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Il candidato è il messaggio

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 162-168)

6. Il voto in Toscana: un’eredità contesa o dilapidata?

8.3. Il candidato è il messaggio

Le elezioni amministrative, tuttavia, non possono essere ridotte a sem- plice riflesso di una partita di potere che si svolge su altri livelli. Una spiccata componente locale influenza sempre il comportamento di voto, portando tal- volta i cittadini a prescindere persino dalle loro preferenze politiche generali. Il sistema elettorale, infatti, interagendo con i profili e i programmi dei candi- dati permette all’elettore, ancor più che in altre tornate, di scegliere «la per- sona» piuttosto che optare per un «voto di appartenenza» (Pasquino e Parisi 1977).

A Roma questa tendenza è stata assecondata principalmente da due fat- tori innovativi. Il primo è la flessibilità dei partiti rispetto allo scopo. Al co- spetto di una diffidenza dilagante dell’elettorato nei loro confronti, hanno ac- cettato di farsi progressivamente da parte fino quasi a sparire nell’ultimo mese di campagna elettorale. In questa fase le figure dei candidati hanno occupato quasi interamente lo spazio politico. Giachetti, Meloni e Fassina, infatti, non hanno legato la loro immagine ai simboli dei partiti da cui erano sostenuti, mentre Marchini ha utilizzato quello della sua lista civica, ma non quello dei suoi alleati. La Raggi, viceversa, ha unito la sua figura al logo del M5s, perché funzionale a sottolinearne l’identificazione con una forza diffusamente perce- pita come «antagonista» all’establishment. Tuttavia, a differenza dell’approc- cio dei suoi avversari e anche di quello classico dei grillini, è stata l’unica a utilizzare efficacemente uno slogan che faceva direttamente riferimento alla sua persona, «Coraggio». Solo il «Liberi dai partiti» di Marchini, infatti, era nato con un obiettivo simile, ma è stato reso evanescente dall’accordo stretto con FI e altri partiti e per questo sostituito con «Io ci metto il cuore». Al con- trario, il messaggio lanciato dagli altri candidati ha cercato di stabilire un col- legamento diretto tra il loro impegno politico e la città. Al «Roma torna Roma» di Giachetti, la Meloni ha risposto con «Questa è Roma» e Fassina con «La meglio Roma».

Il secondo fattore è stato la riappropriazione da parte della televisione del ruolo di palcoscenico privilegiato per il dibattito politico (Mazzoleni 2012;

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Novelli 2006). Nelle ultime sfide per il Campidoglio, infatti, questo mezzo sembrava essere diventato marginale rispetto alle piazze virtuali di internet e dei social network. I due dibattiti su Mediaset (29 maggio) – Giachetti-Mar- chini-Meloni, disertato dalla Raggi – e Sky (31 maggio) – Fassina-Giachetti- Marchini-Meloni-Raggi – hanno dimostrato, anzitutto, una rinascita dell’inte- resse per la televisione sia tra i candidati che tra gli elettori. In secondo luogo, questi dibattiti hanno prodotto un effetto agenda-building, imponendo nell’ul- tima settimana di campagna elettorale i temi di confronto tra i candidati, come le questioni della sicurezza, dei trasporti, dei rifiuti, del decoro urbano e della candidatura della città alle Olimpiadi. Infine, hanno fatto emergere in tutta la loro potenza i punti di forza e le criticità delle strategie d’immagine dei prin- cipali candidati e hanno politicizzato molti elementi della loro vita privata (reddito, proprietà, carriera professionale).

La combinazione tra i due fattori – debolezza dei partiti e centralità della televisione – ha incentivato l’utilizzo del candidato stesso come messaggio politico. Ogni partito, quindi, ha declinato il profilo del proprio rappresentante nel modo ritenuto più efficace per l’ottenimento del consenso, ancorando la costruzione della relazione fiduciaria tra candidato ed elettore prevalente- mente a tre radici diverse, ma non necessariamente alternative. Quella «cogni- tiva», che enfatizza il tema della competenza relativa alle questioni cui un candidato dovrà far fronte una volta eletto. Quella «valutativa-normativa», volta a raccogliere consensi sulla base di un idem sentire tra il candidato e i suoi elettori nella dimensione valoriale. Quella «affettiva», che si fonda sull’empatia tra l’attore politico, di cui si enfatizza il carisma, e i cittadini che sono chiamati al voto (Gili 2005).

Raggi, ricorrendo prevalentemente a un modello valutativo-normativo di costruzione della credibilità, ha ricordato incessantemente ai suoi concittadini la condivisione di valori come l’onestà, la trasparenza e la novità. Quest’ul- timo, in particolare, risultava incarnato dalla storia stessa della candidata: gio- vane, donna ed espressione di un partito non compromesso con le precedenti amministrazioni. Per smorzare le critiche relative a un suo deficit di compe- tenza, inoltre, il candidato del M5s non ha esitato sottolineare il suo curricu- lum di studi e l’esperienza di consigliere comunale d’opposizione.

Tra le fila del centrosinistra, Giachetti non ha potuto ricorrere a questo tipo di costruzione della credibilità, a causa della ridefinizione stessa dell’identità del suo partito e del pericolo di un’associazione all’immagine ne- gativa dell’amministrazione Marino. Pertanto ha fatto ricorso a una duplice strategia. Da un lato, ha sfruttato la dimensione cognitiva, fondando il suo profilo sulla preparazione relativa ad alcuni temi cruciali del dibattito romano (risanamento del debito, decoro urbano e Olimpiadi). Dall’altro, ha fatto ri- corso alla dimensione affettiva, proponendo la figura di un uomo comune,

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laico, alieno alle logiche correntizie di partito e, più in generale, estraneo alla «casta» politica.

Fassina, invece, è stato il candidato che, più degli altri, sembra aver in- contrato difficoltà nel definire la sua campagna di comunicazione. Ha oscillato tra una costruzione della credibilità su base affettiva, cercando di incarnare l’idealtipo del candidato di sinistra vicino alla gente comune, e quella valuta- tiva-normativa, enfatizzando alcuni tratti del suo profilo quali l’impegno ci- vico, il riconoscimento di centralità politica alla cultura e l’interesse prioritario per le periferie. Tuttavia, non è riuscito a creare un’immagine che si distin- guesse nettamente da quelle di Giachetti e Raggi e il suo stile ha rischiato di confondersi con quello di un funzionario di partito.

Nell’area di centrodestra, l’immagine di Marchini è stata costruita preva- lentemente nella dimensione affettiva. Ha cercato, infatti, di attirare il con- senso degli elettori attraverso il suo fascino personale, fondato su un profilo da uomo vincente, libero dai partiti e disponibile a fare politica per spirito di servizio civico. In una prima fase tale opzione è sembrata funzionare, ma il successivo endorsement di FI ha probabilmente contribuito a disinnescarla. L’appoggio di un partito al centro della vita politica italiana dal 1994, infatti, ha svuotato di senso il suo slogan elettorale, mentre l’emergere delle numerose caratteristiche comuni con Berlusconi ha finito per mettere in luce lo stile non originale di Marchini. Si aggiunga, inoltre, che questo tipo di strategia comu- nicativa risulta decisamente meno vincente, durevole nel tempo e affascinante se adottata da un attore diverso dallo stesso Berlusconi (Spalletta e Ugolini 2015), o in un momento in cui il leader di FI attraversa una fase calante.

La Meloni, infine, si è orientata verso un duplice modello. Nella dimen- sione affettiva ha scelto una narrazione sviluppata intorno alla gioventù, alla capacità di una donna di emergere in un ambiente prevalentemente maschile e alla provenienza dal quartiere popolare della Garbatella. Ha evitato, invece, di enfatizzare quegli elementi della sua storia che l’avrebbero fatta apprezzare da un elettorato di destra, ma che, allo stesso tempo, avrebbero potuto avocarle le simpatie di quei romani sensibili alla sua immagine di politico rimasto le- gato a origini popolari ma lontani dai suoi trascorsi ideologici o di quanti l’avrebbero ricollegata all’amministrazione Alemanno. Nella dimensione va- lutativa-normativa, invece, si è rivolta a quei valori di riferimento tipici della destra come l’eccezionalità di Roma, la sicurezza e la centralità della famiglia.

Parafrasando la nota frase di Marshall McLuhan secondo cui «il medium è il messaggio», in questa campagna elettorale, ancor più che in passato, i candidati – la loro storia, la loro personalità, il loro stile di vita privato – sono divenuti i principali messaggi dei propri schieramenti. In questa prospettiva non siamo di fronte a nulla di nuovo, in quanto le dinamiche della «persona- lizzazione della politica» e della media politics sono già all’attenzione degli studiosi da molti anni (Mazzoleni e Schulz 1999; Massari 2004; Poguntke e

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Webb 2005; Campus 2006; Calise 2007; Passarelli 2015). Tuttavia, nelle tor- nate elettorali per il Campidoglio del 2008 e del 2013, l’immagine dei candi- dati non era risultata così preponderante per il risultato finale. Se Alemanno era diventato sindaco investendo relativamente poco sul suo profilo pubblico e sfidando Francesco Rutelli proprio su alcuni temi particolarmente «sensi- bili» per i romani (anzitutto la sicurezza), la campagna elettorale di Marino era stata caratterizzata da un mix ben ponderato tra le doti personali e il pro- gramma del candidato. Va ricordato, inoltre, che le elezioni amministrative 2008 si sovrapposero con le politiche, mentre quelle del 2013 le seguirono di tre mesi, favorendo in entrambi i casi il rafforzamento del legame diretto tra competizione nazionale e locale.

Le elezioni 2016, quindi, hanno assistito a un aumento dell’intensità del fenomeno della personalizzazione della politica romana. Oltre ad aver costi- tuito il tratto distintivo della campagna elettorale di tutti i partiti, la persona- lizzazione è emersa in misura più evidente per il M5s, che più degli altri in passato era sembrato, nelle competizioni locali, resistente a tale dinamica. 8.4. I risultati

A differenza della maggior parte degli altri comuni (si veda il cap. 14), a Roma la partecipazione elettorale non è diminuita rispetto alle precedenti vo- tazioni: è aumentata invece di poco più di 4 punti percentuali.

Fig. 8.1. Partecipazione alle elezioni comunali di Roma, 1993-2016

Fonte: nostre elaborazioni su dati del Ministero dell’interno.

79,9 74,1 74,2 66,0 73,7 52,8 57,0 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 1993 1997 2001 2006 2008 2013 2016

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Se però il confronto viene allargato così da considerare il periodo che inizia con la prima elezione diretta del sindaco (1993) il trend appare chiara- mente discendente (vedi figura 8.1). Nel 1993 la partecipazione sfiorava l’80% degli aventi diritto, oggi si ferma al 57%. Le elezioni del 2013 – forse perché venivano a breve distanza dalle politiche e dalle regionali e potevano quindi aver determinato una certa «stanchezza» in una parte degli elettori – furono caratterizzate da un livello di partecipazione eccezionalmente basso (meno 21 punti percentuali rispetto a 5 anni prima). Il fatto che la partecipa- zione odierna si risollevi un po’ da quel livello appare più un momentaneo rimbalzo che non il segno di un’inversione di tendenza.

Il primo turno delle elezioni comunali ha prodotto i risultati riportati nella tabella 8.1. La candidata del M5s si è affermata con un netto vantaggio (10,4 punti percentuali) su Giachetti. Approfittando della divisione dello schiera- mento di centrodestra tra due candidati e della conseguente dispersione del voto, il candidato di centrosinistra ha, quindi, potuto conseguire l’obiettivo minimo della sua parte politica, il raggiungimento del ballottaggio. Questo esito, d’altronde, non era per nulla scontato in virtù dei contorni assunti dall’esaurimento della precedente esperienza di governo cittadino da parte del centrosinistra.

Operare dei confronti tra elezioni in situazioni in cui l’offerta politica subisce notevoli cambiamenti non è operazione agevole. La tabella 8.2 con- fronta i risultati delle elezioni comunali 2013 e delle comunali 2016 conside- rando i voti ai candidati sindaci come indicatori del consenso alle diverse aree politiche. Nei numeri della tabella si trovano riassunti i grandi sconvolgimenti avvenuti in soli tre anni nell’elettorato romano, in seguito agli eventi che sono stati descritti nei paragrafi precedenti e che le stime dei flussi nel prossimo paragrafo chiariranno meglio. Anzitutto, il Movimento 5 stelle vede più che triplicati i propri voti (che passano da 149.000 a 461.000), il che significa un aumento di 23 punti percentuali sulla propria quota di voti validi. All’opposto, l’area del centrosinistra, che nel 2013 era unita sotto le insegne di un unico candidato e che nel 2016 si è invece presentata divisa, di voti ne perde, com- plessivamente, 140.000: la sua quota di voti validi scende di 13 punti percen- tuali. Considerando nel 2016 i voti del solo candidato di centrosinistra (Gia- chetti), la perdita subita rispetto al candidato di questa coalizione del 2013 (Marino) è quasi di 187.000 voti, ossia più di un terzo (-36,3%) del patrimonio di voti.

Sul lato della destra e del centrodestra i confronti risultano particolar- mente difficili. Se sommiamo i voti di Alemanno e di Marchini del 2013 e li mettiamo a confronto con la somma di quelli di Marchini e Meloni del 2016 vediamo una diminuzione di poco meno di 65.000 voti voti (ossia del 13,6% dei voti ottenuti nel 2013). Compiere queste aggregazioni è operazione non priva di un certo grado di arbitrarietà (soprattutto per via del carattere che la

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candidatura di Marchini aveva nel 2013 – una candidatura marcatamente sgan- ciata dai partiti e connotata da un chiaro messaggio di discontinuità rispetto alla giunta Alemanno). Se il confronto si opera tra i voti di Alemanno del 2013 e la somma di Meloni e Marchini del 2016 (confronto che avrebbe, a sua volta, varie controindicazioni) l’area del centrodestra vede leggermente aumentare i propri voti (da 364.000 a 413.000, ovvero in percentuale sui voti validi, dal 30,3% al 31,6%).

Tab. 8.1. Risultati delle elezioni comunali (primo turno) di Roma del 2013 e del 2016 (voti assoluti e percentuali, ai candidati e alle liste)

2013 2016

Candidati/liste voti % Candidati/liste voti %

Marino 512.720 42,6 Raggi 461.190 35,3

Pd 267.605 26,3 M5s 420.435 35,3

Marino s. 75.494 7,4 Giachetti 325.835 24,9

Sel 63.728 6,2 Pd 204.637 17,2

Cd 14.735 1,4 #RomatornaR. 49.457 4,1

Verdi ecol. 6.299 0,6 Dem. e pop. 17.378 1,5

Psi 5.853 0,6 Radic. F. L.E. 14.165 1,2

Alemanno 364.337 30,4 Laici civici soc. 7.716 0,6

Pdl 195.749 19,2 Verdi 5.827 0,5

FdI 60.375 5,9 Idv 3.085 0,2

Citt. X Roma 50.239 4,9 Meloni 269.760 20,6

La destra 13.256 1,3 FdI – An 146.054 12,3

Mov. Unione it. 2.036 0,2 Con G. Meloni 40.441 3,4

Azzurri it. 1.617 0,2 Noi con Salvini 32.175 2,7

De Vito 149.665 12,4 Pli 10.749 0,9 M5s 130.635 12,8 Fed. Popolare 4.146 0,3 Marchini 114.169 9,5 Marchini 143.829 11,0 A. Marchini s. 76.203 7,5 A. Marchini s. 56.686 4,8 Cambiamo con R. 3.404 0,3 FI 50.842 4,3 Roma popol. 15.453 1,3 Lista Storace 7.391 0,6 Riv. Cristiana 1.747 0,1 Rete liberale 1.225 0,1

Mov. Cantiere It. 1.124 0,1

Fassina 58.498 4,5

Sin. X Roma 46.774 3,9

Civ. per Fas. 6.006 0,5

Altri candidati 62.444 5,2 Altri candidati 48.833 3,7

Altre liste 51.683 5,1 Altre liste 46.617 3,9

Tot. candidati 1.203.335 100,0 Tot. candidati 1.307.945 100,0

Tot. liste 1.018.911 100,0 Tot. liste 1.190.130 100,0

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Tab. 8.2. Confronto tra i voti delle diverse aree politiche nelle elezioni comunali di Roma 2013 e 2016 (variazioni percentuali e differenza in punti percentuali)

2013 2016 Cfr. 2016-2013

voti % voti % Var % Var.

p.p. Sinistra 512.720 42,6

{

58.498 4,5

}

-25,0 -13,2 C-sin 325.835 24,9 Marchini 114.169 9,5

}

143.829 11,0

}

-13,6 -8,2 C-des 364.337 30,3

{

Destra 269.760 20,6 M5s 149.665 12,4 461.190 35,3 +208,1 +22,9 Altri 62.444 5,2 48.833 3,7 -21,8 -1,5 Astenuti 1.113.192 1.015.736

Fonte: nostre elaborazioni su dati del Ministero dell’interno.

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