetti cognitivi: la formazione di preferenze adattive, il mutamento di preferenza per ristrutturazione, l’illusione, l’errore inferenziale.

186 Ivi p. 32.

187 Per la nozione di beni di posizione si veda Fred Hirsh, Social limits to growth, Harvard University Press, Cambridge, 1976.

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Come è stato affermato in precedenza la formazione di preferenze adattive consiste nell’adeguamento delle esigenze alle possibilità, inconsciamente l’agente riduce la frustrazione che deriva dall’impossibilità di soddisfare le sue esigenze.189

Il mutamento delle preferenze per ristrutturazione implica l’impiego di procedure che permettono di evitare le conseguenze degli errori. Si pensi al caso in cui un individuo acquisti un biglietto di teatro al costo di 5 sterline e che strada facendo perda una banconota da 5 sterline. L’accadimento non gli farà cambiare idea. Tuttavia se l’individuo ha comprato il biglietto e poi lo perde, quasi sicuramente non vorrà acquistarne un altro190.

L’illusione (wishful thinking) “è la determinazione delle credenze da parte delle

esigenze”191. L’individuo pensa al mondo in base all’immagine che si è fatto di esso.

Secondo questo difetto cognitivo il desiderio di raggiungere un determinato risultato ingenera la credenza di raggiungerlo.

Ulteriore difetto cognitivo è l’errore inferenziale, in questa categoria sono riconducibili un numero enorme di giudizi infondati e inferenze ingenerate da difetti dell’apparato cognitivo.

È interessante domandarci fino a che punto impulsi e devianze cognitive, che influenzano ogni ordinario procedimento decisionale, condizionino la decisione giudiziaria e l’argomentazione giuridica. Sicuramente il giudice, come ogni uomo è soggetto a fallacie del ragionamento e a distorsioni dell’impianto cognitivo, tuttavia è possibile affermare che la decisione giudiziaria è uguale e nello stesso tempo differente rispetto alle decisioni che gli individui adottano quotidianamente.

L’elemento differenziale è dato sicuramente dal contesto obbligato della decisione giudiziaria. Le prescrizioni procedurali hanno una duplice valenza: se da un lato costituiscono la garanzia dall’arbitrio del decisore, dall’altro limitano lo scenario entro il quale la decisione deve essere assunta. In tale ottica la decisione giudiziaria, al pari di ogni decisione soggetta ai vincoli dell’apparato cognitivo, si muove entro uno schema precostituito, quello delineato dalle regole giuridiche. A tal proposito appare opportuno sottolineare, conformemente a quanto fa Elster che l’impiego di regole e principi

189 Ivi p. 36.

190 L’esempio è tratto da Amos Tversky e Daniel Kahneman, Judgment under uncertainty: Heuristics and

Biases, cit.

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decisionali è ottimale quando essi conducano il decisore ad “economizzare” sui costi di raccolta e selezione delle informazioni192.

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