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Come vedremo nel capitolo dedicato ai rapporti con Paride Zaiotti, Ferrari tra il 1839 e il 1843 visse un periodo di grande favore e di fortuna critica.

L’amico letterato tedesco Stieglitz, che aveva fortemente sostenuto l’artista dedicandogli numerosi articoli sul periodico triestino La Favilla e procurandogli, assieme ad altri amici, commissioni nei territori dell’Impero, nel 1843 Stieglitz volle indurre Ferrari a realizzare per Venezia il Laocoonte finalmente in proporzioni colossali in marmo.

Assieme al conte Stefano Medin, il letterato tedesco aveva progettato di formare una Società per azioni di cento lire l’una per raccogliere il denaro necessario a tradurre in marmo il modello colossale del Laocoonte, da donare alla municipalità veneziana per l’abbellimento di una piazza.

Possiamo ricostruire i fatti da una lettera di Stieglitz agli Zaiotti:

“Eccovi ancora una notizia che vi rallegrerà assai: Adesso credo di poter garantire per l’esecuzione del Laocoonte. Ho parlato questa sera con il podestà Correr. Lo trovai al caffè Florian col conte Morosini (un giovine che visitò meco lo studio del Ferrari ed ammirò da intelligente le di lui opere) e con alcune altre persone di sangue blu. Mi avvicinai al Correr che aveva conosciuto appena in Recoaro e gli dissi che avendo

475 Giuseppe Sacchi (Pavia, 1804 - 1891).

476 GIUSEPPE SACCHI, Il Nuovo Laocoonte. Gruppo colossale di L. Ferrari, in “Cosmorama Pittorico”, III, 1837, n. 20,

p. 154. Come è già stato evidenziato il paragone tra la figura di Laocoonte e Ugolino venne spontaneo a molti critici dell’epoca: non è un caso che il gruppo di Ferrari sia uno dei modelli della progettata scultura di Torquato Della Torre

Ugolino con i filgli (fig. 36), cfr. CHIARA MARIN, La citazione come palestra critica: Luigi Ferrari e il moderno

Laocoonte, relazione presentata al Convegno padovano Citazioni, modelli e tipologie nella produzione dell'opera d'arte, 29-30 maggio 2008, c.d.s.

sentito a parlar per la città del suo lodevolissimo progetto di regalare a Venezia una distinta opera artistica, lo pregava di mettere il suo nome fra gli azionisti: perché Venezia, io aggiunsi, mi è divenuta si cara che io prendo la più viva parte a quello che la riguarda. Egli si mostrò un poco confuso parlò del conte Medin e cercò di sfuggirsi con un certo conto alla barcajuola. Ma io lo ajutai a trarsi dall’imbroglio, e risposi al Morosini che dimandava informazioni su questa faccenda, che il Podestà insieme al conte Medin avea formato il progetto di far eseguire il Laocoonte del Ferrari nella grandezza immaginata dall’artista, che essi volevano unire un numero di azionisti i quali contribuendo cento L. Austriache per amore dell’arte facessero poi un nobile dono alla città. Il Morosini pregò subito di essere annoverato tra questi azionisti, e due altri ivi presenti seguirno immediatamente il suo esempio. Allora il mio Correr fece un viso più amichevole, prese coraggio e mi dimandò come si potrebbe dare avviamento all’impresa. Con un programma io gli risposi, che inviti tutti gli amici delle arti, veneziani e stranieri, a far parte di questa bella impresa. Egli andò meco d’accordo e mi promise di farne scrivere subito uno e di darmelo prima di farlo stampare. Per parte mia gli promisi in contraccambio di cooperare con tutte le mie forze alla propagazione del programma, ed ecco! noi siamo giunti fin qui. Ebbi poi un bel fare, per difendermi dai complimenti che mi piovevano addosso da tutte le parti pel mio amore verso Venezia. Ed ora plus ultra. Che gliene pare? Non si scorge forse in queste parole la vera amicizia, l’amicizia operosa dello Stieglitz? Oh s’Ella lo sentisse allora oh quanto andrebbe liete e superba di aver trovato un simile amico”477.

Quasi un anno dopo, il 12 marzo 1844, venne stampato l’opuscolo divulgativo Progetto di

associazione per l’esecuzione in marmo di Carrara mediante sottoscrizioni volontarie del gruppo colossale del Laocoonte dello Scultore Luigi Ferrari478, nel quale si precisano i fini dell’Associazione, gli obblighi degli associati e del Ferrari e il contratto.

La somma necessaria per realizzare il marmo ammontava a 18.000 fiorini479, per cui si faceva ricerca di cinquecento sottoscrittori disposti a versare trentasei fiorini ciascuno. Promotori del progetto erano il conte Giovanni Correr480, Giacomo Treves dei Bonfili depositario e gestore delle somme versate dai sottoscrittori481, il conte Francesco Gualdo482 e il conte Stefano Medin.

477 Lettera pubblicata in ENRICO BROL, Paride Zaiotti a Trieste cit., p. 217.

478 Progetto di Associazione per l’esecuzione in marmo di Carrara mediante sottoscrizioni volontarie del gruppo

colossale del Laocoonte dello Scultore Luigi Ferrari, Venezia, Premiato Stabilimento di G. Antonelli, 1844.

479 Pari a Lire austriache 54000.

480 Giovanni Correr (Venzia, 1798-1871). Fu podestà di Venezia ininterrottamente dal 1838 al 1857, intimo amico di

Daniele Manin, fu podestà anche durante i diciasette mesi del governo rivoluzionario 1848-‘49. Fu grazie a Correr che nel 1830 la città fu dichiarata Porto Franco, favorendone la ripresa economica. Grazie a Correr venne ripristinata la tradizionale “Regata Storica” che dal 1841 fu commemorata annualmente. Cfr. Il Comune di Venezia e la rivoluzione

del 1848-49: i verbali delle sedute del Consiglio comunale, a cura di S. Barizza, Venezia, Arsenale, 1991.

481 Giacomo Treves De Bonfili (Venezia, 1788-1885). Più volte elogiato dalla pubblicistica locale per la sua generosa

disponibilità nel proteggere gli artisti, Treves può essere considerato come il principale cultore delle belle arti di cui possa gloriarsi la Venezia del suo tempo. “Mecenate delle arti, nel più nobile significato della parola, e cioè non per boria personale, ma per amore intenso dell’arte e degli artisti” (in In Memoria di Giamo Treves dei Bonfili, Venezia, Stab. Emporio, 1885, p. 46), Treves si prodiga nell’elargire doni ed incoraggiamenti, istituendo persino, nel 1839, un premio annuo destinato ai migliori allievi accademici nelle varie discipline. Nei cataloghi delle mostre il suo è il nome che ricorre più frequentemente tra quelli che indicano i committenti. A partire dal 1831, Giacomo Treves è infatti registrato in occasione di dodici rassegne, non sempre consecutive, dalle quali si evince la sua predilezione per la pittura, risultando eccezionali i lavori richiesti in campo scultoreo. Tale scelta non dev’essere tuttavia interpretata come un segno di un suo sacarso interesse nei confronti della scultura che riuslta al contrario particolarmente amata, come testimonia nel 1827 l’acquisto, dettato anche in parte dalla volontà di affermazione sociale, dei due colossi canoviani Ettore ed Ajace, per le quali viene realizzata in Palazzo Treves un’apposita stanza su disegno di Giuseppe Borsato, visitata nel 1838 dagli Imperatori d’Austria e dal Cancelliere Metternich.

Raggiunti i cinquecento sottoscrittori, Ferrari si sarebbe impegnato a recarsi di persona a Carrara per selezionare il blocco di marmo di seconda qualità e, dall’arrivo del blocco di marmo a Venezia, avrebbe disposto di tre anni di tempo per portare a compimento l’opera. L’artista si sarebbe inoltre assunto ogni spesa oltre al viaggio a Carrara, l’acquisto e il trasporto del marmo ecc.. Ferrari avrebbe dovuto realizzare anche cinque opere in marmo di prima qualità “due statuette, due bassi rilievi, un medaglione, e ciascuna di soggetto grazioso, decente”. Queste cinque opere si sarebbero dovute offrire ad estrazione ai contribuenti della sottoscrizione.

Come sappiamo la sottoscrizione non non andandò in porto non avendo raggiunto il numero sufficiente di associati. Ferrari portò quindi a termine soltanto la versione in marmo in dimensioni ridotte per Brescia.

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