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1837 L'esposizione all'Accademia di Belle Arti di Brera

Ferrari dovette aspettare quattro anni prima di vedere il suo Laocoonte esposto ad una importante rassegna pubblica. Scrive infatti al pittore Giovanni Servi:

“Alcuni miei amici uniti ad altre persone ben disposte nel giovarmi, stabilirono che il mio gruppo del Laocoonte in difesa dei figli modellato due anni or sono, facesse in quest’anno parte dell’esposizione di Belle Arti in Milano; e poiché nulla avesse per mia parte ostare al loro proposto, s’unirono essi nel sostenere le spese a tal fine necessarie. Tocco dalla riconoscenza la più viva accettai di buon grado quest’amichevole offerta, quantunque non fosse egli mai stato mio pensiero né desiderio di mandare a Milano un gruppo eseguito in gesso, puramente per mio studio, estimando che il sagrifizio della mia volontà per questo lato, fosse sempre minore alle premurose istanze e prestazioni degli Amici”448.

Defendente Sacchi nell’articolo dedicato al Lacoonte di Ferrari esposto all’Accademia di Belle Arti di Brera scrive: “[…] egli aveva un ardente desiderio di porlo alla nostra esposizione, ma a quel desiderio non rispondevano i mezzi: vi fu chi lo interpretò, e apertasi una soscrizione per mezzo di azionisti, si ebbe in pochi dì onde mandare il gruppo a Milano. Non taccio queste circostanze, e perché tornano a lode del giovane e modesto artista”449.

445 Ibidem.

446 ASBr, Archivio Avogadro Del Giglio – Tosio, b. 54, Lettera di Luigi Ferrari a Giovanni Servi, Venezia 27 Aprile

1837.

447 Giovanni Servi (Venezia, 1799 – 1885) pittore e amico di Ferrari, avevano studiato negli stessi anni in Accademia. 448 ASBr, Archivio Avogadro Del Giglio – Tosio, b. 54, Lettera di Luigi Ferrari a Giovanni Servi, Venezia 27 Aprile

1837.

449 DEFENDENTE SACCHI, Pubblica mostra delle belle arti nelle sale di Brera in Milano, in “Gazzetta Privilegiata di

Non sappiamo chi aveva aderito a questa sottoscrizione di cui ci parla anche Ferrari in una lettera indirizzata all’amico e professore di prospettiva Tranquillo Orsi di Venezia:

“Al mio giungere costì, ritrovai persone tutte intente a dare solidità al progetto, di già formato sino dal principiare dell’esposizione, di unire una società di azionisti pel esecuzione in grande del gruppo il quale doveva essere dedicato a S.M.. Un tal progetto bello per se stesso e soddisfacente avrà forse a provare degli ostacoli e non pochi […]”450.

Le preoccupazioni manifestate da Ferrari nei riguardi di quell’iniziativa si riveleranno fondate e il progetto naufragò per essere riproposto alcuni anni dopo. Ma sappiamo per certo che fu Orsi ad occuparsi del trasferimento a Milano dell’opera, sempre a seguito di una missiva di Ferrari: “mi è caro lo scriverle, e prima di tutto rinnovarle i sentimenti della più viva gratitudine verso Lei sì come quegli che primo progettava ed a buon fine conduceva l’esposizione del Gruppo”451.

Diversamente dalle precedenti mostre a Brera che si svolgevano in estate, nel 1837 si decise di anticipare l’esposizione in primavera, nella speranza che, in tempi sfalsati rispetto ad altre accademie, si riuscisse ad avere un maggior numero di partecipanti e un maggior numero di opere in esposizione. Gli artisti di tutta la penisola avrebbero così potuto esporre in anteprima ed in esclusiva le loro opere.

Anche Luigi Ferrari, con l’aiuto di alcuni cittadini veneziani e di Tranquillo Orsi, potè allora spedire, dopo un’attesa di quattro anni, il suo colossale gesso del Laocconte a Milano. Al momento dell’invio delle casse per Milano un’afflizione familiare venne a sconvolgere i piani di Ferrari:

“mi veggo tolta ogni possibilità di farlo attesa una grave malattia di petto che assalse mio Padre, immergendo noi nella massima afflizione, e mi trovo quindi nella necessità di mandare in mia vece l’esibitore della presente, Francesco Zaninovich nostro giovane di Studio il quale scassare, unire, e collocare il gruppo in quel posto che gli sarà destinato”452.

Sfortunatamente il gruppo

“giunse in gran parte guasto per l’acqua che lo ha tocco e che lo ha in molte parti annerito. E qui cade in acconcio tributare una frase di encomio al bravo scultore Innocenzo Fraccaroli, che, più che se quell’opera fosse sua, adoperassi a tutt’uomo per riparare ai guasti di così splendida opera del suo amico Ferrari, e vi riescirà in modo da far sì che i danni risultino men ch’è possibile a scapito di quel lavoro: nobile e

450 ADTs, Fondo Zaiotti, b. da Ci a F, f. Luigi Ferrari scultore, Lettera indirizzata da Luigi Ferrari a Tranquillo Orsi,

Milano 14 Giugno 1837.

451 Ibidem.

452 ASBr, Archivio Avogadro Del Giglio – Tosio, b. 54, Lettera di Luigi Ferrari a Giovanni Servi, Venezia 27 Aprile

disinteressato abbandono, che prova nel Fraccaroli animo gentile e vero amore dell’arte, schivo di bassa invidia”453.

Ed è forse per accertarsi personalmente dello stato del suo gesso, che Ferrari qualche tempo dopo si recò a Milano. A otto anni di distanza, dopo l’insuccesso di Dedalo e Icaro nel “grande concorso di scultura” che vide vincitore l’amico e compagno di studi Fraccaroli, egli tornò nella città meneghina da trionfatore. L’andata a Milano gli fruttò numerose commissioni, prima fra tutte quella del conte Pietro Tosio per il Laocoonte “di eseguirlo in marmo alla grandezza del vero”454.

Alla stessa mostra conobbe la contessa Maffei di Brescia che gli commissionò “un gruppo di grandezza al vero esprimente Adamo ed Eva […]. Oltre al gruppo mi ha data la commissione di un genietto che ricordi un suo nipote”455.

Un’altra commissione importante fu quella della Malinconia: “Il C. Ambrogio Uboldo amatissimo delle arti belle, jeri mi diede positivamente la commissione di una statua rappresentante la melanconia secondo un modellino che feci, della grandezza al vero da collocarsi nella stanza ove resta il quadro di Hayez la Bersabea, ed una tale commissione mi è carissima oltre ogni dire”456.

L’esposizione del Laocoonte a Milano rese Luigi Ferrari finalmente famoso, facendo annoverare il suo nome tra quelli dei migliori artisti italiani e vero orgoglio di una grande arte ancora “italiana”457. Non ci fu allora periodico che non scrivesse, se non un articolo intero, almeno qualche riga sulla scultura del veneziano.

Venezia 1838. Tre capolavori a confronto Laocoonte – Malinconia –

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