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Una diversa interpretazione dell’articolo 580 c.p : il GIP chiede

Nel documento Le scelte di fine vita tra delitto e diritto (pagine 121-126)

2.2 La vicenda processuale

2.2.2 Una diversa interpretazione dell’articolo 580 c.p : il GIP chiede

Il Giudice per le Indagini Preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Milano negando la correttezza delle argomentazioni sulla base delle quali si è fondata295. Al di là della concordanza nell’inquadrare il fatto concreto all’interno della fattispecie di aiuto o istigazione al suicidio, il GIP ha inteso precisare che la condotta di Cappato non solo avesse agevolato materialmente il proposito suicidario, ma lo avesse altresì rafforzato. Vero è, che F. avesse già espresso il desiderio di morire anticipatamente alla presa dei contatti con l’indagato, ma tale volontà è stata da egli rafforzata avendogli prospettato la possibilità di recarsi in Svizzera presso la struttura della Dignitas, fornendo i contatti, predisponendo, in sostanza, effettive e concrete possibilità di realizzazione del suicidio, tali da far evolvere il proposito della “vittima”.

Quindi, inquadrata la condotta all’interno dell’articolo 580 c.p. sia come concorso psichico (rafforzamento) che materiale (agevolazione), il Giudice ha proseguito fornendo un’interpretazione della norma molto divergente rispetto a quella elaborata dalla Procura. Se infatti il PM296 ha inteso prendere le distanze dall’unica sentenza della Corte di Cassazione297 circa la norma in questione, il GIP, al contrario, ha

sostenuto l’interpretazione fornita da quella pronuncia aderendo ad una visione estesa dell’agevolazione in qualsiasi modo dell’esecuzione. In particolare, appurato che il termine agevolare si riferisca ad ogni condotta di terzi senza la quale il proposito di morte non si sarebbe concretizzato, deve essere definito precisamente il significato di

295 Trib. Milano, GIP, ord. N. 11095, 10 luglio 2017

296 I PM chiedevano al G.I.P. di leggere la prescrizione penalistica come se non ci fosse

l’inciso in qualsiasi modo, Alberti, Il reato di istigazione o aiuto al suicidio, cit., p. 5

120 esecuzione, in modo da contestualizzare nello spazio e nel tempo la condotta del soggetto agente. Se venisse sostenuta la tesi per cui l’agevolazione debba riferirsi esclusivamente alla condotta tenuta nella fase esecutiva, si toglierebbe rilevanza penale a condotte che hanno palesemente agevolato la concretizzazione del suicidio. Il GIP, in sostanza, ha analizzato la questione dal punto di vista del nesso di causa tra condotta e azione: la teoria condizionalistica298 richiede la rilevanza

penale delle condotte senza le quali l’evento non si sarebbe verificato; negare che l’accompagnamento in auto (cosi come le altre condotte) rientri all’interno della fattispecie astratta comporterebbe una violazione della causalità sopra detta, in quanto senza tale trasporto F. non sarebbe giunto alla clinica299. Oltre a ciò, un’interpretazione restrittiva

colliderebbe con la formulazione della norma, essendo lo stesso articolo elaborato in senso ampio (si incrimina l’agevolazione eseguita in

qualsiasi modo).

Per quanto riguarda la ricostruzione del diritto ad una morte dignitosa operata dalla Procura, il Giudice ritiene di dover dissentire: il PM, infatti, avrebbe ragionato in termini di bilanciamento tra diritti fondamentali, avendo come punto di riferimento la liceizzazione della cosiddetta “eutanasia passiva”, e su ciò avrebbe ricostruito il diritto ad una morte dignitosa.

In verità, ciò che viene chiamato “eutanasia passiva” altro non è che il diritto di rifiutare le cure, il quale ha un riconoscimento sia normativo che giurisprudenziale300; lo stesso riconoscimento, però, non potrebbe

298 Teoria dottrinale elaborata sulla base dell’art. 41, I c.p.. La teoria è predisposta alla

risoluzione delle problematiche che si possono palesare nell’ipotesi in cui vi siano diversi fattori causali rinvenibili nel caso concreto; ha lo scopo di sostenere quali siano le cause penalmente rilevanti e quindi fondanti del giudizio sul nesso di causalità. Per approfondimento, De Francesco G., Diritto Penale. I fondamenti, seconda edizione, Giappichelli, Torino, 2011, p. 224

299 Oltre a questa condotta il Gip prende in considerazione l’aver individuato la

struttura elvetica, l’aver “offerto” all’Antoniani di suicidarsi in alternativa alla strada italiana, l’aver fatto in modo che l’A. e la sua famiglia ricevessero informazioni, l’aver assistito alle procedure preparatorie del successivo suicidio, Trib. Milano, Gip, ord. n. 11095/17, 10 luglio 2017, p. 9

121 essere rinvenuto per la cosiddetta “eutanasia attiva”, giacché non sarebbe riscontrabile alcuna previsione normativa sulla cui base si possa fondare. Oltre a ciò, dovrebbe essere considerato che spetti al legislatore la formulazione di nuove leggi: ciò vale a dire che accettare che un diritto completamente inedito venga introdotto ad opera della giurisprudenza comporterebbe una violazione dei principi ordinamentali. In sostanza, ciò che il Giudice vuole affermare è che non potrebbe accettarsi l’ideazione di un diritto nuovo, con tanto di criteri soggettivi per la sua sussistenza301, senza che il parlamento abbia opportunamente disposto al riguardo.

Stante tutto ciò, dovrebbe comunque rilevarsi che il diritto ad una morte dignitosa contrasterebbe tanto con la Carta Costituzionale, quanto con le norme ordinare [579, 580 c.p., 5 c.c.], e non potrebbe essere ipotizzabile, altresì, una sollevazione della questione di costituzionalità volta a determinare se la norma violi o meno i parametri fondamentali302. A questo ultimo proposito, il magistrato ritiene che anche se venisse investita la Corte Cost., essa non potrebbe che pronunciarsi in ordine all’inammissibilità della questione prospettatagli; verrebbe, infatti, richiesta una sentenza additiva303, la quale non è suscettibile di essere pronunciata in situazioni che presentino pluralità di scelte normative possibili. In sostanza, le sentenze additive sono consentite nella misura in cui non debba essere effettuata alcuna decisione discrezionale (sono

301 La Procura aveva infatti previsto l’esistenza del diritto ad una morte dignitosa in

capo a soggetti che vivano vite percepite come indegne, inumane, troppo dolorose per essere sopportate. Proc. Rep. Milano ., p. 13

302 Si ricordi infatti, che la Procura aveva presentato una memoria di sollevazione della

questione di costituzionalità, per l’ipotesi in cui non fosse stata disposta l’archiviazione della notizia di reato, memoria presentata inoltre anche da parte della difesa.

303 Le sentenze additive sono declaratorie di incostituzionalità che colpiscono la

disposizione nella parte in cui non prevede un qualcosa, con conseguente aggiunta di quanto viene ritenuto assente. Per un approfondimento al riguardo si veda Zagrebelsky G., Marcenò V., Giustizia costituzionale II. Oggetti, procedimenti, decisioni, Il Mulino, Bologna, 2018, p. 231 ss.; Elia L., Le sentenze additive e la più recente

giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Scritti su la giustizia costituzionale. In onore di Vezio Crisafulli I, CEDAM, Padova, 1985, p. 302 ss.

122 ammissibili solo se l’oggetto della richiesta sia a “rime obbligate”304),

per cui il giudizio di legittimità deve rispondere ad una lacuna di disciplina da parte del legislatore; il contenuto normativo, quindi, deve essere imposto per la tutela di diritti costituzionalmente garantiti305. Nel

caso in esame, al contrario, le possibilità normative sarebbero molteplici, dal momento che si renderebbe necessaria una valutazione discrezionale che stabilisca se, e a quali condizioni, l’agevolazione al suicidio non rilevi penalmente.

Nonostante questa conclusione, il giudice si è comunque posto l’interrogativo se potesse sostenersi, nel merito, una fondatezza della questione di costituzionalità, ancorandola al rispetto del principio di autodeterminazione e dignità umana. A questo proposito, ha ritenuto che la centralità del bene della vita colliderebbe con una pratica di suicidio assistito, giacché essa determinerebbe la possibilità di richiedere la morte in virtù di una vita non più concepita dal suo titolare come dignitosa. A detta del magistrato, infatti, una simile conclusione comporterebbe la conseguenza di distinguere vite meritevole di essere

vissute, da esistenze non meritevoli, in aperto contrasto con gli artt. 579

e 580 c.p., i quali sono volti ad evitare la disposizione avventata o irrispettosa della propria vita.

A nulla valgono, inoltre, i richiami operati dal PM alla giurisprudenza della Corte Edu, dalla quale il GIP ritiene che non possa desumersi un diritto al suicidio assistito, quale declinazione della tutela della dignità

304 Riguardo alla problematicità delle sentenze additive si è discusso molto, in

particolare del rapporto tra tali sentenze rispetto alle competenze legislative. Al fine di riconoscere la legittimità delle sentenze additive, il noto costituzionalista Crisafulli ha affermato che la norma non venga abusivamente aggiunta nell’ordinamento per opera della Corte, ma al contrario, venga esplicitata attraverso un’attività di manipolazione della legge sottoposta al giudizio. In sostanza egli sostiene che anche a voler parlare di creazione di un nuovo diritto, lo si deve considerare come una legislazione a “rime obbligate”, dal momento che la Corte non inventa niente che non sia già presente nell’ordinamento. Critico al riguardo è Zagrebelsky il quale rileva come questo sia un estremo tentativo di giustificare una pratica difficilmente giustificabile. Zagrebelsky, Marcenò, Giustizia costituzionale, cit., p. 236

305 Corte Costituzionale, 23/04/1986, n.109, citata da GIP presso Trib. Milano, ord. n.

123 umana306. Gli artt. 2 e 8 CEDU, infatti, pur riconoscendo il diritto di disporre della propria vita, non determinano l’esistenza di un diritto a morire, giacché non è stata contestata la loro violazione a quei paesi hanno scelto di incriminare l’aiuto al suicidio. Inoltre, considerando il margine di apprezzamento che la Corte di Strasburgo307 ha inteso

lasciare agli stati membri del Consiglio d’Europa, deve sostenersi che non potrebbe mai essere censurabile una legislazione che conservi un totale divieto alle pratiche eutanasiche308.

Altresì, non potrebbe rinvenirsi una violazione del principio di uguaglianza nella presunta distinzione tra coloro che possono rifiutare le cure e conseguentemente morire, e coloro che necessiterebbero di un intervento attivo volto a cagionare la morte; l’Italia, infatti, non riconosce un diritto al suicidio, l’evento-morte conseguente al rifiuto di cure è semplicemente una conseguenza accidentale dell’art. 32, II comma, Cost., e non è l’oggetto del diritto. Nessun soggetto, quindi, potrebbe invocare l’aiuto statale per la cessazione della propria vita; da ciò ne deriva che non potrebbe rinvenirsi alcuna disparità di trattamento tra le situazioni sopra richiamate.

Nell’analizzare le varie argomentazioni a sostegno della questione di costituzionalità, il GIP non ha fatto alcuna menzione alla presunta inoffensività della condotta di agevolazione di Cappato sostenuta dalla Procura, sulla base della quale, infatti, condotte di aiuto di questo tipo dovrebbero esulare dall’ambito di applicazione della norma perché non offensive del bene giuridico tutelato. Il motivo di questo mancato richiamo potrebbe attenere al fatto che il Giudice abbia inteso sostenere un’interpretazione originalista dell’art. 580 c.p., quindi come posto a tutela dell’assoluta indisponibilità del bene vita. Secondo un’ottica di

306 Nel testo dell’ordinanza si legge un espresso richiamo ai casi Pretty c. Regno unito

(29 aprile 2002), Haas c Svizzera (20 gennaio 2011), Koch c. Germania (19 luglio 2012) e Gross c. Svizzera (14 maggio 2014).

307 Come sostenuto nel caso precedentemente analizzato Gross. c. Svizzera 308 Supra, cap. 1, par. 1.3

124 questo tipo, infatti, un aiuto al suicidio non è mai lecito e merita sempre di essere incriminato309.

In conclusione, quindi, il GIP ha disposto l’imputazione coatta dell’indagato, ritenendo non sostenibile un’archiviazione della notizia di reato così come proposta dalla Procura di Milano. L’art. 580 c.p. è posto a tutela del bene della vita e la condotta di Cappato deve considerarsi tipica rispetto alla fattispecie incriminatrice, non potendo, altresì, considerarsi esistente la causa di giustificazione impropria proposta dalla Procura, giacché non esiste alcun diritto al suicidio nell’ordinamento italiano.

2.2.3 La corte d’Assise di Milano solleva la questione di

Nel documento Le scelte di fine vita tra delitto e diritto (pagine 121-126)