Come già detto102, con la morte di Canova nel 1822 ebbe inizio la sua sfortuna critica, che però non sembra riguardare l’ambiente Veneto103. Lo testimoniano i numerosi articoli apparsi sul “Cosmorama pittorico” tra il 1835 e il 1843104, sul “Il Vaglio” tra il 1845 e 1853105, sull’
99 Ivi., p. 9.
100 POD, Registri, Registro mastro n. 49, 1825-1836, 1830 giugno 18.
101 Si veda in proposito ENRICO NOÈ, Gessi canoviani restaurati alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in “Bollettino
d’arte”, n. 101-102, anno LXXXII, serie VI, luglio-dicembre, 1997, p. 108 e nota 9.
102 FERNANDO MAZZOCCA, Fortuna sfortuna di Canova negli anni della Restaurazione, in Il primato della scultura:
fortuna dell’antico, fortuna di Canova, Atti della II Settimana di Studi Canoviani, Bassano del Grappa, Istituto di
Ricerca per gli Studi su Canova e il Neoclassicismo, 2004, pp. 309-324.
103 Se si escludono alcuni interventi di Pietro Selvatico che sembra abbiano fatto cambiare idea a Giovannibattista
Sartori Canova che inizialmente aveva pensato di destinare tutta la collezione canoviana, che ora si trova a Bassano del Grappa, all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
104 Si vedano rispettivamente gli articoli qui di seguito, tutti gli articoli sono corredati da incisione al tratto che illustra
“Illustrazione italiana” tra il 1874 e il 1875106, fino al discorso letto da Antonio dall’Acqua Giusti in Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1876 Icaro e Dedalo gruppo del Canova107.
Quando nel 1839 Bartolomeo Ferrari decide di regalare il secondo gesso di sua proprietà, rappresentante la Pietà di Canova, agli Asili di Carità di Venezia per una raccolta fondi a loro favore, si fece avanti il cancelliere Klemens Von Metternich offrendo di comprare l’opera per l’Accademia di Belle Arti di Vienna, a patto che il gesso fosse una copia originale tratta direttamente dal gesso della Pietà di Canova, (che a quella data si trovava già esposto in Gipsoteca a Possagno), e non una copia da copia.
Com’è stato recentemente messo in luce da Ingeborg Schemper Sparholz in alcune ricerche riguardo alla figura di Metternich collezionista108, a partire dal 1815 il cancelliere iniziò ad interessarsi all’arte e a prendere i primi contatti con Canova. Da tempo gli storici dell’arte parlavano di una grandiosa collezione di sculture di Metternich. Questa ricca collezione è quella che si conserva ancora praticamente intatta nel castello di Kynžvart nella Repubblica Ceca. Tale collezione annovera i marmi di Amore e Psiche giacenti, Venere Italica e Ebe, tratti da opere di Canova, marmi di Thorvaldsen, Tenerani, Pampaloni, Marchesi, Gandolfi ecc.. É interessante sapere che Metternich a Venezia aveva acquistato una testa di Ecce Homo da Gaetano Ferrari109, fratello di Bartolomeo e che nello stesso 1838 diventò estimatore di Luigi Ferrari, figlio di Bartolomeo, del quale acquistò la statua dell’Immacolata concezione (cat. 2.27), un Busto di
Raffaello (cat. 2.26) e La Diligenza (cat.2.55)110.
Metternich insitette affinché gli Asili di Carità gli garantissero l’autenticità dell’opera per condurla il prima possibile a Vienna. Gli Asili chiesero parere all’Accademia di Belle Arti di Venezia, la quale convocò una riunione in Palazzo Ducale, dove la Pietà era esposta, per rispondere ad alcuni quesiti:
1836; Amore e Psiche di Canova, n. 43, 1836; Ebe di Canova, n. 1, 1837; Amore e Psiche di Canova, n. 9, 1837; Ninfa
giacente di Canova, n. 5, 1838; Ercole e Lica di Canova, n. 34, 1839; Angelo Emo, n. 39, 1839; Monumento di Canova a Possagno, n. 4, 1840; L’Istruzione bassorilievo di Antonio Canova, n. 48, 1843
105 Belle Arti – Il fanciullo artista (si parla di Canova e il leone di burro), sabato 25 maggio 1839; Le Grazie di Canova
cenni pubblicati in occasione delle nozze Ventura – Vivante, 15 giugno 1844; Pensieri di Canova sulla preferenza di un bel volto alle forme del corpo, 22 marzo 1845; Antonio Canova, trevigiano, 19 marzo 1853.
106 Teseo vincitore sul Centauro. Canova, 20 novembre 1874, n. 6, p. 48 con illustrazione; Possagno ai numeri 14, 15 e
17, 1875.
107 ANTONIO DALL'ACQUA GIUSTI, Icaro e Dedalo: Gruppo del Canova dono delle nobili Pisani collocato
nell'Accademia: discorso letto il dì 6 agosto 1876, Venezia, Visentini, 1877.
108 INGEBORG SCHEMPER SPARHOLZ, Faszination Carraramarmor. Die Skulpturensammlung des Staatskanzlers
Metternich, in “Parnass. Zeitschrift des Wiener Kunsthandels, 2, 2005, pp. 70-75, EAD., Il cancelliere Metternich e la
committenza di Canova, in Committenti, mecenati e collezionisti di Canova, 2, atti della VII Settimana di Studi
Canoviani, Bassano del Grappa, Istituto di Ricerca per gli Studi su Canova e il Neoclassicismo, 2009, pp. 7-43.
109 Si veda il capitolo 3.1.
110 CESARE PEROCCO, Del cavaliere e commendatore Luigi Ferrari professore di scultura nell’Accademia di Belle Arti
a. Se la copia offerta in acquisto all’Accademia di Vienna sia realmente tolta dall’originale modello di Canova, oppure sia da risultarsi come copia d’altra copia.
b. Se la medesima abbia tutta la perfezione ed esattezza di contorni assolutamente richiesta dalla […] Accademia
c. Se ed in quanto sieno da tenersi sufficienti le osservazioni contenute nel compiegato rapporto dell’Accademia di Vienna sulla quantità e qualità delle copie in gesso e bronzo che esistono del Gruppo in Discorso, e sul modo in cui vennero eseguite.
III. di proporre un equo prezzo pel gesso offerto dal Sig. Vice Delegato B.e Pascottini all’Accademia di Vienna111
Ciò che risulta interessante per noi è che in data 1839 si fa chiarezza sulle versioni originali della Pietà ossia:
1° Il modello originale in gesso eseguito da Canova medesimo, trovasi nel Museo di Monsignor Vescovo Canova
2° Il getto in bronzo fatto dal Signor Ferrari e collocato nella Chiesa di Possagno. 3° Una copia in gesso appartenente a codest’Accademia di Belle Arti.
4° Un’altra copia in gesso lasciata da Monsignor Vescovo Canova al Signor Ferrari e da questo ceduta agli asili di Carità, ch’è appunto quella attualmente offerta all’Accademia di Vienna.
A tutt’oggi le ricerche fatte presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna non hanno portato alcun risultato. Si deve quindi ritenere che l’opera non sia mai arrivata a Vienna e che la si possa invece riconoscere nel gesso attualmente conservato nella Chiesa Parrocchiale di Crespano del Grappa (fig. 6), città natale della madre dello scultore possagnese e di Giovanni Battista Sartori Canova.
1.4. La partecipazione all’Omaggio delle Provincie Venete
Negli anni 1817-1818 Leopoldo Ciocgnara, Presidente della Regia Accademia di Belle Arti di Venezia, mostrò grande preoccupazione per il totale disinteresse dimostrato dal governo austriaco nei confronti dell’arte e della cultura italiane. Al fine di recuperare all’arte italiana e più specificatamente veneta una committenza istituzionale che risollevasse l’economia depressa di Venezia, Cicognara si era fatto promotore, in occasione del quarto matrimonio dell’Imperatore Francesco I d’Asburgo con Carolina Augusta di Baviera, della richiesta di convertire il tributo di diecimila zecchini, dovuto dalle provincie venete alle casse imperiali, in commissioni per opere d’arte.
La richiesta fu accolta e tra gli artisti venne coinvolto anche Antonio Canova, a cui furono corrisposti 3000 zecchini per la statua rappresentante Polimnia (fig. 9). Senza ritornare sulla nota e complessa vicenda sucui esistono studi specifici112, qui cercheremo di delineare le vicende delle tre statue che coinvolsero direttamente Bartolomeo Ferrari, che alla volta del 1827 era l’artista che aveva realizzato più sculture per l’“Omaggio”.