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Brevi cenni all’elusione nella normativa europea

L’esistenza del principio di “divieto dell’abuso del diritto” nella normativa comunitaria è desumibile in seguito alla presenza di specifiche clausole antielusive all’interno di alcune Direttive Comunitarie. Tra queste le più importanti sono: l’articolo 11 della Direttiva del Consiglio 23 Luglio 1990, n. 90/434/CEE (ossia la Direttiva comunitaria in materia di fusioni ed altre operazioni straordinarie), l’articolo 1 della Direttiva 23 Luglio 1990, n. 90/435/CEE (ossia la Direttiva sul regime fiscale dei gruppi societari) e l’articolo 5 della Direttiva n. 49/CE del 3 Giugno 2003.

L’articolo 11, comma 1 della Direttiva CEE n. 90/434 dispone che ogni Stato membro in presenza di riorganizzazioni societarie intracomunitarie, ossia di operazioni quali la fusione, la scissione, i conferimenti d’attivo o gli scambi di azioni possa rifiutare l’applicazione totale o parziale delle disposizioni comunitarie previste nei titoli II, III e IV della presente Direttiva, che prevedono un regime di neutralità fiscale, ancorché da tali operazioni si ravvisi come principale finalità, o come una delle principali, la frode o l’evasione fiscale. Con l’espressione evasione fiscale si vuole indicare l’elusione fiscale mentre con il termine frode si allude all’evasione

346 BONACCURSO M., Decreti attuativi della Legge delega fiscale n. 23 dell’11 Marzo 2014, Emilia-

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fiscale347. La Corte di Giustizia ha precisato, a tal proposito, che le autorità nazionali competenti, al fine di accertare se l’operazione che il soggetto intende porre in essere presenti o meno caratteri di elusività o di evasione, non devono procedere in linea generale basandosi su criteri predeterminati, bensì devono soffermarsi sulla specificità e nella globalità del caso concreto348. Il comma 1 specifica poi che “il fatto che una delle operazioni di cui all'articolo 1 non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all'operazione, può costituire la presunzione che quest'ultima abbia come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l'evasione fiscali”349

. Tale Direttiva contiene per la prima volta la locuzione “valide ragioni economiche” la quale, come in precedenza affermato, ha ispirato il legislatore italiano al punto da includerla, anche nell’ordinamento tributario nazionale, all’interno dell’articolo 10 della Legge 408/1990 che risulta essere molto simile, non solo per la terminologia utilizzata ma anche per il contenuto trattato.

Anche la Direttiva madre-figlia n. 90/435 pur collocandosi nell’ambito degli interventi atti ad eliminare la doppia imposizione sugli utili distribuiti sottoforma di dividendi dispone che, al fine di evitare frodi o abusi (nell’accezione di evasione e di elusione), gli stati membri della Comunità Europea possano derogare le norme comunitarie350. In particolare l’articolo 1 specifica infatti che: “La presente Direttiva non pregiudica l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi”351

.

Infine anche la Direttiva 2003/49/CE in materia di tassazione di interessi e di canoni tra consociate appartenenti a diversi stati membri, afferma all’articolo 5 il medesimo principio. Tale articolo, rubricato frodi e abusi, sancisce infatti che l’applicazione della Direttiva in questione non impedisce agli stati membri della Comunità Europea di applicare disposizioni legislative nazionali fondamentali per ostacolare comportamenti elusivi o evasivi. Tale Direttiva inoltre non osta la revoca dei relativi benefici che da essa possono derivare.

Le clausole contenute in queste Direttive concedono quindi agli stati membri

347 TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario, parte generale, cit., p. 258. 348

Sentenza 17 Luglio 1997, C/28/95, Leur-Bloem, punto 41.

349 Direttiva del Consiglio 23 Luglio 1990, n. 90/434/CEE, art. 11, comma 1, lettera a). 350 TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario, parte generale, cit., p. 258.

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la facoltà di derogare le diposizioni contenute nelle Direttive stesse che apportano dei vantaggi fiscali ai contribuenti352. Tale potere ad essi conferito non lascia spazio alla discrezionalità ed appare perciò rispettoso del principio di proporzionalità. Questo principio implica la necessità di salvaguardare da un lato l’interesse dello Stato ad ostacolare il fenomeno dell’elusione e dall’altro l’opposto interesse espresso dal legislatore comunitario nel determinare specifici benefici per i contribuenti. Esso deve intendersi violato ogni qualvolta le autorità nazionali competenti, nel recepire una Direttiva, inseriscano nel sistema tributario nazionale delle presunzioni assolute o delle disposizioni antiabuso a difesa dell’imponibile nazionale, ma che si rivelino eccessive rispetto agli obiettivi che il legislatore si era prefisso con l’emanazione di quella suddetta Direttiva. Un esempio potrebbe essere dato dall’introduzione di una norma di carattere generale che, in presenza di determinate operazioni straordinarie, precludesse il godimento di vantaggi tributari in modo automatico, ossia prescindendo dall’effettiva sussistenza di elementi elusivi353

.

A tal proposito giova ricordare come le Direttive siano ricomprese tra le fonti comunitarie in aggiunta ai regolamenti, alle decisioni e alle raccomandazioni e pareri. In particolare, ai sensi degli articoli 10 e 249 del Trattato della Comunità Europea le Direttive contengono precetti che si rivolgono agli Stati e per diventare fonti di diritto interno dei singoli Stati devono essere recepite354 con una norma interna e quindi con una legge o con un atto avente forza di legge. Il fatto che la Direttiva, per essere una norma interna richieda un atto di recepimento non significa che gli stati possono evitare di recepirla, in tal caso infatti scattano procedure di infrazione con sanzioni da parte della Corte di Giustizia nei confronti dei singoli stati inadempienti. Al contrario essi hanno l’obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per far sì che quella data Direttiva risulti efficace nell’ordinamento e

352

TULLIANI D., Elusione fiscale e abuso del diritto. Prospettive future tra luci ed ombre, cit., p. 166.

353 RHODE A.M., L’abuso del diritto nell’IVA ed i principi di proporzionalità, neutralità e certezza del diritto, in Rivista di diritto tributario, 2/2009, p. 88.

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Le Direttive si differenziano dai regolamenti perché quest'ultimi contengono delle norme che hanno un’efficacia generale ed obbligatoria in tutti gli stati appartenenti all’Unione Europea, per cui sono direttamente applicabili e vincolanti per gli stati membri. Le Direttive e i regolamenti si differenziano inoltre dalle raccomandazioni e dai pareri in quanto quest’ultimi non sono vincolanti.

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conforme allo scopo da essa perseguito355. Tuttavia vi sono inoltre le c.d. Direttive autoesecutive che contengono disposizioni chiare, incondizionate e sufficientemente precise. Per questo motivo esse sono in grado di diventare norma interna automaticamente, anche se non vengono recepite entro il termine fissato per il recepimento.

355 L’art. 288, comma 3 del trattato di funzionamento dell’Unione Europea sancisce che: “la Direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”.

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CAPITOLO III

RILEVANZA SANZIONATORIA

DELL’ELUSIONE