• Non ci sono risultati.

Doveri del sanitario e obiezione di coscienza

1.6 La mancata disciplina del fine vita nella legge 219 del 2017

1.6.2 Doveri del sanitario e obiezione di coscienza

L’articolo 1, dopo aver effettuato una disamina dei diritti riconosciuti al soggetto, analizza gli obblighi nascenti in capo al medico, affermando la necessarietà del rispetto delle volontà espresse dal paziente, con conseguente esclusione di qualsiasi responsabilità civile o penale. Questa previsione era di fondamentale importanza al fine di garantire un operato dei medici libero da timori, predisponendo maggiormente le

230 Cupelli C., I diritti dei pazienti e i doveri del medico nelle “scelte di fine vita”, in

intervento al convegno “I diritti di fine vita” svoltasi presso l’auditorium della Cassa dei Risparmi di Forlì, giugno 2009, p. 7; D’Avack L., Il rifiuto delle cure del paziente

in stato di incoscienza, in Il Governo del Corpo, a cura di AA. VV, Giuffrè editore,

Milano, 2011, p. 1930; Fiandaca G., Il diritto di morire tra paternalismo e liberalismo

89 condizioni per un dialogo aperto con il paziente231. Bilanciato all’obbligo del medico di eseguire le volontà del malato, sussiste un dovere per quest’ultimo di non esigere trattamenti sanitari che siano contrari a norme di legge, deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali, precisando che di fronte a tali richieste, il sanitario non sia tenuto ad eseguirle232. Questa previsione tutela

l’autonomia professionale del medico; egli non deve essere costretto a rispettare incondizionatamente ogni richiesta che gli venga effettuata, divenendo un mero strumento nelle mani del paziente; si salvaguarda il legittimo spazio di libertà nella sfera del sanitario, come contrappeso al consenso informato espresso dal malato233. Il legislatore ha voluto

inoltre sancire un «discrimine tra ciò che è lecito e anzi dovuto - il

rispetto del rifiuto di trattamenti sanitari, anche salvavita - e ciò che

non lo è - eutanasia attiva e aiuto al suicidio, ma anche accanimento

terapeutico»234; il paziente può richiedere trattamenti sanitari nel limite del rispetto di legge, la quale continua ad incriminare condotte di tipo eutanasico.

231 Un medico che tema di integrare fattispecie di reato quali il 579 c.p., 580 c.p., 40

c.p., ecc. non sarà propenso ad informare adeguatamente il paziente circa tutte le possibilità, ma tenderà a rifiutare di porre in essere condotte che possano metterlo a rischio. Questa previsione combinata con la statuizione secondo cui possano essere rifiutati anche trattamenti sanitari salvavita già iniziati, ha eliminato il rischio che i pazienti scegliessero di non dare inizio a cure per il timore di non poterle più interrompere, non trovando medici “coraggiosi” disposti ad assumersi il rischio. Di questa opinione Canestrari, Consenso informato e disposizioni anticipate di

trattamento: una “buona legge buona”, cit., p. 303

232Gristina G. R., Considerazioni in merito ai commi 5, 6 e 7 dell’articolo 1 della legge

sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento, in Rivista di BioDiritto, n. 1/2018, p. 28, l’autore solleva il dubbio se questa previsione, letta in

un’ottica “pro-life” possa condurre a ritenere che non siano realizzabili pratiche di interruzione o non avvio di trattamenti medici, dai quali consegua l’evento-morte, supponendosi un contrasto con le norme di legge e con il codice di deontologia medica (articolo 17: il medico non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocare la morte).

233 Casonato C., Taking rights seriosly: la pianificazione delle cure come paradigma

di tutela di persone malate, in Rivista Italiana di Medicina Legale (e del Diritto in campo sanitario), fasc.3, 1 giugno 2018, 947; Paris D., Legge sul consenso informato e sulle DAT: è consentita l’obiezione di coscienza del medico?, in Rivista di BioDiritto,

n. 1/2018, 32

234 Tripodina C., Tentammo un giorno di trovare un modus morendi che non fosse il

suicidio né la sopravvivenza. Note a margine della legge italiana sul fine vita (n. 219/2017), in Quad. Cost. 1/2018, p. 2

90 In dottrina235, si è posto l’interrogativo se tale previsione potesse essere il fondamento dell’obiezione di coscienza esprimibile dal medico, dato che la legge 219 non disciplina tale fattispecie. Potrebbe infatti sostenersi che il secondo periodo del comma 6, articolo 1, nel prescrivere la non obbligatorietà all’esecuzione di trattamenti sanitari contrari alla deontologia professionale, si riferisca all’articolo 22 del codice di deontologia medica, il quale dispone che «il medico può

rifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza, convincimenti tecnico-scientifici, a meno che il rifiuto non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione». In realtà questa lettura non è condivisibile236, in quanto il comma 6 si riferisce alla tutela dell’autonomia professionale e, quindi, al diritto/dovere di non eseguire una prestazione sulla base di criteri oggettivi dell’arte medica (come sopra evidenziato), per questo, non può ritenersi che esso faccia riferimento alle proprie convinzioni morali; sulle quali, invece, si basa l’esercizio dell’obiezione di coscienza. Oltre a ciò, sarebbe irragionevole che il legislatore rinviasse al Codice deontologico al fine di permettere ai sanitari di decidere se e in che modo attuare una legge, sulla base della conformità delle richieste presentate dai malati alla propria coscienza. Se infatti ciò venisse previsto, si realizzerebbe uno stravolgimento della gerarchia delle fonti, dal momento che la regola prevista dall’art. 1, VI comma verrebbe ad essere limitata dalle previsioni del codice deontologico (l’art. 22 per l’appunto), mentre, in realtà, è la legge a dover definire la validità e l’efficacia di esse. Alla luce di queste considerazioni può essere affermato che la legge 219 non prevede l’obiezione di coscienza.

235 Ibidem, Paris, p. 33

236 Masoni R., Rifiuto di trattamento medico e le scelte di fine vita nella l’219/17:

l’ultima tappa di un lungo percorso, in Dir. fam. e delle pers., fasc. 3, 2018, p. 1156; Ibidem, Paris, 33

91 Una parte della dottrina237, al contrario, prima che la legge venisse redatta (quindi in un’ottica de iure condendo) riteneva necessaria la regolamentazione dell’obiezione di coscienza per il medico, di fronte al rifiuto di trattamenti sanitari salvavita espresso del paziente. Si riteneva, infatti, che stante il diritto costituzionalmente garantito di rifiutare trattamenti sanitari, il medico non potesse essere obbligato alla concretizzazione delle volontà del malato, se esse si fossero rivelate in contrasto con i suoi convincimenti etici e deontologici. In effetti, pare ipotizzabile un simile scenario: supponiamo che un sanitario si rifiuti di eseguire il distacco di cure salvavita del paziente, assumendo che ciò sia in contrasto con la sua coscienza, e che tale diritto di obiezione sia sussumibile sulla base del VI comma dell’art. 1 della legge 219 (interpretato quindi in senso estensivo). Il giudice penale, il quale si trovasse a dover giudicare circa la condotta del sanitario, potrebbe ritenere opportuna la sollevazione di una questione di costituzionalità della legge238, nella parte in cui non prevede l’obiezione di coscienza, per violazione della libertà di coscienza fondata sugli artt. 2, 3, 19 e 21, I comma, Cost. Ciò può ritenersi prospettabile, dal momento che ogni individuo è suscettibile di assumere posizioni differenti rispetto alla possibilità di interrompere trattamenti salvifici; posizioni le quali risentono più o meno marcatamente della personale etica, moralità o religione. Basti pensare alla vastità del dibattito circa la disponibilità o meno del proprio corpo, se ad esempio si assumesse un punto di vista religiosamente fondato (per il quale il bene vita non è disponibile) si potrebbe ritenere contrastante con i propri principi il dovere di interrompere un trattamento sanitario salvavita.

237 Canestrari, Le diverse tipologie di eutanasia, cit, p. 764; Seminara S., Riflessioni in

tema di suicidio, cit., p. 696; D’Avack, Il rifiuto di cure del paziente, cit., p. 1932

238 D’Avack L., Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di

trattamento: una analisi della recente legge approvata in senato, in Dir. della Fam. e delle pers., fasc. 1, 2018, p. 188; Paris, Legge sul consenso informato e sulle DAT, cit.,

92 Quanto sopra detto è, in ogni caso, una semplice ipotesi, la quale potrebbe non avere alcuna concretizzazione nella realtà; sarà infatti la prassi a determinare se, e in quale misura, si presenteranno fenomeni di obiezione di coscienza da parte di sanitari239.