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Durante il suo soggiorno a Venezia l’Imperatore volle visitare, tra le molte bellezze della città, la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Qui restò meravigliato nel trovare una misera pietra scolpita sul sepolcro dell’immortale pittore veneto.

“Qui giace il gran Tiziano di Vecelli Emulator de’ Zeusi e degli Apelli”. Questa è l’iscrizione fatta scolpire sopra una pietra da un frate della chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari nell’anno 1749. Sembra che il confratello abbia agito perché mosso da compassione per il poco onore riservato al luogo di sepoltura del grande pittore, morto oltre un secolo prima.

Le cronache del tempo di Tiziano e quelle posteriori raccontano come ciò sia accaduto:

“Tiziano morto di vecchiezza, essendo di Età di anni 98 o 99 l’anno 1576, essendo la Peste in Venezia, e fu sepolto nella Chiesa dei Frari, dove non gli fu fatta particolar sepoltura secondo i meriti suoi, per essere la città tutta travagliata dal prezioso male”. Al momento della sua morte dunque, l’intera città, piegata dalla furia del morbo che portò gravi conseguenze alla popolazione, aveva tutt’altra preoccupazione che non quella di recare degna sepoltura al grande pittore. L’Anonimo autore della vita di Tiziano stampata a Venezia nel 1622 scrive che il pittore: “Fu sepolto nella chiesa dei Frari all’altare del Crocefisso, benché avesse, morendo, ordinato di dover essere sepolto nella Chiesa Arcidiaconale della sua patria nella cappella della sua famiglia, perché vi si interpose una mortifica pestilenza”572.

Fu pertanto la peste a impedire l’esaudimento della volontà di Tiziano.

Si è già accennato che nel 1794 Girolamo Zulian aveva commissionato ad Antonio Canova l’esecuzione di un Monumento per Tiziano e che lo scultore possagnese aveva cominciato subito il lavoro, ma la morte di Zulian e la caduta della Repubblica impedirono al progetto di procedere.

Facendo seguito alla Sovrana Risoluzione del 15 ottobre, il 12 Novembre 1838 il governatore delle Venete Provincie Conte Spaur inviava una nuova lettera all’Accademia con la quale ribadiva la volontà sovrana e sollecitava il segretario Diedo, il prof. di scultura Zandomeneghi e Lorenzo Santi a formare una commissione che si occupasse della scelta del giusto sito, chiesa o

altro, dove potesse essere collocato convenientemente il monumento da realizzarsi in marmo di Carrara573.

Deciso il luogo, la Basilica dei Frari, si poté finalmente indire un concorso nel quale si fornirono ai partecipanti i dati relativi a spazi e misure del posto destinato alla costruzione.

Il 26 febbraio 1839 venne pubblicato sulla Gazzetta Privilegiata di Venezia il bando di concorso che così recitava:

“Per mandare ad esecuzione la munificentissima volontà Sovrana, che decretava un monumento in marmo di Carrara da erigersi coll’opera di Veneti Scultori alla memoria di Tiziano, si è degnata S. A. I. il Serenissimo Arciduca Vicerè di approvare la proposta fatta da un’ apposita commissione, ordinando che il monumento debba essere collocato nella Chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari di questa città, di fronte al Cenotafio di Canova. S’invitano quindi tutti gli scultori nazionali Veneti, qualunque sia il luogo di attuale dimora di essi, anche fuori di stato, a presentare quei progetti che ritengano più convenienti e meritevoli d’essere umiliati all’approvazione di S.M. che se n’è benignamente riservata la scelta”574.

Alla pubblicazione del Programma di Concorso si fecero subito sentire i pareri degli eruditi della città; Fancesco Caffi ne scrisse così all’amico Antonio Emmanuele Cicogna:

“[…] lessi oggi il Sovrano Decreto pel monumento a Tiziano: idea nobilissima del magnifico imperator nostro. Per carità grida in ogni angolo che faccianvi lavorar il nostro bravo giovane Ferrari, l’autore del Looconte e della Melanconia. Se lascieranno, come al solito, brigar Zandomeneghi, darà come al solito cose mediocri e senza finitezza [...]”575.

Era dello stesso parere Agostino Sagredo nel suo scritto dedicato al Monumento:

“voli dunque franco d’ogni impaccio il pensiero, sia libero l’affetto degli scultori veneti, tra’ quali numeriamo molti valorosi provetti e giovani valorosi, ed uno di questi sorge ormai gigante, Luigi Ferrari. Garzone ardimentoso! Mosso dalla prepotenza d’animo ardente osò disputare la palma a’ Greci col suo Laocoonte, e mostrava che ormai cimento nessuno è arduo per lui”576.

Ferrari non si presentò al concorso577, ma altri scultori parteciparono proponendo otto progetti: Pietro Bearzi, Giuseppe Bernardo di Tissano, Antonio Bosa, Luigi Piccoli assieme a

573 AABAVe, Monumenti Pubblici, b.51, Monumento a Tiziano decretato da S. M. Ferdinando I, f. 1838, Protocollo N°

780.

574 N. 800 in “Gazzetta Privilegiata di Venezia”, n.47, martedì 26 febbraio 1839. 575 Cfr. BMCVe, Epist Cicogna, 207, n. 223.

576 AGOSTINO SAGREDO, Intorno al monumento da innalzarsi in Venezia per volere di sua maestà Ferdinando I Re

Nostro alla memoria di Tiziano studio storico-critico, Milano, 1839, pp. 29-30.

577 Per una impresa del genere Luigi Ferrari non avrebbe potuto lavorare da solo, il padre Bartolomeo era ammalato da

tempo e lui stesso era già impegnato con numerose opere da portare a termine tra cui il marmo del Laocconte per il Conte Paolo Tosio di Brescia.

Antonio Marsure, Bartolomeo Bongiovanni, Francesco Bosa, e “finalmente questo Professore di Scultura Sig.r Luigi Zandomeneghi”578.

Anche prima della selezione il nome di Zandomeneghi sembra deciso. I disegni presentati vengono esaminati dalle accademie di Milano e Vienna, che decretano vincitore Luigi Zandomeneghi579.

Una volta che il progetto fu approvato anche dall’Imperatore, l’esecuzione del monumento fu affidata a Luigi nel marzo del 1842. Con il contratto del 6 febbraio dell’anno seguente si stabilirono il prezzo del lavoro, che ammontò a 386,380.30 Lire Austriache e le relative scadenze delle rate trimestrali, la durata dei lavori e la collaborazione con un altro scultore, il quale avrebbe dovuto assumere la direzione dei lavori “in qualunque caso di disgrazia, che impedisca al Professore Zandomeneghi materialmente la continuazione ed il compimento del lavoro”. Per questo compito fu scelto il figlio Pietro. I lavori iniziarono quello stesso anno con la predisposizione di un modello.

Il Monumento (fig. 37) rappresenta, in stile architettonico lombardesco580, un arco di gloria sorretto da quattro colonne con capitelli corinzi e basamenti decorati con teste di leone che portano festoni di fiori. L’uso dell'arco trionfale richiama uno stile architettonico del tempo di Tiziano e il monumento presenta evidenti analogie con la Tomba del doge Andrea Vendramin sita nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo. Chiaramente il lavoro di Zandomeneghi voleva essere un “ricostruzione ideale” di un mausoleo del XV secolo, ma l’elemento sepolcrale venne rimosso durante l’esecuzione. Per il grande artista non si voleva costruire un sepolcro, ma un sontuoso monumento in suo onore. Nella parete di fondo sono rappresentate, con tre bassorilievi, le tre principali opere tizianesche. In posizione centrale l’Assunta, alla destra di questa S. Pietro Martire e alla sinistra S.

Lorenzo. Sopra gli intercolumni laterali si trovano scolpiti sempre in bassorilievo, la Visitazione di Maria Vergine a S. Elisabetta e Cristo morto sorretto dalla Madre.

Al centro, sotto l’arco trionfale, troneggia l’imponente figura del Tiziano seduto, coronato dall’alloro e con l’insegna cavalleresca datagli da re Carlo V. Il sommo artista è colto nell’atto di togliere con la mano destra il velo a una donna che rappresenta la Natura, mentre con la sinistra si appoggia al volume dell’Arte offertogli da un Genio.

Ai lati del pittore stanno le Arti Sorelle. Tra le colonne, la Pittura e la Grafica gli sono più vicine, esse ostentano con orgoglio i pennelli dell’artista e una corona d’alloro. Un po’ più lontane

578 AABAVe, Monumenti Pubblici, b.51, Monumento a Tiziano decretato da S. M. Ferdinando I, f. 1839, Protocollo N°

783, Venezia 17 settembre 1839..

579 Cfr. ZYGMUNT WAZBINSKI, Tiziano Vecellio e la “Tragedia della sepoltura”, in Tiziano e Venezia, atti del

convegno, Università degli Studi di Venezia, Neri Pozza, 1980, p. 269.

l’Architettura e la Scultura simboleggiano le arti che permisero l’innalzamento del colosso monumentale. Entrambe rivolte al pittore gli offrono rispettosamente gli strumenti della loro arte.

Nel mezzo dello zoccolo due genietti sorreggono una ghirlanda d’ulivo e d’alloro, con al centro un’epigrafe che riporta i nomi del pittore, dell’Imperatore promotore dell’iniziativa e dell’anno di inaugurazione del monumento. Sulla cima troneggia il leone adriatico che stringe lo scudo della casa asburgica, simboleggiando la sua protezione sul monumento in onore di una delle più grandi glorie italiane.

Luigi Zandomeneghi scolpi personalmente la statua dell’Architettura, come aveva già fatto per il Monumento ad Antonio Canova e la statua simboleggiante il sedicesimo secolo, sua ultima opera. Con la collaborazione del figlio Pietro lavorò i geni alati che sorreggono la ghirlanda e a quest’ultimo toccò la maggior parte del lavoro: egli si occupò del gruppo centrale con la figura di Tiziano, delle figure della Pittura, della Grafica e del Secolo XIX. Al secondogenito Andrea il padre fece scolpire il Leone, la statua della Scultura e i cinque bassorilievi rappresentanti i dipinti di Tiziano581. Allo scalpellino Giacomo Spiera furono affidati tutti gli ornati.

Quando, nel gennaio 1849, l’Accademia di Belle Arti di Venezia nominò una Commissione Straordinaria composta dai professori Francesco Lazzari, Ludovico Lipparini, Michelangelo Grigoletti, Antonio Bosa, Giuseppe Salvadori e Luigi Ferrari per verificare lo stato di avanzamento dei lavori del Monumento, i membri

“si recarono ad ispezionare le opere medesime, le quali per la maggior parte esistono nello studio dello Scultore, e quelle che non meno si trovano nella profanata chiesa di S.ta Margherita, ove esiste tuttora il modello generale del Monumento; palesando dappoi all’altra chiesa dei Frari per vedere gli oggetti ultimati dallo stesso monumento, e finalmente al laboratorio dello scalpellino Spiera esecutore della parte architettonica”582.

Gli Zandomenghi erano a buon punto e finalmente si stava portando a compimento il Monumento che verrà inaugurato il 17 agosto 1852.

Come ha ben spiegato Wazbinski nel suo saggio dedicato al Monumento, Zandomeneghi diede questo significato all’opera: Tiziano è rappresentato accanto alla Natura, la quale sta ad indicare che nessuno meglio di lui ne seppe esplorare i misteri ed interpretare la suprema bellezza con uno studio attento e ciò spiega il genio che gli sta accanto. Tra le Arti spicca la Pittura che da lui fu la più amata e colei che lo accompagnò per mano all’apoteosi del suo mestiere e ciò spiega l’arco trionfale dedicato agli imperatori. Simbolico è anche il senso dei tre bassorilievi di S. Pietro Martire, dell’Assunta e del Martirio di S. Lorenzo, che significano il percorso artistico del pittore,

581 AABAVe, Atti, 1826, b. 26, c. Certificato delle opere di Andrea Zandomeneghi.

dai suoi esordi al suo tramonto, passando per il culmine. Non manca il pensiero religioso che è espresso nei due bassorilievi posti ai lati dell’arco, che può anche essere visto come la volta celeste che corona l’Assunta e verso la quale ella si dirige. Anche l’elemento storico non è trascurato da Luigi rappresentanto dalle due statue dei secoli XVI e XIX. La prima significa il trionfo dell’arte di Tiziano presso la corte spagnola di Carlo V, mentre la seconda significa il proprio trionfo grazie alla benevolenza di Ferdinando I.

Nove anni, contro i sette previsti dal contratto vennero impiegati per la realizzazione dell’imponente monumento. Causa del ritardo furono i numerosi inconvenienti che vi posero ostacolo, primo tra tutti la dolorosa scomparsa di Luigi Zandomeneghi, che all’inizio del 1847 fu colpito di apoplessia: la malattia non gli permise più di reggere lo scalpello e lo condusse a morte il 15 maggio 1850. Altro motivo di rallentamento fu il triplice cambio di governo durante i quattordici anni che intercorsero tra la data del decreto di Ferdinando I per la costruzione (1838) e la data di inaugurazione sotto Francesco Giuseppe I (17 agosto 1852).

Fattori politici sembrarono farla da padroni sull’andamento dei lavori per il cenotafio, che divenne motivo non solo per celebrare il grande pittore, ma anche colui che ne aveva voluto l’edificazione, nonché per presentare Venezia come una propaggine dell’Austria. È facile immaginare le forzature concettuali a cui furono continuamente sottoposti Luigi e Pietro Zandomeneghi.

2.6. Il Progetto per il Monumento a Marco Polo

Il IX Congresso degli Scienziati italiani e il progetto di commemorazione di

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