9. Napoli: la riconferma del sindaco di lotta e di governo
9.5. Il secondo turno: uno scontro già visto
Abbiamo visto che dai flussi del primo turno emerge una notevole trasversalità da parte del sindaco uscente: verso di lui si sono diretti soprattutto gli elettori che alle politiche 2013 avevano votato il M5s, i partiti di sinistra e il Pd. Come era ipotizzabile, la sua capacità attrattiva è stata meno incisiva, anche se presente, nei confronti dell’elettorato di centro e di centrodestra.
Nel corso delle due settimane precedenti il ballottaggio, proprio la non contendibilità del capoluogo campano aveva raffreddato l’interesse dei media nazionali su Napoli. Al punto che l’interrogativo principale sul
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ballottaggio non era tanto chi sarebbe stato eletto sindaco, ma con quale scarto avrebbe vinto De Magistris, e come si sarebbero comportati gli elettori che al primo turno avevano votato gli altri candidati, in particolare il candidato del Pd (Valente) e quello del M5s (Brambilla). La tabella 9.3 riporta i risultati del ballottaggio confrontandoli con quelli del precedente ballottaggio del 2011. Come si può notare, su voti validi, il ballottaggio del 2016 sembra la replica perfetta di quello del 2011: De Magistris ha nuovamente doppiato Lettieri, con due elettori su tre che lo hanno preferito a quest’ultimo.
Tuttavia, alla chiusura delle urne, si era aggiunto un ulteriore interrogativo che riguardava la partecipazione: chi sono gli elettori che hanno disertato le urne? Infatti, come si può notare dalla tabella, mentre al ballottaggio delle precedenti elezioni comunali la partecipazione si era fermata al 50,6%, questa volta l’affluenza ha avuto un vero e proprio crollo, attestandosi al 36% (circa 18 punti percentuali in meno rispetto al primo turno). L’intensità di questo fenomeno è del resto evidente se guardiamo al numero dei voti ottenuti dai due contendenti: De Magistris perde il 30% dei voti ottenuti nel ballottaggio del 2011, mentre Lettieri ne perde il 33%. L’analisi dei flussi, tra primo e secondo turno, ci permette di dare nuovamente delle risposte a questi due fenomeni: quali sono i movimenti di voto sottostanti la vittoria di De Magistris? E come si spiega l’elevata astensione?
Tab. 9.3. Risultati elettorali del ballottaggio delle comunali 2016 e delle comunali 2011 a Napoli
Comunali 2016 (Ballottaggio) Comunali 2011 (Ballottaggio)
N. % N. %
De Magistris (Sin) 185.907 66,8 De Magistris (Sin) 264.730 65,4
Lettieri (C-des) 92.174 33,2 Lettieri (C-des) 140.203 34,6
Totale 278.081 100,0 Totale 404.933 100,0
Astenuti 504.749 64,0 Astenuti 401.543 49,4
Come in precedenza, la tabella 9.4 riporta le stime dei movimenti di voto in base alle percentuali di elettorato complessivo. I flussi mostrano anzitutto che gli astenuti, come era ampiamente prevedibile, sono coloro che al primo turno avevano votato candidati che non sono andati al ballottaggio. È soprattutto tra gli elettori che hanno votato Valente (coalizione di centrosinistra) che si registra una significativa smobilitazione (3 suoi elettori su 4 si sono astenuti, corrispondenti all’8,1% dell’elettorato complessivo). Un movimento analogo, anche se in misura minore, si verifica tra gli elettori
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di Brambilla (poco più di 1 su 2 diserta le urne, il 2,7% dell’elettorato di Napoli). La stessa sconfitta di Lettieri si spiega in parte per un flusso di voti verso l’astensione (più di 1 su 3 non è tornato a votare), in questo caso frutto probabilmente della diffusa percezione di scarsa contendibilità tra i suoi elettori. Allo stesso tempo, non si segnalano flussi degli elettori di De Magistris verso l’astensione.
De Magistris ha infatti vinto soprattutto perché è riuscito a confermare l’elettorato che lo aveva scelto al primo turno: l’86% dei voti di De Magistris è rappresentato da elettori che lo avevano già votato al primo turno, ribadendo il loro sostegno al ballottaggio. Inoltre, il suo risultato positivo si spiega grazie al suo appeal nei confronti dell’elettorato del M5s, una tendenza dal valore cumulativo in quanto già emersa in precedenza, nei flussi analizzati al primo turno. Quasi la metà degli elettori che al primo turno hanno votato Brambilla hanno poi scelto De Magistris al ballottaggio (nello specifico il 46%, cioè il 2,2 su 4,9), rappresentando circa il 10% dell’elettorato totale che ha votato De Magistris al secondo turno.
Tab. 9.4. Flussi elettorali tra primo e secondo turno delle elezioni comunali di Napoli 2016 (percentuali sul totale degli elettori)
De Magistris Valente Lettieri Brambilla Altri Non-voto Totale
De Magistris 20,3 0,9 - 2,2 - - 23,6
Lettieri 1,6 1,8 7,6 - 0,7 - 11,7
Non-voto - 8,1 4,7 2,7 - 48,9 64,7
Totale 21,9 10,8 12,3 4,9 1,2 48,9 100,0
Fonte: nostre elaborazioni su dati tratti dal sito del comune di Napoli. Nota: sono indicati solo i flussi
superiori a 0,5. Il «non-voto» comprende, oltre agli astenuti, anche le schede bianche e nulle. Stime statistiche (Vr= 6,5)
9.6. Conclusioni
Le elezioni comunali di Napoli ponevano due interrogativi. Il primo riguardava la capacità di De Magistris di confermarsi nella carica di sindaco, il secondo era connesso alla eccezionalità della competizione napoletana in relazione al contesto politico nazionale. I due interrogativi sono connessi, ma potrebbe essere opportuno tenere distinte le risposte che emergono dall’analisi sviluppata in questo capitolo.
In primo luogo, pur nella specificità dell’elezione locale, stimare i movimenti di voto tra due elezioni di ordine diverso ci ha permesso di valutare con più compiutezza i risultati di Napoli e la vittoria di De Magistris, anche alla luce del modello dell’elezione di second’ordine. Le analisi ci hanno mostrato l’efficacia esplicativa di questo modello (Reif e
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Schmitt 1980). In particolare, la vittoria di De Magistris sembra correlarsi al fatto che il ciclo del governo nazionale è in una fase declinante: in questi casi, come previsto dal modello, i candidati appoggiati da partiti che fanno parte delle coalizioni di governo nazionali ottengono delle prestazioni peggiori, rispetto a quelli in aperto contrasto con l’establishment di governo. I flussi elettorali hanno mostrato che De Magistris ha beneficiato al primo turno proprio del malumore degli elettori del Pd, che lo hanno preferito alla candidata ufficiale del partito. Tuttavia, è evidente che la vittoria di De Magistris non è soltanto il frutto di un voto di punizione da parte di questo elettorato, ma deriva anche dalla sua particolare capacità attrattiva, esercitata non solo nei confronti di un elettorato di sinistra più radicalizzato, ma anche verso l’elettorato del M5s: un dinamica che assume una valenza politica molto rilevante soprattutto nella prospettiva delle prossime elezioni locali.
In secondo luogo, la descrizione dell’offerta elettorale ha evidenziato il carattere specifico della situazione napoletana in cui è difficile intravedere una semplice proiezione della scena politica nazionale. Di conseguenza i risultati delle elezioni di Napoli non possono essere interpretati esclusivamente come una bocciatura o promozione del governo nazionale. È evidente, infatti, che il successo di De Magistris e della sua proposta politica è stato facilitato dagli errori dei suoi competitori locali, ma anche dalla sua insistita polemica contro il governo nazionale e, in particolare, contro Renzi, il quale, dal canto suo, non si era affatto sottratto allo scontro con il sindaco di Napoli anche prima della campagna elettorale. Inoltre, sarebbe un errore ritenere che la debolezza dei partiti locali non abbia a che vedere con le scelte e le défaillance della dirigenza nazionale dei partiti di governo, ma anche di opposizione.
Resta da chiarire se e quanto l’esperienza di Napoli possa essere contagiosa e allargarsi ad altri casi locali, o addirittura trovare uno sbocco, come auspicato da De Magistris, sulla scena politica nazionale attraverso la promozione di un soggetto politico simile allo spagnolo Podemos. Qui le risposte dovrebbero esser più argomentate e articolate, e necessitano di ulteriori approfondimenti analitici. Tuttavia, se dovessimo assumere a riferimento la proposta elettorale allestita da De Magistris è evidente che essa si presenta trasversale se non contradditoria in ordine a gruppi, candidati, soggetti, temi. Essa fa inoltre leva su risorse personali di tipo carismatico e patrimoniali che potrebbero non essere realmente disponibili altrove o in altri momenti. Sembra plausibile l’ipotesi che un crescente numero di cittadini sia sensibile alla necessità di farsi carico delle difficoltà dei ceti più disagiati e alla opportunità di valorizzare nuovi strumenti di protagonismo politico e modalità di partecipazione democratica dal basso. Resta da chiarire quanto siano diffuse queste sensibilità, quanto risulteranno credibili gli imprenditori politici che intendono farsi artefici di un simile
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progetto e quanto sia vasto l’elettorato disponibile ad accogliere questo tipo di proposta fuori dalle mura della città di Napoli.
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191 10. Cagliari: l’ultima fortezza
Stefano Rombi e Michelangelo Gentilini1
Il titolo di questo capitolo dedicato alle elezioni comunali di Cagliari del 2016 indica il capoluogo sardo come l’ultima fortezza di quel centrosinistra che, prima dell’ascesa di Renzi alla guida del Partito democratico (Pd), era una delle più diffuse modalità di cooperazione tra i partiti del sistema politico italiano.
Per inquadrare correttamente la natura del caso cagliaritano e compren- dere la misura della sorpresa suscitata dalla vittoria di Massimo Zedda nel 2011 (Bernardi e Rombi 2013), è opportuno dedicare un po’ di spazio alla storia elettorale della città. Durante la cosiddetta Prima Repubblica, Cagliari è stata una città profondamente democristiana. Tra il 1946 e il 1994 si sono susseguiti diciotto sindaci: tutti membri della Democrazia cristiana (Dc), ad eccezione di Salvatore Ferrara (socialista, 1975-1979), Roberto Dal Cortivo (socialista 1980-1982) e Michele Columbo, esponente del Partito sardo d’azione (Psdaz) e sindaco per un solo giorno nel 1980. Infine, poco prima delle elezioni del giugno 1994 – le prime con la nuova legge elettorale – il comune è stato guidato da un commissario prefettizio. La decomposizione del sistema partitico tradizionale e l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco non hanno inciso sulla debolezza strutturale della sinistra in città. Al contrario, per oltre un ventennio, è stato il centrodestra ad avvantaggiarsi dello sganghe- rato assetto bipolare italiano. Così, se escludiamo la brevissima parentesi com- missariale (marzo-giugno 2001), tra il 1994 e il 2011 Cagliari è stata governata da due sindaci: Mariano Delogu e Emilio Floris. Delogu, ex senatore di Al- leanza nazionale (An) e del Popolo della libertà (Pdl), è stato sindaco della città dal 1994 al 2001, quando, giunto a metà del secondo mandato, fu eletto senatore e decise di dimettersi dalla carica di primo cittadino. Floris, attual- mente senatore di Forza Italia (FI), ha amministrato la città dal 2001 al 2011, completando due mandati consecutivi.
Nel contesto politico appena ricordato, la vittoria di Zedda del maggio 2011 ha suscitato grande sorpresa e, di fatto, ha rappresentato un vero e pro- prio terremoto politico. Non solo l’allora trentacinquenne esponente di Sini- stra ecologia e libertà (Sel) era stato in grado di sconfiggere alle primarie del centrosinistra il ben più quotato Antonello Cabras (uno dei leader del Pd sardo), ma aveva anche avuto la forza di battere al ballottaggio il candidato
1 Stefano Rombi ha scritto l’introduzione, i paragrafi 1, 2 e le conclusioni. Michelangelo
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del centrodestra Massimo Fantola, raggiungendo quasi il 60% dei consensi e consegnando la città al centrosinistra per la prima volta nella storia repubbli- cana.
Quali sono le ragioni che, nel giro di un lustro, hanno portato una città prima democristiana e poi di centrodestra a diventare l’ultima fortezza del centrosinistra? La domanda è importante e, per quanto la città di Cagliari sia relativamente piccola (l’Istat nel gennaio 2016 ha certificato 154.460 abi- tanti2) e geograficamente periferica, il caso in esame può aiutarci a compren-
dere, a contrario, cosa non ha funzionato per il Pd e il centrosinistra negli altri comuni al voto.
10.1. I candidati
Per la sesta volta, il 5 giugno 2016 gli elettori cagliaritani sono stati chia- mati a rinnovare il proprio sindaco eleggendolo direttamente. Se escludiamo le elezioni del 1994, quando il sistema politico-partitico emergeva dalle ceneri della fase 1946-1992, quelle del 2016 hanno avuto il più elevato numero ef- fettivo di candidati (Laakso e Taagepera 1979). Più esattamente, a fronte di un numero di candidati inferiore, oltreché alle elezioni del 1994, a quello della tornata del 2011, il numero effettivo di candidati è stato 2,7: per la prima volta dal 1998, dunque, il numero di candidati rilevanti si è avvicinato a tre3. Natu-
ralmente, si tratta di una novità del tutto coerente con il formato tripolare dell’attuale sistema partitico italiano.
Ma al di là della loro rilevanza – della quale discuteremo necessariamente nella sezione dedicata ai risultati – in questa sede vale la pena ricostruire la genesi delle diverse candidature soffermandosi sull’identità delle forze politi- che che le hanno sostenute. Tanto per cominciare, se si esclude una boutade del segretario cittadino del Pd4, la ricandidatura dell’incumbent Zedda non è
mai stata messa realmente in discussione. Tra il 2011 e il 2016 Zedda ha gui- dato una coalizione di centrosinistra composta da: Pd, Sel, Federazione della
2 Va detto che nel febbraio 2016 è stata istituita la Città Metropolitana di Cagliari che
conta oltre 430.000 abitanti ed è guidata dal sindaco del capoluogo. Nell’area cagliaritana, dun- que, risiede poco più di 1/4 della popolazione sarda (1.658.138 abitanti – gennaio 2016).
3 Riportiamo per completezza il numero di candidati e il loro numero effettivo dal 1994
al 2016. Il numero di candidati è stato pari a: 12 nel 1994, 5 nel 1998, 4 nel 2001, 6 nel 2006, 9 nel 2011 e 7 nel 2016. Il numero effettivo di candidati, invece, è stato uguale a: 4,5 nel 1994, 2,4 nel 1998, 2,2 nel 2001, 2,3 nel 2006, 2,5 nel 2011 e 2,7 nel 2016.
4 Come puntualmente riportato nella nota critica del consigliere comunale democratico
Matteo Lecis Cocco Ortu, il 21 giugno 2015 il segretario del Pd Nicola Montaldo si espresse a favore delle elezioni primarie per la selezione del candidato a sindaco del centrosinistra.
http://copernicocagliari.circolo.pdsardegna.it/2015/06/22/matteo-lecis-cocco-ortu-primarie- grande-confusione-sotto-il-cielo/.
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sinistra, Italia dei valori (Idv), Verdi, Partito socialista italiano (Psi), Rosso- mori e una lista civica. L’esponente di Sel si trovò, dunque, a capeggiare una coalizione composta da otto formazioni politiche significativamente spostata a sinistra. Quando, nel dicembre 2015, il Pd cagliaritano ruppe definitiva- mente gli indugi scegliendo di appoggiare il sindaco uscente, il panorama po- litico non era più quello di cinque anni prima. Matteo Renzi era ormai segre- tario dei democratici da oltre due anni e capo del governo da poco meno. L’ascesa di Renzi aveva rimodellato la strategia coalizionale del Pd spingendo per un allentamento delle relazioni con i partiti alla sua sinistra e un deciso avvicinamento verso i centristi. In molte realtà questo disegno politico ha por- tato alla cesura del rapporto con Sel e il suo contenitore parlamentare nato nel novembre 2015: Sinistra italiana (Si). A Cagliari, però, le cose sono andate in modo abbastanza diverso. La candidatura di Zedda – membro di Sel assai cri- tico verso Sinistra italiana e molto aperto verso il Pd – ha consentito la tenuta del rapporto tra democratici e sinistra radicale e, allo stesso tempo, non ha impedito l’inclusione di alcune componenti centriste del tutto assenti nel 2011. Così, il 5 giugno 2016 la ricandidatura di Zedda è stata appoggiata da undici liste: Pd, Sel, Psdaz, La base, Rossomori, Partito dei sardi, Partito comunista d’Italia (Pcdi), Centro democratico (Cd), Rifondazione comunista (Rc), Unione popolare cristiana e una lista civica.
Se sul versante del centrosinistra si è optato per la riconferma dell’incum-
bent con una non irrilevante apertura al centro, su quello del centrodestra il
panorama è stato fin dall’inizio più frastagliato. A meno di sessanta giorni dalla competizione comunale le candidature ascrivibili all’area di centrodestra erano ancora due: Piergiorgio Massidda – ex deputato di FI e del Pdl ed ex presidente dell’Autorità portuale di Cagliari – e Pierpaolo Vargiu – deputato di Scelta civica ed ex consigliere regionale dei Riformatori sardi. Massidda, che inizialmente non godeva del sostegno esplicito dell’ex presidente della Regione Ugo Cappellacci, si era messo a capo di un’amplissima coalizione di liste perlopiù civiche (Fratelli d’Italia e Forza Italia – denominata Forza Ca- gliari – sono state le due eccezioni). Vargiu, invece, era stato scelto in seguito alle elezioni primarie svolte dalla coalizione #CAmbia CAgliari5 e aveva il
sostegno di sette liste, tutte civiche ad eccezione dei Riformatori sardi. Tanto Massidda quanto Vargiu sono politici di lungo corso da sempre schierati con i partiti del centrodestra regionale e tuttavia, entrambi, hanno scelto di provare a salire sul carro dell’anti-partitismo presentandosi come candidati civici. Come vedremo la strategia ha avuto poco successo. Ma al di là di ciò, preme rilevare come la divisione sul fronte moderato sia rimasta in piedi fino
5 Le primarie, tenutesi il 13 dicembre 2015, hanno visto la partecipazione di 3.107 selet-
tori. Vargiu ha vinto con il 58,7% dei voti. Gli sfidanti Giandomenico Sabiu e Piero Aldo Liori hanno raggiunto, rispettivamente, il 35,2% e il 6,1%.
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all’aprile 2016 quando, di fronte a una folta schiera di suoi sostenitori, Vargiu ha annunciato il proprio ritiro e la volontà di sostenere Massidda. Grazie a questa decisione, il centrodestra – in parte travestito da civico – ha potuto pre- sentarsi compatto all’appuntamento elettorale di giugno.
Così come nel resto del Paese, anche a Cagliari ormai da qualche anno i poli rilevanti non sono più due. Nel capoluogo sardo il Movimento 5 stelle (M5s) è una realtà significativa, sebbene lo sia meno rispetto ad altre aree del Paese. Come di consueto, il partito fondato da Beppe Grillo non ha allacciato rapporti con nessuna forza politica, scegliendo la strada della beata solitudo. Come spesso accade, i pentastellati hanno selezionato il candidato attraverso elezioni primarie online tenutesi il 15 marzo 2016 sulla piattaforma del M5s. I conflitti interni al M5s sardo e cagliaritano hanno partorito due candidature6:
l’avvocato Emilio Floris e la commerciante esperta di informatica Maria An- tonietta Martinez. I 207 militanti pentastellati che hanno preso parte alla vota- zione hanno premiato Martinez attribuendole il 72% delle preferenze (150 voti). La candidata – «attivista» dei cinquestelle dal 2010 e unica donna in competizione – ha poi scelto una campagna elettorale di basso profilo, preva- lentemente centrata sulle issues appartenenti al M5s e con alcuni riferimenti a tematiche ambientali, nonché legate alla crisi del commercio cittadino.
Ai candidati dei tre poli principali si sono aggiunti quattro candidati mi- nori: Paolo Matta, Enrico Lobina, Paolo Casu e Alberto Agus. Paola Matta, conduttore del telegiornale della più importante televisione regionale, ha fon- dato e guidato La quinta A, lista civica di matrice prevalentemente cattolica: compagine del tutto slegata dai partiti tradizionali e composta da molti candi- dati privi di esperienza politica. Lobina, invece, era stato eletto in Consiglio comunale nel 2011 nelle file della Federazione della sinistra. Dopo aver fatto parte della maggioranza per tre anni su posizioni largamente critiche, decise nel novembre 2014 di uscirne, costituendo il gruppo consiliare Sardegna so-