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I flussi tra le politiche 2013 e le comunal

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 40-45)

2. Saper governare non basta: il caso Torino

2.5. I flussi tra le politiche 2013 e le comunal

Come negli altri capitoli sulle città al voto, i flussi elettorali sono stimati con la tecnica nota come «modello di Goodman». La tabella 2.6 esprime que- ste stime come percentuali sul totale degli aventi diritto. Un primo dato che emerge da questi dati riguarda il bacino elettorale del Pd. Com’era prevedibile, questo bacino si riversa in larga misura su Fassino: vi è però un flusso consi- stente che raggiunge la sua principale avversaria, Appendino: è quasi il 5% del corpo elettorale che compie il tragitto dal partito di centrosinistra alla rap- presentante del M5s. Fassino compensa questa perdita col flusso proveniente dai centristi, ossia dalla coalizione di Monti. Questo bacino, infatti, si divide in due: il flusso più consistente (5,6% dell’elettorato) premia per l’appunto Fassino, l’altro (3,6%) finisce nell’astensione.

Se ora spostiamo lo sguardo sul bacino degli elettori che tre anni fa ave- vano scelto il M5s, notiamo che il flusso che va da questa forza politica all’astensione equivale al 5,1% del corpo elettorale. Più di un elettore su quat- tro (il 26,7% per la precisione) che nel 2013 aveva scelto il M5s nelle comu- nali si è astenuto. Questa perdita di voti è indicativa del differenziale di forza che il M5s continua a manifestare nelle elezioni amministrative rispetto alle politiche. Si tratta di una costante della storia elettorale di questa forza politica (Vignati 2013): anche in un’elezione come questa, in cui il M5s ha saputo trovare una candidata forte e ampiamente riconosciuta, vi è una parte consi- stente dell’elettorato pentastellato che, nel voto comunale, sceglie di astenersi. Pur consistente, questa perdita verso l’astensione è comunque inferiore ri- spetto a quelle registrate nella maggior parte delle città che hanno votato negli ultimi tre anni (per qualche confronto con altri comuni che votarono nel 2013, si veda ancora Vignati 2013).

Verso l’astensione perdono invero tutti. O quasi: si salva solo la Lega. Il Pd è il partito che riesce maggiormente a contenere queste perdite: ad aste- nersi, nel suo caso, è una quota pari all’1,4% del corpo elettorale (detto altri- menti, fatti 100 gli elettori Pd del 2013, 6 di questi si sono astenuti nel 2016). Pesantissime sono invece le perdite del Pdl: dal suo bacino elettorale vediamo uscire un flusso pari al 7,4% del corpo elettorale: più della metà (il 53,4%) di chi aveva scelto Pdl nel 2013 preferisce astenersi nel 2016.

Tornando al partito di Grillo, è da notare che una parte non trascurabile di elettori che nel 2013 avevano votato cinquestelle nel 2016 si spostano sul candidato leghista Morano (è l’1,4% del corpo elettorale a compiere questo

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tragitto) e una quota di poco inferiore premia i candidati minori. Ponendo in- vece lo sguardo sui flussi in entrata verso Chiara Appendino, notiamo che, a parte il già citato flusso consistente proveniente dal Pd, la sua capacità di at- trarre voti da altre forze politiche appare abbastanza contenuta: qualcosa ar- riva dalla Ln, qualcosa dai partiti minori.

Il bacino della sinistra radicale (ossia, Sel e lista di Ingroia), in queste elezioni comunali praticamente si divide in tre: la fetta più grossa (quasi la metà) si astiene, le altre due premiano Airaudo (poco più di un quarto) e Fas- sino (poco meno di un quarto). Ad Appendino non resta nulla.

I flussi evidenziano poi con estrema chiarezza il profondo disorienta- mento dell’elettorato del Pdl. Già si è detto della perdita verso l’astensione. Ma, oltre a questo, vediamo che questo elettorato si disperde un po’ in tutte le direzioni, premiando Osvaldo Napoli (il 2,2% del corpo elettorale), ma anche Morano (1,8% del corpo elettorale), Rosso (1%) e persino Fassino (1,2%).

Per concludere è da notare infine che i recuperi dall’astensione sono so- stanzialmente irrilevanti. Nessun candidato riesce a compiere recuperi signi- ficativi di voti dal consistente bacino degli astenuti (il flusso più rilevante pro- veniente da questo bacino è quello – 0,5% dell’elettorato – che premia Rosso). Anche a Torino, come in altre città, contrariamente a una diffusa vulgata, i candidati del M5s, secondo le stime dei flussi, non recuperano voti dall’asten- sione.

Tab. 2.6. Flussi elettorali a Torino tra elezioni politiche del 2013 e primo turno delle elezioni comunali 2016 (percentuali sul totale degli elettori)

M5s Sel Pd Monti Pdl Ln FdI Altri Non-voto Tot.

Airaudo 1,6 2,0 Fassino 1,4 13,9 5,6 1,2 23,0 Rosso 0,8 1,0 0,5 2,8 Napoli 2,2 2,9 Morano 1,4 1,8 0,9 4,6 Append. 11,2 4,8 0,6 17,0 Altri 1,2 0,6 2,6 Non-voto 5,1 2,5 1,4 3,6 7,4 0,7 0,7 23,6 45,1 Tot. 19,2 5,5 22,1 9,6 13,9 1,8 1,5 1,5 24,9 100,0 Fonte: Nostre elaborazioni su dati tratti dal sito del comune di Torino. Note: Sono indicati solo i flussi

superiori allo 0,5% dell’intero elettorato. Monti comprende Scelta civica, Fli e Udc. Pd comprende anche Centro democratico. Pdl comprende anche gli altri partiti della coalizione di centrodestra tranne Ln e FdI. Sinistra comprende Sel e Rivoluzione civile. Il «non-voto» comprende, oltre agli astenuti, anche le schede bianche e nulle. Stime statistiche (Vr = 6,3).

37 2.6. Il secondo turno

Pur non essendo mai stato una garanzia di vittoria certa, un vantaggio come quello di cui godeva Piero Fassino al primo turno (quasi 11 punti per- centuali) permetteva, fino a pochi anni fa, di dormire sonni abbastanza tran- quilli nelle due settimane precedenti il ballottaggio. Da quando nel gioco po- litico è entrato il Movimento 5 stelle le cose sono cambiate e 11 punti di van- taggio non assicurano più sonni tranquilli. Gli incubi che certamente hanno tormentato il sindaco uscente nelle ultime settimane si chiamavano Parma e Livorno14, dove il candidato del M5s era riuscito a recuperare svantaggi ancor

più consistenti (circa 20 punti): l’esito delle urne ha effettivamente materia- lizzato questi incubi.

Nella tabella 2.7 è riportato l’esito del ballottaggio, che ha visto la candi- data del M5s incrementare la sua forza elettorale di più di 84.000 unità, mentre Fassino riusciva ad aumentare il suo bottino di solo 8.000 voti. I rapporti di forza tra i due contendenti sono quindi risultati quasi rovesciati rispetto al primo turno: da 11 punti a favore del sindaco uscente a 9 a favore della sfi- dante.

Tab. 2.7. Risultati del secondo turno delle elezioni comunali a Torino (2016) e con- fronto col primo turno

voti % su voti validi % su elettori II – I

turno Diff. % II – I turno Appendino 202.764 54,6 29,1 + 84.491 +41,7 Fassino 168.880 45,4 24,3 + 8.857 +5,2 Voti validi 371.644 100,0 -10.859 -2,8 Totale votanti 378.586 -19.225 -4,8 Totale elettori 695.740 100,0

Fonte: Nostre elaborazioni su dati del Ministero dell’interno.

Com’è avvenuto questo ribaltamento? Quali dinamiche l’hanno pro- dotto? Nella figura 2.2 sono rappresentati i flussi in uscita dai candidati del primo turno. In pratica, ogni barra del grafico ci dice come hanno votato al secondo turno 100 elettori dei diversi candidati presenti al primo turno.

L’analisi dei flussi elettorali verificatisi tra i due turni evidenzia in modo chiaro il fatto che, quando il ballottaggio se lo giocano un rappresentante del

14 Sulle elezioni del 2014 a Livorno vinte dal pentastellato Nogarin si veda Ribechini

(2015), che riporta dati sui flussi tra primo e secondo turno. Su quelle di Parma del 2012 vinte da Pizzarotti si veda Cataldi e Paparo (2012).

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centrosinistra e un pentastellato, su quest’ultimo convergono i voti di (quasi) tutti gli esclusi. Certamente, nel capoluogo piemontese sulla Appendino c’è stata la convergenza di chi al primo turno aveva scelto i candidati del centro- destra: hanno votato per lei l’84% di chi aveva scelto Napoli (il 13% si è aste- nuto e solo il 3 ha fatto rotta su Fassino), il 69% di chi aveva votato Morano (il 14% si è astenuto e il 16 ha scelto Fassino) e la quasi totalità degli elettori di Rosso. In queste dinamiche hanno giocato sia fattori nazionali (la volontà, sostenuta da leader del centrodestra come Salvini e Meloni, di contribuire, col voto comunale, a dare una «spallata» a Renzi), sia fattori locali (Rosso era sostenuto da partiti che sono al governo nazionale con Renzi ma, in riferi- mento all’amministrazione torinese, si è chiaramente espresso contro Fas- sino).

Solo nel bacino degli elettori di sinistra che al primo turno avevano scelto Airaudo, Fassino ha vinto la partita con la Appendino, ma si tratta di poca cosa: 47% di questi elettori hanno votato per il sindaco uscente, il 12% per la sfidante e il 42% si è astenuto.

Fig. 2.2. Flussi in uscita dai candidati del primo turno ai candidati del ballottaggio (come hanno votato al secondo turno 100 elettori che al primo turno avevano votato…)

Fonte: nostre elaborazioni su dati tratti dal sito del comune di Torino. Stime statistiche ottenute col «mo-

dello di Goodman» (Vr=7,3).

È da notare infine un dettaglio che, se proiettato su scala nazionale, può assumere significati più ampi. Mentre Appendino tiene serrati i propri ranghi

3,2 80,6 100,0 0,0 11,9 97,2 83,6 69,5 0,3 0,0 0,0 97,1 46,5 0,0 2,9 16,4 96,5 19,4 0,0 2,9 41,6 2,8 13,5 14,1 0% 20% 40% 60% 80% 100% Astensione Altri Appendino Fassino Airaudo Rosso Napoli Morano

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(il 100% di chi l’aveva scelta al primo turno conferma il voto al ballottaggio), Fassino perde qualcosa (il 2,9%) verso l’astensione. Perché accade questo? Perché, cioè, una parte degli elettori che avevano scelto il sindaco uscente al primo turno lo abbandonano al secondo, quando la sfida diventa decisiva? Si potrebbe pensare che ciò derivi dal fatto che alcuni di questi elettori conside- rassero (erroneamente) il vantaggio di 11 punti una sicurezza e quindi non ritenessero necessario «disturbarsi» ad andare a votare. Può darsi che questa logica possa aver influito su qualche elettore, ma la chiave dell’abbandono (che si verifica anche a Roma fra gli elettori di Giachetti) si trova piuttosto nei meccanismi parzialmente diversi su cui si reggono i consensi di Fassino e di Appendino.

Fig. 2.3. Tassi di preferenza dei principali partiti alle elezioni comunali di Torino, 2016

Fonte: nostre elaborazioni su dati tratti dal sito del comune di Torino.

Nei partiti di centrosinistra il consenso dipende in misura maggiore dai voti di preferenza, ossia dal «radicamento» dei candidati delle liste per i posti a consigliere. I tassi di preferenza (ossia il rapporto tra voti di preferenza espressi e voti di preferenza esprimibili) sono infatti molto più elevati nei par- titi di centrosinistra che nel M5s (per citare solo qualche dato, il tasso è pari al 18,8 per il Pd e al 5,3 per il M5s) (vedi figura 2.3). In altre parole, il voto al M5s è quasi esclusivamente un voto al simbolo o al progetto. Il voto al Pd e al centrosinistra è anche un voto alle persone che formano le liste. E al secondo

18,8 12,9 7,7 17,5 28,4 5,3 0 5 10 15 20 25 30 Pd FI LN FdI Udc M5s

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turno, quando non ci sono più preferenze da esprimere, una parte del voto si disperde nell’astensione. A Torino si tratta di una percentuale molto piccola, ma al Centro-sud, dove le preferenze contano di più, le cose per il Pd, nel momento in cui dovesse sfidare un pentastellato al ballottaggio, potrebbero diventare più preoccupanti.

Nel documento Saper governare non basta: il caso Torino (pagine 40-45)