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I tentativi di regulatory cooperation tra Stati Uniti e Unione europea

La “international regulatory cooperation” ha come obiettivo principale il coordinamento e il raggiungimento di un certo grado di omogeneità tra sistemi giuridici ed economici diversi, attraverso la riduzione o l’eliminazione delle differenze regolatorie inefficienti o comunque non necessarie esistenti tra gli stessi. Il fine ultimo è abbattere le barriere commerciali derivanti, in gran parte, dall’obbligo per gli operatori economici di conformarsi a regole e standard differenti a seconda dello Stato in cui un prodotto viene commercializzato.

In questo modo è possibile evitare, o fortemente disincentivare, il fenomeno dell’“arbitraggio regolamentare” e la tendenza degli ordinamenti ad allargare eccessivamente le maglie dei propri sistemi di regole (fiscali in primis, ma anche nel campo della regolazione del rischio alimentare o ambientale può esserci la possibilità di una “race to the bottom”) al fine di attrarre investimenti stranieri89. Le origini di tali “non- tariff barriers” possono essere molteplici e dipendere da un diverso approccio nella gestione e nella tolleranza dei rischi o, più semplicemente, dall’influenza che considerazioni di ordine politico possono avere sull’attività di regolazione90.

Le tecniche attraverso cui si è cercato di ridurre le distanze tra sistemi diversi si sono tradizionalmente fondate sulla ricerca dell’armonizzazione normativa o su meccanismi di mutuo riconoscimento. In base alla prima, regole diverse vengono ricondotte a best practices sulle quali gli Stati decidono di comune accordo di convergere, pur senza adottare norme identiche, visto che l’obiettivo primario di questa tecnica risiede nella creazione di tecniche transnazionali di predisposizione di regole e standard. Con il mutuo riconoscimento, invece, le norme che disciplinano la produzione di un prodotto in uno Stato sono volontariamente riconosciute come valide da un altro Paese in cui il medesimo bene viene commercializzato, evitando la duplicazione dei processi di certificazione che il produttore deve sostenere.

Quest’attività di cooperazione ha trovato il proprio naturale luogo di realizzazione nelle numerose organizzazioni internazionali che affollano l’arena giuridica globale, in

89 O “inter-jurisdictional spillover”. Vedi supra, Cap. I, par. 1., nota n. 15.

90 Cfr. R. T. Bull, Developing a Domestic Framework for International Regulatory Cooperation, in Law & Contemp. Probs., 2015, 55-56. A. Alemanno, J. B. Wiener, The Future of International Regulatory Cooperation: TTIP as a Learning Process Toward a Global Policy Laboratory, in Law & Contemp. Probs.,

103, 2015, sottolineano come la cooperazione regolatoria possa avere anche effetti negativi sia dal punto di vista dei costi che evidentemente essa comporta, sia perché non è certo che la regola che alla fine verrà adottata sia la migliore possibile. Infatti, «societies face the risk that any regulatory error from his approach would be magnified more than in a world of diverse regulatory approaches».

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grado sia di dettare principi regolatori comuni per tutti gli Stati membri, sia di promuovere negoziazioni bilaterali o multilaterali tra i Paesi membri. I risultati cui la regulatory cooperation mira possono infatti essere raggiunti anche attraverso la stipulazione di trattati di libero scambio che coinvolgono non singoli Stati, ma intere “regioni” economiche (c.d. “mega-regional agreements”)91.

Per quanto riguarda i rapporti tra Unione europea e Stati Uniti, la Commissione e le agenzie statunitensi competenti per materia già da lungo tempo hanno intrapreso un precorso di cooperazione e continua consultazione fondato sull’impegno politico, espresso al più alto livello da entrambe le parti, di collaborare attraverso diversi canali per risolvere problemi di interesse comune92. Negli ultimi decenni, infatti, l’Unione europea ha saputo affermarsi come «the clearest candidate for partnership with the U.S. in a collaborative rulemaking process»93.

Le istituzioni politiche europee, e i nuovi regolatori creati negli ultimi anni, sono sostanzialmente responsabili della regolazione all’interno di un mercato che presenta le stesse dimensioni economiche e la medesima importanza di quello statunitense, del quale rappresenta il partner commerciale più importante94. Un’attività di rulemaking e di standard setting, la loro, che finisce per presentare caratteristiche simili a quella condotta dalle agenzie, amministrative e indipendenti statunitensi, quanto meno dal punto di vista delle questioni affrontate e degli obiettivi perseguiti.

Il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) si inserisce all’interno di questo “rapporto privilegiato”. Il TTIP è un progetto di accordo tra Stati Uniti e Unione europea le cui negoziazioni sono iniziate nel 2013. Il trattato ha l’obiettivo principale di eliminare o ridurre per quanto possibile le barriere commerciali alle esportazioni e

91 Sul punto si veda, J. L. Dunoff, Mapping a Hidden World of International Regulatory Cooperation,

in Law & Contemp. Probs., 78, 4, 2015.

92 Si veda la Transatlantic Declaration del 22 novembre 1990, in cui si afferma che gli Stati Uniti e

l’Unione europea, compresi gli Stati membri, «will inform and consult each other on important matters of common interest, both political and economic, with a view to bringing their positions as close as possible, without prejudice to their respective independence». La dichiarazione prevedeva: consultazioni biennali tra il Presidente degli Stati Uniti e quelli della Commissione e del Consiglio; consultazioni biennali tra il Segretario di Stato USA e l’Alto rappresentante per la politica estera dell’UE; consultazioni biennali tra la Commissione e il governo statunitense; ulteriori incontri ad hoc.

93 G. A. Bermann, Regulatory Cooperation Between the European Commission and U.S. Administrative Agencies, in Admin. L. J. Am. U., 9, 1995-1996, 935.

94 Ibidem. L’A. aggiunge che «[b]ecause European industry is at the same time American industry's

single most important business competitor, regulatory policy in the U.S. and E.C. is a major determinant of those industries' basic competitiveness».

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importazioni tra le due sponde dell’Atlantico95. Ulteriore fine del patto sarebbe quello di allineare gli standard regolatori europei e statunitensi attraverso l’implementazione degli strumenti di regulatory cooperation: dunque, abbattere le c.d. “non-tariff barriers” (NTBs) che rallentano gli scambi economici tra le parti, soprattutto in relazione agli elevati costi che le imprese europee e statunitensi devono sopportare per entrare in un mercato straniero, dovendosi adeguare a regole differenti rispetto a quelle vigenti nel proprio Paese d’origine96.

L’accordo dovrebbe contenere a tal fine un “Horizontal Chapter on Regulatory Coherence” che fungerebbe da quadro generale contenente principi e procedure di consultazione, trasparenza e impact assestment sulle quali fondare le attività di cooperazione in tutti i settori che abbiano o possano avere un significativo impatto sul commercio e sugli investimenti tra le parti97. Per la prima volta, dunque, verrebbe istituito un meccanismo istituzionale, incorporato in un accordo di libero scambio, che avrebbe come obiettivo la creazione di un nuovo modello di integrazione economico-giuridica basata su un’attività di collaborazione e dialogo costanti98.

La creazione di un “Regulatory Cooperation Body” (RCB) permanente rappresenterebbe la maggiore innovazione da questo punto di vista99. Tale struttura dovrebbe esercitare poteri di monitoraggio sull’attuazione del trattato e dovrebbe autonomamente identificare le aree in cui promuovere una cooperazione normativa e regolatoria ulteriore. Cooperazione che potrebbe essere condotta attraverso diversi strumenti tra i quali armonizzazione e mutuo riconoscimento. Tale organismo, composto da rappresentanti esperti di ambo le parti (sarebbero presenti anche soggetti provenienti

95 Per i potenziali effetti economici del TTIP si veda J. Francois, M. Manchin, H. Norberg, O.

Pindyuk, P. Tomberger, Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment: an Economic Assessment, Centre for Economic Policy Research, 2013.

96 Cfr. R. T. Bull, N. A. Mahboubi, R. B. Stewart, J. B. Wiener, New Approaches to International Regulatory Cooperation: the Challenge of TTIP and Mega-Regional Trade Agreements, in Law & Contemp. Probs. 78, 2015, 9.

97 EU Commission, EU – US Transatlantic Trade and Investment Partnership. Trade Cross-cutting Disciplines and Institutional Provisions, Initial Position Paper, 20 June 2013, che definisce l’Horizontal Chapter come “a gateway for handling sectorial regulatory issues between the EU and the USA”.

98 A. Alemanno, The Regulatory Cooperation Chapter of the Transatlantic Trade and Investment Partnership: Institutional Structures and Democratic Consequences, in Journ. Int. Econ. Law, 18, 2015, 629. 99 Cfr. K. De Gutch, Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) - Solving the Regulatory Puzzle, Aspen Institute, Prague Annual Conference (Oct. 10, 2013).

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dalle autorità di regolazione), avrebbe inoltre il potere di modificare il TTIP stesso senza la necessità di riaprire i negoziati100.

Il TTIP potrebbe rappresentare, quindi, un fondamentale laboratorio in cui condividere pratiche di regolazione, promuovere un dialogo bilaterale ed effettuare scelte di armonizzazione e mutuo riconoscimento in relazione a molte regole che abbiano un impatto rilevante tra gli scambi transfrontalieri. Il patto potrebbe rappresentare, in conclusione, un’enorme opportunità per creare una cultura regolatoria comune tra Unione europea e Stati Uniti. Per quanto qui interessa, potrebbe costituire un potenziale fattore di avvicinamento anche tra gli schemi organizzativi e funzionali da adottare nel settore della regolazione indipendente, derivante dalla creazione di un nuovo e originale ordinamento giuridico globale in cui il percorso intrapreso dall’UE con le autorità e agenzie istituite dopo il 2009, verso la creazione di stabili organismi europei di regolazione, potrebbe trovare un canale di sviluppo privilegiato.

A oggi, sebbene i negoziati siano ancora in corso, sembra essere venuta meno la volontà politica101 di sottoscrivere tale accordo. Al netto delle critiche al trattato (mancanza di trasparenza e soprattutto timore, sul versante europeo, di un appiattimento sugli standard regolatori statunitensi considerati generalmente meno affidabili e rigorosi), la mancata conclusione del patto rappresenterebbe indubbiamente un’occasione perduta per avvicinare le due maggiori economie mondiali, affermare a livello globale la centralità della partnership transatlantica quale alternativa e risposta alle nuove realtà economiche emergenti (in primo luogo Cina e India) ed eliminare molte delle discrepanze regolatorie

100 Da questo punto di vista il RCB potrebbe seguire l’esempio del Regulatory Cooperation Council

istituito nel 2011 da Stati Uniti e Canada, in cui operano l’Office of Information and Regulatory Affairs (OIRA) statunitense e il Privy Council Office (che svolge compiti simili in Canada) e che sta tentando di istituzionalizzare un percorso di cooperazione regolatoria tra i due Paesi, avendo già raggiunto discreti risultati.

101 Alcune circostanze hanno indubbiamente influito negativamente sulle concrete possibilità di

addivenire, almeno per il momento, alla sottoscrizione dell’accordo. In primo luogo, nel 2016 l’associazione ambientalista Greenpeace Netherlands ha pubblicato 248 pagine dei testi del TTIP allora in fase di negoziazione e che fino a quel momento erano invece rimasti secretati. Dopo questo avvenimento, si è rapidamente diffusa nell’opinione pubblica – soprattutto europea - una generale diffidenza verso le negoziazioni, viste come eccessivamente opache. Cfr. A. Alemanno, What the TTIP Leaks Mean for the On-

going Negotiations and Future Agreement?, in Eur. J. Risk Reg., 7, 2016, 2. Due ulteriori eventi hanno,

infine, inciso sulla sopravvivenza del TTIP: da un lato, l’esito del referendum sull’uscita del Regno Unito nell’Unione europea (la c.d. “Brexit”), che ha sollevato dubbi circa il reale interesse politico degli Stati Uniti di stipulare un accordo con l’UE, che non vincolasse tuttavia lo storico partner commerciale e politico americano nel Vecchio Continente; dall’altro l’elezione negli U.S. del Presidente Trump, convinto avversario degli accordi transnazionali di libero scambio (nel gennaio 2017, infatti, gli Stati Uniti hanno ritirato la propria adesione al Partnerariato Trans-Pacifico o “TPP”, il progetto di trattato di regolamentazione e investimenti che avrebbe dovuto legare 14 Stati dell’area pacifica e asiatica).

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che ancora oggi limitano fortemente la possibilità che gli scambi commerciali tra UE e Stati Uniti producano – e distribuiscano – ricchezza.

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CAPITOLO II

I CARATTERI DELLA REGOLAZIONE INDIPENDENTE NEGLI STATI UNITI E

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