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Brevi cenni al recente sviluppo di un livello di regolazione indipendente realmente europeo.

Il diritto europeo, come visto, ha imposto l’adozione di modelli di regolazione indipendente agli Stati membri, al fine di tutelare i valori fondamentali della concorrenza e costruire intorno a essa un mercato interno fortemente integrato. Negli ultimi anni, tuttavia, il processo di integrazione amministrativa europea ha effettuato un vero e proprio salto di qualità.

In un primo momento, l’indipendenza istituzionale e operativa del regolatore ha rappresentato un obiettivo da perseguire esclusivamente a livello nazionale, attraverso regolamenti o tramite l’obbligo di recepimento di direttive adottate in numerosi settori. A partire dal 2009 si è invece assistito alla creazione di agenzie e autorità europee la cui indipendenza rispetto alle altre istituzioni comunitarie, ai governi degli Stati membri e ai soggetti regolati, viene per la prima volta sancita direttamente dai rispettivi regolamenti istitutivi.

Tali agenzie, attive nei settori della vigilanza finanziaria (EBA, ESMA, EIOPA), dell’energia elettrica e del gas (ACER) e delle telecomunicazioni (BEREC), nonostante il carattere dell’indipendenza che le connota, non possono però identificarsi completamente con il modello delle autorità amministrative indipendenti affermatosi a livello statale. Al tempo stesso, tuttavia, i rilevanti poteri decisionali e di “quasi-regolazione” di cui sono dotate, nonché le peculiari caratteristiche della loro governance (che per la prima volta prevede il coinvolgimento diretto a livello europeo delle autorità indipendenti nazionali con compiti di regolazione e vigilanza), non permettono neanche di assimilarle completamente alle agenzie europee istituite decenni precedenti.

Queste ultime, infatti, sono state equipaggiate con compiti prevalentemente tecnici, da esercitare in funzione “servente” rispetto alla Commissione europea. La nuova “ondata” di agenzie, “ibride” quanto al loro assetto istituzionale e innovative in relazione agli incisivi poteri di cui sono dotate, piuttosto, sembra segnare la creazione di un’embrionale livello di regolazione per la prima volta dichiaratamente indipendente e comunitario79.

Questa forte accelerazione al processo di riforma della regolazione dei mercati di settore a livello europeo, attraverso l’istituzione di nuovi e originali regolatori dotati di un particolare status di indipendenza e autonomia funzionale, ha come obiettivo una maggiore

79 Sulle innovative caratteristiche, sui poteri e sul ruolo dei nuovi organismi europei si rinvia al Cap.

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integrazione comunitaria in comparti economici e produttivi considerati strategici80. Ma perché, dopo aver sollecitato incisivamente gli Stati membri ad abbracciare il modello dell’autorità amministrativa indipendente, l’Unione europea sceglie di imprimere una netta accelerazione al percorso di “integrazione verticale” e di accentramento delle funzioni di regolazione e vigilanza a livello europeo?

Non si può negare che un ruolo non secondario in questi processi sia stato giocato dalla crisi finanziaria scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti a causa del dissesto dei mutui sub prime e successivamente divenuta globale, evolvendosi in crisi dell’economia reale prima e dei debiti sovrani, poi. La crisi, infatti, ha indotto a riflettere sul ruolo dello Stato, del mercato e delle stesse autorità indipendenti, soprattutto in Europa. Essa ha rappresentato il frutto di un doppio fallimento: del mercato, che non è stato in grado di autoregolarsi, e della regolazione, incapace di prevenire e in seguito adottare misure di crisis management volte a evitare l’assunzione di sempre maggiori rischi sistemici (si pensi alla valutazione del rischio sugli strumenti derivati)81.

Il rinnovato, seppur temporaneo, interventismo pubblico in economia, attraverso imponenti misure e politiche adottate direttamente dai governi per garantire il salvataggio dei settori bancario, finanziario e assicurativo ed evitare il collasso dei propri sistemi economico-produttivi attraverso interventi diretti sull’economia reale82, ha indebolito la

80 L. Torchia, La regolazione indipendente dell’ordinamento europeo: i nuovi organismi di settore, in

P. Bilancia (a cura di), La regolazione dei mercati di settore tra autorità indipendenti nazionali e organismi

europei, cit., 260, secondo cui l’istituzione dei nuovi regolatori europei rappresenta «un passaggio importante

da una regolazione di natura solo funzionale ad una regolazione che comincia a valersi di strutture proprie e autonome». M. S. Righettini, G. Nesti, Indipendenza e credibilità. Istituzioni, imprese, e consumatori nella

regolazione, Roma, Carocci editore, 2015, 24, sottolinea come l’istituzionalizzazione di questi organismi

sovranazionali non sia sempre stata accolta con favore (spesso, anzi, l’atteggiamento è stato di espressa opposizione) dalle autorità statali, preoccupate di perdere la propria discrezionalità regolativa e di mostrarsi deboli nei confronti degli operatori incumbent nazionali.

81 L. Torchia (a cura di), Lezioni di diritto amministrativo progredito, Bologna, Il Mulino, 2012, 268. I

molteplici fattori scatenanti della crisi coinvolgono «una combinazione di errori di politica monetaria e distorsioni regolatorie». Così, R. A. Posner, La crisi della democrazia capitalista, Milano, Università Bocconi Editore, 2010. Questi ricomprendono sicuramente la politica monetaria espansiva e incentivante l’acquisto di immobili adottata soprattutto dagli Stati Uniti; il cattivo operato delle agenzie di rating; le carenze della teoria economica; l’eccessivo squilibrio tra paesi con elevato disavanzo, con debito eccessivo, e paesi in avanzo di bilancio che hanno immesso sui mercati troppa liquidità; le asimmetrie informative che hanno determinato arbitraggi in favore di alcuni ordinamenti statuali. Cfr. anche J. E. Stiglitz, Freefall:

America, Free Markets, and the Sinking of the World Economy, New York, W.W. Norton & Company, 2010,

in relazione al fallimento della c.d. “autoregolazione” del mercato.

82 Tale atteggiamento, ovviamente, non ha riguardato solo i governi europei. Negli Stati Uniti, per

esempio, l’Emergency Economic Stabilization Act approvato dal Congresso nel 2008 (non senza difficoltà) attribuiva al Segretario del Tesoro il potere di acquistare direttamente titoli “problematici” (o meglio, tossici) legati al rilascio di mutui immobiliari da parte di società finanziarie e istituti bancari (oppure altri strumenti finanziari specificamente indicati dal Segretario del Tesoro, previa autorizzazione del Congresso) aventi sede sul territorio americano, attraverso un imponente stanziamento di fondi da parte del governo federale. In Europa, ai programmi di salvataggio dei sistemi bancari e finanziari (si pensi al Fonds Stratègique

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fiducia nella concorrenza, quale fattore indispensabile per favorire la crescita della produttività e dell’occupazione, aumentando invece la richiesta di interventi pubblici diretti per sostenere le imprese in crisi.

Lo spazio per la regolazione indipendente sembrava allora essersi ridotto: nel momento in cui svanisce ogni fiducia nelle capacità allocative del mercato, l’unico soggetto in grado di “salvare”83 il sistema viene individuato nel potere politico tradizionale e nella sua ampia discrezionalità di intervento84. Se i regolatori indipendenti nascono proprio per risolvere i fallimenti del mercato riducendo lo spazio della politica, naturalmente soggetta ai condizionamenti dei cicli elettorali, «rimettendo i processi di determinazione delle regole a burocrazie pubbliche caratterizzate da indipendenza e competenza tecnica, capaci altresì d’assicurare una funzione para-giurisdizionale nell’applicazione delle regole medesime»85, allora gli interrogativi sollevati dalla crisi sul ruolo, la legittimazione teorica, ma anche l’utilità effettiva delle autorità indipendenti, si presentano come del tutto legittimi.

La crisi, dunque, mettendo in discussione l’assetto della regolazione così come si era strutturato nel tempo, rende nuovamente attuale la necessità di riformarne i paradigmi, aggiornandolo in modo da seguire l’evoluzione dei mercati e prevenirne i fallimenti. La creazione di nuovi regolatori dotati di poteri innovativi nel panorama europeo e la diversa distribuzione delle competenze e delle attribuzioni tra questi ultimi i regolatori nazionali, si inscrive in questo complesso quadro86.

diverso sistema bancario, ripercorreva le orme dei provvedimenti statunitensi di risanamento del settore creditizio) si sono accompagnati a incentivi della produzione industriale e a programmi di aiuti “a pioggia” sia alle famiglie (tipici i c.d. “bonus bebè”), sia alle imprese (soprattutto in determinati settori produttivi, come quello automobilistico, e attraverso adeguate politiche di detrazione o riduzione fiscale generalmente a breve termine).

83 Per utilizzare le parole di G. Napolitano, Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali, in Giorn. dir. amm., 11, 2008, 1083 ss. Si veda anche Id., L’assistenza finanziaria europea e lo Stato «co-assicuratore», in Giorn, dir. amm., 10, 2010, 1085 ss.

84 Cfr. G. Napolitano, A. Zoppini, Le autorità al tempo della crisi, Bologna, Il Mulino, 2009, 26. 85 Ibidem, 20.

86 Cfr. L. Torchia, I poteri di regolazione e di controllo delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari nella nuova disciplina europea, Relazione svolta al Convegno per i 60 anni della Rivista delle

società su “Regole del mercato e mercato delle regole: Il diritto societario e il ruolo del legislatore”, Venezia, 13-14 novembre 2015, 2, che evidenzia come «[u]n effetto comune alle crisi economiche (…) è la ridefinizione dell’ampiezza e della profondità della regolazione e, conseguentemente, del ruolo dei regolatori. Questo effetto comune si declina, però, con caratteristiche diverse per ogni crisi e per ogni periodo storico e deve essere quindi indagato distinguendo fra le misure estemporanee, destinate a scomparire una volta che la crisi si ritenga superata e le misure destinate, invece, a ridefinire l’assetto regolatorio e istituzionale sul medio-lungo periodo: almeno fino alla crisi successiva (…)». Si veda sul punto la comunicazione della Commissione europea del 3 marzo 2010, COM(2010)2020, “Europe 2020. A Strategy for Smart, Sustainable and Inclusive Growth” in cui viene espresso la convinzione che «Economic realities are moving faster than political realities, as we have seen with the global impact of the financial crisis. (…) If we act together, then

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Al tempo stesso è anche la dimensione domestica e statale dell’attività di regolazione e supervisione a essere messa in discussione da fenomeni economici e da criticità che presentano carattere globale e che necessitano, dunque, di risposte coordinate a livello sovranazionale. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuta la consapevolezza che la regolazione abbia tra i propri compiti maggiori proprio quello di coordinare e integrare (potenzialmente a livello globale) politiche che, se condotte esclusivamente a livello nazionale, non sono in grado di garantire la stabilità e l’efficacia di cui invece necessiterebbero87.

Un processo di cambiamento e di accentramento che ha interessato naturalmente la regolazione finanziaria e bancaria europea (considerata la prima colpevole della crisi o quanto meno della sua diffusione sistemica)88, nonché quei settori in cui il calo degli investimenti pubblici e privati, i tagli ai posti di lavoro, le numerose cessazioni d’azienda, l’aumento delle possibilità per il crearsi di situazioni oligopolistiche o di monopolio, e l’esigenza di garantire una gestione quanto più neutrale delle reti infrastrutturali, si presentavano come tematiche attuali e pressanti. Tale evoluzione rappresenta, insomma, la risposta al bisogno di garantire una regolazione maggiormente integrata e centralizzata a livello europeo, in grado di dare risposte rapide a criticità di carattere sistemico, favorendo altresì il rafforzamento del mercato unico.

we can fight back and come out of the crisis stronger. We have the new tools and the new ambition». La crisi economico-finanziaria, inoltre, ha stimolato l’adozione di misure definibili di «regolazione ex post», intese quali strumenti che intervengono al fine di limitare gli effetti negativi quando la regolazione (ex ante, di per sé non in grado di prevedere ed evitare ogni rischio) non abbia prodotto gli effetti sperati. Sul concetto di “regolazione ex post” si veda A. Police, Regolazione ex ante, Public Enforcement ed ordine del mercato “in

tempi difficili”, in G. Colombini, M. Passalacqua (a cura di), Mercati e banche nella crisi: regole di concorrenza e aiuti di stato, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012, 29 ss. Una recente misura inquadrabile nella

suddetta categoria può essere identificata nel c.d. bail in, introdotto dalla Direttiva del Parlamento e del Consiglio n. 2014/59/UE del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Il meccanismo è volto a garantire che le perdite degli istituti di credito siano sopportate principalmente dal settore privato e non dai contribuenti: il risanamento delle passività e la successiva ricapitalizzazione della banca coinvolta, infatti, devono essere realizzate in prima battuta attraverso risorse interne all’ente stesso, incidendo sul valore dei crediti di alcune categorie di soci, azionisti e creditori.

87 N. Longobardi, Le autorità di regolazione dei mercati nel “tempo della crisi”, in Amministrazione in cammino, disponibile all’indirizzo web: www.amministrazioneincammino.it, 8, afferma che «gli

insegnamenti che si traggono dalla crisi globale non si limitano a confermare la necessità di una regolazione pubblica indipendente, inducono a rafforzarla per accrescerne la funzionalità secondo gli indicati criteri di adeguatezza: capacità di seguire l’evoluzione dei mercati e l’innovazione che avviene in essi, in continuo dialogo/confronto con gli operatori economici […]; capacità di inserirsi autorevolmente in una prospettiva regolatoria sovranazionale, così da attuare le potenzialità di governance globale già rivelate dalle autorità indipendenti».

88 I regolamenti istitutivi delle tre autorità di vigilanza finanziaria individuano nella gravità della crisi

economico-finanziaria e nella frammentarietà del sistema di vigilanza che aveva impedito l’adozione di risposte comuni e uniformi, le ragioni principali a sostegno della nuova disciplina. Si veda per esempio il considerando n. 1 del regolamento n. 1095/2010/UE istitutivo dell’ESMA: «La crisi ha evidenziato gravi lacune in materia di cooperazione, coordinamento, applicazione uniforme del diritto dell’Unione e fiducia fra le autorità nazionali di vigilanza».

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