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1829 il Grande Concorso di Scultura a Brera “Dedalo e Icaro”

Nel 1829 com’era prassi, l’Accademia di Belle Arti di Brera bandì il suo Grande Concorso di Scultura, il soggetto assegnato per quest’anno era “Dedalo che attacca le ali ad Icaro. Il gruppo sarà isolato in iscagliola ed alto tre piedi parigini compreso lo zoccolo, e supposta la figura ritta”414.

I Grandi Concorsi erano attivati annualmente e riguardavano solitamente un’opera di pittura, un’opera di scultura, un progetto architettonico, un progetto di ornato, una composizione disegnata su cartone e un’incisione. Lo Statuto415 prevedeva che i Concorsi di Prima Classe fossero aperti in tutte e tre le Accademie del Lombardo-Veneto: Milano, Venezia e Bologna e per lo Statuto del Governo Austriaco dovevano tenersi “alternativamente un anno a Milano ed un anno a Venezia”416. A Milano partirono dal 1805 mentre a Venezia si tenevano solamente quelli di Seconda Classe, riservati agli studenti iscritti all’Accademia. Questa scelta rendeva di fatto l’Accademia di Milano sede di prestigio, dove il governo investiva maggiori sovvenzioni e l’Accademia veneziana in ruolo di subordine.

Per Statuto i Concorsi di Prima Classe erano aperti non solo agli studenti dell’Accademia di Brera, ma anche agli stranieri. I soggetti venivano scelti ed assegnati da una commissione accademica, che forniva anche i riferimenti letterari specifici da cui trarre la scena, le dimensioni dell’opera o altre indicazioni tecniche. Le opere dovevano essere consegnate all’Accademia entro il mese di giugno, anonime e contrassegnate con un motto e corredate da una lettera in cui l’artista doveva esplicitare le sue intenzioni artistiche. Tutte le opere che concorrevano al premio venivano esposte al pubblico, prima e dopo la proclamazione del vincitore, durante la pubblica mostra che annualmente si teneva a Brera nei mesi di agosto e settembre. Questi Grandi Concorsi di Scultura, come quelli di Pittura e Figura, erano premi assai prestigiosi a livello internazionale.

Nel 1829 l’Accademia di Belle Arti di Venezia decise di far partecipare al Grande Concorso di Scultura due dei suoi migliori allievi, Innocenzo Fraccaroli417 e Luigi Ferrari. Entrambi si erano

414 Programmi pei Grandi Concorsi dell’anno 1829, in Atti della Cesarea Regia Accademia delle Belle Arti di Milano:

discorsi letti nella grande aula del Regio Cesareo Palazzo delle Scienze e delle Arti in Milano, Milano, Imperial Regia

stamperia, 1829, p. 28.

415 Statuto Napoleonico, in ELENA BASSI, La Regia Accademia cit., p. 184-185. 416 Statuto del Governo austriaco, in ELENA BASSI, La Regia Accademia cit., p. 205.

417 Per un profilo su Innocenzo Fraccaroli cfr. GIUSEPPE FRACCAROLI, Lo scultore Innocenzo Fraccaroli, Verona,

Münster, 1883; MONICA DE VINCENTI, Scultori veronesi del primo Ottocento, in L’Ottocento a Verona, a cura di S. Marinelli, Cinsello Balsamo, Silvana Editoriale, 2001, pp. 162-179 e FERNANDO MAZZOCCA, Canova e il

distinti a Venezia per aver ottenuto diversi premi nei Concorsi di Seconda Classe e per il loro maestro Luigi Zandomeneghi era giunta l’ora di mostrarsi a Brera.

Zandomeneghi stesso affermava: “Sono pure contento che i figli delle mie cure, come siete voi due, abbiano portato alla grande Accademia di Milano le loro opere, e sieno queste auspicate del compimento di que dotti Accademici”418. Ma se era fiero di entrambi i suoi allievi, il maestro non nascondeva la sua predilezione per Fraccaroli, ritenendolo il suo vero allievo, mentre Ferrari era da considerare allievo del padre Bartolomeo:

“fra questi figli voi siete il primogenito ed il tutto mio; e perciò se può giungermi dalla vostra gloria un raggio riflesso, ne andrò glorioso perché nessuno ardirà dividerlo con me, mentre quella luce che fosse per risplendere sul bravo Luigetto riconoscerebbe per facile sviluppatore in gran parte (anzi per la massima parte) il padre stesso. […] Via dunque, e senza riserve; se il vostro gruppo piace più di quello del Ferrari ditemelo subito”419.

Zandomeneghi dunque, oltre a prediligere Fraccaroli, vedeva in lui un degno figlio d’arte, tramite il quale avrebbe indirettamente trionfato nel confronto con l’amico, ma da sempre rivale Bartolomeo Ferrari.

Oltre all’importanza di partecipare al Grande Concorso, i due giovani scultori avevano l’occasione di conoscere Milano, città di grandi artisti e di importanti scultori dei quali potevano finalmente osservare direttamente le opere e ricavarne pieno insegnamento420:

“Scrivetemi pure qualche cosa delle belle opere del prof. Marchesi, qualche altra del Cav. Longhi, di Ayez [sic], di Palagi, Darif, eccc. Apprendete da essi che di cui io sono mancante, perfeziona la vostra cognizioni in quella città che novera cogli Artisti gl’uomini eccellenti, e che come è la madre loro, lo fu pur anco del grande Apiani. Ricordate a tutti il vostro professore onde di desiderio di visitarli nei loro studi e gabinetti, e che forse non è lontano dal dare a se stesso questa soddisfazione. Salutate Luigetto”421.

neoclassicismo: Bertel Thorvaldsen, Lorenzo Bartolini, Carlo Finelli, Pompeo Marchesi, Pietro Tenerani, Hiram Powers, Innocenzo Fraccaroli, Giovanni Maria Benzoni, Mialno, Il Sole 24 Ore, 2008, pp. 292, 307.

418 BCVr, Carteggio Fraccaroli, Zandomeneghi, b. 184.1-4, 7 luglio 1829. 419 BCVr, Carteggio Fraccaroli, Zandomeneghi, b. 184.1-4, 7 luglio 1829.

420 Sulla scultura milanese di quegli anni cfr. FERNANDO MAZZOCCA, La scultura, in Milano neoclassica, a cura di F.

Mazzocca, A. Morandotti, E. Colle, Milano, Longanesi e C. 2001, pp. 483 – 529. Mentre in specifico sulla scultura in Accademia cfr. Mostra dei maestri Brera (1776-1859), cat di mostra, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 1975, pp. 164-171 , 280-292; La città di Brera: due secoli di scultura, a cura di G. M. Accame, C. Cerritelli, M. Meneguzzo, Milano, Fabbri, 1995 e Le raccolte storiche dell’Accademia di Brera, a cura di G.Agosti e M. Ceriana, Firenze, Centro Di, 1997.

La Commissione di Scultura del 1829 era composta da Benedetto Cacciatori422, Gaetano Monti423, Pompeo Marchesi424 e Pietro Anderloni425. I quattro scultori si riunirono il 18 agosto 1829 per giudicare i cinque gruppi presentati al concorso:

N°1 = Omai convien che tu ti spoltre ecc. = La Commissione trovò che, a malgrado di qualche merito nella composizione, non soddisfa totalmente per la parte dell’esecuzione.

2° = Oh che impazienza! Ha un’ala ecc. = Lodò la vivacità del pensiero, ma la trovò più facile ad esprimersi in poesia, che ha rappresentarsi convenientemente coi sussidj di quest’arte. L’esecuzione, benché commendevole in molte parti, lascia in alcune altre non poco a desiderare.

3° = Temo che il mio ardire – Com’Icaro vad’a finire = Composizione più giudiziosa ed esecuzione più commendevole; disgustano però l’unione delle due braccia che si succedono nella parte posteriore, ed il braccio sinistro di dedalo alquanto forzato nella parte anteriore.

4° = Et ignotas fumarie accommodat alas = Superiore agli altri tre nell’espressione del soggetto, spontaneità di azioni, bel panneggiamento, intelligenza di forme e bella esecuzione; ma il gruppo non si presenta aggraziato sotto tutti gli aspetti.

5° = Si tam deserti sumus…Nec habet fortuna regressum etc. = Spontaneità di azioni, bene espresso il soggetto, ragionata l’attaccatura delle ali, squisita esecuzione, finezza d’imitazione della scelta natura, grazia sparsa ovunque e specialmente nella figura giovanile, tutto in fine fa sorpassare a qualche leggiera menda, e concorre a renderlo meritevolissimo del premio. Se ne trovò autore

Il signor Innocente Fracaroli, di Verona, domiciliato in Venezia ed alunno di quell’I.R. Accademia426.

Risultò vincitore Fraccaroli, si aggiudicò la medaglia d’oro del valore di sessanta zecchini avverando i desideri di Zandomeneghi. L’opera di Fraccaroli venne celebrata dai contemporanei per “esecuzione potente, squisitezza di forme, eleganza graziosissima di linee”427. Il gesso presentato a Milano nel 1829, è conservato in deposito presso la Galleria d’Arte Moderna di Milano. L’opera ebbe grande fortuna critica tanto da essere stata scolpita in marmo nel 1854, inviata nel 1855 all’Esposizione Universale di Parigi, acquistata da Massimiliano d’Asburgo nel 1858 (fig. 32) e realizzata in bronzo agli inizi del Novecento.

Dedalo, seduto su un masso, allaccia al braccio destro di Icaro, tramite dei nastri, un’ala fatta di penne d’uccello; il giovane è in piedi e volge il viso a controllare l’opera del padre. L’altra ala è a terra, dietro Icaro e sulla base è rappresentato un cespuglio fiorito. L’opera ancora pienamente

422 Cfr. GIORGIO ZANCHETTI, Benedetto Cacciatori: (1794 - 1871), Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2005. 423 Gaetano Monti (Ravenna, 1776 – Milano, 1847).

424 Pompeo Marchesi (Saltrio, 1783 – Milano, 1858). Cfr. OMAR CUCCINIELLO, La fortuna critica di Pompeo Marchesi

nell’Ottocento, tesi di laurea, relatore prof. Fernando Mazzocca, Università degli Studi di Milano, a.a. 2006-2007.

425 Pietro Anderloni (Brescia, 1785 – Milano, 1849). Per il documento Cfr. ASAB, TEA M V 13, Concorsi. Giudizi dal

1820 al 1832, Milano 18 Agosto 1829.

426 Estratto dei Giudizj delle Commissioni cit., in Atti della Cesarea Regia Accademia delle Belle Arti di Milano cit., p.

28.

427 GIUSEPPE ROVANI, Storia delle lettere e delle arti in Italia giusta le reciproche loro rispondenze ordinata nelle vite e

neoclassica, svetta per l’armonia delle forme, per l’accurata esecuzione e soprattutto per una straordinaria conoscenza del corpo umano428.

Nulla invece sappiamo sia del gesso inviato per la stessa occasione da Luigi Ferrari, sia dietro quale numero e quale motto si celasse la sua opera. Ferrari, tuttavia, non si demotivò e continuò le sue ricerche e i suoi studi.

La nomina a ‘Socio onorario’ dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.

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