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Sentenza n 25537 del 30 Novembre 2011

3. Novità in tema

3.1 Sentenza n 25537 del 30 Novembre 2011

La sentenza n. 25537, depositata il 30 Novembre 2011, ha costituito un punto di svolta per ciò che concerne la problematica della sanzionabilità amministrativa delle condotte rientranti nell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973. Partendo da

390 OCCHETTA L., Abuso del diritto, le novità del decreto sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuente, cit., pp. 28 ss..

391 MUSCO E., Diritto penale tributario, cit., pp. 170 ss.. 392 Cass. civ., 30 Novembre 2011, n. 25537.

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un’analisi sullo svolgimento del processo, farà poi seguito un commento sui principi enunciati dalla Corte in merito.

3.1.1 Il caso: una complessa operazione di riorganizzazione aziendale

La sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25537, depositata il 30 Novembre 2011, affronta una complessa operazione di riorganizzazione societaria.

Il 21 Dicembre 2006 l’Agenzia delle Entrate di Carpi notificava alla società S.M.C. Holding s.p.a. un avviso di accertamento riguardante l’anno 2001. In esso venivano contestate maggiori imposte relative a IRAP, IVA e IRPEG e rispettivi interessi, nello specifico in riferimento ad una articolata riorganizzazione aziendale. All’esito di tale operazione le società operative controllate dalla S.M.C. Holding s.p.a. erano state cedute alla società Kelyan s.p.a., la quale era a sua volta la controllante di un altro gruppo. Secondo l’Agenzia delle Entrate, le operazioni si erano svolte sostanzialmente in due fasi. Innanzitutto la cessione avveniva con il trasferimento del 60% delle partecipazioni delle controllate appartenenti alla S.M.C. Holding s.p.a., a favore della Kelyan s.p.a.. In una seconda fase la S.M.C. Holding s.p.a. trasferiva il restante 40% delle partecipazioni ad una altra società acquisendone il pieno controllo. Tale società, la S.M.C. computers, cedeva a sua volta tali quote alla Kelyan s.p.a.. Secondo l’Ufficio tale ultima cessione, poiché non avveniva direttamente alla Kelyan s.p.a., la quale era in ogni caso l’acquirente definitivo, era volta a conseguire un mero vantaggio fiscale, pertanto non risultava sorretta da alcuna valida ragione economica. L’operazione poteva quindi essere considerata elusiva ai sensi dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, pertanto l’Amministrazione ne disconosceva i vantaggi fiscali ottenuti assoggettando l’operazione alla corretta tassazione.

La società S.M.C. Holding s.p.a., preso atto dell’avviso di accertamento, decise di far ricorso dinanzi alla competente CTP (Commissione Tributaria Provinciale) di Modena, per l’infondatezza dell’accertamento. La Commissione accolse il ricorso per alcune questioni minori, tuttavia lo respinse, per ciò che concerneva l’operazione di cessione, la quale presentava gli elementi per poterla

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qualificare come elusiva. Il primo grado si concluse quindi con una parziale soccombenza della società ed una parziale soccombenza dell’ente impositore. La S.M.C. Holding s.p.a., quale parte soccombente, decise allora di proporre appello principale contro la sentenza sfavorevole emessa dal giudice tributario provinciale. D’altro canto anche l’Ufficio propose appello incidentale394

. Il 12 Maggio 2008 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna rigettò l’appello principale ed accolse quello incidentale, pronunciandosi con la sentenza n. 78/01/08, depositata poi il 27 Ottobre 2008.

La S.M.C. Holding s.p.a. decise allora di far ricorso in Cassazione impugnando la sentenza della Commissione tributaria regionale e sollevando, per l’esattezza, 19 motivazioni. L’Agenzia delle Entrate si costituì in Cassazione presentando il controricorso395.

3.1.2 Nuovi principi della Corte di Cassazione: anche l’elusione sconta

sanzioni amministrative

Tra i 19 motivi sollevati dalla S.M.C. Holding s.p.a., risulta utile, ai fini della nostra analisi, approfondirne due in particolare. La società sostiene innanzitutto che la Commissione regionale avesse erroneamente considerato la loro operazione elusiva ai sensi dell’art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973, in quanto veniva meno uno dei tre requisiti396 indispensabili per qualificare una determinata operazione elusiva. Secondo la società infatti non era stata prodotta alcuna prova riguardo l’assenza di valide motivazioni economiche. La società poneva poi in risalto il fatto che, essendo l’operazione contestabile ai sensi del predetto art. 37-bis, non può derivare l’applicabilità di alcuna sanzione. La società giustificava tale affermazione sostenendo che l’unica conseguenza derivante da un comportamento elusivo, che si sostanzia in una aggiramento delle norme tributarie e non in una loro violazione, era

394 È definito principale l'appello che viene presentato per primo in ordine temporale, mentre quello

incidentale è ad esso successivo.

395 Ricostruzione tratta da GABELLI M., Anche l’elusione sconta le sanzioni amministrative, in Il Fisco, 2/2011, pp. 7906 ss..

396 Come ben sappiamo i tre requisiti sono: l’aggiramento di obblighi e/o divieti previsti

dall’ordinamento tributario, la realizzazione di un indebito vantaggio ed infine l’assenza di valide motivazioni economiche.

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l’inopponibilità di tale condotta all’Amministrazione, la quale doveva limitarsi al solo disconoscimento dell’indebito vantaggio ottenuto e al recupero delle imposte non versate.

La Corte di Cassazione, ratificando la decisione della CTR a sfavore della società, sostiene, per ciò che concerne la prima motivazione, che nel caso in esame, poiché l’aggiramento della norma presenta come unica finalità quella di realizzare un indebito vantaggio tributario, implicitamente l’operazione risulta essere priva di valide ragioni economiche. Pertanto la Corte, come precedentemente evidenziato anche dal giudice di secondo grado, pone in risalto il principio giurisprudenziale che attesta come ricada nel contribuente l’onere di dimostrare che l’operazione che appare abusiva è in realtà sorretta da valide ragioni economiche397.

Inoltre, in riferimento alla seconda obiezione mossa dalla S.M.C. Holding s.p.a., la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che possono essere comminate le sanzioni amministrative previste dall’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 471 del 18 Dicembre 1997398 anche per i casi in cui trovi applicazione l’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973. La Corte arriva a tale conclusione poiché sostiene che se il contribuente presenta una dichiarazione, la quale, in sede di accertamento, si rivelerà difforme rispetto a quanto accertato, allora sarà possibile esigere le sanzioni previste in caso di dichiarazione infedele. Dunque l’applicabilità delle sanzioni amministrative può ritenersi legittima, anche se dall’accertamento risulti una maggiore imposta, derivante non da un comportamento posto in violazione delle norme dell’ordinamento tributario, ma a seguito di un comportamento elusivo e pertanto contestabile ai sensi dell’art 37-bis.

Viene affermato nella sentenza che le sanzioni amministrative “si applicano per il solo fatto che la dichiarazione del contribuente sia difforme rispetto all’accertamento”, atteso che “la legge non considera per la applicazione delle sanzioni quale criterio scriminante la violazione della legge o la sua elusione o

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GABELLI M., Anche l’elusione sconta le sanzioni amministrative, in Il Fisco, cit., pp. 7907 ss..

398 La versione originaria dell’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 471/1997 prevedeva che: “Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggiore imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte”.

111 aggiramento”399

. Tali statuizioni sono sostenute anche da quanto disposto dal comma 6 dell’art. 37-bis D.P.R. n. 600/1973. Tale comma, regolando “la riscossione provvisoria in corso di giudizio anche quanto alle sanzioni pecuniarie”, evidenzia come il legislatore abbia ritenuto che l’irrogazione di sanzioni amministrative sia un effetto naturale dell’accertamento antielusivo400

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