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Il Canada: un esempio di evoluzione da un modello impositivo ad uno

Nel documento Le scelte di fine vita tra delitto e diritto (pagine 175-182)

3.2 Spunti di diritto comparato

3.2.2 Il Canada: un esempio di evoluzione da un modello impositivo ad uno

Se la Germania ha una disciplina codicistica a tratti conforme rispetto all’Italia, il Canada ci è similare per quanto riguarda l’assunzione di una decisione giudiziale che ha stravolto l’impianto normativo. È opportuno quindi delineare il contesto legislativo, per passare poi all’analisi delle importanti decisioni giudiziali di cui è stato protagonista. Prima del 2016 questo Stato poteva certamente essere inserito all’interno del modello

tendenzialmente impositivo di cui si è parlato sopra, dal momento che

veniva vietata la realizzazione di pratiche eutanasiche e di suicidio assistito (come in generale accade nei modelli tendenzialmente impositivi409), ma allo stesso tempo si riconosceva ai consociati il diritto di rifiutare le cure, quale corollario del diritto alla libertà e alla

sicurezza della persona. In questo senso, furono le corti canadesi a

sancire l’effettività del diritto attraverso l’esclusione della responsabilità penale del medico; non solo nell’ipotesi in cui egli avesse omesso di attivare un trattamento salvavita (su richiesta dell’avente diritto), ma anche se lo avesse interrotto o sospeso. Per quanto riguarda i divieti, invece, l’eutanasia attiva era ed è tuttora considerata reato, in particolare essa viene generalmente ricondotta al reato di omicidio o al reato di somministrazione di sostanze velenose ( art. 222, 224, 229, 235, 236, 245 codice penale canadese)410.

Un discorso a parte deve essere fatto per l’assistenza al suicidio, la quale rappresenta la grande novità degli ultimi anni, dal momento che le sono state aperte le porte della liceizzazione. È di essa infatti che la Corte Suprema Canadese si è dovuta occupare nei due casi famosissimi, il primo del ’93 (sentenza Rodriguez v. British Columbia) ed il secondo

409 Casonato C., Il fine-vita nel diritto comparato, fra imposizioni, libertà e fuzzy-set,

cit., p. 527

410 Polipo O., La legalizzazione del suicidio assistito in Canada: quando i poteri

174 del 2015 (Carter v. Canada). Ma procediamo con ordine: il suicidio assistito veniva incriminato dal codice penale canadese attraverso la previsione di due fattispecie, la prima vietava all’individuo di consentire la propria morte ed incriminava coloro i quali lo avessero aiutato a suicidarsi (sezione 14 codice penale411); la seconda stabiliva la punibilità

per chiunque avesse aiutato o istigato al suicidio il soggetto passivo, con la pena alla reclusione fino a 14 anni (sezione 241 codice penale412).

Questo impianto normativo venne considerato contrario alla “Carta canadese dei diritti e delle libertà” da parte di Sue Rodriguez413 (donna malata di SLA); ella richiedeva alla Corte Suprema Canadese la possibilità di essere agevolata nel suicidio dal medico. In particolare, si lamentava la violazione del diritto all’autonomia personale (sezione 7 della Carta); del divieto di discriminazione (sezione 15 della Carta, sulla base del quale ogni individuo è uguale di fronte alla legge, per cui ha diritto agli stessi benefici ed alla stessa protezione da parte dell’ordinamento; impedire ad una donna disabile di concretizzare le proprie volontà deve considerarsi discriminatorio); e del divieto di trattamenti disumani e degradanti (intesi come conseguenza del divieto di assistenza al suicidio dal momento che la si costringeva ad una condizione fisica di sofferenza). Sulla base di queste argomentazioni veniva richiesta la dichiarazione di incostituzionalità della normativa sul suicidio assistito, in aggiunta alla concessione di un rimedio per il caso concreto414. Sennonché, la Corte si espresse in senso negativo sancendo

la costituzionalità del reato; in particolare, nonostante venisse riconosciuto che l’incriminazione fosse interferente con la libera

411 Section 14: No person is entitled to consent to have death inflicted on him, and such

consent does not affect the criminal responsibility of any person by whom death may be inflicted on the person by whom consent is given

412 Section 241: Everyone who: (a) counsels a person to commit suicide, or (b) aids or

abets a person to commit suicide, whether suicide ensues or not, is guilty of an indictable offence and liable to imprisonment for a term not exceeding fourteen years.

413 Caso Rodriguez v. British Columbia del 1993

414 Polipo, La legalizzazione del suicidio assistito in Canada, cit., p. 7; Di Martino A.,

La Corte Suprema fa overruling e dichiara incostituzionale il reato di aiuto al suicidio,

175 autodeterminazione dei consociati (comprimendo il principio di autonomia personale della sezione 7 della Carta), venne sostenuta la legittimità del reato. Esso doveva ritenersi funzionale alla tutela dei soggetti più vulnerabili; costoro, infatti, sarebbero suscettibili di essere influenzati, o di subire pressioni per la concretizzazione della propria morte, se l’ordinamento non predisponesse un coerente apparato normativo di tutela415.

Nel 2015 la Corte è stata nuovamente chiamata ad esprimersi circa l’incostituzionalità della disciplina sull’assistenza al suicidio, determinando ciò che, a tutti gli effetti, è uno stravolgimento. Già il giudice di primo grado (il quale era stato adito per presunta violazione delle sezioni 7 e 15 della “Carta canadese dei diritti e delle libertà”) si era pronunciato in ordine all’incostituzionalità, accertando l’effettiva violazione da parte del divieto di assistenza al suicidio. Tuttavia, in appello tale decisione era stata ribaltata, ritenendo vincolante lo stare

decisis verticale, tale per cui si riteneva doveroso l’adeguamento a

quanto deciso nel precedente Rodriguez v. British Columbia416.

415 Analisi più dettagliata della pronuncia in Polipo, La legalizzazione del suicidio, cit.,

p. 7-10; Di Martino, La Corte Suprema, cit., p. 3-12. In particolare sono oggetto di analisi sia l’opinione della maggioranza redatta dal giudice Sopinka, che l’opinione della minoranza. Nella delineazione della motivazione che ha portato a rigettare la questione di costituzionalità, è stata fatta un’analisi comparatistica e normativa tra diversi stati, ed è stato rilevato che si tende ad incriminare condotte di assistenza al suicidio, lasciando al contrario, uno spazio di libertà per quanto attiene la cosiddetta “eutanasia passiva”. Viene altresì richiamato l’argomento della slippery slope quale deterrente per una depenalizzazione dell’aiuto al suicidio, dal momento che si teme che, eliminando il divieto di tale pratica, si potrebbe giungere a conseguenze gravi, terreno fertile di abusi. Per quanto riguarda i giudici dissenzienti, ricordiamo una delle tre argomentazioni: il Chief Justice Lamer ha basato le sue motivazioni sulla disposizione inerente al principio di uguaglianza, rilevando che il reato di assistenza al suicidio comportasse una discriminazione per coloro i quali siano impossibilitati a compiere il gesto in autonomia, perché disabili. In particolare è stato ritenuto che tale disparità non superasse il giudizio di proporzionalità tra diritto e limitazione ragionevole prescritta dalla legge, in virtù del fatto che il divieto fosse eccessivamente generalizzato, andando a colpire non solo gli individui vulnerabili, ma anche coloro che, capaci di decidere autonomamente e in coscienza, dovrebbe poter porre fine ad una vita per loro non più dignitosa.

416 Maggiori indicazioni in Stefanelli E., Importante overruling della Corte Suprema

Canadese: le disposizioni del codice penale che vietano il suicidio assistito sono incostituzionali, in Rivista Ianus, n. 11-2014, p. 175-176

176 La Corte Suprema Canadese ha invece sostenuto un orientamento opposto ribaltando la precedente decisione tramite l’overruling417: il

divieto di assistenza al suicidio, così come previsto dal codice penale canadese, è incostituzionale. Molto sottile è la prima motivazione fornita dalla Corte: essa ha ritenuto contrastante il divieto di assistenza al suicidio con il diritto alla vita. Una delle ricorrenti (Gloria Taylor), infatti, soffriva di SLA, e per ciò ella richiedeva di poter essere aiutata a morire da parte dello stato. Sennonché, essendo il Canada appartenente al modello impositivo, residuava per la donna la sola possibilità di “lasciarsi morire” tramite l’interruzione delle cure, una volta che ella fosse divenuta dipendente dai macchinari. In alternativa, la donna avrebbe potuto suicidarsi anticipatamente all’evolversi della malattia. Si percepiscono quindi le opzioni lasciatele: uccidersi fino a che è in grado di farlo, o rinunciare ad esercitare alcun controllo sulla propria modalità di morte418. È in questi termini che la Corte ha evidenziato una lesione del diritto alla vita, sostenendo che il divieto possa portare gli individui ad infliggersi la morte prematuramente, come “via di fuga” da successive ed intolleranti sofferenze da cui si teme di non poter più scappare. Tutto ciò deve essere considerato avendo riguardo al fatto che non sia costituzionalmente disciplinato un dovere di vivere; tale per cui è doveroso “fare i conti” con chi abbia intenzione di rinunciare all’esercizio del diritto alla vita. In secondo luogo inoltre, viene rilevato che il divieto di assistenza al suicidio comprima la libertà e la sicurezza della persona419, dal momento che vieta al soggetto di disporre del

417 Molto brevemente: l’overruling si è reso necessario sulla base degli sviluppi

attinenti al quadro normativo e alle circostanze di fatto ( condizioni che sono considerate necessarie dalla sent. Canada v. Bedford). In particolare è stato valutato che rispetto al precedente del ’93 la giurisprudenza si sia evoluta, portando all’ampliamento dell’art. 7; inoltre anche l’opinione pubblica ha mutato la sua posizione circa la materia in questione ( si fa riferimento ad alcuni stati occidentali i quali hanno adottato discipline in tema di fine vita). Stefanelli E., Importante

overruling, cit., p. 176 ; Di Martino A., La Corte Suprema, cit., p. 13-15

418 Casonato C., Fine vita: il diritto all’autodeterminazione, in Il Mulino, fasc. 4,

luglio-agosto 2017, p. 599-600

177 proprio corpo, e vieta di compiere scelte in autonomia, evidenziando, quindi, una lesione dell’autodeterminazione personale e della dignità. Per ultima, viene sollevata un’argomentazione la quale era già stata sostenuta da parte di uno dei giudici dissenzienti nella sentenza

Rodriguez v. British Columbia420, vale a dire l’eccessiva ampiezza della

fattispecie incriminatrice. Se infatti è vero (e lo è) che la norma si ponga a tutela dei soggetti vulnerabili, evitando che possano essere destinatari di abusi, è altresì sostenibile che la generalità con cui si presenta comporti l’applicazione anche nei confronti di soggetti non vulnerabili, limitando ingiustamente i loro diritti.

Altresì, a questo proposito non potrebbe trovare applicazione neanche la “clausola delle limitazioni”421; il divieto in questione, infatti, è

sproporzionato: lo stesso obiettivo di tutela dei soggetti vulnerabili, invero, potrebbe essere perseguito mediante strumenti alternativi (come viene dimostrato dall’esperienza di altri ordinamenti) che siano meno restrittivi, ma allo stesso tempo idonei.

Sulla base di queste argomentazioni, la Corte dichiarò la parziale incostituzionalità della disposizione sull’aiuto al suicidio, ritenendola viziata nella parte in cui non esclude dall’incriminazione le ipotesi di richiesta di morte proveniente da: un soggetto adulto, affetto da una patologia irreversibile che sia fonte di sofferenze profonde e ciononostante sia capace di discernimento. In ogni caso, la Corte canadese ritenne di dover sospendere la decisione per 12 mesi, nell’attesa che fosse il parlamento a legiferare, prevedendo un’adeguata ed equilibrata normativa.

Arrivati a questo punto, le strade dell’esperienza canadese e italiana si dividono, giungendo ad esiti differenti. Se infatti il nostro legislatore è rimasto inerte di fronte alla richiesta di attivazione proveniente dalla

420 Tale argomentazione era già stata sostenuta dal giudice Lamer, Di Martino, La

Corte Suprema, cit., p. 16

421 Art. 1, Carta Canadese dei diritti e delle libertà, prevede la possibilità di comprimere

178 Corte Costituzionale, il legislatore Canadese ha redatto una disciplina. Il 17 giugno 2016 è entrato in vigore il Medical Assistence in Dying

Atc422, il quale ha introdotto 4 nuove sezioni all’interno del c.p.

canadese, legalizzando, a certi presupposti, il suicidio assistito. Si tratta di una procedura che liceizza la condotta di medici e infermieri (e coloro che rispettino la normativa) prestanti assistenza medica nei confronti di pazienti aventi il diritto di terminare anticipatamente la propria vita. I requisiti richiesti sono: A) essere beneficiari del servizio sanitario canadese423; B) maggiorenni e nelle piene facoltà mentali; C) autodeterminazione spontanea; D) corretta informazione circa l’alternativa delle cure palliative e modalità di alleviamento del dolore; E) affetti da una malattia grave ed inguaribile. Viene precisato che con la “grievous and irremediable medical condition” del requisito sub E) si intende una malattia o disabilità seria e incurabile, la quale sia irreversibile e che causi sofferenze fisiche/psicologiche intollerabili. Non si circoscrive alle sole patologie fisiche, ma vengono prese in considerazione anche quelle psicologiche424; esse, comunque, devono avere il carattere della irreversibilità. È richiesto, inoltre, che la morte naturale dell’individuo sia divenuta ragionevolmente prevedibile, però, non avendo riguardo necessariamente ad una prognosi di vita, ma considerando la generalità della condizione medica.

Oltre ai presupposti richiesti, è stato strutturato un procedimento da dover rispettare per poter attuare la volontà del richiedente425; in

particolare esso è improntato ad assicurarsi che la decisione sia seria e concreta (ad esempio, viene ritenuto necessario che tra la prestazione del consenso e la realizzazione dell’evento-morte trascorrano non meno

422 Testo rinvenibile in www.biodiritto.org/Biolaw-pedia/Normativa/Canada

423 Tale requisito è stato previsto per evitare il fenomeno del “turismo” eutanasico,

Polipo, La legalizzazione del suicidio assistito in Canada, cit., p. 21

424 Polipo, La legalizzazione del suicidio assistito in Canada, cit., p. 17

425 È necessario che la domanda venga sottoscritta da testimoni imparziali il quali non

beneficerebbero della morte del paziente. È necessaria inoltre una successiva verificazione dell’esistenza dei requisiti da parte dei medici, i quali in caso affermativo, devono redigere parere favorevole.

179 di 10 giorni, in modo da permettere al soggetto di maturare eventuali ripensamenti).

Una disciplina sì fatta potrebbe essere un ottimo spunto per una regolamentazione italiana, in particolare è condivisibile la strutturazione in forma di procedura. Di fronte al rispetto delle indicazione di legge, infatti, si esclude la punibilità del soggetto agente; responsabilità che, tuttavia, riemerge nel momento in cui venga meno l’ottemperanza delle indicazioni della disciplina426. Altro elemento condivisibile con la

norma canadese è il riconoscimento dell’equiparazione tra soggetti i quali possono autonomamente darsi la morte, e coloro i quali, a causa di

deficit fisici, sono materialmente impossibilitati a farlo; tale per cui sarà

opportuno un aiuto attivo del personale sanitario. Il medico, infatti, dovrà direttamente iniettare la sostanza mortale al paziente427. In questo senso quindi, si rende lecito anche l’omicidio del consenziente, essendo appunto nelle mani del sanitario il dominio dell’azione che cagionerà l’evento-morte. Probabilmente il legislatore canadese, nel compiere una scelta in questo senso, ha rilevato l’inutile appiglio di voler incondizionatamente lasciare nelle mani del richiedente l’ultimo atto volto a cagionare la morte, preferendo sancire una completa eguaglianza tra gli individui, indipendentemente dalla tipologia di malattia da cui siano affetti.

426 Il testo di legge canadese, alla sezione 241.3 infatti precisa che, il mancato rispetto

dei requisiti indicati, è punibile con una pena detentiva non superiore a 5 anni, ecc. Si prescrive inoltre il reato di contraffazione di richiesta di assistenza medica a morire, così come la punibilità di colui il quale abbia distrutto documenti relativi alla richiesta di assistenza medica.

427 241.1 The following definitions apply in this section and in sections

241.2 to 241.4.

Medical assistance in dying means: (a) the administering by a medical practitioner or nurse practitioner of a substance to a person, at their request, that causes their death; or (b) the prescribing or providing by a medical practitioner or nurse practitioner of a substance to a person, at their request, so that they may self-administer the substance and in doing so cause their own death (aide médicale à mourir)

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Nel documento Le scelte di fine vita tra delitto e diritto (pagine 175-182)