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La caduta degli Dei e il primato della scultura religiosa La decorazione per la Chiesa del SS Nome di Gesù a Venezia

Chirone che ammaestra Achille nella Musica

1.5. La caduta degli Dei e il primato della scultura religiosa La decorazione per la Chiesa del SS Nome di Gesù a Venezia

Dopo il 1815, caduto Napoleone, decadde anche il “culto degli dei”, ovvero il culto dei grandi miti, consentaneo all’epica napoleonica, lasciando il passo a una nuova stagione per l’arte cristiana. Vi fu un fiorire di nuove chiese che, come ci ricorda Stefano Grandesso

“Da un lato vi concorrevano le commissioni pubbliche, spesso destinate al risarcimento delle perdite subite per le spoliazioni francesi o i danni bellici, come nel caso della Vor Frue Kirke, oppure concepite dai sovrani restaurati come ex voto per il potere recuperato, come nei casi altrettanto ricchi di decorazioni plastiche dei templi di San Francesco di Paola a Napoli o della Gran Madre a Torino. Ma si trattava in generale di più vasto mutamento della sensibilità del pubblico, che allora ritrovava sia nelle fede privata sia nella dimensione più ampia del recupero della tradizione e delle radici culturali cristiane quell’aspetto della ricerca d’identità nazionale che è alla base della cultura romantica”141.

Sull’esempio della Vor Frue Kirke di Copenaghen, per la quale Thorvaldsen stava elaborando a Roma la decorazione plastica costituita dai dodici apostoli, nacquero diversi templi in Italia e all’estero, come la Chiesa di San Francesco di Paola a Napoli, la Chiesa della Gran Madre di Dio a Torino o la Chiesa di Saint Mary and Saint Everilda a Everingham in Inghilterra.

La storiografia ha finora trascurato l’importante esempio dell’unica chiesa nata a Venezia proprio a partire dal 1815: la Chiesa del Nome di Gesù142 (fig. 12).

La chiesa fu eretta, per volere del sacerdote Giuliano Catullo, in un luogo periferico della città, nei pressi della Chiesa di Sant’Andrea della Zirada, sulla fondamenta di Santa Chiara. Catullo, di ricca famiglia, aveva espresso il desiderio di erigere un nuovo tempietto e un ospizio per donne già dal 1806, ma solo nel marzo 1815 con il contributo di privati cittadini era riuscito a raccogliere la somma sufficiente e a posare finalmente la prima pietra. La chiesa, pur semplice nel suo insieme, aveva coinvolto importanti artisti dell’epoca: il progetto architettonico era stato affidato a Gian Antonio Selva, sostituito alla sua morte, nel 1819, da Antonio Diedo e Giuseppe Borsato, che progettarono anche il tabernacolo, l’altare maggiore e i due laterali. Le decorazione a stucco sono state eseguite da Battista Lucchesi, già collaboratore di Borsato nel teatro la Fenice e nel palazzo

141 STEFANO GRANDESSO, Bertel Thorvaldsen. (1770-1844), Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2010, p. 174. 142 Cfr. GIOVANNI ANTONIO MOSCHINI, Itinéraire de la ville de Venise et des îles circonvoisines, Venezia, Alvisopoli,

1819, pp. 238-239; FABIO MUTTINELLI, Annali delle Provincie Venete dall’anno 1801 al 1840, Venezia, Tipografia G.B. Merlo, 1843, p. 442; ANTONIO EMMANUELE CICOGNA, Iscrizioni nella Chiesa di S. Andrea di Venezia detto De

Zirada e suoi contorni, in Delle Iscrizioni Veneziane raccolte ed illustrate, Vol. VI, Venezia, Tipografia Andreola,

1853, pp. 148-151; FRANCESCO ZANOTTO, Nuovissima guida di Venezia e delle Isole della sua Laguna, Venezia, Brizeghel Editore, 1856, pp. 414-415; GAETANO MORONI, Dizionario di erudizione storico - ecclesiastica, da S. Pietro

privato padovano Duse Masin143, i dipinti furono affidati a Lattanzio Querena. Venne incaricato degli altari laterali lo scalpellino Giovanni Cadorin, mentre la decorazione plastica delle monumentali statue dei dodici apostoli fu affidata all’affermato trio di scultori costituito da Luigi Zandomeneghi, Antonio Bosa e Bartolomeo Ferrari. A Bosa e Giacomo De Marini furono commissionati due monumenti all’interno della chiesa, che non furono portati a termine144. La consacrazione della chiesa da parte del Patriarca di Venezia Monico avvenne il 12 ottobre 1834.

Negli stessi anni anche Antonio Canova, che nel 1819 era a Possagno per la posa della prima pietra del Tempio da lui progettato, prevedeva che: “questo tempio sarà abbellito da dodici bassi rilievi rappresentanti i dodici Apostoli”145. La morte non consentì a Canova di portare a termine il progetto delle dodici statue e così le statue, per volere di Giovanni Battista Sartori, vennero sostituite dal ciclo di affreschi di dedicato ai Dodici Apostoli eseguito da Giovanni De Min e concluso nel 1830146.

Da una lettera autografa di Bartolomeo Ferrari sappiamo che nella chiesa veneziana egli realizzò cinque dei dodici apostoli e due dei quattro bassorilievi in gesso: “Nella Chiesa del benemerito Don G…..Catulo esegui cinque Apostoli in tre di piedi e sei di altezza S. Paolo, S. Andrea, S. Matteo, S. Tommaso, S. Giacomo Minore, e due bassorilievi in iscagliola; La Circoncisione del Signore e il miracolo di S. Pietro alla porta del tempio in Gerusalemme”147.

Anche Antonio Emmanuele Cicogna fa menzione degli Apostoli nei suoi Diari: “Dodici apostoli colossali girano intorno e più della metà son già scolpiti in marmo dolce di Verona assai belli. Zandomenghi, Ferrari, Bosa e non so il quarto (se non fosse Banti) ne scolpirono tre per uno. Vanno nelle loro apparecchiate nicchie in chiesa”148.

143 Cfr. GIULIA BURATO, Palazzo Duse Masin una dimora neoclassica a Padova, Tesi di Laurea discussa alla Facoltà di

Lettere e Filosofia, Università Ca’ Foscari, Venezia, a.a 2010/2011.

144 GIOVANNI ANTONIO MOSCHINI, Itinéraire de la ville de Venise cit., pp. 238-239.

145 Il Messaggero Tirolese con privilegio, Rovereto, Venerdì 16 Luglio 1819, n. 57 e JULES FRANÇOIS LAMCOMTE,

Venezia, o colpo d’occhio sui monumenti di questa città, Venezia, Gio. Cecchini Editore, 1848, p. 522.

146 Cfr. GIULIANO DAL MAS, Giovanni De Min (1786-1859) il grande frescante dell’800, Belluno, AG Edizioni, 2009,

pp. 222-224.

147 BCPd, Lettera dello Scultore Sig. Bartolommeo Ferrari del 1 Feb.io 1826 di Venezia al Sig. Gio. Cadorin, in

Miscellanea XXIV di Scritti Appartenenti Alle Belle Arti, pp. 141-145.

148 Siamo certi che Ferrari scolpì cinque e non tre sculture. Non sappiamo se i contratti iniziali prevedessero anche

l’intervento di Domenico Banti, che non è menzionato da nessuna delle fonti che si è occupata della Chiesa. Cfr. BMCVe, Ms Cicogna 2845, c. 4675, 13 maggio 1820, l’appunto integro così riporta: “Ieri alle 7 pomeridiane fui co’conti Valmarana a riveder la nuova chiesa della Croce, dopo tre anni e più. Trovai molto accurato il lavoro cosicché, quanto ai muri maestri e alle due colonne e al soffitto, o plaffone, non manca senonché la stabilitura di marmorino e gli affreschi e gli stucchi dei cassettoni del plaffone sul quale io fui col mezzo dell’armatura. Manca tutto il pavimento e i tre altari. La facciata esteriore è da un anno compiuta e vi si legge ad maiorem dei gloriam. I due altari laterali sono in lavoro nell’officina dello stesso luogo. Sono di marmo istriano e lisci affatto. Quello di mezzo sarà alla romana, ma nol vidi. Dodici apostoli colossali girano intorno e più della metà son già scolpiti in marmo dolce di Verona assai belli. Zandomenghi, Ferrari, Bosa e non so il quarto (se non fosse Banti) ne scolpirono tre per uno. Vanno nelle loro apparecchiate nicchie in chiesa. I quadri di marmo bianco e marmolato sono in gran numero presenti nelle officine. Ma ci vogliono delle carità molte per compir tutto”.

Le sculture sono collocate all’interno della chiesa entro nicchie ricavate nelle pareti dell’unica navata e in quelle del transetto. Le sei statue collocate nel transetto non godono di facile osservazione da parte del visitatore per la conformazione semicircolare delle pareti e per l’ostacolo al passaggio prodotto da una balaustra.

Seguendo l’ordine della collocazione nella chiesa, sul lato occidentale partendo dalla porta d’ingresso si trovano le statue di Simone, Giuda Taddeo, Giacomo minore, Filippo, Andrea, Pietro. Sull’altro lato sono disposte le statue di Bartolomeo, Tommaso, Matteo, Giovanni, Giacomo

maggiore, Paolo.

Nelle statue eseguite da Bartolomeo e nel San Giovanni e Giacomo maggiore da riferirsi stilisticamente a Luigi Zandomeneghi, i due scultori si sono impegnati nel dare ai diversi personaggi il personale carattere e nella successione delle statue una varietà di effetto plastico. Per ogni rappresentato Ferrari ha definito, una fisionomia caratteristica e una posa sempre diversa e tale da determinare anche un diverso e originale panneggio. Le figure presentano inoltre gli elementi essenziali per ricordare la loro vicenda umana o le circostanze del martirio.

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